COMUNICATO STAMPA PROGETTO FVS-ELODIE – CONSORZIO ZAI
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con il Decreto di ripartizione del cofinanziamento firmato in data 30/08/2024 dà il via al progetto FVS-ELODIE, promosso da UIR (Unione Interporti Riuniti), di cui Consorzio ZAI è partner. Esso prevede l’efficientamento di tutti gli interporti italiani per far sì che tutti possano essere dotati delle stesse tecnologie e migliorare la loro interoperabilità. Il progetto, oltre alla tecnologia degli interporti, prevede di sviluppare un connettore tra nodi per ottemperare ai dettami del regolamento EU 2021/1056, che istituisce un quadro giuridico per la comunicazione elettronica tra operatori pubblici e privati a livello comunitario.
In particolare il Consorzio ZAI, con un investimento di 1.024.500€ (finanziati al 50% dal PNRR), provvederà ad aumentare la cybersicurezza per assicurare il più alto livello di incolumità delle merci; ad installare nuove telecamere IP di sicurezza; a migliorare l’accesso all’Interporto attraverso un sistema moderno e integrato, per facilitare l’ingresso a insediati e operatori logistici; ad aggiungere nuove funzionalità nel Terminal Operating System, cuore pulsante delle operazioni logistiche dell’Interporto e ad aggiornare tutta l’infrastruttura di Rete.
Le nuove tecnologie e i processi ottimizzati consentiranno un flusso più rapido e affidabile delle merci presso l’Interporto Quadrante Europa di Verona, riducendo i tempi di attesa e migliorando la logistica complessiva dell’Interporto. L’Interporto sarà quindi pienamente conforme alle normative europee in materia di sicurezza informatica. Infine, la digitalizzazione dei processi consentirà una tracciabilità più accurata delle operazioni. Con una logistica più efficiente, una sicurezza rafforzata e processi snelliti, l’Interporto sarà in grado di mantenere la sua posizione di leadership nel panorama italiano ed europeo.
DICHIARAZIONE MATTEO GASPARATO – PRESIDENTE UIR E CONSORZIO ZAI
“L’assegnazione dei fondi per la digitalizzazione degli Interporti – sottolinea il Presidente della UIR e di Consorzio ZAI, Matteo Gasparato – ha un notevole rilievo, per una molteplicità di profili.
Innanzitutto, testimonia la costante attenzione e la considerazione che l’attuale Governo ha nei confronti della rete interportuale italiana.
Difatti, questo finanziamento con fondi PNNR, che ha l’obiettivo di digitalizzare la catena logistica, segue precedenti provvedimenti a sostegno, sempre del MIT, che hanno consentito agli interporti italiani di modernizzare e potenziare le loro infrastrutture. Va ricordato che negli ultimi anni il MIT ha erogato circa 115 milioni di euro per progetti riguardanti il settore, attivando cofinanziamenti pari a 145 milioni di euro e sostenendo un settore che ha dimostrato il suo ruolo di servizio essenziale, anche in una fase storica di grande difficoltà generale.
Infine, nota non trascurabile, va segnalata la grande vitalità della rete interportuale italiana, testimoniata dal fatto che ben 16 interporti hanno aderito al bando, ottenuto il finanziamento, investendo capitali propri”. Sono maturi – conclude il presidente Gasparato – i tempi affinchè si concluda positivamente l’iter parlamentare della Legge di riforma degli interporti”.
RELAZIONE DATI DI BILANCIO CONSORZIO ZAI ANNO 2023
I risultati economici e patrimoniali di bilancio del Consorzio ZAI – Interporto Quadrante Europa confermano anche per l’anno 2023 un utile che, al lordo delle tasse (IRES ed IRAP), risulta pari ad € 1.040.000, mentre l’utile netto risulta pari ad € 810.000.
L’utile è stato realizzato pur avendo tra i costi una tassazione di € 925.000 a titolo di IMU.
I ricavi derivanti dalle concessioni degli immobili si sono attestati a € 7.911.000 (incremento del 4,20% rispetto all’anno precedente) mentre i ricavi delle vendite immobiliari sono stati pari a circa € 2.893.000.
Il volume d’affari complessivo è passato da € 12.639.000 del 2022 ad € 12.091.000 del 2023 con una diminuzione delle vendite di aree.
L’indebitamento verso le banche è diminuito del 5,34% rispetto al 2022 e si è attestato a circa 6,5 milioni di euro.
PRINCIPALI INIZIATIVE ED ATTIVITA’ ANNO 2023
L’attività del Consorzio ZAI consiste nella promozione dello sviluppo industriale del comune di Verona, nella pianificazione urbanistica, nell’assetto, sistemazione e gestione delle zone industriali e logistiche, alla realizzazione ed al governo di grandi infrastrutture a servizio della produzione di beni e servizi.
In particolare nel 2023 il Consorzio ZAI ha ceduto aree urbanizzate per circa mq . 50.000 nella ZAI Storica (ZAI 1) nella ZAI Bassona (ZAI 2) e nell’interporto.
con Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (RFI) un “Protocollo d’Intesa relativo alla realizzazione del IV Modulo di Verona Quadrante Europa” per approfondire gli aspetti finanziari dell’opera e le più efficaci procedure operative funzionali alla messa in disponibilità delle aree;
con Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (RFI) e Quadrante Europa Terminal Gate un accordo per la realizzazione di due binari e l’installazione della quarta gru al Terzo Modulo del Quadrante Europa Terminal Gate.
Tali attività permetteranno all’interporto di Verona sia di aumentare fin da subito la propria capacità di terminalizzazione ferroviaria sia di poter essere pronto ad accogliere nuovi treni più lunghi e performanti non appena sarà realizzato il nuovo tunnel del Brennero previsto nel 2032.
Inoltre, il Consorzio ZAI ha proseguito nello sviluppo e nel potenziamento delle funzioni logistiche ed intermodali del Quadrante Europa con la conclusione della progettazione del nuovo terminale ferroviario da 750 metri (cosiddetto 4^ modulo terminal del Quadrante Europa) in collaborazione con ITALFERR/RFI, in virtù del progetto Veneto Intermodal cofinanziato al 50% da fondi CEF europei.
È stato mantenuto il ruolo strategico nell’ambito logistico interportuale nazionale a seguito della riconferma, nel mese di ottobre 2023, a Presidente di UIR (Unione Interporti Riuniti), per il triennio 2023-2026 del Presidente del Consorzio ZAI.
Inoltre, questo Consiglio Direttivo ha costantemente presidiato e monitorato importanti organismi di rappresentanza nazionale quali F.I.C.E.I. (Federazione Italiana per i Consorzi di Sviluppo e Industrializzazione), ALIS e Federtrasporto.
È proseguito lo sviluppo dell’attività di ricerca di finanziamenti nazionali ed europei mediante la società ZAILOG scarl.
Si ricorda che tale società che vede tra i soci oltre al Consorzio ZAI (75%) anche la società Quadrante Servizi (25%), è stato costituito per realizzare e stimolare la ricerca e lo sviluppo di tecnologie innovative e di nuovi modelli di processo (e di business) nei settori dei trasporti e della logistica, nonché il loro trasferimento all’industria italiana, ed in particolare alle imprese insediate ed operative nelle aree dell’Interporto Quadrante Europa di Verona.
BILANCIO DI SOSTENIBILITA’ 2023
A partire dal 2022, il Bilancio di Sostenibilità è entrato ufficialmente in vigore e rappresenta un impegno costante del Consorzio ZAI per i prossimi anni. Attraverso questo Bilancio di Sostenibilità, il Consorzio ZAI si propone di comunicare in modo innovativo le sue azioni volte a contribuire a un mondo più responsabile e sostenibile. Questo documento nasce come evoluzione naturale del Bilancio Sociale pubblicato dal 2003, ampliando la capacità dell’ente di evidenziare il suo contributo al miglioramento sociale, ambientale ed economico. L’impegno del Consorzio ZAI verso la sostenibilità si manifesta in varie forme, dalle azioni concrete per ridurre gli impatti ambientali al sostegno all’espansione economica del territorio, contribuendo così alla creazione di reddito e al sostentamento di migliaia di famiglie.
Il documento si concentra su diversi ambiti di azione, tra cui l’impegno del Consorzio ZAI per favorire l’equilibrio di genere a tutti i livelli lavorativi e la promozione della conciliazione vita-lavoro per migliorare la qualità di vita dei lavoratori e delle lavoratrici.
L’Interporto di Verona, gestito dal Consorzio ZAI, riveste un ruolo cardine nella promozione della sostenibilità ambientale e nella mitigazione dei cambiamenti climatici legati alle attività logistiche. Attraverso il trasporto intermodale, che permette l’interscambio tra le modalità gomma e ferro, l’Interporto contribuisce attivamente a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra e degli inquinanti atmosferici.
Nel corso del 2023, l’Interporto di Verona ha movimentato un totale di 7.268.040 tonnellate di merci, equivalenti a 379.196 camion di cui ne è stata evitata la circolazione, apportando un significativo impatto positivo sull’ambiente, la congestione e l’incidentalità sulla rete stradale. Il successo di questo risultato si basa sull’efficace adozione dello shift modale promosso da Consorzio ZAI, con un totale di 2.850.000 chilometri percorsi nel 2023 con un servizio complessivo di 170 treni a settimana. Questo approccio enfatizza la sostenibilità e la responsabilità ambientale come elementi essenziali delle operazioni logistiche moderne. Il notevole risparmio di traffico su strada ha permesso di evitare l’emissione di 473.916 tonnellate di CO2 direttamente in atmosfera e la produzione di 415.388 grammi di polveri sottili (PM2,5) oltre che 14.788 kg di Nox, contribuendo in modo significativo a ridurre l’impatto ambientale del settore dei trasporti. Questi benefici ambientali possono essere considerati come risparmi economici ottenuti dalla società, valutati utilizzando parametri definiti nelle Linee Guida Europee. L’evitare di percorrere 2,85 milioni di chilometri su strada ha consentito di risparmiare 44,04 milioni di euro in costi relativi alle emissioni di CO2, oltre a 63,63 milioni di euro in costi legati agli inquinanti atmosferici (PMx, NOx, SOx, ecc.). Questi risultati dimostrano inequivocabilmente che il trasporto intermodale rappresenta una soluzione estremamente efficiente per migliorare le operazioni logistiche, riducendo al contempo l’impatto negativo sull’ambiente.
Il Consorzio ZAI si impegna a continuare su questa strada, lavorando con determinazione per un futuro in cui la sostenibilità sia al centro di ogni azione e decisione.
DICHIARAZIONE MATTEO GASPARATO, PRESIDENTE CONSORZIO ZAI
L’ottimo lavoro fatto in questi anni è sancito dai risultati presentati stamattina. Non solo abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo posti, ma li abbiamo superati in modo significativo, dimostrando la forza e la lungimiranza delle nostre scelte strategiche. Il grande impegno profuso è stato fondamentale per ottenere questi risultati. Questa presentazione è molto più che un semplice bilancio: è la testimonianza di un modello di crescita che unisce sviluppo economico, rispetto per l’ambiente e un forte senso di responsabilità sociale. Crediamo fermamente che il nostro approccio integrato sia la chiave per il successo sostenibile nel lungo periodo. Guardando al futuro, siamo convinti che continuare su questa strada sarà decisivo per rafforzare ulteriormente la posizione del Consorzio ZAI come principale motore di innovazione e sostenibilità per la città di Verona. Il nostro obiettivo è rimanere un punto di riferimento nel settore, promuovendo lo sviluppo sostenibile come valore imprescindibile per la crescita del nostro territorio.
DICHIARAZIONE ANDREA PRANDO, VICEPRESIDENTE CONSORZIO ZAI
Il Consorzio ZAI si conferma un ente solido e sano dal punto di vista economico, grazie a una gestione attenta e mirata che ha permesso di affrontare le sfide degli ultimi anni con equilibrio e lungimiranza. I dati che presentiamo oggi riflettono non solo una stabilità finanziaria, ma anche la capacità di investire in progetti strategici che rafforzano il nostro ruolo sul territorio veronese. Inoltre, il Consorzio ZAI durante gli ultimi anni ha investito notevoli risorse nella digitalizzazione delle strutture dell’Ente. Logistica, infatti, non vuol dire solamente movimentazione di merci, ma anche movimentazione di dati, e queste due cose è necessario che avanzino e si sviluppino di pari passo.
Si è tenuto oggi, 26 luglio 2024, presso la Sala Conferenze del Consorzio ZAI di Verona, il convegno dal titolo “Trasporto Merci: Verona Porta per l’Europa” organizzato dall’Associazione Comunità e Trasporti e patrocinato dal Consorzio ZAI. L’evento ha riunito alcuni dei più importanti esponenti del settore del trasporto merci e della logistica, che hanno discusso temi chiave per il futuro del settore, attirando l’attenzione di numerosi partecipanti e stakeholders. Nel corso del dibattito sono stati affrontati numerosi temi di grande attualità, tra cui la digitalizzazione della catena di approvvigionamento dove si è evidenziato che le innovazioni tecnologiche e le soluzioni digitali stanno rivoluzionando il settore e migliorando la tracciabilità e l’efficienza operativa; la sostenibilità ambientale e le pratiche necessarie per ridurre l’impatto ambientale del trasporto merci, in linea con gli obiettivi climatici globali; le innovazioni gli investimenti per potenziare le infrastrutture logistiche; le misure e le tecnologie all’avanguardia per assicurare il massimo livello di sicurezza nelle operazioni di trasporto e infine l’intermodalità e la connettività europea.
Il convegno è stato introdotto e moderato da Marco de Cesare, Presidente Comunità e Trasporti.
I saluti istituzionali sono stati portati da Matteo Gasparato, Presidente Consorzio ZAI
Hanno partecipato con interventi di rilievo:
Galeazzo Bignami, Vice Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha messo in evidenza l’importanza di tali temi per il futuro del settore e ha evidenziato l’impegno del governo nel sostenere iniziative che promuovano la digitalizzazione, la sostenibilità e la sicurezza nel trasporto merci.
Martin Ausserdorfer, CEO di RTC, che ha sottolineato come l’area di Verona sia quella con il maggior potenziale di sviluppo logistico, soprattutto per quanto riguarda il trasporto ferroviario, potendo rappresentare l’hub logistico di riferimento per i trasporti internazionali.
Inoltre, Ausserdorfer ha evidenziato come le tecnologie innovative possano supportare la competitività del trasporto ferroviario e ha affrontato il tema degli investimenti previsti dall’impresa per incrementarne ulteriormente efficienza e sostenibilità.
Cristiano Bonelli, Segretario Nazionale UGL Servizi e Merci, che ha sottolineato il ruolo fondamentale del sindacato all’interno della gestione delle innovazioni e dei veloci cambiamenti tecnologici.
Sabrina De Filippis, Amministratore Delegato Mercitalia Logistics, che ha evidenziato come la logistica muova l’economia dei territori e l’Italia per la sua posizione strategica abbia un ruolo fondamentale per la logistica europea. Inoltre, De Filippis ha sottolineato come il PNRR potrà dare opportunità di sviluppo che noi aspettiamo da anni, purtroppo oggi i grandi cantieri ostacolano l’attività delle imprese ferroviarie con un danno economico notevole, le Istituzioni europee dovrebbero trovare il metodo per sostenere le imprese che per i lavori infrastrutturali perdono mercato. Come polo è stato investito un piano industriale virtuoso per il rilancio della logistica e del trasporto merci con l’obiettivo di arrivare ad essere il più grande player europeo del settore.
Robert Christopher Lasch nato il 1 giugno 1932, Omaha, Nebraska – Morto il 14 febbraio 1994, a 61 anni.
Christopher Lasch è stato uno storico, moralista e critico sociale americano, professore di storia all’Università di Rochester. Ha cercato di usare la storia per dimostrare ciò che vedeva come la pervasività con cui le grandi istituzioni, pubbliche e private, stavano erodendo la competenza e l’indipendenza delle famiglie e delle comunità. Lasch si sforzò di creare una critica sociale storicamente informata che potesse insegnare agli americani come affrontare il consumismo dilagante, la proletarizzazione e quella che lui definì notoriamente “la cultura del narcisismo”. I suoi libri, tra cui The New Radicalism in America (1965), Haven in a Heartless World (1977), The Culture of Narcissism (1979), The True and Only Heaven (1991) e The Revolt of the Elites and the Betrayal of Democracy (pubblicato postumo nel 1996) sono stati ampiamente discussi e recensiti.
Lasch è sempre stato un critico del liberalismo moderno e uno storico degli scontenti del liberalismo, ma nel corso del tempo la sua prospettiva politica si è evoluta drasticamente. Negli anni Sessanta era un neo-marxista e un critico acerrimo del liberalismo della Guerra Fredda. Negli anni Settanta ha combinato alcuni aspetti del conservatorismo culturale con una critica di sinistra del capitalismo e ha attinto alla teoria critica influenzata da Freud per diagnosticare il continuo deterioramento che percepiva nella cultura e nella politica americana. I suoi scritti sono talvolta denunciati dalle femministe e acclamati dai conservatori per la sua apparente difesa di una concezione tradizionale della vita familiare.
Alla fine concluse che una fede spesso tacita, ma pervasiva, nel “Progresso” tendeva a rendere gli americani resistenti a molte delle sue argomentazioni. Nelle sue ultime opere principali esplorò questo tema in profondità, suggerendo che gli americani avevano molto da imparare dai movimenti populisti e artigianali soppressi e incompresi del XIX e dell’inizio del XX secolo.
Lasch ha poi conseguito un master in storia e un dottorato alla Columbia University, dove ha lavorato con William Leuchtenburg.
Durante gli anni Sessanta, Lasch si identificò come socialista, ma trovò influenza non solo negli scrittori dell’epoca, come C. Wright Mills, ma anche in voci indipendenti precedenti, come Dwight Macdonald. Lasch fu ulteriormente influenzato dagli scrittori della Scuola di Francoforte e dalla prima New Left Review e sentì che “il marxismo mi sembrava indispensabile”. [Durante gli anni Settanta, tuttavia, divenne disincantato dalla fede della sinistra nel progresso – tema trattato più tardi dal suo studente David Noble – e identificò sempre più questa convinzione come il fattore che spiegava l’incapacità della sinistra di prosperare nonostante il diffuso malcontento e i conflitti dell’epoca. Fu professore di storia alla Northwestern University dal 1966 al 1970.
A questo punto Lasch iniziò a formulare quello che sarebbe diventato il suo stile caratteristico di critica sociale: una sintesi sincretica di Sigmund Freud e del filone di pensiero socialmente conservatore che rimaneva profondamente sospettoso del capitalismo e dei suoi effetti sulle istituzioni tradizionali.
Oltre a Leuchtenburg, Hofstadter e Freud, Lasch fu particolarmente influenzato da Oreste Brownson, Henry George, Lewis Mumford, Jacques Ellul, Reinhold Niebuhr e Philip Rieff. [Un notevole gruppo di studenti laureati ha lavorato con Lasch all’Università di Rochester, Eugene Genovese e, per un certo periodo, Herbert Gutman, tra cui Leon Fink, Russell Jacoby, Bruce Levine, David Noble, Maurice Isserman, William Leach, Rochelle Gurstein, Kevin Mattson e Catherine Tumber.
Dopo un intervento chirurgico apparentemente riuscito nel 1992, nel 1993 a Lasch fu diagnosticato un cancro metastatico. Dopo aver appreso che era improbabile che la chemioterapia potesse prolungare significativamente la sua vita, rifiutò la chemioterapia, osservando che gli avrebbe tolto l’energia necessaria per continuare a scrivere e a insegnare. A uno specialista insistente scrisse: “Disprezzo il vile attaccamento alla vita, per il solo gusto di vivere, che sembra così profondamente radicato nel temperamento americano”Morì nella sua casa di Pittsford, New York, il 14 febbraio 1994, all’età di 61 anni.
La prima argomentazione di Lasch, anticipata in parte dalla preoccupazione di Hofstadter per i cicli di frammentazione dei movimenti radicali negli Stati Uniti, era che il radicalismo americano era diventato socialmente insostenibile a un certo punto del passato. I membri della “sinistra” avevano abbandonato i loro precedenti impegni per la giustizia economica e il sospetto del potere, per assumere ruoli professionalizzati e sostenere stili di vita mercificati che svuotavano l’etica autosufficiente delle comunità. Il suo primo libro importante, Il nuovo radicalismo in America: The Intellectual as a Social Type, pubblicato nel 1965 (con un trafiletto promozionale di Hofstadter), esprimeva queste idee sotto forma di una critica serrata degli sforzi del liberalismo del XX secolo di accumulare potere e ristrutturare la società, senza dare seguito alle promesse del New Deal. La maggior parte dei suoi libri, anche quelli più strettamente storici, includono una critica così tagliente delle priorità dei presunti “radicali”, che rappresentavano solo formazioni estreme di un’etica capitalista rapace.
La sua tesi di fondo sulla famiglia, espressa per la prima volta nel 1965 ed esplorata per il resto della sua carriera, era la seguente:
Quando il governo è stato centralizzato e la politica è diventata di portata nazionale, come doveva essere per far fronte alle energie liberate dall’industrialismo, e quando la vita pubblica è diventata senza volto e anonima e la società una massa democratica amorfa, il vecchio sistema di paternalismo (in casa e fuori) è crollato, anche quando la sua parvenza è sopravvissuta intatta. Il patriarca, anche se poteva ancora presiedere con splendore a capo del suo consiglio, era diventato simile a un emissario di un governo che era stato silenziosamente rovesciato. Il semplice riconoscimento teorico della sua autorità da parte della famiglia non poteva cambiare il fatto che il governo, fonte di tutti i suoi poteri di ambasciatore, aveva cessato di esistere.
L’opera più famosa di Lasch, La cultura del narcisismo: American Life in an Age of Diminishing Expectations (1979), ha cercato di mettere in relazione l’egemonia del capitalismo moderno con l’irruzione nella vita sociale e familiare di una mentalità “terapeutica” simile a quella già teorizzata da Philip Rieff. Lasch sosteneva che gli sviluppi sociali del XX secolo (ad esempio, la Seconda guerra mondiale e l’ascesa della cultura del consumo negli anni successivi) avevano dato origine a una struttura di personalità narcisistica, in cui la fragile concezione di sé degli individui aveva portato, tra l’altro, alla paura dell’impegno e delle relazioni durature (compresa la religione), al timore di invecchiare (cioè la “cultura giovanile” degli anni Sessanta e Settanta) e a un’ammirazione sconfinata per la fama e la celebrità (alimentata inizialmente dall’industria cinematografica e favorita principalmente dalla televisione). Sosteneva, inoltre, che questo tipo di personalità era conforme ai cambiamenti strutturali del mondo del lavoro (ad esempio, il declino dell’agricoltura e dell’industria manifatturiera negli Stati Uniti e l’emergere dell'”era dell’informazione”). Con questi sviluppi, secondo l’autore, è nata inevitabilmente una certa sensibilità terapeutica (e quindi la dipendenza) che, inavvertitamente o meno, ha minato le vecchie nozioni di auto-aiuto e iniziativa individuale. Negli anni Settanta, persino gli appelli all'”individualismo” erano grida disperate e sostanzialmente inefficaci che esprimevano una più profonda mancanza di individualità significativa.
La cultura del narcisismo vinse un National Book Award nel 1980, ma Lasch non si sentì a suo agio con questo riconoscimento, affermando che i premi editoriali riflettevano “le peggiori tendenze” dell’industria.
Lasch sviluppò una critica del cambiamento sociale tra le classi medie degli Stati Uniti, spiegando e cercando di contrastare la caduta del “populismo”. Ha cercato di riabilitare questa tradizione alternativa populista o produttivista: “La tradizione di cui parlo… tende a essere scettica nei confronti dei programmi di riscatto totale della società… È molto radicalmente democratica e in questo senso appartiene chiaramente alla sinistra. D’altra parte, però, ha un rispetto per la tradizione molto maggiore di quello comune a sinistra, e anche per la religione” e ha affermato che: “… qualsiasi movimento che offra una reale speranza per il futuro dovrà trovare gran parte della sua ispirazione morale nel radicalismo plebeo del passato e, più in generale, nell’accusa al progresso, alla produzione su larga scala e alla burocrazia che è stata elaborata da una lunga serie di moralisti le cui percezioni erano modellate dalla visione del mondo dei produttori”
Scrisse che un movimento femminista che rispettasse le conquiste delle donne del passato non avrebbe denigrato il lavoro domestico, la maternità o i servizi civici e di prossimità non retribuiti. Non farebbe della busta paga l’unico simbolo di realizzazione. Insisterebbe sul fatto che le persone hanno bisogno di una vocazione onorevole che si rispetti, non di carriere affascinanti che comportano stipendi elevati ma che le allontanano dalle loro famiglie”.
La giornalista Susan Faludi lo ha definito esplicitamente antifemminista per le sue critiche al movimento per i diritti all’aborto e l’opposizione al divorzio. Ma Lasch considerava il conservatorismo di Ronald Reagan come l’antitesi della tradizione e della responsabilità morale. Lasch non simpatizzava in generale con la causa di quella che allora era conosciuta come Nuova Destra, in particolare con gli elementi di libertarismo più evidenti nella sua piattaforma; detestava l’invasione del mercato capitalista in tutti gli aspetti della vita americana.
Lasch rifiutava la costellazione politica dominante emersa sulla scia del New Deal, in cui la centralizzazione economica e la tolleranza sociale costituivano le fondamenta degli ideali liberali americani, e allo stesso tempo rimproverava l’ideologia conservatrice sintetica diametralmente opposta, elaborata da William F. Buckley Jr. e Russell Kirk. Lasch era anche critico e a volte sprezzante nei confronti del suo parente più prossimo nella filosofia sociale, il comunitarismo elaborato da Amitai Etzioni. Solo il populismo soddisfaceva i criteri di Lasch di giustizia economica (non necessariamente l’uguaglianza, ma la minimizzazione delle differenze di classe), democrazia partecipativa, forte coesione sociale e rigore morale; tuttavia il populismo aveva commesso gravi errori durante il New Deal ed era stato sempre più spesso cooptato dai suoi nemici e ignorato dai suoi amici. Per esempio, egli elogiava i primi lavori e il pensiero di Martin Luther King Jr. come esemplari del populismo americano; tuttavia, secondo Lasch, King è rimasto al di sotto di questa visione radicale, abbracciando negli ultimi anni della sua vita una soluzione essenzialmente burocratica alla stratificazione razziale in corso.
In uno dei suoi libri, The Minimal Self (L’io minimo), ha spiegato che “va da sé che l’uguaglianza sessuale in sé rimane un obiettivo eminentemente desiderabile…”. In Women and the Common Life (Le donne e la vita comune), Lasch ha chiarito che esortare le donne ad abbandonare la casa e costringerle a una posizione di dipendenza economica sul posto di lavoro, sottolineando l’importanza delle carriere professionali, non comporta la liberazione, fintanto che queste carriere sono governate dai requisiti dell’economia aziendale.
Nei suoi ultimi mesi di vita, ha lavorato a stretto contatto con la figlia Elisabeth per completare The Revolt of the Elites: And the Betrayal of Democracy, pubblicato nel 1994, in cui “esecrava la nuova classe meritocratica, un gruppo che aveva raggiunto il successo attraverso la mobilità verso l’alto dell’istruzione e della carriera e che veniva sempre più definito dalla mancanza di radici, dal cosmopolitismo, da un sottile senso dell’obbligo e dalla diminuzione delle riserve di patriottismo”, e “sosteneva che questa nuova classe ‘conservava molti dei vizi dell’aristocrazia senza le sue virtù’, mancando del senso di ‘obbligo reciproco’ che era stato una caratteristica del vecchio ordine”.
Christopher Lasch analizza il crescente divario tra la parte superiore e quella inferiore della composizione sociale negli Stati Uniti. Per lui, la nostra epoca è determinata da un fenomeno sociale: la rivolta delle élite, in riferimento a La rivolta delle masse (1929) del filosofo spagnolo José Ortega y Gasset. Secondo Lasch, le nuove élite, cioè quelle che si trovano nel 20 per cento superiore del reddito, grazie alla globalizzazione che permette la totale mobilità dei capitali, non vivono più nello stesso mondo dei loro concittadini. In questo si oppongono alla vecchia borghesia del XIX e XX secolo, che era costretta dalla sua stabilità spaziale a un minimo di radicamento e di obblighi civici.
La globalizzazione, secondo lo storico, ha trasformato le élite in turisti nei loro Paesi. La de- nazionalizzazione della società tende a produrre una classe che si considera “cittadina del mondo, ma senza accettare… nessuno degli obblighi che la cittadinanza in una politica normalmente implica”. I loro legami con una cultura internazionale del lavoro, del tempo libero, dell’informazione – rendono molti di loro profondamente indifferenti alla prospettiva del declino nazionale. Invece di finanziare i servizi pubblici e il tesoro pubblico, le nuove élite investono il loro denaro per migliorare i loro ghetti volontari: scuole private nei loro quartieri residenziali, polizia privata, sistemi di raccolta dei rifiuti. Si sono “ritirate dalla vita comune”.
Composte da coloro che controllano i flussi internazionali di capitale e di informazione, che presiedono le fondazioni filantropiche e le istituzioni di istruzione superiore, gestiscono gli strumenti di produzione culturale e quindi fissano i termini del dibattito pubblico. Così, il dibattito politico si limita principalmente alle classi dominanti e le ideologie politiche perdono ogni contatto con le preoccupazioni del cittadino comune. Il risultato è che nessuno ha una soluzione probabile a questi problemi e che ci sono furiose battaglie ideologiche su questioni correlate. Tuttavia, essi rimangono protetti dai problemi che colpiscono le classi lavoratrici: il declino dell’attività industriale, la conseguente perdita di posti di lavoro, il declino della classe media, l’aumento del numero dei poveri, l’aumento del tasso di criminalità, il crescente traffico di droga, la crisi urbana.
Inoltre, ha messo a punto le sue intenzioni per i saggi da includere in Women and the Common Life: Love, Marriage, and Feminism, che fu pubblicato postumo, con l’introduzione della figlia, nel 1997.
Il keynesianesimo viene considerato una piaga intellettuale, i suoi seguaci sono visti come membri di una setta che cerca la confisca della proprietà da parte di uno Stato necessariamente tentacolare. Si tratta di una posizione deplorevole, perché un tempo la società accettava l’intervento dello Stato per regolare i fondamenti – e spesso gli eccessi – degli attori economici. Preferiamo forse sacrificare le nostre vite e quelle dei più vulnerabili alla fredda brutalità dei mercati finanziari, i quali, barcollando sul filo del rasoio come durante le crisi precedenti, si convertono al keynesianesimo, invocano i poteri e i fondi pubblici per salvarsi, per poi guardarli con orrore e disprezzo non appena non ne hanno più bisogno?
Le nostre società hanno raggiunto un tale grado di decadenza da delegare al settore finanziario i doveri più elementari nei confronti dei cittadini in difficoltà. Per esempio, Goldman Sachs ha investito diversi milioni di dollari nelle carceri dello Stato di New York, con le seguenti prospettive: recuperare l’investimento se la recidiva diminuisce del 10%, raddoppiarlo se questo tasso migliora, perdere metà dell’investimento se la criminalità non migliora a New York!
Eppure, quasi tutti gli economisti, la stampa e i leader europei restano convinti che il keynesismo sia una forma di collettivismo.
I vostri politici vi hanno spiegato che la politica monetaria (cioè la Banca Centrale) e la politica fiscale/di bilancio sono entrambe fattori di stabilizzazione dell’economia? Lo sanno almeno?
In ogni caso, l’obiettivo dei neokeynesiani è ridurre i rischi e mantenere la fiducia:
-senza mettere in discussione la struttura dell’edificio economico e sociale,
-senza ridistribuzione vessatoria,
-senza eccesso di regolamentazione.
Ma, utilizzando la leva dei tassi di interesse della Banca Centrale, aumentandoli per rallentare l’economia ed evitare il surriscaldamento, e viceversa. La banca centrale, con la sua politica monetaria, permette di frenare le recessioni ed evita appunto un eccessivo coinvolgimento dello Stato.
Il neokeynesianesimo è un’alternativa a uno Stato che sarebbe costretto a esercitare una presa invasiva sull’economia. Permette a uno Stato indebitato di respirare, in attesa che la sua Banca Centrale rilanci l’economia attraverso la sua politica monetaria, che può fare miracoli. Chi ne dubita basta che guardi all’attivismo della Federal Reserve statunitense, a cui l’economia del Paese deve una parte sostanziale del suo dinamismo.
La Francia non deve cedere all’ossessione, spesso al ricatto, dei numeri. La Francia deve domare il suo deficit pubblico perché i nostri governanti hanno l’obbligo morale di rilanciare definitivamente la crescita, il potere d’acquisto e l’occupazione. Il nostro sistema ha bisogno di una profonda revisione perché dobbiamo ripensare collettivamente l’azione e la spesa pubblica, il ruolo delle tasse e lo scopo del denaro. La Francia ha tutte le carte in regola per convincere i suoi partner europei a seguire una strada diversa.
Il sollievo di una popolazione ferita, la lotta alla precarietà e il ripristino dell’occupazione non valgono forse un deficit?
Già negli anni ’30 Keynes suggeriva agli Stati di fermare la crisi, di ungere gli ingranaggi, impiegando i disoccupati a scavare buche per seppellire le banconote… Ma non fu ascoltato e la Grande Depressione fu superata solo grazie alla Seconda Guerra Mondiale.
There are similarities between French and Italian public debt. The narrative that drives the financial world is that Italy is an highly indebted country at the mercy of the markets, while France sits on the dashboard with Germany in the European Union, despite having a much less solid public balance sheet. But if the numbers tell a different story,
French debt in foreign hands
As a percentage of GDP, French debt stands at 110.60 percent at the end of 2023, compared to Italy’s 137.3 percent. There is no doubt that our debt is higher. In absolute figures: 3.101 versus 2.863 billion. But we should not limit ourselves to the debt ratio to assess the degree of sovereign risk. Also, at the end of last year, foreign investors held about 1.6 trillion euros of French debt (1.597 billion, to be precise) compared to 789 billion in Italy. In practice, 51 percent of Parisian debt is in the hands of non-residents, compared to 27.6 percent in Italy
Risk of foreign capital flight
These figures are almost always, if not always, interpreted in favor of the solidity of French debt. As they are perceived as low-risk, foreign investors are willing to finance them. The fact that even Italian debt was more than half in the hands of foreign investors in 2010, shortly before the spread crisis broke out, shows that this can indeed be the case. Since then, their share has fallen. However, this undisputed strength could become a weakness in the event of a shock. Just think of these days. There are fears on the markets that the right-wing left will win the early elections in France at the end of June. Yields are rising again and the spread is widening but remains limited. What would happen if the feared scenario were to become reality? Foreign capital would leave Paris as quickly as it left Rome over a dozen years ago. Suddenly, France would have to refinance more than half of its debt and would have no certainty about relative demand.
Vulnerabilities for Paris
For foreign investors as a whole, French debt makes up only a tiny percentage of their portfolios. Conversely, it would be very complicated in the short term for domestic investors to replace the former in order to finance their own government. The operation would take years and require a major repositioning of domestic portfolios. Italy is now explicitly pursuing this strategy to loosen its dependence on foreign capital, which is proving more volatile than domestic capital for several reasons. The plan is working, not least because we already assumed very high BTp holdings in the hands of Italian institutional investors. Another fact casts doubt on the solidity of French bonds, as suggested by the media and the markets. France had a structural primary deficit before COVID-19, while Italy had a structural primary surplus. This means that the former regularly spent more than it took in, minus interest. We have been spending less since the early 1990s, although the interest burden has always weighed on public budgets during these decades.
French debt overvalued by rating agencies
Finally, France had a negative net international investment position of 29.40 of GDP as at December 31, 2023. Italy had a positive value of 7.40 percent. This means that the Italian system holds more assets abroad than foreigners hold in our country. The situation is different in France, where nationals do not have sufficient funds to replace foreign capital in the financing of French debt if necessary. This is why, for example, Japanese debt is considered very solid, even though it is 265 of GDP. The Land of the Rising Sun has a positive net external position of 80 percent of GDP. The fact is that French debt is rated very highly and, frankly, very generously by the rating agencies: AA-/AA-/Aa2 versus BBB/BBB/Baa3.
Who knows, maybe sooner or later reality will prevail over prejudice.
Verona, 12 Aprile 2024 – Il Consorzio ZAI ha recentemente accolto con entusiasmo il Vice Ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, On. Galeazzo Bignami, per una proficua visita presso le proprie strutture. Durante l’incontro, il Vice Ministro ha avuto l’opportunità di immergersi nelle iniziative innovative e progettuali del Consorzio ZAI, mirate a ridefinire il panorama della logistica sostenibile e dell’efficienza energetica.
Il Vice Ministro ha potuto constatare di persona gli sforzi concreti del’ Interporto nel promuovere soluzioni all’avanguardia per ottimizzare le reti logistiche, e ha potuto constatare gli sforzi del Consorzio ZAI nell’implementazione di soluzioni innovative, come l’uso di tecnologie green e l’introduzione di pratiche sostenibili nell’interporto. Particolarmente significativa è stata la presentazione dei progetti in corso, focalizzati sul miglioramento dell’impatto ambientale mediante investimenti in tecnologie green e l’introduzione di processi digitali innovativi.
Durante il dibattito, è emersa la centralità dell’Interporto Quadrante Europa nel panorama logistico italiano ed europeo. Primo interporto in Italia per numero di merce lavorata, secondo in Europa. L’interporto di Verona lavora oltre 15.000 treni ogni anno. Consorzio ZAI, grazie alla sua capacità di prendere decisioni concrete e strategiche, ha dato vita a quello che ora è considerato un modello di innovazione e sviluppo globale. L’ente si è conquistato il ruolo di leader a livello internazionale nella classifica degli interporti europei redatta con cadenza quinquennale dalla DeutscheGVZ Gesellschaft (DGG), l’istituzione tedesca promotore dell’analisi. Quadrante Europa ha conquistato il primo posto già nel 2010 e riconfermato la sua posizione nel 2015, mentre ha ottenuto il secondo posto, al di sotto solo per 1 punto all’interporto di Brema, nel 2020.
”Lo sviluppo della logistica e dei trasporti nella nostra Nazione è tema cruciale per la crescita dell’Italia. Sono molte le sfide del futuro, ma il governo Meloni, in collaborazione con realtà come l’Interporto Quadrante Europa, le sta affrontando con concretezza. Anche tramite l’interlocuzione con professionalità come il Presidente Gasparato si realizza la capacità del Governo di mettere al centro della propria azione la volontà di agevolare il sistema imprenditoriale locale e nazionale. Il Consorzio Zai e quanto si sta facendo a Verona ne è un esempio fattivo.” Lo dichiara il Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Galeazzo Bignami.
Il Presidente del Consorzio ZAI, Matteo Gasparato, ha espresso la sua gratitudine per l’opportunità di presentare al Vice Ministro Bignami le iniziative del Consorzio per una logistica sempre più sostenibile ed efficiente. “L’incontro è stato un’occasione preziosa per condividere le nostre prospettive e approfondire le sfide e le opportunità nel panorama logistico italiano”, ha commentato il Presidente.
Il Consorzio ZAI continua a guidare il percorso verso una logistica all’avanguardia, impegnandosi a collaborare attivamente con le istituzioni e il settore privato per creare un futuro infrastrutturale eco-sostenibile per l’Italia.
Verona, 20 marzo 2024 – Il Consorzio ZAI è orgoglioso di annunciare la pubblicazione del suo primo Bilancio di Sostenibilità per l’anno 2022, un documento che rappresenta un passo significativo verso la trasparenza e l’accountability dell’ente nei confronti del territorio e dei suoi portatori di interesse. A partire dal 2022, il Bilancio di Sostenibilità entra ufficialmente in vigore e rappresenterà un impegno costante del Consorzio ZAI per i prossimi anni. Attraverso questo Bilancio di Sostenibilità, il Consorzio ZAI si propone di comunicare in modo innovativo le sue azioni volte a contribuire a un mondo più responsabile e sostenibile. Questo documento nasce come evoluzione naturale del Bilancio Sociale pubblicato dal 2003, ampliando la capacità dell’ente di evidenziare il suo contributo al miglioramento sociale, ambientale ed economico. L’impegno del Consorzio ZAI verso la sostenibilità si manifesta in varie forme, dalle azioni concrete per ridurre gli impatti ambientali al sostegno all’espansione economica del territorio, contribuendo così alla creazione di reddito e al sostentamento di migliaia di famiglie. Il Presidente del Consorzio ZAI, Matteo Gasparato, sottolinea l’importanza di questo nuovo strumento di rendicontazione: “Il Bilancio di Sostenibilità rappresenta un passo avanti nella nostra missione di essere un attore attivo e responsabile nel nostro territorio. Vogliamo rendere trasparenti le nostre azioni e i nostri obiettivi, lavorando per un futuro migliore per tutti.” Il documento è stato redatto seguendo le linee guida dello Standard Internazionale del “Global Reporting Initiative” (GRI), offrendo una visione chiara e trasparente delle attività, delle performance e degli impatti del Consorzio ZAI nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2022.
Il Bilancio di Sostenibilità del Consorzio ZAI si propone di:
1. Fornire un quadro completo delle performance dell’ente, aprendo un processo interattivo di comunicazione sociale.
2. Offrire informazioni utili sulla qualità dell’attività aziendale per ampliare e migliorare, anche sotto il profilo etico-sociale, le conoscenze e le possibilità di valutazione degli stakeholder.
3. Consolidare l’identità aziendale, rafforzandone la reputazione e il profilo etico.
Il documento si concentra su diversi ambiti di azione, tra cui l’impegno del Consorzio ZAI per favorire l’equilibrio di genere a tutti i livelli lavorativi e la promozione della conciliazione vita-lavoro per migliorare la qualità di vita dei lavoratori e delle lavoratrici.
L’Interporto di Verona, gestito dal Consorzio ZAI, riveste un ruolo cardine nella promozione della sostenibilità ambientale e nella mitigazione dei cambiamenti climatici legati alle attività logistiche. Attraverso il trasporto intermodale, che permette l’interscambio tra le modalità gomma e ferro, l’Interporto contribuisce attivamente a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra e degli inquinanti atmosferici.
Nel corso del 2022, l’Interporto di Verona ha gestito oltre 15.000 treni, movimentando un totale di 8.081.190 tonnellate di merci, equivalenti a più di 590.000 camion di cui ne è stata evitata la circolazione, apportando un significativo impatto positivo sull’ambiente, la congestione e l’incidentalità sulla rete stradale. Il successo di questo risultato si basa sull’efficace adozione dello shift modale promosso da Consorzio ZAI, con un totale di 3.280.992 chilometri percorsi nel 2022 e la copertura di ben 23 destinazioni, che includono Germania, Italia, Belgio, Danimarca e Paesi Bassi, con un servizio complessivo di 201 treni a settimana. Questo approccio enfatizza la sostenibilità e la responsabilità ambientale come elementi essenziali delle operazioni logistiche moderne. Il notevole risparmio di traffico su strada ha permesso di evitare l’emissione di 545.164 tonnellate di CO2 direttamente in atmosfera e la produzione di 477.837 grammi di polveri sottili (PM2,5) oltre che 17.000 kg di Nox, contribuendo in modo significativo a ridurre l’impatto ambientale del settore dei trasporti. Questi benefici ambientali possono essere considerati come risparmi economici ottenuti dalla società, valutati utilizzando parametri definiti nelle Linee Guida Europee. L’evitare di percorrere 3,280 milioni di chilometri su strada ha consentito di risparmiare 50,66 milioni di euro in costi relativi alle emissioni di CO2, oltre a 73,20 milioni di euro in costi legati agli inquinanti atmosferici (PMx, NOx, SOx, ecc.). Questi risultati dimostrano inequivocabilmente che il trasporto intermodale rappresenta una soluzione estremamente efficiente per migliorare le operazioni logistiche, riducendo al contempo l’impatto negativo sull’ambiente.
Il Consorzio ZAI si impegna a continuare su questa strada, lavorando con determinazione per un futuro in cui la sostenibilità sia al centro di ogni azione e decisione.
Il Consorzio ZAI è orgoglioso di annunciare il recente incontro a porte chiuse con il Ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Senatore Matteo Salvini, in occasione della fiera di settore “LetExpo 2024” che si terrà a Verona dal 12 al 15 Marzo. Durante l’incontro, il Ministro Salvini ha avuto l’opportunità di visitare le strutture del Consorzio ZAI e di conoscere da vicino le iniziative e gli obiettivi legati alla sostenibilità, all’efficienza energetica e alla modernizzazione delle infrastrutture logistiche. Accompagnato dall’Ing. Elisabetta Pellegrini, il Ministro ha potuto apprezzare gli sforzi del Consorzio ZAI nell’implementazione di soluzioni innovative, come l’uso di tecnologie green, l’ottimizzazione delle reti ferroviarie e l’introduzione di pratiche sostenibili nell’interporto. Il Presidente del Consorzio ZAI, Matteo Gasparato, ha guidato il Ministro Salvini e gli ospiti in un incontro che ha illustrato le best practices implementate per ridurre l’impatto ambientale delle attività logistiche e per promuovere l’intermodalità come fondamentale strategia per il futuro del trasporto delle merci. Durante l’incontro sono stati discussi temi cruciali riguardanti il potenziamento delle infrastrutture logistiche, la promozione della sostenibilità ambientale nel settore dei trasporti e le prospettive di collaborazione tra il settore pubblico e privato per lo sviluppo infrastrutturale del paese.
Dichiara così il Presidente Gasparato: “Siamo grati al Ministro Matteo Salvini per aver visitato il Consorzio ZAI. Il primo ministro dei trasporti in visita presso i nostri uffici dopo oltre dieci anni. È stato un momento importante per presentare le nostre iniziative e discutere delle sfide e delle prospettive nel settore della logistica sostenibile. La sua presenza ha rappresentato un’opportunità per esplorare insieme le soluzioni innovative che stiamo implementando per rendere il trasporto merci più efficiente, sostenibile e competitivo”.
Il Ministro delle Finanze tedesco, Lindner, grande stratega agli occhi dell’Onnipotente, annuncia l’attuazione di un piano di austerità che consiste nel ridurre la spesa pubblica di 30 miliardi nel 2025…condannando così il suo Paese e il resto dell’Europa a una recessione garantita.
Una recessione si verifica quando uno Stato è improvvisamente attanagliato dal desiderio di risparmiare, di spendere meno, portando inevitabilmente a un’esacerbazione della disoccupazione, che inevitabilmente porta a un’ulteriore diminuzione dei consumi. Questo circolo vizioso non lascia dubbi, non va soggetto a dibattiti, e può essere esorcizzato solo se lo Stato in questione neutralizza il calo della spesa e degli investimenti privati aumentando i propri, anche se ciò significa prendere più prestiti.
All’alba di questo secolo, è emersa una nuova ortodossia secondo la quale gli Stati dovrebbero affidarsi principalmente alla politica monetaria della loro banca centrale – cioè ai tassi di interesse – che incoraggerebbero la spesa e gli investimenti, abbassandoli e che ritirerebbe la liquidità dall’economia alzandoli per rallentarla. In ogni caso, gli Stati sono stati istruiti a monitorare meticolosamente la spesa pubblica per non incorrere nell’ira dei mercati finanziari, che avrebbero reso più costosi i loro prestiti.
Nell’interesse della nostra classe media sull’orlo del baratro, per proteggere i cittadini più vulnerabili, il nostro sistema ha urgentemente bisogno di una revisione completa. Dobbiamo ripensare collettivamente l’azione e la spesa pubblica, il ruolo delle tasse e delle imposte, in breve, lo scopo del denaro.
L’austerità è un atto deliberato e coscienziosamente decretato dai nostri leader. È sempre e solo per per secondi fini? O son solo dei motivi politici che spingono i nostri leader a tassare, spendere, favorire un gruppo o una classe rispetto ad altri. Non vedo altre motivazioni se non la politica, per la quale un governo arbitrerebbe a favore o contro una spesa o un’altra, perché il denaro è lì, disponibile! Smettiamo di annunciare presunte decisioni difficili da prendere, perché abbiamo effettivamente i mezzi per ridurre in modo significativo la disoccupazione, reinvestire nell’economia e nei cittadini, invece di peggiorare deliberatamente una situazione già depressa, nascondendoci dietro lo schermo logoro di un’austerità che sappiamo essere mortale.
L’aumento di tasse e imposte (sui ricchi e sui meno ricchi) sottrae somme preziose all’economia e aggrava la crisi. L’aumento dei tassi di interesse mette in moto una spirale dannosa, poiché drena liquidità preziosa dal sistema. L’aumento dei prezzi dell’energia erode il nostro potere d’acquisto e consolida gli effetti perversi dell’austerità. Infine, la riduzione della spesa pubblica colpisce in primo luogo coloro che hanno più bisogno di protezione e mette a rischio il futuro e il benessere di una Nazione.
No, gli stati non hanno bisogno di risparmiare, perché il bilancio di uno Stato sovrano non è gestito come quello di una famiglia. Comprendiamo che il nostro debito nazionale non è tanto un “debito” quanto un “deficit”. Questo deficit del nostro Stato è il denaro che ho in tasca, sono gli investimenti che il mio Paese fa nel mio Paese e che in quanto tali non devono essere rimborsati. Gli Stati sovrani – ossia quelli che emettono la propria valuta senza alcuna indicizzazione – dovrebbero imparare a domare il loro deficit, un termine che uso intenzionalmente al singolare perché non è necessario drammatizzare il suo significato usando il plurale. Una nazione che controlla la propria valuta è in grado di stimolare la crescita e sostenere l’occupazione attraverso la leva della spesa pubblica, senza rischiare il default.
È quindi impossibile – e assolutamente indesiderabile – ridurre il deficit, perché ciò significherebbe confiscare i nostri risparmi e disinvestire nello Stato, dato che il deficit del nostro Stato è proprio la nostra ricchezza. Alla fine la domanda che dobbiamo porci è: i nostri politici sono dei dilettanti o solo degli ignoranti?
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