Il Conte Clemente Solaro della Margarita (1792-1869) fu Ministro degli Esteri del Re Carlo Alberto di Savoia dal 1835 al 1847 ma fu poi cancellato dai gloriosi annali della storia risorgimentale e relegato in un angolino oscuro. Fu definito un reazionario, bigotto, contrario alla storia e un ottuso anti-Cavour.
La Gingko edizioni, una piccola casa editrice di Verona, ha ripubblicato un suo libro, intitolato “Questioni di Stato” uscito nel 1854, arricchita da una introduzione di Alessandre De Pedys, direttore generale per la diplomazia pubblica e culturale al ministero degli Esteri. Questo libro di Solaro della Margarita uscì al tempo dell’avventura in Crimea, con Francia e Gran Bretagna e da lui fortemente avversata.
Solaro, in 130 pagine e cinque punti, riassume ciò che avrebbero dovuti essere i capisaldi dello Stato Sabaudo, perché potesse continuare a esistere. Egli vide con chiarezza che la partita giocata da Cavour e dagli “italianissimi” (come sarcasticamente chiamava i patrioti italiani che volevano subito la guerra) fosse una partita assai azzardata. Lo stato dell’esercito e le finanze del Regno di Sardegna, a suo giudizio, precludevano uno scontro con una super potenza come l’Austro-Ungheria. Egli favoriva le vie diplomatiche, anche perché per sperare in un successo sul campo di battaglia avrebbe reso indispensabile l’intervento di una potenza straniera, come la Francia, che avrebbe poi inevitabilmente avanzato delle richieste territoriali e controllato la politica sarda.
Solaro fu licenziato dal suo Re dopo che decise di rompere gli indugi e passò alla guerra guadando il fiume Ticino. La follia delle decisioni prese da Carlo Alberto, privato del suo saggio Ministro degli Esteri, sono ormai a tutti manifeste. Basti guardare alla disfatta di Novara, inevitabile dopo che il Sovrano decise di affidare il proprio esercito a un mediocre generale polacco, più versato alla cartografia che nella guerra, inviso a tutti gli altri suoi generali, che neppure riuscivano a pronunciare il suo nome.
Alessandro De Pedys inquadra bene il personaggio e l’epoca: “Solaro guiderà la politica estera del Regno di Sardegna per quasi 13 anni, senza mai rinunciare ad agire sulla base delle sue convinzioni, spesso incurante delle conseguenze (i cattivi rapporti con la Spagna, ad esempio, avranno un costo economico rilevante per il Piemonte); il pensiero del monarca invece evolverà, come si è detto, e questa progressiva divergenza porterà Carlo Alberto alla decisione accettare le dimissioni del suo Ministro nel 1847. Tra i principali motivi di dissidio vi saranno l’ostilità del Re nei confronti dell’Austria e la consapevolezza del ruolo che la dinastia avrebbe potuto giocare nell’unificare almeno parte della penisola italiana, soddisfacendo in tal modo le secolari mire dei Savoia sulla Lombardia. Già nel 1832, dopo un solo anno di regno, Carlo Alberto scriveva nel suo diario: “De tous les côtés de l’Italie il nous revient que la haine contre les Autrichiens paraît se centupler et que les voeux de tous les honnêtes gens nous appellent; mais le temps de nous montrer n’est pas encore venu”.
L’editore ha inserito all’inizio del testo una celeberrima riflessione di Fëdor Dostoevskji, del 1877 e tratta dal suo Diario. Il grande scrittore russo pare della stessa idea del Solaro, espressa nelle “Questioni di Stato”.
Il conte di Cavour ha raggiunto quel che voleva, ha riunito l’Italia e che ne è risultato? Per duemila anni l’Italia ha portato in sé un’idea universale capace di riunire il mondo, non una qualunque idea astratta, non la speculazione di una mente di gabinetto, ma un’idea reale, organica, frutto della vita della Nazione, frutto della vita del mondo: l’idea dell’unione di tutto il mondo, da principio quella romana antica, poi la papale. I popoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni e mezzo in Italia comprendevano che erano i portatori di un’idea universale, e quando non lo comprendevano, lo sentivano e lo presentivano. La scienza, l’arte, tutto si rivestiva e penetrava di questo significato mondiale. Ammettiamo pure che questa idea mondiale, alla fine, si era logorata, stremata ed esaurita (ma è stato proprio così?) ma che cosa è venuto al suo posto, per che cosa possiamo congratularci con l’Italia, che cosa ha ottenuto di meglio dopo la diplomazia del conte di Cavour? È sorto un piccolo regno unito di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, cedendola al più logoro principio borghese – la trentesima ripetizione di questo principio dal tempo della prima rivoluzione francese – un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (cioè non l’unità mondiale di una volta) e per di più pieno di debiti non pagati e, soprattutto, soddisfatto del suo essere un regno di second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour!