Contro i femminicidi, diventiamo confuciani.

Contro i femminicidi, diventiamo confuciani.

Adottare Confucio per salvare la nostra civiltà, come suggerì Leibnitz?

Ecco una copertina e un titolo che non passano inosservati. Una foto con una sfilata di cinque presidenti statunitensi al funerale di Richard Nixon, il 27 aprile 1994, e il titolo: “Un manuale per il perfetto statista” edito da Gingko Edizioni di Verona.
Si tratta di una nuova edizione, commentata, del Lun Yu di Confucio (501-476 a.C.), noto anche come “Analecta” e “I dialoghi” e che, per millenni, è stato alla base dell’educazione di statisti, in Cina, Corea, Giappone e Vietnam, ed è stato descritto anche come “il libro più influente nella storia del genere umano” e il “libro moderno per eccellenza” contenente “il più antico ritratto intellettuale e spirituale di un uomo”.
Questo libro fece molta impressione sulle più brillanti menti europee, dopo che fu scoperto e tradotto in latino dai grandi padri gesuiti, missionari in Cina, ed ebbe anche un certo peso sull’evoluzione liberale dei governi europei nel XVIII secolo. Voltaire (1694-1778) dichiarò di essere un confuciano in materia di etica e di politica e Leibniz (1646-1716) arrivò a scrivere della possibilità di invitare missionari confuciani in Europa, per civilizzarla.

Tendiamo a vedere in Confucio una sorta di profeta, mentre egli fu un laico e tenne una scuola per aspiranti leader politici, ai quali passare il frutto del proprio studio, della propria esperienza e della propria sagacia. Pare un libro attuale e, dunque, profetico, ma solo perché esplora l’animo umano e, noi uomini moderni, siamo identici agli uomini di tremila anni fa, condividiamo le stesse passioni, le stesse paure, le stesse aspirazioni.

Il cancelliere tedesco Helmuth Kohl dichiarò che questo fu il suo ‘livre de chevet’ nei giorni drammatici della riunificazione fra Germania Est e Germania Ovest, nel 1990. Da allora è cambiato il mondo, ma questo testo pare essersi evoluto con il mondo.
Uno studioso confuciano ha recentemente dichiarato al New York Times: “Tutta la conoscenza umana è contenuta in questo libro. Se lo si legge con attenzione, non ne serve un altro”. Una affermazione, forse, esagerata, ma, senza dubbio, questo libro va messo fra i dieci più importanti nella storia dell’umanità.
Ogni suo capitolo è composto da una serie di detti, in un ordine che pare coerente, ma è piuttosto casuale. Il testo è chiaramente una silloge di diversi passi che sono stati raccolti dai suoi discepoli. Resta difficile stabilire quali parti del testo riportino davvero le parole di Confucio e quali appartengano invece a leggende cresciute intorno alla sua figura, dopo la sua morte. Eppure, certe frasi “bucano la carta” un po’ come per il “Memoriale di Sant’Elena” di Emmanuel de Las Cases, dove si può intuire quando ci parla Napoleone e quando, invece, lo fa il mediocre autore del libro.
La forma casuale del testo e il mistero sulle sue origini rendono il Lun Yu uno dei testi più emozionanti del mondo. Veniva fatto mandare a memoria ai bambini, pensando che poi, nel corso della loro vita, avrebbero capito il significato profondo di queste parole, forse nel momento del pericolo o nel momento del bisogno. Essenzialmente, il libro è imperniato sulla definizione dell’uomo superiore, chun tzu in cinese, ovvero, lo statista, il ministro, il sindaco, il capo villaggio che opereranno con onestà e dedizione per realizzare il bene comune. Si riferisce a chiunque, uomo o donna, che voglia agire per il bene della sua piccola o grande comunità. Confucio disapprova con forza chi vorrebbe separare moralità da etica, politica da onestà, le leggi dalla giustizia.

Nell’anno 551 prima di Cristo, nello stato di Lu, che occupava una parte dell’odierna provincia cinese dello Shandong, vide la luce uno straordinario bambino, che ancor oggi viene definito il “Saggio delle diecimila generazioni” e che noi chiamiamo Confucio. Il nome Confucio deriva dalla latinizzazione di K’ung fu-tzu o Fuzi, ossia Maestro Kung. I suoi discepoli lo chiamavano Maestro o più familiarmente Chung-ni.
I dati certi concernenti la sua vita sono pochi; gli unici testi attendibili ai fini biografici sono: il Lun Yu; il Menciù, scritto da Meng K’e (372-289 a.C.) e il Tso Chuan, un bollettino storico che narra gli avvenimenti dal 722 al 468 a.C.

Dotato di una intelligenza finissima e di grande capacità introspettiva, a trent’anni era già celebre per la sua sapienza in campo storico e morale, tant’è che nel 518 a.C. Meng Hsi-tzu, capo di una delle tre prominenti famiglie di Lu, sul suo letto di morte, raccomandò ai due figli di studiare alla sua scuola.
Nel 500 a.C. divenne un magistrato e fu poi promosso ministro della Giustizia, ma a causa di intrighi e gelosie, nel 497 a.C. fu costretto a lasciare lo Stato, seguito da alcuni discepoli, alla ricerca di un duca disposto ad affidargli incarichi di responsabilità nel proprio governo. La ricerca risultò vana. Nel 484 a.C. venne richiamato a Lu dal nuovo duca, quando aveva ormai 67 anni, ma fu costretto a dedicarsi all’insegnamento e al riordino di antichi testi, tralasciando la politica attiva. Nel 482 a.C. perse il suo unico figlio maschio e l’anno successivo il suo discepolo più brillante, Yen Yuan. Nel 479 a.C. anche Confucio morì, all’età di settantadue anni, convinto di non avere raggiunto lo scopo della sua esistenza: dare ordine e pace alla società nella quale viveva.

Un dettaglio notevole. Scrisse anche un libro sulla musica, che è andato perduto. E vogliamo qui rimarcare che nessun grande filosofo del passato ha mai attribuito tanta importanza alla musica, mentre egli ne accenna spesso nel libro, definendola uno strumento essenziale per la formazione dell’uomo e per la sua istruzione.

Il Primo Imperatore, Qin Shi Huang (259-210 a.C.) ordinò di bruciare tutti i documenti che si trovavano negli archivi, tranne quelli che lodavano gli imperatori. Tra gli obiettivi principali di questo ordine c’erano tutti i libri confuciani. Per fortuna non riuscì a distruggere tutto quanto era stato scritto in passato e certi testi sopravvissero, nascosti nei muri delle case.

Hollywood road, a Hong Kong, è nota in tutto il mondo per i negozi di antiquariato e dove si sono fatte delle scoperte straordinarie. Una di queste è accaduta pochi anni fa e potrebbe rivoluzionare lo studio dei classici cinesi. Su una bancarella furono ritrovati dei listelli di bambù, con dipinti degli ideogrammi, precedenti alle distruzioni ordinate dal Primo Imperatore. Erano inglobati entro a del fango indurito e provengono dal saccheggio di una tomba di uno storico, vissuto nello Stato di Chu, durante il periodo degli Stati Combattenti, intorno al 300 a.C. Si tratta di circa 2.500 striscioline di bambù, compresi i frammenti, alcuni lunghi fino a 46 centimetri. Didi Kirsten Tatlow, una ricercatrice americana, ha scritto sul New York Times: “I manoscritti che ora si trovano presso l’università di Tsinghua, a Pechino, comprendono la prima copia conosciuta del I Ching, l’antico libro di divinazione; poesie finora sconosciute del Libro dei Canti; alcune frasi di Confucio che non si trovano nelle versioni successive degli Analecta; la versione più antica del Dao De Jing di Laozi, e dei capitoli finora sconosciuti che includono una descrizione di un sistema politico alternativo al governo dinastico, che ha dominato la Cina per migliaia di anni: per esempio l’abdicazione per il bene comune, come miglior mezzo di successione politica. Un sovrano si dovrebbe ritirare dalla carica che occupa e lasciare il potere a una persona meritevole, che in teoria potrebbe essere chiunque. Questa idea dell’abdicazione come mezzo di successione politica era troppo minacciosa per le dinastie successive per poter sopravvivere”.

Davvero sorprendente anche la dedica che apre questo originale libro: “A Giorgia Meloni, nuova Teodolinda”.

Ambrogio Bianchi

 

 

 

 

 

Una Vita di Frank “Spig” Wead. Un libro straordinario

Una Vita di Frank “Spig” Wead. Un libro straordinario

 

 

 

Frank Wilbur “Spig” Wead (24 ottobre 1895 – 15 novembre 1947) è stato un aviatore della Marina degli Stati Uniti che ha contribuito a promuovere l’aviazione navale degli Stati Uniti, dalla sua nascita fino alla Seconda guerra mondiale. A seguito di una lesione spinale paralizzante, nel 1926, Wead fu congedato. Negli anni Trenta divenne sceneggiatore, con più di 30 film al suo attivo. Pubblicò anche diversi libri, racconti e produsse articoli per delle riviste. Durante la Seconda guerra mondiale, eccezionalmente, tornò in servizio attivo. Inizialmente lavorò come stratega e pianificatore e, in seguito, intraprese il servizio in mare nel Pacifico, contro i giapponesi a bordo della portaerei Lexington, nel 1944, prima di essere costretto al ritiro, a metà del 1945.

Pur restando paralizzato, a causa di un banale incidente domestico, riuscì a riprendersi e a influire sulle sorti della II Guerra Mondiale, promuovendo, stimolando e propagandando l’adozione di Portaerei, quali armi determinanti per la vittoria sui mari.

Ogni uomo e donna di destra si specchieranno nella sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un recensione sul Corriere della Sera dedicata al mio libro Mussolini in Giappone

Un recensione sul Corriere della Sera dedicata al mio libro Mussolini in Giappone

 

 

 

 

MUSSOLINI IN GIAPPONE

di Ambrogio Bianchi

 

Angelo Paratico, storico e romanziere, presenta il suo nuovo libro, pubblicato dalla Gingko Edizioni e intitolato “Mussolini in Giappone”. Si tratta di un romanzo breve, contenente una notevole quantità di riferimenti storici. Viene così esposta, per la prima volta la possibilità che l’uomo ucciso a Giulino di Mezzegra, il 28 aprile 1945, non fu Benito Mussolini, ma un sosia.

Questo spiegherebbe l’incoerenza di certi suoi comportamenti, nei suoi ultimi giorni e tutti i misteri che ancora circondano le circostanze della sua fine. Pare inspiegabile la sua scarsa lucidità nel prendere decisioni dopo Como, e il fatto che il suo viso apparve sfigurato già all’arrivo a Piazzale Loreto. E non si capisce perché venne fucilato di nascosto e non portato sul lungolago di Dongo, distante solo pochi chilometri e lì giustiziato, in bella vista, assieme agli altri gerarchi e a uno sfortunato autostoppista.

A Milano, il 25 aprile 1945, Mussolini ebbe varie opportunità per mettersi in salvo, ma non volle coglierle. Prima fra tutte quella di chiudersi nel Castello Sforzesco e attendere l’arrivo degli Alleati. I partigiani non disponevano di armi pesanti e non sarebbero mai riusciti a espugnarlo. Un’altra via di fuga, caldeggiata da Vittorio Mussolini, fu una corsa sino all’aeroporto di Ghedi, per salire su di un SM79 che lo avrebbe portato in Spagna. La Svizzera, contrariamente a ciò che si crede, non fu mai un’opzione, Mussolini sapeva che non lo avrebbero mai lasciato passare.

Sul tavolo stava anche un’altra via di fuga, assai più complessa e per la quale la segretezza più assoluta era una condizione indispensabile. Questa prevedeva l’utilizzo di un sommergibile. Tale piano era stato approntato da Enzo Grossi (1908 -1960), un abilissimo e pluridecorato sommergibilista, che in Francia era stato a capo della base di Betasom. A tali preparativi accennò lo stesso comandante Grossi nelle sue memorie, ormai introvabili, intitolate “Dal Barbarigo a Dongo”. Grossi fu un coraggioso uomo di mare che morì giovane, consumato dall’amarezza per essere stato ingiustamente accusato di aver imbrogliato le carte in cambio di due medaglie d’oro, una d’argento e due croci di guerra tedesche, mentendo sull’affondamento di due corazzate americane, con il sommergibile Barbarigo da lui comandato, il 20 maggio 1942, al largo delle coste brasiliane.

Una commissione di ammiragli, dopo la guerra, discusse il suo caso, accusandolo di frode ma dimenticando di tenere conto dei diversi fusi orari. Come dimostrò Antonino Trizzino nel suo libro “Navi e poltrone” uscito nel 1952, Grossi affondò due grandi navi nemiche, ma non erano quelle che lui pensava. Viste dal periscopio d’un sommergibile, nel mezzo di una rischiosa azione e con il mare mosso, tutte le navi sono di difficile identificazione.

Un decreto del Presidente della Repubblica lo privò delle sue decorazioni. Lui protestò con veemenza e, nell’ottobre del 1954, a causa di una sua lettera indirizzata al Presidente, fu condannato a 5 mesi e 10 giorni di reclusione per ‘vilipendio del capo dello Stato’. Grossi aveva militato nella RSI, pur non avendo mai accettato la tessera del partito fascista ed era sposato con una donna ebrea, che non smise di praticare la propria religione. Riuscì a stento a sottrarla alle SS, che la rilasciarono, permettendole di tornare a casa dai loro bambini.

Nel capitolo XI del suo libro, intitolato “Un sommergibile per Mussolini”, Grossi racconta che Tullio Tamburini gli rivelò di essersi accordato con gli alleati giapponesi per approntare un grosso sommergibile, al fine di metterlo in salvo, e nei suoi piani sarebbe stato lui a comandarlo, portandolo nel Pacifico. Tamburini accennò a Mussolini di quel piano, ma gli rispose che non ne voleva sapere. Questo fu confermato da Mussolini stesso quando incontrò Grossi, nel febbraio 1945 e lo ringraziò per i suoi sforzi. Poi aggiunse: “Non sono interessato a vivere come un uomo qualunque. Vedo che la mia stella è al tramonto e che la mia missione è conclusa…”.

L’esistenza di questi piani fu confermata anche dal vicesegretario del Partito fascista repubblicano ed ex federale di Verona, Antonio Bonino, nelle sue memorie, intitolate “Mussolini mi ha detto” uscito in Argentina nel 1950.

Questo è apparentemente tutto quanto se ne sa, ma secondo Paratico, il meccanismo continuò a muoversi, indipendentemente dalla volontà degli ideatori e fu adattato, affidando il comando del sommergibile oceanico Luigi Torelli a un tedesco. Dunque, Mussolini, nel primo pomeriggio del 25 aprile 1945, fu prelevato da un’auto guidata da un diplomatico giapponese che lo portò a Trieste, dove s’imbarcò sul sommergibile Torelli, che lo attendeva nel porto, dopo che era stato fatto rientrare dal Giappone, dove si trovava e dove effettivamente ritornò. Fu affondato dagli americani nel settembre 1945, davanti alla baia di Tokyo.

Mettendo da parte la storia alternativa e passando al romanzo, debbo dire che questo libro si legge bene e me ne ha ricordato un altro, avente un tema e uno sviluppo simile, che lessi alcuni anni fa. L’autore fu il grande scrittore e sinologo belga, Simon Leys (Pierre Ryckmans), ed era intitolato: “La morte di Napoleone”. Il Leys immaginava la sostituzione con un sosia al Napoleone confinato a Sant’Elena e un suo ritorno, in incognito, in Francia. Dopo varie peripezie, Napoleone è costretto a una vita da “uomo qualunque” dividendo il letto con una ortolana parigina. E, intanto, fra i cavoli e gli ortaggi, lavorava segretamente per compiere le sue vendette, ma poi s’ammalò e poi morì. Tutti coloro che hanno studiano l’epopea napoleonica restano colpiti da questa bizzarra fantasia del Leys, che aggiunge una nuova sfaccettatura, un punto di meditazione, a quel grande personaggio. Il regista Alan Taylor nel 2001 ne trasse un bel film intitolato “I vestiti nuovi dell’Imperatore”.

Il Mussolini che l’autore descrive è segnato dal lutto e dai sensi di colpa, ha frequenti crisi di pianto. Ripensando alla sua giovinezza da anarchico e squattrinato socialista, pensa che avrebbe dovuto salire sulle montagne come partigiano e poi lottare contro al tedesco invasore, invece di assecondarlo. La sua sofferenza e i suoi rimpianti vengono solo parzialmente leniti fra le mura di un antico tempio buddista, a Nikko.

L’idea dell’autore è assai originale e mai prima esplorata. E con questo scarno libro mostra di possedere una profonda conoscenza non solo di quell’uomo, ma anche dell’uomo.

 

Ambrogio Bianchi

 

Leggere libri per restare in salute, mantenendoci svegli e allegri

Avere la casa colma di bei libri può allungare la vita di almeno 5 anni, questo lo dimostrano vari studi scientifici. Il non leggerli può comunque essere di beneficio, perché ci induce alla saggezza e alla moderazione.

L’aver le pareti di casa ricoperte dai libri ci aiuterà a stare in compagnia con i grandi del passato e del presente. Basterà aprire un volume e ci sentiremo volare su di un tappeto volante, sopra a mari e montagne. Oppure sarà come entrare in una macchina del tempo e spostarci avanti e indietro nelle età della storia.

La lettura ha tanti vantaggi, ci proteggerà dall’Alzheimer, ci spianerà le rughe del nostro viso, ci renderà allegri, sereni e aperti.

Ciò che più fa paura è ciò che non conosciamo, non ciò che conosciamo.  Angelo Paratico

Ecco, in sintesi, i vantaggi pratici della lettura.

  1. Stimola la mente
    Certi studi hanno dimostrato che può rallentare o prevenire l’Alzheimer poiché il cervello richiede esercizio per mantenersi sano.
  2. Riduce lo stress
    Lo stress diminuisce quando ci si perde in una grande storia. Un romanzo ben scritto può trasportarci in altri mondi.
  3. Aumenta la nostra conoscenza
    Più nozioni si hanno, e più si è attrezzati per affrontare la vita. Potremmo perdere il lavoro, i beni, la salute, il coniuge ma la conoscenza non ci potrà mai essere tolta. Italo Calvino, nella sua ultima intervista televisiva, pochi mesi prima della sua morte, suggerì ai giovani di memorizzare tante poesie e filastrocche.
  4. Espande il vocabolario
    Leggere significa conoscere più parole e la varietà d’espressione ci è di grande aiuto in qualsiasi professione, e può essere uno stimolo alla propria autostima. Chi è còlto tende ad ottenere promozioni più rapidamente sul lavoro.
  5. Migliora la memoria
    Quando si legge un libro si è costretti a ricordare, a creare collegamenti e così si creano nuove sinapsi (connessioni neuronali) e si rafforzano quelle esistenti.
  6. Sviluppa il pensiero analitico
    Leggere un romanzo giallo e scoprire il colpevole prima di finirlo significa usare il pensiero critico e analitico, ordinando i dettagli per determinare il “chi è stato?”.
  7. Migliora la concentrazione
    Internet attira l’attenzione contemporaneamente in un milione di direzioni diverse, aumentando lo stress e riducendo la produttività. Proviamo a leggere per 15-20 minuti prima di andare al lavoro: poi saremo più concentrati e carichi.
  8. Migliora la scrittura
    La lettura di libri ben scritti migliora la nostra scrittura, poiché l’osservazione degli stili di scrittura degli altri autori influenzerà invariabilmente il nostro modo di scrivere.
  9. Tranquillizza
    Relax, pace interiore e tranquillità accompagnano sempre la lettura di un buon libro
  10. Può essere gratis
    Si può leggere un buon libro senza spendere nulla: basta andare in biblioteca. Allontaniamoci dal computer per un po’, apriamo un libro e riempiamo la nostra anima. Regalate libri ai vostri cari e che il 2023 sia per tutti noi un anno di vaste letture.
Ottima l’idea del nuovo governo di alzare il tetto al contante. Il nostro libro di Víctor Gómez-Enríquez, intitolato LA TIRANNIA NASCOSTA NEI NOSTRI SOLDI ne spiegava le ragioni

Ottima l’idea del nuovo governo di alzare il tetto al contante. Il nostro libro di Víctor Gómez-Enríquez, intitolato LA TIRANNIA NASCOSTA NEI NOSTRI SOLDI ne spiegava le ragioni

Il vecchio governo italiano, a trazione PD, era stato costantemente in guerra contro al contante. E ci volevano convincere che lo facevano per nobili motivi. Eppure, assieme al contante, ci hanno sottratto una parte della nostra libertà e della nostra dignità. Dunque, siamo felici che il nuovo governo alzerà il limite a 10.000 euro.

Il libro di Víctor Gómez-Enríquez, intitolato: LA TIRANNIA NASCOSTA NEI NOSTRI SOLDI. Ciò che la maggior parte degli economisti non sanno e pochi desiderano rivelare, edito dalla Gingko, spiega la  linea di pensiero, in tutte le sue ramificazioni, dei politici che sono contrari al contante.

So quel che diranno per opporsi all’aumento: ci dicono che si tratta della lotta all’evasione, al terrorismo e alla criminalità, mentre in realtà la spinta a eliminare il contante è opera di  lobby finanziarie e bancarie, con in testa i giganti delle carte di credito: American Express, Master, Visa, Diners ecc.

Ecco ciò che scriveva Víctor Gómez-Enríquez nel suo libro:

Nell’articolo di Thorstein Polleit intitolato “Cash Banned, Freedom Gone” vengono discusse alcune delle conseguenze negative del divieto del contante. Per esempio: “Se lo stato vieta il denaro contante, tutte le transazioni dovranno essere eseguite elettronicamente. Affinché lo Stato possa vedere chi compra e che cosa, dove e quando viaggia ecc. e poi ti controlla come uno zombie, questo è lo stato servile che ci sta venendo incontro. Il cittadino diventa così completamente trasparente e la sua privacy finanziaria viene persa. Ma anche la prospettiva che un cittadino possa essere spiato in qualsiasi momento è una violazione del suo diritto alla libertà”.

Vediamo di mettere in chiaro alcuni punti, che ci sembrano assai importanti.

1. In una società senza contanti l’evasione continuerà a fiorire, truccando bilanci, con società fittizie, corrompendo funzionari e uomini politici, con fatture false che finiranno all’incasso, con clonazioni di bancomat e carte di credito. Le cose peggioreranno solo per le persone oneste, noi, la stragrande maggioranza. Non si ferma un terrorista o un grosso evasore mettendo un tetto di mille euro, perché il terrorista e il grosso evasore saprebbe procurarseli comunque.

2. Le lobby finanziarie mirano a incrementare i propri profitti, amministrando tutta la burocrazia che gira intorno al denaro elettronico e potrebbero essere agevolati nel mantenere tassi d’interesse negativi. In pratica chi presta soldi alla banca dovrà pagargli degli interessi, non viceversa. In tali situazioni ognuno di noi si difenderà tenendo i soldi sotto al materasso, ecco dunque il loro obiettivo svelato: eliminare il contante ex lege. L’ammontare di contante detenuto dagli italiani (sui conti correnti e nelle cassette di sicurezza) è enorme e dunque la tentazione da parte del potere politico di appropriarsene (basterebbe il 10%) è fortissima.

3. La disciplina del Bail-In, che è legge in Italia dal 2016, grazie alla coppia Renzi e Padoan, prevede che le banche debbano essere salvate dagli azionisti, obbligazionisti e correntisti. Il caso della Banca Etruria ha mostrato a tutti che ci può succedere. Senza contante non appena i correntisti sentiranno puzza di marcio non potranno più correre a ritirare i propri risparmi, potranno solo pregare che vada tutto bene. Se tutti i soldi sui conti correnti potranno essere congelati, i soldi potranno essere facilmente sequestrati dai governanti di turno. Ricordiamoci di ciò che fece Giuliano Amato, nel luglio 1992, con Soros.

4. La sfrontatezza di chi ci vuole togliere i risparmi, affidandoli a volti anonimi che potranno farne ciò che vogliono, ha dell’incredibile. Ricordiamo l’Art.47 della nostra Costituzione che sancisce: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

5. Senza il contante saremo tutti ridotti a degli schiavi. Un algoritmo conoscerà tutto di noi, cosa spendiamo, dove andiamo, i nostri gusti e le nostre fobie. Con le carte di credito diventa molto facile farsi prestare denaro per spese voluttuarie e, prima che il cittadino se ne renda conto, si troverà con un cappio stretto al collo. Negli USA questa è una mostruosa piaga sociale.

6. Nel caso che degli hacker sottraggano denaro alla nostra banca, chi pagherà? La banca, oppure il costo verrà scaricato su chi ha depositato? Credo che sarà la seconda opzione, anche se in maniera nascosta, oppure se il furto sarà stato enorme, la banca fallirà e grazie al Bail-In, oltre a perdere i nostri soldi saremo chiamati a risponderne.

7. Coloro che sono andati sotto di 500 euro con il proprio conto bancario se lo sono visti chiudere, con segnalazione al sistema centrale di controllo. Per costoro l’unica speranza di poter sopravvivere con il proprio lavoro è la possibilità di usare contante.

 

 

 

Spigolature attorno al libro “La Storia Cancellata degli Italiani” di Dino Messina

Spigolature attorno al libro “La Storia Cancellata degli Italiani” di Dino Messina

Dino Messina ci ha abituati a libri che brillano per originalità e incisività. L’anno scorso avevamo letto con grande piacere il suo bellissimo “Italiani per forza. Leggende contro l’unità d’Italia che è ora di sfatare”. Da pochi giorni è uscita una sua nuova ricerca, intitolata  “La Storia Cancellata degli Italiani”, scorrevole e piacevole, nel quale si tratta della “Cancel Culture” che, partita dagli Stati Uniti, si sta ormai diffondendo in tutto il mondo.

Stati Uniti a parte, la furia messa nell’azzerare o normalizzare il passato è vecchia come l’uomo e la storia ne è piena. L’imperatore cinese Qin Shi Hung, noto come il Primo Imperatore, unificò la Cina e morì nel 210 prima di Cristo. Fu sontuosamente seppellito a Xian. Negli ultimi anni del suo regno, ordinò che tutti i libri che trattavano di storia e di filosofia venissero bruciati, così che il suo nome segnasse l’anno zero. Catone il Vecchio s’alzava spesso dal suo scranno in Senato per raccomandare che Cartagine venisse distrutta, che i suoi monumenti venissero abbattuti e che venisse sparso sale sui suoi campi, per renderli sterili. Alla fine lo accontentarono, ed ha funzionato. Gli imperatori della dinastia Flavia ordinarono a Tacito e Svetonio di scrivere bestialità nelle biografie dei loro predecessori, discendenti di Cesare e Augusto, così che i giorni presenti apparissero migliori di quelli passati. Ci riuscirono, perché sino a oggi abbiamo solo delle vignette caricaturali per descrivere i regni di  grandi sovrani come Tiberio e Nerone. Come si dice nel libro di George Orwell 1984 “chi controlla il presente scrive il passato e prepara il futuro”. Questo è un concetto validissimo ancor oggi, con tanti personaggi che lo applicano più o meno consapevolmente.

Venendo ai giorni nostri, nel bel libro di Dino Messina vengono trattati vari episodi d’insofferenza per il passato che hanno riempito pagine dei nostri quotidiani: vi si parla di foibe, di fascismo, di colonialismo prefascista, di Lombroso e Pasolini, presentando con equità i vari punti di vista e lasciando libertà al lettore di decidere cosa ci sia di vero o di falso.

Nel leggere il libro di Messina mi son gettato d’impeto sul quarto capitolo, dedicato a Cilindro Raffaello Alessandro Schizogene (detto Indro) Montanelli. Il capitolo s’intitola: “Montanelli lì non riposa” e tratta delle polemiche, da lui stesso generate, circa la sua sposa, Destà, quattordicenne, o dodicenne a seconda della versione, che comprò in Eritrea quando era un giovane tenente dell’esercito italiano. A causa di queste sue ammissioni lo sfregio della sua memoria culminò con una serie di articoli al vetriolo e l’8 marzo 2019 con il versamento di una lattina di vernice rossa sul suo monumento.  Dino Messina, con grande misura, riporta anche una pagina intitolata: “E se fosse una storia inventata?”. Ecco, appunto, ricordavo delle letture del tempo nella quali veniva dimostrato inconfutabilmente che quella era una storia inventata, forse frutto di certe sue letture delle opere di Rudyard Kipling.

La creazione di belle storie frutto della sua fantasia e di begli incontri mai accaduti, fu un fatto abbastanza comune in Montanelli, il quale forse applicava il vecchio detto britannico, ben noto in Fleet Street, “Never let the truth stands on the way of a good story”, ovvero mai permettere alla verità di mettersi di traverso a una bella storia. Montanelli non fu mai un cronista, bensì uno straordinario romanziere e affabulatore.

Ecco, questo episodio di Montanelli mi pare ottimo per invitare i giornalisti alla prudenza. Questo invito vale anche per le donne del “Me Too”, perché  prima di condannare o assolvere bisogna studiare per bene le carte e poi, nel dubbio, sospendere il proprio giudizio ed evitare di sputare controvento. Questo è l’insegnamento che traiamo dalla lettura del libro di Dino Messina.

Angelo Paratico

 

Un libro spiega perché chi vota a sinistra è, generalmente parlando, uno psicotico. Il caso estremo di Vanessa Redgrave

Un libro spiega perché chi vota a sinistra è, generalmente parlando, uno psicotico. Il caso estremo di Vanessa Redgrave

Le recenti affermazioni del segretario del PD, Enrico Letta, hanno di nuovo messo l’accento sull’importanza del passaggio di una legge per lo Jus Soli. Letta ha affermato:  “Per noi è una bandiera, perché così sarà l’Italia di domani ed è assurdo aspettare tutto questo tempo…fra trent’anni noi guarderemo al tema dello Jus Culturae e dello Jus Soli come oggi noi guardiamo a quello che fu il tema del delitto d’onore…per questo ci candidiamo a vincere le prossime elezioni”.

Con il prezzo dell’energia alle stelle e con l’inflazione che erode circa l’8% dei risparmi e dei salari degli italiani, con una guerra terribile alle porte che rischia di sfuggirci di mano senza sapere bene perché è cominciata (Henry Kissinger cit.) e di coinvolgere l’Europa e la Cina, si fa fatica a capire questa tiepida follia espressa dal segretario del PD. Non riusciamo a comprenderla e non riusciamo a capacitarci di tanto odio e di tanta follia verso il nostro, che è anche il suo, Paese. Prima di tutto lo Jus Soli  dovrebbe essere una legge europea, non nazionale, perché se l’Italia offrisse il passaporto a tutti coloro che nascono qui (cosa che è già in parte possibile) sforneremmo nuovi cittadini europei senza il permesso dell’Europa, dunque uno stato nazionale non può avere questo potere in ambito europeo.

Si cita spesso l’Ungheria come uno Stato retrivo che vuol difendere i propri confini, eppure la Svizzera è ancora più severa. Dunque, secondo Letta, la Svizzera è uno stato fascista e razzista?

Enrico Letta fu un bravo democristiano ma deve essersi radicalizzato in una delle “madrasse” massoniche parigine, le più pericolose del mondo; da sempre messe fuori legge dalla massoneria internazionale di stampo anglosassone.

Chi scrive ha molti amici che voteranno PD e il motivo per cui lo voteranno cade in tre categorie: per tradizione familiare (ma il vecchio PCI è opposto all’attuale PD); per interesse personale; per antipatia verso una destra reputata fascista e retriva, e perciò diffamata continuamente da una stampa economicamente dipendente dal PD, come se fosse proibito avere certe idee, anche se si rispettano le leggi.

Dunque, quanto scrivo qui sotto non si riferisce a loro, agli amici, ma “a chi li manda”…

Abbiamo pubblicato un libro 3 anni fa, che ancora vende, e che cerca di spiegare in termini scientifici e storici la follia di chi coltiva il sogno comunista.  S’intitola La Sinistra Psicopatica ed è stato scritto dal neozelandese Kerry Bolton.

Questo libro è una carrellata storica sulla psicopatia della sinistra rivoluzionaria, a partire da J.J. Rousseau sino ai nostri giorni, passando attraverso Marat, De Sade, Marx, Trotzkji, Lenin, Althusser, Basaglia, Coen Bandit, la Banda Baader Meinhof, le BR e il movimento Occupy.

Vi si accenna anche a Vanessa Redgrave e alla sua militanza in una frazione di trotzkisti rivoluzionari britannici, guidati da Garry Healey (1913-1989) che fu il loro leader. Vanessa Redgrave fu fra le persone da lui plagiate. In seguito si scoprì che Healey viveva come un satrapo, spremeva soldi agli aderenti tagliando i loro stipendi, abusò sessualmente una ventina di ragazze, fra le quali la figlia di un suo amico e compagno. Vanessa Redgrave donò milioni di sterline alla causa paranoico-rivoluzionaria di Healey. Ricordo un giornalista inglese, Barry Lowe, che mi raccontò circa venti anni fa di avere intervistato il capo di un gruppo di guerriglieri filippini, il quale gli disse che venivano finanziati dalla Redgrave

Ecco un saggio riguardante la Redgrave preso dal libro di Bolton, e che non troverete mai su Novella 2000 o su Grazia.

Vanessa Redgrave, che all’inizio fu una tipica liberale della classe media, era stata portata al trotskismo dal fratello, Corin. Entrambi, come Healy, possedevano una visione paranoico-delirante della politica, ed erano convinti che se non si fossero mobilitati la Gran Bretagna, sarebbe diventata uno stato fascista, dopo un colpo di stato militare: […] L’attore Simon Callow ricorda Corin urlare che l’aeroporto di Heathrow stava per essere circondato dai carri armati, come preludio a un colpo di stato militare, mentre Vanessa “avvertiva che la Gran Bretagna era preparata per la dittatura e per i campi di concentramento, e chiedeva ai lavoratori di prendere il potere attraverso l’insurrezione armata”… L’ex sindacalista Roy Lockett ricorda che “truppe speciali venivano mobilitate. Ricordo che il Waterloo Bridge era stato chiuso per manutenzione e che questa sarebbe stata la prima mossa per sigillare Londra”. La sorella di Vanessa, Lynn, pensa che Vanessa fosse afflitta da un complesso del martire fin da giovane. Cominciò a leggere Lenin su suggerimento di Corin. Lui la portò al WRP (Partito Rivoluzionario dei Lavoratori) quando cadde in depressione a causa della sua rottura con l’attore Franco Nero.

Adler scrive: “Nel frattempo, Vanessa è diventata forse l’unica persona a essere stata spinta a bere dalla politica delle relazioni industriali. Nel 1972, quando Ted Heath impose dei controlli salariali, ha iniziato a bere vino a buon mercato di mattina.” Questo “annientamento confuso”, ha detto, l’ha aiutata a contenere la sua disperazione.
Adler commenta un altro aspetto importante della psicologia all’opera nel movimento di Healy: “Oltre alla sua politica radicale, parte del fascino del WRP per i Redgrave era il suo leader, Gerry Healy, che divenne una sorta di figura paterna”. Il leader del culto agirà tipicamente come un padre adottivo. I membri del Tempio del Popolo chiamavano Jim Jones “papà”. Il reclutamento nel culto spesso proviene da un contesto in cui i rapporti genitoriali sono disfunzionali. Tuttavia, gli scienziati sociali marxiano-freudiani della Scuola di Francoforte, ci hanno assicurato che gli stretti legami tra genitori e i figli sono “malsani” e portano al “fascismo”. Quindi, l’assalto marxista alla famiglia come ‘istituzione borghese’ lascia lo Stato marxista o il leader marxista a riempire il vuoto e a domandare la totale dipendenza emotiva, al di là di quella puramente politica. In questo contesto è interessante notare che la Commissione delle Donne del WRP abbia successivamente sostenuto che l’abuso di Healy fu “una forma di incesto”. Accusando Healy di stupro criminale, una delle sue vittime ha sottolineato che è stato “per denigrare e tenere sotto controllo un gran numero di donne dirigenti… che sono state costantemente abusate sessualmente da Healy.
Le donne vittime insistevano sul fatto che fossero state abusate da Healy in quanto figura paterna, in un rapporto incestuoso, non come “stupratore criminale”. Lo stupro implica che le donne siano vittime indifese, che come supponevano delle liberate femministe di fede marxista non potevano accettare. Hanno razionalizzato la loro dipendenza da Healy in termini d’autorità paterna, mentre lui ha rafforzato questa autorità, instillando loro un senso del ‘dovere’ per sostenere la rivoluzione, soddisfacendo le sue esigenze. La loro Commissione delle Donne ha adottato questa razionalizzazione, come linea del Partito.

Mentre i Redgrave cercavano un padre adottivo in Healy, il legame di Vanessa con i suoi figli, per il bene della causa rivoluzionaria, ne soffriva molto. L’atteggiamento disattento verso i propri figli è una caratteristica dei militanti di sinistra. Rousseau abbandonò i propri figli, Marx si preoccupò più dei suoi scritti che della miseria in cui vivevano sua moglie e i suoi figli e, come si vedrà, anche i nuovi militanti di sinistra hanno prontamente abbandonato i propri figli per seguire la rivoluzione. L’adesione a delle ideologie che sostengono che i bambini sono meglio curati dallo Stato o dal gruppo, è un’intellettualizzazione atta a rinnegare le proprie responsabilità genitoriali da parte di coloro che non sono realmente capaci di tali sentimenti. Una volta che i marxisti raggiungono il potere, la risposta è demolire la famiglia tradizionale e allevare i figli in collegi statali, permettendo alla madre di lavorare. La sinistra la considera una “liberazione della donna”. I figli di Vanessa, come molti altri “orfani” di genitori di sinistra, sono stati sacrificati per il bene della rivoluzione. Scrive Adler: “Le sue piccole figlie, Joely e Natasha, s’aggrapparono a lei mentre cercava di uscire dalla porta d’ingresso. A sei anni Natasha chiese a sua madre di passare più tempo in casa. Vanessa cercò di spiegarle che la sua lotta politica era per il futuro suo e di altri bambini. “Ma ho bisogno di te ora. Quando sarò grande non avrò più bisogno di te” le disse Natasha. In uno scenario che ricorda Karl Marx stesso, “…lei ha dato così tanti dei suoi soldi al WRP che la famiglia era sempre a corto di denaro. La loro casa nella zona ovest di Londra cominciò a sembrare trascurata, e il giardino non curato”. Con la morte di Healy e l’ulteriore frammentazione del trotskismo, Vanessa tornò alle cause liberali tipiche della classe media da cui era partita. Valutando il suo atteggiamento verso gli altri, Vanessa descrive in modo convincente un’ipotesi fondamentale di questo libro, e cioè che “l’umanità” per la sinistra è astratta e impersonale. Come lei stessa ha confidato a Lynn: “Il mio paradosso è che, sebbene mi preoccupi molto delle masse — gli orfani in Vietnam, gli affamati in India — mi sembra che mi preoccupi poco delle persone che mi circondano. Ho resistito a questa accusa. Ma, senza mezzi termini, quella sono io.”

Questo ci dice molto sulla sinistra in generale. Sfruttamento e abuso delle donne da parte di Healy furono scoperti solo a causa di una disputa interna fra le fazioni, per essere precisi fra lui e l’assistente segretario generale del WRP, Sheila Torrance (che tuttavia finì per sostenere Healy). Venne udita urlare a Healy, prima d’una riunione del Comitato Politico: “Sei contorto, questa volta stai andando in bancarotta, lo porterò alla conferenza e poi vedrai!”. Per evitare di essere espulsa da Healy dal WRP, fece il nome di ventisei donne che lui aveva abusato. La reazione della fazione di Healy indica ulteriore disturbo mentale. La devota di Healy, Vanessa Redgrave “con una voce stridente fu udita urlare che quella era opera dei Black Hundreds”.
I Black Hundreds furono un’organizzazione xenofobica e anti-ebraica nei primi anni del novecento, che sosteneva i Romanov e s’opponeva alle riforme. L’allusione di Redgrave indica come i marxisti fossero deliranti. Vanessa, infuriata, indisse una conferenza stampa: “Queste accuse sono tutte menzogne e le donne che le hanno mosse sono tutte delle bugiarde. Non m’importa se sono 26, 36 o 236 — sono tutte bugiarde”.

Ecco cosa resta della sorellanza fra donne. Il fratello di Vanessa, Corin, reagì in un modo altrettanto bizzarro, esclamando in una riunione del partito: “Non siamo né favorevoli né contrari alla corruzione, siamo favorevoli alla rivoluzione socialista”. Torrance, che aveva formulato le accuse originali, ora considerava le scappatelle di Healy come una questione strettamente personale; e temeva che la sua stessa fazione, associata alla fazione di Healy, sarebbe stata indebolita dalla espulsione di Haley.
In questa riunione della sezione di Londra, nonostante le vittime di Healy e i loro parenti fossero presenti, Healy ricevette un voto di fiducia a maggioranza. Dopo l’incontro, il segretario del WRP, Mike Banda, girava per i locali, infuriato: “Tutti nel Paese mi sostengono tranne questa spazzatura di Londra”. Durante l’incontro, i sostenitori di Banda avevano gridato “stupro, stupro, rapina, Pol Pot”, e “tutti erano rossi in faccia, parevano dei selvaggi”.

 

Angelo Paratico

Alexander Hamilton fu la spia britannica N.7 in America?

Alexander Hamilton fu la spia britannica N.7 in America?

Un amico, dopo aver letto il libro “Storia delle Banche Centrali” di Stephen Mitford Goodson, ci manda delle considerazioni sulla figura di Alexander Hamilton, del quale Mitford Goodson tratta ampliamente.

“Alexander Hamilton (1755-1804), fu forse una  spia britannica che tradì le nascenti banche americane utilizzando i canali della Banca d’Inghilterra e del Consiglio privato del monarca, per assicurarsi che fossero dei cloni della Banca d’Inghilterra, per quanto riguarda le attività di usura, della schiavitù da debito e della moneta a corso fisso.

Poi, mentre le banche venivano finanziate, fece in modo che l’80% delle azioni della First Bank degli Stati Uniti fossero di proprietà di banche straniere, soprattutto britanniche, tra cui i Rothschild, ma anche Baring Bros, Hope Co. e Hottinguer Cie.

L’America non ha mai controllato le proprie banche. La schiavitù del debito britannico è stata accettata dalle banche americane a partire dal 1781. La cospirazione di Hamilton per trafficare di oppio e esseri umani fu oscurata dalla storia bancaria americana: un perverso schema di cui facevano parte anche Cruger, Church, Carter, Schuyler, Manning, Vaughan, Baring, Bevan, Barclays, Johnson, Inner Temple (Londra), Rothschild e Laurens.Nello stesso periodo M.A. Rothschild finanziava i mercenari dell’Assia, gli Illuminati e il frankismo sabbatiano. Hamilton copiò la statuto della Banca d’Inghilterra nella First Bank degli Stati Uniti (1791).

Washington, Jefferson e Adams erano a conoscenza dei canali bancari britannici di Hamilton? Non è probabile. I suoi contatti con la Banca d’Inghilterra erano precedenti al suo trasferimento in America e poi furono continuati in segreto. L’anglofilo Hamilton coordinava segretamente le carte bancarie statunitensi e solo oggi, con l’apertura di certe pratiche segrete vecchie di 300 anni, sta emergendo questo quadro sinistro.

Hamilton divenne il primo Segretario al Tesoro degli Stati Uniti (dall’11 settembre 1789 al 31 gennaio 1795) sotto al presidente George Washington e supervisionò le prime quattro banche americane che furono fondate.

Nonostante questi conflitti di interesse – già evidenziati all’epoca – Hamilton andò avanti, mettendo a tacere i suoi critici, sostenuto dai più potenti banchieri britannici e dai sicofanti dell’epoca, dediti al traffico di oppio e di schiavi.

Contrariamente alle riscritture storiche, durante il dibattito sulla First Bank degli Stati Uniti, nel 1790 George Washington annotò sul suo diario (p. 166) che Hamilton e Jefferson si allontanarono a causa dell’insistenza di Hamilton (federalista) affinché la nuova banca centrale detenesse tutto il debito degli Stati (compreso quello britannico). Il partito repubblicano si formò come risultato di questa acrimonia fra fazioni.

Banche create da Alexander Hamilton e dai suoi cospiratori presso la Banca d’Inghilterra:

1781 Banca del Nord America Wells Fargo
1784 Banca di New York BNY Mellon
1791 First Bank of the United States BNY Mellon, Citizens, HSBC, Barings, Rothschilds
1799 Manhattan Company JPMorgan Chase

È dubbio che i Padri Fondatori si siano resi conto che Alexander Hamilton fosse, in realtà, la spia 7 della Corona britannica e della Banca d’Inghilterra, insieme al suo compagno Henry Laurens, al fornitore dell’esercito e banchiere parlamentare John Barker Church, al banchiere e parlamentare Benjamin Vaughan e al suocero generale Philip Schuyler.

Hamilton nacque a St. Kitts e Nevis, nelle Indie Occidentali britanniche, e si trasferì a St. Croix, dove William Manning e la sua famiglia possedevano la Negro Bay, ed era un importante schiavista in molte piantagioni di entrambe le colonie. In queste piccole isole i negrieri bianchi erano più numerosi degli schiavi di quattro a uno.

Manning, evidentemente, reclutò Hamilton a St. Croix. I colleghi trafficanti di uomini Henry e Nicholas Cruger pagarono l’istruzione universitaria di Hamilton al King’s (Columbia) College di New York. Dalla Columbia, Hamilton si arruolò nella milizia e presto entrò a far parte dello staff del generale Washington, insieme a Henry Laurens e John Barker Church, sponsorizzati dal generale lealista Philip Schuyler. 

Hamilton non aveva alcuna esperienza nel settore bancario, se non quella di depositare gli assegni del traffico di esseri umani del suo datore di lavoro di St. Croix, Kortright & Cruger, che gestiva uno dei più importanti moli di Lower Manhattan, il Cruger’s Wharf. Data la confusione sull’illegittimità di Hamilton, è possibile che fosse il figlio illegittimo di Henry Cruger, Sr., che si prese cura di lui in seguito, fornendo anche un alloggio per la famiglia a St. Croix e sponsorizzando completamente la sua istruzione al King’s College di New York.

William Manning fu un importante trafficante di esseri umani delle Indie occidentali britanniche. Direttore della Banca d’Inghilterra (1790-1810), vice governatore (1810-1812) e governatore (1812-1814). Nel 1817-1830 fu presidente della London Assurance Company, precedentemente guidata dal governatore John Barker, per 34 anni.
Quando Hamilton fu nominato Segretario del Tesoro da George Washington (1 maggio 1777), aveva già creato due banche: Bank of North America (1781) e Bank of New York (1784). È sorprendente come lo abbia fatto senza alcuna esperienza e con una conoscenza limitata di due libri sulla moneta e sulle banche. Ecco perché solo ora stiamo scoprendo l’entità del controllo britannico sul settore bancario americano.

Le prime due banche di Hamilton furono dominate dal suo futuro cognato John Barker Church. John Barker Church alias John, fu il governatore della Compagnia di Assicurazioni di Londra, da lungo tempo monopolio della Corona britannica. La compagnia assicurava praticamente tutte le spedizioni in tutto il mondo, comprese quelle di Cruger.

Nonostante i segreti britannici di Church (alias la spia britannica John Carter), entro tre settimane dalla Dichiarazione d’Indipendenza (4 luglio 1776), l’esercito continentale e successivamente quello francese assunsero Church come commissario. Questi accordi di fornitura fecero di Church uno degli uomini più ricchi d’America alla fine della Rivoluzione.

Il generale Philip John Schuyler (nato il 20 novembre 1733, morto il 18 novembre 1804) fu un generale americano nella Guerra della Rivoluzione, senatore di New York. Padre di Elizabeth Schuyler, moglie di Alexander Hamilton e padre di Angelica Schuyler, moglie di John Barker Church.
Carter-Church fu assunto dal generale Philip Schuyler, futuro suocero di Church e Hamilton, la spia britannica n. 2 di Washington. Hamilton e Church sposarono due figlie di Schuyler: Elizabeth e Angelica, rispettivamente il 23 giugno 1777 e il 14 dicembre 1780. In altre parole, Schuyler sacrificò due delle sue figlie al dirottamento delle banche americane da parte della Chiesa d’Inghilterra durante la Rivoluzione.

La storia ci dice che l’esercito continentale di George Washington era cronicamente a corto di rifornimenti. È possibile che Church, uno dei tre commissari dell’Esercito Continentale, abbia intenzionalmente ridotto i rifornimenti all’Esercito per ostacolarne l’efficacia a favore dell’esercito della sua patria? Le menti di storici sono rimaste perplesse anche di fronte alla bufera di carte bancarie scritte da Hamilton. Il suo impegno era così frentico da risultare innaturale. Inoltre, il livello di legalese era ben al di sopra dell’età o dell’esperienza di Hamilton. Evidentemente qualcuno stava scrivendo per lui. Cominciammo a sospettare che Hamilton avesse dei canali secondari con la Banca d’Inghilterra che lo indirizzavano verso lo sviluppo di banche americane che avrebbero servito la Banca d’Inghilterra. Pertanto, abbiamo iniziato a tirare le fila del primo serio datore di lavoro di Hamilton, i commercianti britannico-americani di oppio e traffico di esseri umani Henry e Nicholas Cruger.

William Samuel Johnson, la spia britannica n. 1. Presidente della Columbia nel 1789-1800; senatore del Connecticut nel 1789-1791. Cruger fornì i fondi universitari a Hamilton per frequentare il neonato King’s College, in seguito ribattezzato Columbia University, dove William Samuel Johnson era la spia britannica n. 1.

Nicholas Murray Butler, a lungo presidente  sia della Columbia University che della British Pilgrims Society fu cofondatore della British Pilgrims Society nel 1902 e fu presidente della sua “filiale” americana dal 1928 al 1946. Si veda The Pilgrims of the United States (2003: Profile Books). Butler ha curato la formazione di Franklin D. Roosevelt, Sir Walter Rothschild, William J. Donovan e J.P. Morgan (The Manhattan Company), tra gli altri. Anche Barack Obama è stato educato alla Columbia.

Il molo di Cruger, nella parte bassa di Manhattan, consentiva a Hamilton di accedere a piedi alla vasta flotta di barche a vela di Cruger e di essere il corriere privato di Hamilton per le sue cambiali da e verso la Banca d’Inghilterra senza essere scoperto, grazie all’uso di chiavi di cifratura.  La famiglia Cruger, che era stata la protettrice della Camera di Commercio di New York di Hamilton. 

Benjamin Vaughan fu un deputato britannico che emigrò in America con 100.000 sterline (12,8 milioni di sterline nel 2022 – 16 milioni di dollari) per investire nella nuova First Bank of the United States di Hamilton insieme a Henry Cruger e John Barker Chuch.  L’arma segreta di Cruger e Church in Parlamento e nel Privy Council fu Benjamin Vaughan. Il suocero di Vaughan era William Manning, direttore della Banca d’Inghilterra e poi governatore.

William Manning fu un importante trafficante di esseri umani delle Indie occidentali britanniche. Direttore .
L’aiutante di campo del generale George Washington, Henry Laurens, aveva un figlio di nome John Laurens che sposò Martha, sorella di William Manning. Pertanto, Hamilton aveva molteplici relazioni interconnesse con la Banca d’Inghilterra.

Quattro anni prima, Cruger e Church avevano assistito Hamilton nella creazione della Prima Banca degli Stati Uniti, dopo averne allineato lo statuto alla Banca d’Inghilterra. A quel punto, l’80% delle azioni era stato acquistato da investitori allineati alla Banca d’Inghilterra, tra cui i primi tre:

Baring Bros. (Londra),
Hope & Co. (Londra, Amsterdam) e
Hottinguer & Co (Cie). (Londra, Parigi, Zurigo, Rothschild).
George Beckwith.

Molte di queste nuove prove si basano su nuove scoperte di un cifrario segreto di Hamilton conservato negli archivi segreti canadesi. Il capo delle spie britanniche Sir George Beckwith aveva designato Alexander Hamilton come la spia n. 7. È sorprendente notare che questo materiale di spionaggio sia stato cancellato dagli archivi americani. Alcuni di essi sono tornati, ma non il registro cifrato, per quanto siamo riusciti a determinare.  A giudicare dal cavalierato di Beckwith nel 1809, sembrerebbe che la Corona gli fosse grata per aver gestito Alexander Hamilton e la sottomissione del sistema bancario americano post-rivoluzione.

Ecco un elenco di incarichi che Beckwith ricevette dopo essersi occupato di Hamilton: ovvie ricompense per aver contribuito a sottomettere le banche americane post-rivoluzione alla volontà della Corona britannica:

Governatore e Comandante in capo delle Bermuda (1798-1803)
Governatore di Saint Vincent (1806-1808)
Governatore di Barbados (1810-1815)
Colonnello del 2° Reggimento delle Indie Occidentali (1809-1818)
Comandante in capo in Irlanda (1816-1820)
Colonnello dell’89° reggimento di piedi (India, 1818-1823).
Oltre ad Alexander Hamilton, agente n. 7, Beckwith identificò il suocero di Hamilton e Church, il col. americano Philip Schuyler, suocero di Hamilton/Church, come agente n. 2 mentre il presidente del King’s (Columbia) College William Samuel Johnson era l’agente n. 1. Inoltre, il principale corriere di Hamilton nei negoziati con la Spagna, il col. Humphreys, era l’agente n. 21 di Beckwith.

Le banche americane sono sempre state sotto il controllo dell’imperialismo britannico. Il sistema britannico, ripetuto in America grazie soprattutto alla doppiezza di Alexander Hamilton, lealista britannico e traditore dell’America, era basato sull’usura, sulla schiavitù del debito, sul traffico e sulla moneta a corso fisso. Sappiamo anche che la propaganda è un’operazione di spionaggio britannica, così come la tirannia del Senior Executive Service, delle Nazioni Unite, dell’istruzione, dell’editoria e della farmaceutica, tutte alimentate e controllate dal mammona bancario britannico e dai suoi demoni.

L’America può finalmente vincere la prima Rivoluzione Americana ora, liberandosi della schiavitù usuraria e basata sul debito della Gran Bretagna e della moneta fiat, seguendo queste operazioni, in apparenza complicate e difficili, ma in realtà naturali e semplici:

 

Chiudere la Federal Reserve, controllata dalla Gran Bretagna (finanzieri basati a Londra)

Proclamare una grande cancellazione del debito.

Chiudere i tribunali e istituire tribunali cittadini.

Perseguire gli attuali banchieri (e i loro avvocati e contabili) per tradimento e cospirazione.

Fondare nuove banche senza investitori stranieri e con una totale separazione tra attività bancaria e di intermediazione.

Abolire le attività bancarie offshore britanniche esenti da imposte; rendere pubbliche tutte le partecipazioni, compresi i conti segreti, e restituire il denaro alle vittime.

Chiudere l’Internal Revenue Service.

Abolire le Nazioni Unite (ingerenza globale britannica-massonica).

Chiudere il Senior Executive Service controllato dagli agenti della Corona britannica.

Chiudere “Five Eyes”, l’operazione di intelligence privata della British Pilgrims Society che gestisce la C.I.A., l’FBI, l’NSA, il DARA, la Marina Militare e il Pentagono.

Abolire la maggior parte delle agenzie federali, in particolare l’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti, controllato dalla SERCO britannica.

Restituire le proprietà dei brevetti ai veri inventori, svincolare le proprietà finanziarie dai ladri, perseguirli e incarcerarli.

Vietare agli avvocati (agenti dell’Inner Temple di Londra, massoni) di ricoprire cariche pubbliche, burocratiche e giudiziarie.

Introdurre una vera moneta senza interessi, sostenuta da lavoro-oro-argento-proprietà (o altra merce reale e accessibile; non oppio, traffico di esseri umani e carta senza valore).

Vietare il denaro pubblico per la propaganda (britannica).

Espellere i direttori stranieri dalle società americane.

Vietare il denaro pubblico nelle organizzazioni non governative”.

 

Concludiamo qui notando che Hamilton fu ucciso a 49 anni, nel pieno della ricchezza e della potenza, durante un duello alla pistola, colpito a morte dal vice presidente degli Stati Uniti, Aaron Burr.

John Adams e Thomas Jefferson vedevano in Hamilton, un aristocratico senza veri principi morali, e che era a favore della monarchia. Il libro di Mitford Goodson lo potrete trovare nelle migliori librerie o in Amazon

Paratico cerca di riscrivere la Storia? A Dongo non c’era Mussolini ma un sosia? Libreria il Minotauro, Via Cappello, Verona, 28 maggio, ore 18.30

Paratico cerca di riscrivere la Storia? A Dongo non c’era Mussolini ma un sosia? Libreria il Minotauro, Via Cappello, Verona, 28 maggio, ore 18.30

 

Sabato sera, 28 maggio, presso alla LIbreria il Minotauro, Angelo Paratico presenterà la sua nuovo teoria, in parte romanzata, nella quale espone una ardita ipotesi: il Benito Mussolini che fu assassinato con Clara Petacci a Giulino di Mezzegra, il 28 aprile 1945, era solo un sosia. Il vero Mussolini sarebbe fuggito in Giappone, via Trieste, con un sommergibile oceanico messo a disposizione dall’alleato giapponese.

All’evento presenzierà l’autore e la difficile moderazione sarà affidata all’avvocato Abbondio dal Bon, storico e filosofo veronese.

Riportiamo qui sotto un articolo pubblicato dal nostro collaboratore Ambrogio Bianchi sul Corriere della Sera, circa questa “storia alternativa”.

 

La nostra storia
La nostra storia di Dino Messina

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di Ambrogio Bianchi

Angelo Paratico, storico e romanziere, presenta il suo nuovo libro, pubblicato dalla Gingko Edizioni e intitolato “Mussolini in Giappone”. Si tratta di un romanzo breve, contenente una notevole quantità di riferimenti storici. Viene così esposta, per la prima volta la possibilità che l’uomo ucciso a Giulino di Mezzegra, il 28 aprile 1945, non fu Benito Mussolini, ma un sosia.

Questo spiegherebbe l’incoerenza di certi suoi comportamenti, nei suoi ultimi giorni e tutti i misteri che ancora circondano le circostanze della sua fine. Pare inspiegabile la sua scarsa lucidità nel prendere decisioni dopo Como, e il fatto che il suo viso apparve sfigurato già all’arrivo a Piazzale Loreto. E non si capisce perché venne fucilato di nascosto e non portato sul lungolago di Dongo, distante solo pochi chilometri e lì giustiziato, in bella vista, assieme agli altri gerarchi e a uno sfortunato autostoppista.

A Milano, il 25 aprile 1945, Mussolini ebbe varie opportunità per mettersi in salvo, ma non volle coglierle. Prima fra tutte quella di chiudersi nel Castello Sforzesco e attendere l’arrivo degli Alleati. I partigiani non disponevano di armi pesanti e non sarebbero mai riusciti a espugnarlo. Un’altra via di fuga, caldeggiata da Vittorio Mussolini, fu una corsa sino all’aeroporto di Ghedi, per salire su di un SM79 che lo avrebbe portato in Spagna. La Svizzera, contrariamente a ciò che si crede, non fu mai un’opzione, Mussolini sapeva che non lo avrebbero mai lasciato passare.

Sul tavolo stava anche un’altra via di fuga, assai più complessa e per la quale la segretezza più assoluta era una condizione indispensabile. Questa prevedeva l’utilizzo di un sommergibile. Tale piano era stato approntato da Enzo Grossi (1908 -1960), un abilissimo e pluridecorato sommergibilista, che in Francia era stato a capo della base di Betasom. A tali preparativi accennò lo stesso comandante Grossi nelle sue memorie, ormai introvabili, intitolate “Dal Barbarigo a Dongo”.  Grossi fu un coraggioso uomo di mare che morì giovane, consumato dall’amarezza per essere stato ingiustamente accusato di aver imbrogliato le carte in cambio di due medaglie d’oro, una d’argento e due croci di guerra tedesche, mentendo sull’affondamento di due corazzate americane, con il sommergibile Barbarigo da lui comandato, il 20 maggio 1942, al largo delle coste brasiliane.

Una commissione di ammiragli, dopo la guerra, discusse il suo caso, accusandolo di frode ma dimenticando di tenere conto dei diversi fusi orari. Come dimostrò Antonino Trizzino nel suo libro “Navi e poltrone” uscito nel 1952, Grossi affondò due grandi navi nemiche, ma non erano quelle che lui pensava. Viste dal periscopio d’un sommergibile, nel mezzo di una rischiosa azione e con il mare mosso, tutte le navi sono di difficile da identificare.

Un decreto del Presidente della Repubblica lo privò delle sue decorazioni. Lui protestò con veemenza e, nell’ottobre del 1954, a causa di una sua lettera indirizzata al Presidente, fu condannato a  5 mesi e 10 giorni di reclusione per ‘vilipendio del capo dello Stato’.  Grossi aveva militato nella RSI, pur non avendo mai accettato la tessera del partito fascista ed era sposato con una donna ebrea, che non smise di praticare la propria religione. Riuscì a stento a sottrarla alle SS, che la rilasciarono, permettendole di tornare a casa dai loro bambini.

Nel capitolo XI del suo libro, intitolato “Un sommergibile per Mussolini”, Grossi racconta che Tullio Tamburini gli rivelò di essersi accordato con gli alleati giapponesi per approntare un grosso sommergibile, al fine di metterlo in salvo, e nei suoi piani sarebbe stato lui a comandarlo, portandolo nel Pacifico. Tamburini accennò a Mussolini di quel piano, ma gli rispose che non ne voleva sapere. Questo fu confermato da Mussolini stesso quando incontrò Grossi, nel febbraio 1945 e lo ringraziò per i suoi sforzi. Poi aggiunse: “Non sono interessato a vivere come un uomo qualunque. Vedo che la mia stella è al tramonto e che la mia missione è conclusa…”.

L’esistenza di questi piani fu confermata anche dal vicesegretario del Partito fascista repubblicano ed ex federale di Verona, Antonio Bonino, nelle sue memorie, intitolate “Mussolini mi ha detto” uscito in Argentina nel 1950.

Questo è apparentemente tutto quanto se ne sa, ma secondo Paratico, il meccanismo continuò a muoversi, indipendentemente dalla volontà degli  ideatori e fu adattato, affidando  il comando del sommergibile oceanico Luigi Torelli a un tedesco. Dunque, Mussolini, nel primo pomeriggio del 25 aprile 1945, fu prelevato da un’auto guidata da un diplomatico giapponese che lo portò a Trieste, dove s’imbarcò sul sommergibile Torelli, che lo attendeva nel porto, dopo che era stato fatto rientrare dal Giappone, dove si trovava e dove effettivamente ritornò. Fu affondato dagli americani nel settembre 1945, davanti alla baia di Tokyo.

Mettendo da parte la storia alternativa e passando al romanzo, debbo dire che questo libro si legge bene e  me ne ha ricordato un altro, avente un tema e uno sviluppo simile, che lessi alcuni anni fa. L’autore fu il grande scrittore e sinologo belga, Simon Leys (Pierre Ryckmans), ed era intitolato: “La morte di Napoleone”. Il Leys immaginava la sostituzione con un sosia al Napoleone confinato a Sant’Elena e un suo ritorno, in incognito, in Francia. Dopo varie peripezie, Napoleone è costretto a una vita da “uomo qualunque” dividendo il letto con una ortolana parigina. E, intanto, fra i cavoli e gli ortaggi, lavorava segretamente per compiere le sue vendette, ma poi s’ammalò e poi morì. Tutti coloro che hanno studiano l’epopea napoleonica restano colpiti da questa bizzarra fantasia del Leys, che aggiunge una nuova sfaccettatura, un punto di meditazione, a quel grande personaggio.

Il Mussolini che l’autore descrive è segnato dal lutto e dai sensi di colpa, ha frequenti crisi di pianto. Ripensando alla sua giovinezza da anarchico e squattrinato socialista, pensa che avrebbe dovuto salire sulle montagne come partigiano e poi lottare contro al tedesco invasore, invece di assecondarlo. La sua sofferenza e i suoi rimpianti vengono solo parzialmente leniti fra le mura di un antico tempio buddista, a Nikko.

L’idea dell’autore è assai originale e mai prima esplorata. E con questo scarno libro mostra di possedere una profonda  conoscenza non solo di quell’uomo, ma anche dell’uomo.

Ambrogio Bianchi

 

 

 

 

 

 

 

Presentazione del libro di Alberto Zucchetta all’Accademia dell’Agricoltura il 25 maggio, in Palazzo Erbisti a Verona

Presentazione del libro di Alberto Zucchetta all’Accademia dell’Agricoltura il 25 maggio, in Palazzo Erbisti a Verona

 

Il Maestro Zucchetta presenterà un documentario all’Accademia dell’Agricoltura, il 25 maggio 2022 alle ore 17, nel quale verranno illustrati i punti salienti del suo libro “DANTE GIOTTO CANGRANDE  e il fascino segreto delle stelle. Uno studio fra simbologia e matematica della stella scaligera in oro del XIV Secolo” arricchito da un saggio introduttivo di Vittorio Sgarbi.

Il Maestro Alberto Zucchetta è un artista poliedrico scultore, orafo e medaglista, che è stato insegnante all’Istituto Statale d’arte di Venezia. Giornalista pubblicista appassionato studioso di storia e simbologia medievale, per anni assiduo collaboratore di varie testate per le pagine della Cultura e dell’Arte. Autore di numerosi saggi sulla simbologia. Da segnalare il suo libro che svela “Il segreto dell’O di Giotto” nella Madonna di Ognissanti – con la presentazione di Renzo Chiarelli- a cura dell’ Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona. Significativa la presentazione nella sala del Romanino agli Scrovegni del suo studio sul Giudizio Universale, introdotto da Claudio Bellinati, in occasione delle manifestazioni padovane “da Giotto a Donatello” del 2000, e “Il linguaggio sottile nella Commedia di Dante” presentato a Verona dal Comitato Dante Alighieri nel 2011. Innovatori i suoi studi sulla Pala d’oro della basilica di San Marco a Venezia, sui gioielli scaligeri medievali conservati al Museo di Castelvecchio di Verona e in particolare al grande e misterioso gioiello a forma di stella del XIV secolo da lui ipotizzato con la funzione di cosmogramma, e verosimilmente appartenuto a Cangrande I della Scala: il principe scaligero che ospitò alla sua corte non solo Dante in esilio e, come da molti sostenuto, anche Giotto. Di questo discute nel libro, supportando le sue tesi con prove inedite.

Alberto Zucchetta ha partecipato a numerose mostre collettive e personali in vari Paesi del mondo, riscuotendo numerosi riconoscimenti alcuni dei quali assegnati da alte cariche istituzionali. Ha partecipato su invito a tre edizioni della Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, ricevendo nella XXXIII Edizione il premio speciale per una collezione di gioielli. Sue creazioni si trovano in Vaticano, Musei e collezioni private in Italia e all’estero.

Vive studia e lavora, assieme a suo figlio Cristian, a Verona, a due passi dall’Arena.