Carlo Vecce ha scoperto quello che aveva descritto Angelo Paratico nel suo libro, uscito nel 2015

Carlo Vecce ha scoperto quello che aveva descritto Angelo Paratico nel suo libro, uscito nel 2015

Leonardo Da Vinci: lo storico Carlo Vecce annuncia la scoperta sulla madre del genio, era una schiava

Caterina era il nome della schiava, l’atto di liberazione della donna, sarebbe stato rogato dal padre notaio Piero da Vinci e datato 2 novembre 1452

Si chiamava Caterina la madre di Leonardo da Vinci, ce lo rivela un documento scoperto nell’ Archivio di Stato di Firenze  che rivela anche che la donna fosse stata una principessa dei Circassi, figlia del principe Yakob, che governò uno dei regni sugli altopiani delle montagne  settentrionali del Caucaso: dopo essere stata rapita, probabilmente  dai tartari, fu fatta schiava e rivenduta ai veneziani. Il professore Carlo Vecce, filologo e storico del  Rinascimento, docente all’Università di Napoli “L’Orientale” rivela i dettagli sulla nuova identità della mamma del genio del  Rinascimento, che quindi sarebbe stato italiano solo per metà. L’annuncio della scoperta, che potrebbe mettere una parola definitiva  sull’identità della donna che partorì Leonardo, è stato dato questa mattina a Firenze, nella sede di Giunti Editore.

Il nostro collaboratore, Angelo Paratico, aveva pubblicato a Hong Kong, in lingua inglese un testo basato su questa teoria e una grossa stazione televisiva giapponese prese in considerazione l’ipotesi di girarci un docufilm. Poi il progetto fu archiviato.

Negli archivi di Firenze si trovano vari documenti notarili vergati da Piero Da Vinci, il padre notaio di Leonardo e uno di questi appare nel libro di Paratico, anzi pare essere proprio quello citato dal Paratico, ma non avendo visto il documento originale nella sua interezzza, non vide quella citazione “caucasica”.

Se davvero è emerso un documento come quello descritto dal Prof.Vecce nel suo romanzo, ovvero la malleva  di Caterina “filia Jacobi eius schiava seu serva de partibus Circassie”, in un atto datato 2 novembre 1452, ossia circa sei mesi dopo la nascita di Leonardo, su istanza  della proprietaria della schiava, una certa Ginevra d’Antonio Redditi, moglie di Donato di Filippo di Salvestro Nati

Tale Caterina, madre di Leonardo, spirò fra le braccia del figlio a Milano. Un documento ritrovato una ventina d’anni or sono negli archivi di Milano, mostra il suo atto di morte, che coincide con la notazione delle spese indicate da Leonardo nel Codice Forster circa il “sotterramento di Caterina”.

La prima edizione del libro di Paratico fu pubblicata in inglese, a Hong Kong, nel 2015 con grande rilevanza mediatica, soprattutto a causa del fatto che i francesi s’infuriarono perché la Gioconda (come intuito da Sigmund Freud) sarebbe una immagine onirica di Caterina, madre di Leonardo.

La seconda edizione in italiano è stata pubblicata dalla Gingko Edizioni, a Verona, nel 2018.

 

 

Ambrogio Bianchi

Dal un deposito di Montecitorio emerge una Gioconda. Ma non è una copia di Leonardo.

Dal un deposito di Montecitorio emerge una Gioconda. Ma non è una copia di Leonardo.

La copia della Monna Lisa appare sul sito parlamentare “ArteCamera”, accompagnata da una breve scheda redatta dagli studiosi della quadreria statale di appartenenza che si sono guardati dal parlare di «bottega di Leonardo» o di «mano del maestro», definendola «una copia che aspira a replicare diligentemente il suo modello», la Gioconda del Louvre. La prima “sorella gemella” della Gioconda, una copia (quasi) perfetta del quadro di Leonardo Da Vinci, la tela più famosa al mondo ospitata al Museo del Louvre di Parigi, era stata trovata a Montecitorio a inizio dicembre 2022, durante alcuni lavori nel palazzo del potere italiano per eccezione. I lavori di restauro sulla tela avevano poi rivelato che dietro ci potrebbe essere stata la «mano» di Leonardo Da Vinci.

A restaurare il dipinto è stata Cinzia Pasquali, e sulle restauratrici che confondono fasi per vere ne son piene le cronache, pur essendo tra le restauratrici più famose al mondo. Romana ed esperta di Leonardo da Vinci, vive da oltre 25 anni a Parigi e lavora al Louvre. È l’autrice di quello che è stato definito il “restauro del secolo”: la “Sant’Anna con la Vergine e il Bambino”, proprio di Da Vinci. Quando si è accorta delle analogie con la “vera” Gioconda, ha chiamato Vincent Delieuvin, capo curatore dei dipinti per il Louvre, che ha preso il primo volo per Roma.

L’opera è nota anche come Gioconda Torlonia perché in passato è stata di proprietà della nobile famiglia romana, ed è una delle decine di copie esistenti della celeberrima Monna Lisa di Leonardo da Vinci. Non è neanche tra quelle di miglior qualità menzionando anche l’opera che adesso si vuole far passare come appena scoperta). Si tratta di un dipinto dalla storia ben nota: documentata nel 1814 negli inventari dei Torlonia come “copia della Gioconda di Leonardo da Vinci” (fu attribuita a Bernardino Luini da Giuseppe Antonio Guattani, ma anche quest’attribuzione poi decadde in quanto troppo debole), entrò a fa parte della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini nel 1892, dopodiché, nel gennaio del 1927, fu concessa in deposito alla Camera dei Deputati, e da allora si trova a Montecitorio..

Lapidario anche Vittorio Sgarbi: “Macché seconda Gioconda! È solo una modesta tela! Roba da arredamento confusa da menti ottenebrate”, ha detto il vulcanico storico dell’arte ferrarese. “Una modesta tela esposta in un palazzo pubblico, nell’Ufficio del Questore di Montecitorio, è stata fatta passare come una seconda Gioconda di Leonardo, che, per inciso, ha fatto fatica (ci ha messo 5 anni) a dipingerne una. L’eccitazione di menti ottenebrate ha evocato con grande suggestione magazzini, depositi, polvere, evitando l’unica parola pertinente: arredamento! E cioè quello che solitamente, provenendo dai depositi di un museo viene chiesto, a partire dalla Camera e dal Senato, e poi da ambasciate e prefetture, per arredare sale aperte al pubblico, come da anni è Montecitorio.

Il Salvator Mundi di Leonardo da Vinci deve rientrare in Italia

Il Salvator Mundi di Leonardo da Vinci deve rientrare in Italia

La scorsa settimana ho potuto ammirare un Leonardo Da Vinci originale a Hong Kong. Il quadro è noto come “Salvator Mundi” ed è rimasto esposto per tre giorni negli uffici della Christie’s.

I due responsabili della casa d’aste, Loïc Gouzer e François de Poortere, si dicono certi che, essendo l’unico quadro di Leonardo ancora in mano a privati, spunterà un prezzo superiore ai 100 milioni di dollari previsti. Sono stati tanto gentili da consentirmi d’osservare da pochi millimetri di distanza questo straordinaria opera, dipinta con colori a olio su una tavola di legno di noce (64.5 x 44.7 cm). L’anno dovrebbe essere il 1502, secondo Christie’s, ovvero mentre si trovava a Firenze.

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