L’idea era buona, ma non ha funzionato. Chiude we.trade una joint-venture di proprietà di 12 banche europee e IBM, con azionisti quali CaixaBank, Deutsche Bank, Erste Group, HSBC, KBC, Nordea, Rabobank, Santander, Société Générale, UBS e UniCredit. Inizialmente costruita da IBM, la piattaforma we.trade è alimentata da Hyperledger Fabric ed è attualmente autorizzata da 16 banche in 15 Paesi.
Nel 2018 era stata registrata come entità giuridica autonoma e aveva iniziato ufficialmente a facilitare le transazioni commerciali nel mondo reale nel marzo 2019. Tuttavia, non è passato molto tempo prima che la piattaforma incontrasse difficoltà finanziarie. Nel 2020 è stata costretta a ridurre la forza lavoro di circa la metà, dopo che i finanziamenti raccolti da alcune banche azioniste si sono rivelati inferiori alle aspettative, con molte che hanno scelto di non reinvestire negli ultimi round. Allo stesso tempo, un’iniezione di fondi potenzialmente significativa da parte di Euler Hermes (ora Allianz Trade) – ritenuta nell’ordine di 2-3 milioni di euro – non si è concretizzata. Una fonte vicina a we.trade riferisce a GTR che in quel momento la società ha nominato PwC come liquidatore, ma un’iniezione di fondi dell’ultima ora da parte di IBM, che ha assunto una partecipazione del 7% nella società e ha accettato di rinviare alcuni obblighi finanziari dovuti da we.trade, ha permesso alla piattaforma di continuare a funzionare.
Ciò ha permesso di effettuare un nuovo round di iniezione di capitale nel 2021, in cui Omer Ahsan, presidente di we.trade, ha dichiarato a GTR che sei delle 12 banche aderenti alla piattaforma, tra cui HSBC, La Caixa, Nordea e Santander, hanno investito un totale di 3 milioni di euro. Oltre agli investimenti delle banche associate, anche CRIF, un fornitore di servizi di credit bureau e di informazioni commerciali, di outsourcing e di elaborazione, è salito a bordo, mettendo 2,5 milioni di euro nello stesso round.
Tuttavia, l’investimento complessivo di 5,5 milioni di euro sembra essere stato sufficiente a tenere a galla la società per altri 18 mesi. In una nota datata 26 maggio e accettata da GTR, la società ha comunicato ai suoi azionisti di essere stata “costretta a interrompere” le sue attività.
“Affinché qualsiasi azienda possa incrementare l’adozione di qualsiasi soluzione innovativa, come la blockchain, ulteriori investimenti non sono solo importanti, ma necessari”, si legge nella nota, aggiungendo che l’azienda non è stata in grado di raggiungere un accordo con gli azionisti della joint venture sul finanziamento di tali investimenti.
Secondo l’Irish Independent, la joint venture ha convocato una riunione dei creditori per la prossima settimana in cui si propone di nominare un liquidatore di PwC.
“Per i clienti già collegati alla piattaforma we.trade, ogni banca membro si impegnerà direttamente con i propri clienti per gestire le attività commerciali esistenti e discutere soluzioni alternative al di fuori della piattaforma we.trade per le future opportunità di trading”, si legge nella nota visionata da GTR.
Nancy Pelosi, che si trova a Roma per una vacanza, ieri, 29 giugno, ha partecipato alla liturgia per la festa dei Santi Pietro e Paolo nella Basilica vaticana e secondo alcuni testimoni li presenti avrebbe ricevuto l’Eucaristia durante la messa presieduta da Papa Francesco. Questo nonostante il precedente divieto da parte dell’arcivescovo Salvatore Cordileone di San Francisco, la diocesi della Pelosi, per via del suo esplicito sostegno all’aborto.
Con ciò ha probabilmente voluto indicare che lei risponde direttamente al capo della Chiesa Cattolica e non a un semplice Arcivescovo. Nata Nancy D’Alesandro e figlia e sorella di sindaci di Baltimora e anche membri del congresso statunitense, sta in Parlamento dal 1987.
Il marito, Paul Pelosi, era forse in cerca di una speciale benedizione dopo il suo arresto alla fine del maggio scorso per guida in stato di ebrezza alcoolica. Nancy Pelosi è stata oggi ospite della Comunità di Sant’Egidio a Roma, dove ha incontrato delle famiglie di profughi afghani e ucraini. Vestita di nero, accompagnata dal presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, è stata accolta dall’ambasciatore degli Stati Uniti presso alla Santa Sede, Joe Donnelly.
Damiano Tommasi, del centrosinistra, è il nuovo sindaco di Verona. Alla chiusura dello scrutinio ha conquistato il 53,34% dei consensi nel ballottaggio, contro Federico Sboarina (centrodestra) fermatosi al 46,66%. Il centrosinistra non conquistava la maggioranza e la poltrona di sindaco a Verona da 15 anni.
Damiano Tommasi, l’ultimo miracolato di turno, ha adottato la strategia del bel cilindro vuoto: “Sono qui, riempitemi con i vostri sogni”. Ma presto la realtà verrà a bussare al suo uscio e inizieranno i distinguo e i dispetti della eterogenea coalizione di sinistra che lo ha portato a Palazzo Barbieri. Il centrodestra deve ora resistere alla tentazione di sedersi sul divano con i popcorn ma riorganizzarsi, facendo pulizia al proprio interno, contrastando con intelligenza la azioni dei vincitori e cercando di limitare i danni che inevitabilmente questi faranno.
Dopo il comprensibile rifiuto a un apparentamento da parte di Sboarina, dobbiamo lamentare che è stato abbandonato al proprio destino dai leader del centrodestra, infatti, prima del ballottaggio sarebbe costata poco una visita della Meloni, o di Crosetto, di Salvini o di Sgarbi per sostenerlo.
Pubblichiamo questo messaggio condiviso su FB dall’amico Stefano Paiusco, perché ci pare molto equilibrato e sincero:
Damiano Tommasi è il nuovo Sindaco di Verona. Mi reputo, da sempre, una persona che sa accettare una sconfitta con dignità e, pertanto, gli faccio le mie congratulazioni e auguro buon lavoro a lui e alla sua squadra.
Federico Sboarina ha perso le elezioni, ma lo ha fatto a testa alta, con coerenza e senza vendersi a Flavio Tosi per un piatto di lenticchie, nel pieno rispetto del pensiero del suo elettorato che lo aveva votato 5 anni fa. I veronesi se ne renderanno presto conto di cosa accadrà, soprattutto quella parte del centro destra che, aizzata dal loro “caro leader”, ha deciso di consegnare la città in mano alla sinistra, non andando alle urne o, peggio ancora, votando per il suo avversario.
Così è la vita, così funzionano le cose in democrazia, a volte si vince, altre si perde, l’importante è che non ci si dimentichi l’obiettivo principale: lavorare per il bene della città e dei suoi abitanti. Vedremo cosa riuscirà a fare Tommasi, vedremo se adempierà agli impegni che ha preso con i veronesi. Lo osserveremo con molta attenzione e, ovviamente, non gli perdoneremo nemmeno il più piccolo errore, saremo implacabili. D’altra parte è questo il compito di chi sta all’opposizione. O no?
Un po’ di purgatorio, comunque, farà bene al centro destra veronese, chissà che, finalmente, questa sia l’occasione buona per ricucire una spaccatura che queste elezioni hanno, ahimè provocato. C’è bisogno di aria nuova, di volti nuovi ma, soprattutto, di un candidato nuovo da preparare per le prossime amministrative del 2027. C’è urgente necessità di cambiare il modo di fare comunicazione, di ascoltare e coinvolgere chi è, effettivamente, competente in un determinato settore, senza farsi trascinare dai soliti giochetti che consistono nel posizionare personaggi incapaci in ruoli di rilievo, solo perché si deve accontentare il tal o talaltro partito della coalizione.
Vedremo quali saranno gli sviluppi.
Approfitto di questa occasione per ringraziare Federico Sboarina e tutti i consiglieri della maggioranza che, in questi anni hanno lavorato seriamente per gestire la nostra città, nonostante l’impossibilità, per due anni, a causa della Pandemia, di poter accelerare progetti e iniziative. Hanno svolto, in ogni caso, nonostante la depenalizzazione del COVID, un ottimo lavoro.
Nell’Odissea di Omero – composta intorno all’XI secolo a.C. – incontriamo nel X capitolo i Lestrigoni, orrendi giganti in carne e ossa che, lanciando pietre da una rupe, distruggono la flotta di Ulisse. Secondo i calcoli di Victor Bérard (1864-1931), tali Lestrigoni dovevano vivere nella Sardegna settentrionale o nella Corsica meridionale.
Nel 2014 (con un post ancora visibile, in lingua inglese) per la prima volta avanzai l’ipotesi che, invece che nella Sardegna settentrionale, Ulisse nelle sue peregrinazioni potrebbe essere sbarcato nella Sardegna occidentale – più precisamente nell’attuale provincia di Oristano, intorno a Marina di Torre Grande – una zona abitata fin dal neolitico e ricca di scogliere e insenature, simili a quelle descritte nell’Odissea.
Ecco la traduzione di parte del X capitolo dell’Odissea
“Di lì navigammo tristemente fino a quando gli uomini non furono stremati da un lungo e infruttuoso remare, perché non c’era più vento che ci aiutasse. Per sei giorni, notte e giorno, ci affannammo e il settimo giorno raggiungemmo la roccaforte rocciosa di Lamo-Telepilo, la città dei Lestrigoni, dove il pastore che conduce le sue pecore e le sue capre [per la mungitura] saluta colui che sta conducendo fuori il suo gregge [per nutrirlo] e quest’ultimo risponde al saluto. In quel paese un uomo che poteva fare a meno di dormire poteva guadagnare un doppio stipendio, uno come mandriano e l’altro come pastore, perché di notte lavorano più o meno come di giorno. Quando raggiungemmo il porto, lo trovammo chiuso sotto ripide scogliere, con un ingresso stretto tra due promontori. I miei capitani portarono le navi all’interno e le fecero legare l’una all’altra, perché all’interno non c’era mai un alito di vento, ma c’era sempre una calma piatta. Io tenni la mia nave all’esterno e la ormeggiai a uno scoglio all’estremità della punta; poi mi arrampicai su di un’alta roccia per fare una ricognizione, ma non riuscii a vedere alcun segno né di uomini né di bestiame, solo del fumo che saliva da terra. Mandai allora due della mia compagnia con un attendente per scoprire che tipo di persone fossero quegli abitanti. Gli uomini, una volta giunti a terra, seguirono la strada pianeggiante attraverso la quale la gente traeva la legna dalle montagne fino alla città, finché non incontrarono una giovane donna che era uscita a prendere l’acqua e che era figlia di un Lestrgoniano di nome Antiphates. Stava andando alla fonte Artacia, da cui la gente prende l’acqua, e quando i miei uomini si avvicinarono, le chiesero chi fosse il re di quel paese e su che tipo di gente governasse; così lei li indirizzò alla casa di suo padre, ma quando vi arrivarono trovarono sua moglie che era una gigantessa enorme come una montagna, e rimasero inorriditi alla sua vista. Ella chiamò subito suo marito Antifate dal luogo dell’assemblea e subito egli si mise a uccidere i miei uomini. Ne afferrò uno e cominciò a picchiarlo, mentre gli altri due correvano verso le navi il più velocemente possibile. Ma Antifate si mise a gridare dietro di loro e migliaia di robusti Lestrigoni spuntarono da ogni parte – orchi, non uomini. Che ci lanciarono contro grandi massi dalle scogliere come se fossero semplici pietre, e io sentii l’orribile rumore delle navi che scricchiolavano l’una contro l’altra e le grida di morte dei miei uomini, mentre i Laestrigoni li infilzavano come pesci e li portavano a casa per mangiarli. Mentre uccidevano i miei uomini all’interno del porto, estrassi la spada, tagliai il cavo della mia nave e dissi ai miei uomini di remare con tutte le loro forze se non volevano fare la stessa fine degli altri; così ci mettemmo in salvo e fummo abbastanza grati quando arrivammo in mare aperto, fuori dalla portata delle rocce che ci scagliavano contro. Degli altri non ne rimase nemmeno uno”.
Sto basando aso questa mia ipotesi su un grande ritrovamento fatto nel marzo 1974 da un contadino a Monte Prama. La lama del suo aratro fu danneggiata da un frammento di una grande pietra affiorata nel suo campo. La pietra presentava misteriose incisioni e gli archeologi chiamati sul posto scoprirono sotto terra più di 450 frammenti simili e di grandi dimensioni. La notizia è stata riportata brevemente dalla stampa sarda, ma nessun giornale o agenzia nazionale ne aveva parlato. Quei frammenti furono poi trasportati in un museo di Cagliari e lì lasciati per 29 anni, dimenticati. In un altro Paese, diverso dall’Italia, questa sarebbe stata una notizia bomba e si sarebbe scavato più a fondo in quel terreno.
Solo nel 2003 – a causa delle pressioni esercitate dagli archeologi – i frammenti furono inviati a un laboratorio di Sassari dove iniziarono i lavori di restauro. Una volta ricomposti i pezzi, apparvero essere dei giganti di figura umana mai visti prima. Gli archeologi recentemente sono tornati sul posto e usando strumenti sofisticati sembrano aver rivelato una sorta di città sepolta nel sottosuolo. Queste imponenti sculture sono alte tra i duecento e i duecentosessanta centimetri, scolpite nell’arenaria e con un caratteristico aspetto orientale.
Rappresentano arcieri, pugili, atleti ed erano collocate su piattaforme rialzate che costeggiavano la strada che conduceva al vecchio porto. La loro datazione esatta non è stata ancora stabilita, ma si è concordi nell’affermare che appartengono al periodo nuragico, risalente a 3000-4000 anni fa e, come tali, sono le statue più antiche del Mediterraneo occidentale. È possibile che siano state disposte in modo così imponente per stupire i visitatori provenienti dalla confederazione etrusca dell’Italia centrale, dal Nord Africa e dalla Grecia.
Secondo Roberto Narni, l’archeologo che è riuscito a ricomporre migliaia di frammenti e brandelli, i giganti di Monte Prama furono sistematicamente frantumati intorno al IX-VIII secolo a.C. forse da un esercito invasore.
Ebbene, è possibile che l’impressione suscitata da questi giganti di pietra, dall’aspetto feroce, sui marinai greci di passaggio abbia ispirato la leggenda dei Lestrigoni, una storia che potrebbe essere stata inserita da Omero nell’Odissea.
Questo è un punto del programma di Damiano Tommasi per diventare sindaco di Verona
2.8. TUTELA Proponiamo l’adesione del Comune di Verona alla «Carta RE.A.DY». Un accordo sottoscritto da altre città [Trento, Padova, Mantova e Belluno] che si propone di promuovere la condivisione e l’interscambio di buone prassi finalizzate alla tutela dei diritti umani e alla promozione di una cultura sociale del rispetto e della valorizzazione delle differenze “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. (art.3 – Costituzione Italiana).
Non lo avevamo mai letto il suo programma, ma c’è chi lo ha fatto, e quel riferimento alla Carta RE.A.DY è davvero molto inquietante.
Si obietta che nello statuto della RE.A.DY non esista nulla di disdicevole o di negativo. Certo, ma l’elenco di gruppi con uno statuto immacolato che poi hanno operato contrariamente alla decenza è lunghissimo.
Questo è chiaramente il caso con RE.A.DY e ci vuol poco per scoprirlo. Ecco il trionfalistico annuncio dell’adesione del comune di Reggio Calabria, avvenuta due mesi fa, a tale società e quali siano effettivamente i suoi scopi:
“La delibera, approvata nei giorni scorsi dal sindaco facente funzioni Carmelo Versace, è stata proposta dal consigliere metropolitano delegato alle pari opportunità, Filippo Quartuccio, che in una nota sottolinea “l’ulteriore passo in vanati compiuto dall’Ente in termini di civiltà e riconoscimento dei diritti delle persone. “E’ con grande entusiasmo – ha affermato Quartuccio – che oggi mi trovo a commentare il via libera ad un documento che, di fatto, segna una nuova tappa importante nell’affermazione di principi fondamentali, inviolabili ed irrinunciabili. Fin dal nostro insediamento, infatti, abbiamo intrapreso una strada che ci pone al fianco di ogni cittadino che, a prescindere dai propri orientamenti, non è mai lasciato indietro o da solo”.
“”Ready” – ha specificato Quartuccio – si pone l’obiettivo di individuare e diffondere politiche di inclusione sociale per le persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender, realizzate da Pubbliche Amministrazioni a livello locale. Per l’amministrazione, quindi, è stato pressoché naturale aderirvi considerato quanto fatto in passato anche col sostegno al progetto, vinto da Arcigay, per la realizzazione del Centro anti discriminazioni. Del resto, fra le finalità di “Ready” vi sono quelle di contribuire alla diffusione di buone prassi, su tutto il territorio nazionale, mettendo in rete e supportando le Pubbliche amministrazioni impegnate nella promozione e nel riconoscimento dei diritti delle persone Lgbt. Per questo motivo – ha proseguito il consigliere – la Città metropolitana continuerà ad intraprendere percorsi istituzionali, con le realtà locali, per sensibilizzare il territorio su temi riguardanti le discriminazioni derivanti dall’orientamento sessuale”.
In pratica ogni Comune d’Italia dovrebbe sopportare che questa società privata vegli sulle proprie delibere e approvi il suo operato, in base alla loro ideologia d’ispirazione omosessuale (perché questo vuol dire gender).
Recentemente, il Vescovo uscente di Verona, Giuseppe Zenti, solitamente molto misurato, ha inviato una lettera ai parroci invitandoli a non unirsi a queste follie d’importazione. Questo ha sollevato un polverone, perché Tommasi e i suoi promotori si sono sentiti direttamente chiamati in causa, e poi la polemica è fiorita a livello nazionale. Ma il povero successore di San Zeno stava parlando in termini generali, diceva che, in quanto cristiani non possiamo accettare certe prese di posizioni sulla vita e sull’educazione contrarie alla Bibbia e al Vangelo, sennò non si fa più parte del gregge. Non ha mai detto “non votate Tommasi e votate Sboarina”, anche se alla fine ogni buon cristiano dovrebbe far questo, a meno che Tommasi ritiri la sua proposta relativa a RE.A:DY e dica: “Scusate, sono stato mal consigliato”.
Gesù Cristo, che non sosteneva né Tommasi né Sboarina, fu durissimo su questi temi, addirittura feroce e violento.
“Chi invece fa cadere uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo a motivo delle trappole! È inevitabile che vengano trappole, ma guai all’uomo a causa del quale la trappola viene! Se la tua mano o il tuo piede ti fanno cadere, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti fa cadere, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geenna del fuoco (Mt 18,6-9)”.
Riportiamo una lettera spedita a Dagospia da un vecchio ingegnere, esperto di energia, che commenta la folle decisione presa il 6 giugno 2022 da quella lobby massonico-finanziaria che è la Comunità Europea, sulle auto elettriche. Questa decisione dimostra quanto staccati siano dalla realtà molti parlamentari europei e i comitati e sottocomitati che poi dirigono davvero le cose.
Per tale voto si contano, infatti, 339 favorevoli, 249 contrari e 24 astenuti. Dunque, dal 2035 potremo, secondo loro, acquistare solo auto elettriche, così la nostra salute migliorerà. Mancano solo 13 anni!
Questa follia non è ancora definitiva, dato che servirà il voto favorevole del Consiglio Europeo, ed è sperabile che non venga lasciata passare, anche perché toglierà il pane a decine di migliaia di lavoratori.
Da parte italiana sono state sollevate parecchie critiche a questo decreto e sono stati richiesti vari emendamenti, tranne che dal PD e dalla sinistra in generale, che lo ha fortemente voluto, come dimostrato da varie dichiarazioni di Enrico Letta. Per loro tutto ciò che suona “nuovo, progressivo, rivoluzionario” viene sposato acriticamente, anche se si tratta di gettarsi nel pozzo, invece che nel letto.
Tra le puttanate che ci impongono i tirafili dei burattini europei forse la più grossa è quella dell’auto elettrica.
Tralasciamo l’argomento batterie, solo perché è ovvio e non perché sia di secondo piano e andiamo a ben altri punti sistematicamente ignorati dalla propaganda ufficiale.
Uno: per sostituire un’intera industria del petrolio non devono essere prodotti pochi kw di corrente aggiuntivi rispetto ai consumi attuali, ma milioni di NUOVI gigawatt. Come e soprattutto quando si pensa di produrli?
Due: l’energia elettrica viene prodotta in centrale a 380.000 volt e per arrivare all’auto a 220 volt deve subire numerose trasformazioni consuma-energia e forti perdite in rete grazie alla legge di Ohm (ignorata dai nostri politici, abituati a fottersene delle leggi, quali che siano). Il risultato è che deve esserne prodotta molta di più di quella strettamente necessaria all’autotrazione. Quella in più tutta sprecata in inutile CALORE.
Tre: quanto a polveri sottili (frizione, freni, consumo di pneumatici e asfalto, ecc) l’auto elettrica ne produce pari pari quanto le auto attuali. E se le centrali sono a carbone il “risparmio” ambientale sul combustibile non è poi così clamoroso.
Quattro: i motori elettrici devono necessariamente essere costruiti in rame, metallo che già scarseggia, avendo raggiunto costi altissimi: dove si pensa di trovarne in abbondanza per equipaggiare decine di milioni di autovetture?
Cinque: per consentire la ricarica una volta che le auto saranno diffuse non saranno necessarie le poche colonnine attuali, ma ce ne vorranno centinaia per ogni punto di ricarica, a meno di risse a coltellate tra gli automobilisti (si pensi per esempio alle autostrade). E naturalmente immense aree di sosta per la ricarica contemporanea.
A parte il fatto che la corrente continua genera campi magnetici che per poche auto possono essere trascurabili, ma che quando le auto saranno milioni non lo saranno affatto. Come insegnano i cellulari, in scala infinitamente più ridotta per i ridotti consumi.
Creano ricchezza e poi se la portano via. I cicli economici sono prevedibili, hanno durate più o meno lunghe e da loro dipendono i periodi di benessere e di crisi. Conoscerli ci aiuta a comprendere perché ogni tot anni nascono le crisi e i periodi neri.
Ma cosa sono i cicli economici? Come sono fatti e cosa li scatena? E, soprattutto in che fase ci troviamo del ciclo che ci riguarda personalmente?
Parlare dei cicli economici richiederebbe numerosi articoli e quindi sarebbe impossibile condensare tutto in un solo pezzo.
Ma dato che è scontato che tutti sappiamo che ci troviamo in fase di recessione (anzi peggio, di stagflazione), credo non servano molte spiegazioni che la realtà da sola non ci stia già dando.
In questo articolo proviamo a spiegarlo in modo da consentire al lettore di trovare l’orientamento in questa crisi.
Indice dei contenuti
Cosa sono i cicli economici?
I cicli economici sono come le montagne russe. Sono un continuo sali e scendi, non tutti uguali che ci fanno vivere momenti di euforia alternati a momenti di panico.
I cicli economici si differenziano tra cicli brevi e cicli lunghi e sono composti da 4 fasi: espansione, recessione, depressione e ripresa.
I cicli economici si susseguono incessantemente ed alternano queste 4 fasi in modo più acuto o moderato a seconda dell’andamento della spesa e degli investimenti del mercato. Il vero detonatore dell’inizio del ciclo breve è il credito. Maggior quantità di prestiti danno luogo a maggiore propensione alla spesa e quindi all’espansione dell’economia.
Se durante questa fase il credito genera spesa e consumi (portando l’economia al picco più alto) seguirà una fase in cui i prestiti dovranno essere rimborsati e quindi faranno contrarre la spesa per consumi al picco più basso, ovvero alla crisi, che a seconda della gravità di questo calo dell’economia chiameremo RECESSIONE o DEPRESSIONE.
Queste due sono fasi intermedie tra la già citata espansione e la RIPRESA che chiude il ciclo ed anticipa una nuova fase di espansione.
Una caratteristica dei cicli economici è che ogni ciclo comincia in un punto più alto della crescita rispetto al ciclo precedente.
Ciò è dovuto al fatto che storicamente gli investimenti hanno prodotto nei cicli precedenti un aumento della produttività.
La produttività fa sì che l’andamento dei cicli economici segua un percorso di costante crescita economica.
Quanto durano i cicli economici?
Il fatto che i cicli siano scanditi dall’emissione di credito fa sì che dovremmo saper predire con una certa precisione la loro durata che, nel caso del ciclo breve varia dai 5 agli 8 anni.
Nel caso di normale amministrazione i picchi del ciclo possono essere attenuati in modi diversi attraverso i cosiddetti stimoli. Alcuni coinvolgono la banca centrale, chiamata in causa dallo Stato nell’emettere liquidità o a ritirarla agendo sui tassi di interesse.
Purtroppo però nel lungo periodo, assieme all’aumento della produttività, il credito porta ad un sostanziale e progressivo indebitamento, perché progresso chiama progresso e quindi sempre maggiori investimenti e maggiori investimenti richiedono sempre nuovi prestiti. Questo indebitamento va stratificandosi fino a raggiungere un livello che non riesce ad essere sostenuto dall’economia.
Perché? Perché la nostra economia si basa sul consumismo e se i consumi voluttuari sono in misura superiore agli investimenti nel lavoro (e nell’uomo) si genera una parte di debiti che non è sostenibile in quanto non poggia su un valore che può essere reinvestito.
Nel ciclo di lungo periodo non basta regolare i tassi di interesse, ma occorrono misure drastiche che possono arrivare fino al fallimento delle aziende più indebitate o alla ristrutturazione dei debiti fatta di diluizione delle rate, di riduzione degli interessi dovuti, dall’esproprio delle garanzie da parte delle banche, persino di riduzione dei debiti da parte dei creditori che, piuttosto di veder fallire il debitore e ritrovarsi con un NPL, si accontentano di recuperare almeno una parte del prestito, ecc.
Questo tipo di eventi avvengono in tempi più lunghi calcolati fra i 50 e gli 80 anni (talvolta 100).
È chiaro però che maggiore è la produttività e maggiore è anche l’accelerazione dell’economia, del progresso e quindi anche dell’emissione dei prestiti. Ecco perché le crisi diventano sempre più frequenti e spesso difficili da prevedere.
Perché ci sono i cicli (e le crisi) se possiamo prevederli?
Ad eccezione dei casi eccezionali e imprevedibili (o mal gestiti) come la appena trascorsa pandemia e la guerra in Ucraina, le crisi sono prevedibili eppure ci spiazzano tutte le volte che accadono.
Perché ci facciamo cogliere di sorpresa ogni volta?
Semplice: perché per quanto l’economia sia una scienza prevedibile, non è una scienza esatta. Basta vedere le crisi causate dalle bolle.
Le bolle speculative
Le bolle si verificano quando investitori e consumatori puntano talmente tanto su un determinato settore (un mercato) da spingerne la crescita dei prezzi così in alto da superare le reali possibilità di rendita di quello stesso settore. Insomma la bolla cresce fino a superare il fondamentale economico (in un certo senso il valore reale) dell’asset (cioè il bene o la proprietà il cui valore può essere monetizzato) di riferimento, detto anche sottostante, che funge da base del mercato.
Non si sono accorti che quel mercato non poteva svilupparsi più di quanto l’euforia li avesse spinti ad investirci sopra.
Di bolle finanziarie se ne sono avute in passato, vedi i tulipani olandesi fra il 1634 e il 1637 o il famigerato crollo di Wall Street del 1929, come di recente: la bolla delle dot-com (quella legata all’euforia per il nascente mercato di internet che fu in grado di mettere quasi in ginocchio persino giganti come Amazon, eBay ed Apple) tra il 1997 e il 2000, crisi dei sub prime nel 2007 (legata a Lehman Brothers), bolla immobiliare in Cina nel 2021 (caso Evergrande), e quelle future del Bitcoin e/o di altre criptovalute.
Ciclicamente, ci troviamo a vivere in momenti di euforia collettiva e di spesa à gogo, come si diceva una volta. Il motivo è semplice: l’euforia è contagiosa!
Ci spinge a spendere sempre di più o a investire sempre di più, fin tanto che la vena d’oro è gonfia di promesse; esattamente come accadde nel mercato dei tulipani o per la bolla del dot-com e chissà, forse in futuro per i NFT, il Bitcoin o qualche altra cripto valuta. Tutti vengono spinti ad approfittare del momento. Nessuno teme di essere il primo ad incappare nello scoppio della bolla.
Queste dinamiche, tipiche delle bolle finanziarie, si sono verificate moltissime volte e continuano a ripetersi perché l’economia e la finanza fanno parte del gioco, che è nella natura umana, di pensare che una volta che si è raggiunto il benessere, questo durerà per sempre.
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Come attenuare le crisi ed uscire dalla fase di recessione dei cicli economici?
Ci sono modi per evitare le crisi? Le crisi prima o poi si verificheranno per un motivo o per l’altro. Ci sono crisi che possiamo spostare più in là nel tempo oppure attenuare. Se vogliamo evitare o almeno attenuare le crisi le norme da seguire sono poche e semplici, anche se non sempre risolutive.
1) Occhio alla spesa in consumi.
Un debito contratto per creare ricchezza, ovvero investito nel lavoro, darà origine ad un reddito che ci faciliterà il rimborso dei debiti. La spesa in consumi invece non ci dà questo vantaggio. I consumi, intesi come spesa per il superfluo, se superano una certa soglia daranno vita a crolli dell’economia perché non sono sostenuti da un reddito crescente che aiuta a crescere economicamente.
È uno dei principali problemi della società dei consumi.
2) Gestire l’euforia (ma anche il panico).
Come in finanza, anche in economia l’euforia è una cattiva consigliera. Saper gestire la spesa e gli investimenti, non in base alle tendenze, ma sulla base dei nostri bilanci aziendali o famigliari è una cosa fondamentale che però negli ultimi decenni abbiamo perso per strada. Saper dare il giusto valore a beni di consumo è ancora più importante. Una abitudine dei nostri nonni che abbiamo smarrito.
3) Imparare a prevedere i nostri redditi futuri.
In Italia si guadagna meno rispetto al 1993. Siamo gli unici in Europa, ma in generale i redditi in tutto l’Occidente crescono meno rispetto al passato. Nel frattempo la ristretta cerchia dei più ricchi sta concentrando ancora di più la ricchezza complessiva. È il segnale che in futuro non dobbiamo aspettarci di meglio. Non entriamo nel merito delle cause, ma è evidente che tenere conto di questa banale, ma non conosciuta da tutti realtà, serve a non fare il passo più lungo della gamba.
4) L’austerità porta a maggiore povertà.
Questo è un dato di fatto risaputo anche dai sassi. Fare il passo più corto della gamba non significa fare passi indietro! In periodi di crisi bisognerebbe continuare a investire, anche se sono i periodi più difficili per capire come farlo. L’intervento pubblico dovrebbe comunque essere fatto nell’ottica degli investimenti produttivi, non di sussidi che generano meri consumi. L’intervento dello Stato dovrebbe mirare a… rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
In Europa invece facciamo il contrario: tagliamo i servizi e creiamo disoccupazione. La disoccupazione chiama sussidi e i sussidi si danno ai redditi bassi. I redditi bassi chiamano consumi a basso costo. I consumi a basso costo chiamano merci di scarso valore importate dalle economie straniere.
5) I beni di consumo innanzitutto.
Nella fase calante dei cicli economici, poter contare sul proprio lavoro è fondamentale!
Avere un’economia sostenuta dalle produzioni interne consente di essere indipendenti. Per quanto ovvia e banale sia questa considerazione, è diametralmente opposta alla direzione presa dalla globalizzazione. Ordinare su Amazon e acquistare Made in Cina (o comunque estero) è la prima picconata al tuo portafoglio. Certo la delocalizzazione – che è una grave errore – è stata e viene tutt’ora generata da un mix di fattori di tipo macro economico e quindi fuori dal nostro controllo: competizione globale; speculazione degli industriali basata sui profitti; moneta unica che rende più costosi i nostri prodotti; scarsa produttività; debito pubblico (o meglio sistema di creazione del debito) che ferma gli investimenti pubblici… tutto incide. Ma anche il consumatore deve comprendere l’importanza del suo ruolo.
Il consumatore, cioè ciascuno di noi, ha un ruolo di responsabilità all’interno del mercato, poiché con i suoi comportamenti può condizionare il valore delle cose e di conseguenza anche il reddito di chi le produce. È una questione cruciale, perché se con i soldi compriamo il lavoro di qualcun altro significa che influenziamo non solo la qualità che verrà prodotta in futuro, ma anche il benessere degli altri e a catena del nostro. Se compriamo il lavoro degli schiavi prima o poi diventeremo schiavi a nostra volta: sia economicamente, sia soprattutto perché dipenderemo dalla loro capacità di produrre ciò che ci serve.
Sono tutte cose descritte nei dettagli nel libro di economia spiegata facile.
6) Occupati di economia.
Occupati di economia prima che l’economia si occupi di te! Conoscere Le dinamiche e i principi di base dell’economia è la base per una vita serena in un mondo immerso nell’economia e succube della finanza. Non te la prendere con l’ineluttabilità dei mercati e con i complotti. Conoscere è meglio che fare la fame.
APPROFITTA DELL’OFFERTA.
APRIRE GLI OCCHI NON È MAI STATO COSì CONVENIENTE
Indipendentemente dalla temperatura che la BC ha impostato nell’economia per mezzo dei tassi di interesse, nel lungo termine assistiamo ad un sovrapporsi di cicli che portano sempre maggiore credito nell’economia.
Credito che giunge copioso quando l’economia va bene e che rallenta durante i periodi peggiori.
Questo può far sì che nel lungo periodo il credito cresca più rapidamente dei redditi.
È questo il caso dei redditi medi degli italiani che nel 2021 si è scoperto, grazie ad uno studio condotto dall’OCSE, essere rimasti indietro di 30 anni.
Ma se il valore dell’economia è crollato durante la fase della depressione cosa possiamo fare per tornare a crescere? Occorrerebbero degli stimoli esterni. Ma se la BC ha già abbassato i tassi al minimo e questo non è stato sufficiente a rilanciare i consumi cosa resta da fare?
Se i consumi non ripartono nonostante la Banca Centrale abbia ridotto al minimo gli oneri sui prestiti è perché il peso dei debiti è troppo superiore alla capacità di cittadini e di imprese di indebitarsi ulteriormente.
Occorre quindi ridurre il peso del debito. Ridurre il peso del debito è tipico dei cicli a lungo termine.
I cicli a lungo termine durano tra una forbice di 80 e 100 anni e rappresentano eventi che si sono ripetuti diverse volte sia a livello mondiale, che a livello di nazioni.
Siamo nel pieno della recessione di un ciclo a lungo termine?
L’economiasta russo Kondrat’ev (Kondratiev) ne individua tre a livello storico, anche se i suoi studi indicano la durata dei cicli (che lui chiama onde) entro una forbice più ristretta: 50-80 anni.
1) ciclo causato dalla rivoluzione industriale che portò al boom economico che si esaurì nella recessione causata dalle guerre napoleoniche;
2) ciclio iniziato dalla diffusione delle ferrovie che si esaurì nella recessione di fine 800;
3) nuovo boom economico indotto dalla diffusione dell’energia e lettrica e dell’automobile e terminato con la crisi del ‘29.
Se nel passato era molto più facile osservare i cicli economici, con l’andare del tempo, con l’introduzione delle politiche anti cicliche volte a contrastare gli effetti negativi presenti nei cicli, distinguere i cicli è diventato più difficile.
Però i segnali ci dicono che è lecito pensare che il punto in cui siamo arrivati alla fase recessiva del ciclo a lungo termine che ci riguarda.
È un po’ un classico: crollo economico + guerre + pestilenze + carestie.
Se 1+1+1+1 fa 4, direi che ci siamo.
Dato che peggio di così non può andare, quindi dobbiamo augurarcelo. Seguirà una forte ripresa… (?).
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Riceviamo dall’amico Massimo Mariotti, presidente SERIT e membro del direttivo Zai, e pubblichiamo:
Care Italiane e Italiani di VERONA,
Ho accettato l’invito dell’On. Giorgia MELONI di candidarmi nella lista di FRATELLI d’ITALIA, per le elezioni che porteranno al rinnovo del Consiglio Comunale, e che si terranno DOMENICA 12 Giugno dalle ore 07 alle 23.
La mia candidatura va oltre il valore di questa tornata elettorale, dato che nel marzo del 2023, andremo finalmente a votare per rinnovare l’attuale Parlamento, condizionato dalla incompetenza grillina e, inoltre, voglio ricordare che quella dovrà essere l’occasione per rifondare il centrodestra, indirizzandolo verso la salvaguardia della Cosa Pubblica assieme a quegli elettori sfiduciati, che si sono allontanati dalla politica attiva.
Metto a disposizione la mia esperienza amministrativa, quale Consigliere Comunale, prima del MSI poi di AN, nel Comune di Verona, perché sono convinto che alla nostra amata Patria serva una Destra moderna, che abbia un forte il senso dello Stato e della Nazione. Una Destra che crei selezione e non appiattimento, che permetta agli anziani di vivere in modo dignitoso e con il massimo rispetto ed alle giovani generazione di costruire il proprio futuro per merito, e non per raccomandazioni.
Una Destra aperta alle necessità sociali e alla solidarietà concreta ma che, al di fuori delle emergenze, difenda e tuteli prima di tutto gli Italiani e i veronesi, in Italia e all’estero, che anteponga quindi le necessità dei nostri connazionali, non quelle di chi è arrivato attraverso le maglie troppe larghe di una immigrazione selvaggia, figlia di norme confuse e spesso demagogiche. Perché la nostra Terra è di chi ha lavorato duro per renderla fertile, di chi ha sacrificato la vita per difenderla, di chi la ama e l’ha resa il giardino d’Europa!
In Italia come a VERONA, c’è spazio per i rappresentanti di una DESTRA SOCIALE capace di guidare la macchina amministrativa con competenza e senza remore culturali.
Chiedo agli elettori di FRATELLI d’ITALIA di dare più forza alla propria scelta scrivendo accanto al simbolo :
MARIOTTI
Per ulteriori info visita il sito : www.mariottiperverona.it
Il New York Times da alcuni giorni sta pubblicando dei servizi nei quali svela l’esteso aiuto fornito dall’intelligence americana all’Ucraina. Questo, come si sospettava, sarebbe l’origine di tutti i colpi fortunati messi a segno contro alle forze armate russe. In un dettagliato rapporto pubblicato oggi, 6 maggio, da Helene Cooper, Eric Schmitt e Julian E. Barnes, e dal quale noi citiamo, vengono forniti nuovi dettagli circa questo pericolosissimo coinvolgimento diretto degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti hanno fornito informazioni che hanno aiutato le forze ucraine a localizzare e colpire l’ammiraglia della flotta russa del Mar Nero il mese scorso, un altro segno che l’amministrazione sta allentando le sue limitazioni autoimposte su quanto lontano vogliono spingersi per aiutare l’Ucraina a combattere la Russia. Lo stesso si dice per la morte di tanti generali, dove l’intelligence americana ha captato le loro conversazioni e ha individuato la loro posizione sul campo, con precisione millimetrica, permettendo agli ucraini in sparare a colpo sicuro.
L’aiuto al puntamento, che ha contribuito all’eventuale affondamento della nave ammiraglia, la Moskva, fa parte di un continuo dell’amministrazione Biden per fornire all’Ucraina informazioni sui teatri di battaglia. Questa intelligence include anche la condivisione dei movimenti delle truppe russe.
L’amministrazione Biden ha cercato di mantenere segrete la gran parte delle informazioni che sta condividendo con gli ucraini, per paura che sia vista come un’escalation che possa provocare il presidente Vladimir V. Putin a una guerra più ampia. Ma nelle ultime settimane gli Stati Uniti hanno accelerato l’invio di armi pesanti all’Ucraina e hanno richiesto al Congresso uno straordinario aiuto militare, economico e umanitario con lo stanziamento di 33 miliardi di dollari, dimostrando quanto velocemente i vincoli auto imposti sul sostegno all’Ucraina stiano cambiando.
Due alti funzionari americani hanno affermato che l’Ucraina aveva già i dati di puntamento per la Moskva, e che gli Stati Uniti hanno fornito solo una conferma. Ma altri funzionari all’interno dell’amministrazione americana, hanno invece detto che l’intelligence americana è stata cruciale per l’affondamento della nave da parte dell’Ucraina.
Il 13 aprile, le forze ucraine di terra avevano sparato due missili Neptune, colpendo la Moskva e provocando un incendio che, alla fine, ha portato all’affondamento della vecchia nave da guerra. L’attenzione si è anche concentrata sul fatto che i sistemi radar della vecchia nave funzionassero correttamente. Ma dei funzionari ucraini e statunitensi hanno detto che la Moskva è stata probabilmente distratta dal dispiegamento di un drone Bayraktar di fabbricazione turca che li stava sorvolando.
Subito dopo l’attacco, i funzionari dell’amministrazione Biden erano stati scrupolosamente silenti, rifiutando di confermare persino che la Moskva fosse stata colpita. Ma negli ultimi giorni, i funzionari americani hanno confermato che i dati di puntamento da fonti di intelligence americane sono stati forniti all’Ucraina nelle ore prima del lancio dei missili Neptune.
La Russia ha negato che i missili ucraini abbiano avuto un ruolo nella fine della Moskva, sostenendo invece che un incendio a bordo ha causato un’esplosione di munizioni che ha condannato la nave. Notizie indipendenti russe basate fuori dal paese hanno riferito che circa 40 uomini sono morti e altri 100 sono rimasti feriti quando la nave da guerra è stata danneggiata e affondata.
I funzionari americani hanno riconosciuto pubblicamente che l’intelligence utile è stata fornita agli ucraini nel periodo precedente l’invasione della Russia del 24 febbraio, e che la pratica è continuata nelle settimane successive. Ma questi funzionari hanno evitato di confermare il diretto coinvolgimento americano nelle operazioni ucraine che hanno portato alla morte di circa diecimila soldati russi, perlopiù coscritti.
La valutazione degli Stati Uniti del piano di guerra della Russia per la regione del Donbas ha permesso a un alto funzionario del Pentagono di affermare la scorsa settimana che la Russia sembrava essere “diversi giorni indietro” nella sua offensiva, a causa della rigida resistenza ucraina e dei continui problemi di approvvigionamento. Le forze russe possono sempre deviare dai loro piani, ma i funzionari americani hanno detto che l’intelligence permette alle forze ucraine di evitare l’attacco in alcuni luoghi e posizionarsi per colpire i russi in altri.
Il New York Times ha riferito mercoledì che l’intelligence americana sui movimenti russi forniti all’Ucraina hanno permesso a Kiev di prendere di mira e uccidere un certo numero di generali russi. Giovedì, il signor Kirby, il portavoce del Pentagono, ha riconosciuto la condivisione dell’intelligence con gli ucraini, ma ha fornito pochi dettagli.
A Mariupol. I soldati russi hanno fatto breccia nelle difese ucraine intorno all’impianto siderurgico Azovstal, mentre le forze di Mosca hanno lanciato una spallata finale per prendere la città portuale. Ottenere il pieno controllo di Mariupol permetterebbe al presidente Vladimir V. Putin di rivendicare una vittoria giorni prima delle celebrazioni per il 9 maggio, che commemora il trionfo dell’Unione Sovietica sulla Germania nazista, per trasformare quella che lui chiama una “operazione militare speciale” in Ucraina in una guerra esplicita e totale.
Gli ufficiali della marina americana che hanno visitato gli incrociatori russi quando esisteva cooperazione militare russo-americana, alla fine degli anni ’90 e all’inizio del 2000, hanno detto che la Moskva aveva dei problemi. C’era poca attrezzatura visibile di controllo dei danni a bordo della nave da guerra per spegnere rapidamente gli incendi di bordo. I funzionari hanno detto che non potevano vedere estintori o manichette antincendio nei passaggi attraverso le navi. Sulle navi americane, tali attrezzature sono conservate a portata di mano per consentire all’equipaggio di estinguere rapidamente gli incendi, cosa fondamentale in mare.
“L’esercito russo aveva a lungo discusso se mandare in pensione la Moskva”, ha detto Michael Kofman, direttore degli studi sulla Russia alla CNA, un istituto di ricerca di Arlington County, Va. “Era un vecchio incrociatore sovietico che aveva un estremo bisogno di essere modernizzato”. Ma a causa di una carenza di incrociatori e cacciatorpediniere, Mosca alla fine ha deciso di estendere il suo servizio.
Questo progressivo coinvolgimento delle forze di intelligence americane deve preoccupare tutti, perché il rischio di un conflitto esteso diventa sempre più reale.
Coloro che vedono in Elon Musk, nato nel 1970 a Pretoria, solo uno spietato speculatore si sbagliano di grosso. Forse è anche questo, ma anche molto molto di più. Ha una mente complessa di tipo matematico, capace di spaziare in ambiti assai complessi. In parole povere, come Leonardo da Vinci, è uno che si è svegliato mentre tutti gli altri dormono. La sua vita personale è un mistero. Si conoscono solo pochi dettagli della sua complessa e tormentata esistenza. Attualmente Musk è l’uomo più ricco del mondo, con una patrimonio stimato in circa 221 miliardi di dollari ma, come Alessandro Magno e Leonardo da Vinci, non riesce a godere di nessuna conquista, perché pensa subito a ciò che ancora deve conquistare.
L’anno scorso aveva annunciato che stava “vendendo quasi tutti i suoi beni immobili”, comprese diverse proprietà in California per un valore di oltre 100 milioni di dollari – e 15 miliardi di dollari di azioni Tesla. Si dice che si sia poi trasferito in una “Capanna” di 75 piedi quadrati da 50.000 dollari vicino al sito di lancio dei razzi Starbase di SpaceX a Boca Chica, Texas. Ci pare facile preconizzare che in futuro vorrà disfarsi di tutto il suo denaro, un po’ come fece un altro genio della logica e della matematica, Ludwig Wittgenstein, che sistematicamente si disfece della enorme quantità di denaro ereditato dalla sua famiglia.
Elon, che ha fondato Space X nel 2002, ha cinque figli dal suo precedente matrimonio con la scrittrice Justine Wilson, dalla quale si era separato nel 2008. Un loro figlio di 10 settimane era tragicamente morto nel sonno, incrinando la loro unione.
“Il grande squilibrio economico tra noi, ha fatto sì che nei mesi successivi al nostro matrimonio, una certa dinamica si è insinuata fra di noi” disse la ex moglie, Justine. “Il giudizio di Elon prevaleva sul mio, e lui rimarcava costantemente i modi in cui mi trovava carente. “Sono tua moglie”, gli ho detto ripetutamente, “non una tua dipendente!”.
‘”Se tu fossi una mia dipendente, ti avrei già licenziata” Elon soleva ripetere alla moglie. Elon Musk non è un uomo ordinario e non potrà mai convivere con donne ordinarie o straordinarie.
Elon ha poi iniziato a frequentare l’attrice inglese Talulah Riley, che ha sposato e divorziato due volte in sei anni. È stato anche brevemente legato ad Amber Heard dopo che lei si è separata da Johnny Depp. L’attore ha poi accusato i due di avere una relazione, tradendolo . Cosa che entrambi hanno negato.
Ieri, Elon Musk, ha acquistato Twitter e senza alcun dubbio lo migliorerà, lo renderà più libero e ci farà un mucchio di soldi, aumentando il livello della sua insoddisfazione e della sua nevrosi. Negli anni a venire si concentrerà sempre più su come prolungare la vita umana.
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