Il principe William è direttamente coinvolto nella misteriosa morte di Thomas Kingston?

Il principe William è direttamente coinvolto nella misteriosa morte di Thomas Kingston?

Thomas Kingston e Lady Gabriella

Thomas Kingston, marito di Lady Gabriella Windsor, figlia del principe Michael di Kent e pertanto cugina di re Carlo III, si è apparentemente tolto la vita con un colpo di pistola. I motivi del gesto non sono ancora chiari.
La morte di Thomas Kingston, a soli 45 anni, è stata annunciata da Buckingham Palace domenica scorsa.

Ora capiamo i motivi dell’improvviso allontanamento del principe William, martedì, dai funerali di Costantino di Grecia: si era temuto per Kate, ma si trattava del suicidio di Tom. Il suo allontanamento repentino da un appuntamento così importante, si poteva spiegare solo per gravi ragioni personali, riguardanti la moglie. Ma in realtà si è trattato della morte del cugino, forse la sua presenza è stata richiesta dai servizi segreti, che lo avranno edotto, oppure  preparato e schermato, da possibili situazioni imbarazzanti per la Corona.

Kingston era stato domenica a pranzo dai genitori, nella loro abitazione nei Cotswolds, vicino a  Oxford. Poi suo padre era uscito per portare il cane a passeggio, ma al ritorno non ha trovato il figlio in casa. I genitori hanno cominciato a cercarlo e alla fine il padre ha forzato la porta chiusa dal di dentro di uno degli edifici: sul pavimento, il corpo esanime di Tom e la rivoltella poco distante. Par fin troppo vero per essere vero.

Il matrimonio fra Kingston e Lady Gabriella era stato celebrato in pompa magna nel 2019, alla presenza di tutti i reali, inclusa la regina Elisabetta e il principe Filippo.

Kingston era stato in Iraq per conto del Foreign Office, ed era scampato a un attentato che aveva fatto numerosi morti. Al ritorno in Inghilterra, si era dato alla finanza. Non aveva sangue blu ma si era ben mosso nei circoli reali, per via della sua avvenenza e del suo spirito estroverso e audace. Aveva flirtato con Pippa Middleton, la sorella della principessa Kate, e poi aveva avuto una relazione con una ex fiamma di William.

L’impressione generale è che si parlerà ancora a lungo di questo mistero e che il tradizionale atteggiamento della casa reale britannica di “never complain, never explain” verrà messo a dura prova.

Angelo Paratico

 

Il formaggio francese sta morendo, meno male!

Il formaggio francese sta morendo, meno male!

 

da Jonathan Miller – The Spectator

Ogni giovedì mattina all’aeroporto di Washington Dulles, un Airbus del governo francese sbocca un container merci in metallo sotto sigillo diplomatico. Aggirando le ispezioni doganali degli Stati Uniti, viene trasportato direttamente al complesso dell’Ambasciata di Francia a Georgetown. A mezzogiorno, l’élite dei diplomatici francesi si riunisce per assistere allo svuotamento del prezioso contenuto.

Insieme ai documenti diplomatici, direttamente dal Quai d’Orsay, il formaggio viene consegnato settimanalmente ai funzionari francesi nella capitale degli Stati Uniti, un Paese in cui il formaggio non pastorizzato è crudelmente vietato. Il personale dell’Ambasciata effettua gli ordini con una settimana di anticipo e riceve cestini individuali di Comte, Reblochon e del formaggio di capra morbido e affumicato di Sainte-Maure de Touraine. E Bordeaux duty-free, per mandarlo giù. A tavola!

La Francia sostiene di essere eccezionale e lo stesso vale per il suo formaggio, emblema per eccellenza dell’identità nazionale. Ora però, nell’ultimo colpo al settore caseario francese da 35 miliardi di euro, una crisi biologica sta minacciando due formaggi protetti. Il Camembert della Normandia e il Brie praticamente indistinguibile di Meaux, nella Marna, sono entrambi potenzialmente vulnerabili all’estinzione. Inoltre, la crisi di questi formaggi iconici sembra essere del tutto autoinflitta.

L’elemento comico di questa tragedia è che la supremazia bianca è responsabile di questa crisi e la soluzione è una maggiore diversità, almeno nel reparto dei funghi. Il Camembert e il Brie sono bianchi come la neve, del colore dello zucchero a velo, apparentemente perché ai consumatori piacciono così. Ma come fanno a diventare così bianchi? La finitura sbiancata di questi formaggi da supermercato è dovuta all’uso del fungo penicillium camemberti, una composizione vivente di piccole creature batteriche. Iniettato nella cagliata del latte prodotto dalle mucche grasse, produce il bianco uniforme e gessoso.

Il Camemberti è notevole, ma è stato abusato. Il fungo si sta indebolendo e rischia di esaurirsi e di diventare inefficace, e con esso il Camembert e il Brie, afferma il CNRS, il principale centro di ricerca scientifica del Paese. Il problema è che la produzione di massa ha portato a una drastica riduzione della varietà di ceppi fungini coltivati. Il più comune ha perso la capacità di riprodursi, il che significa che i lavoratori della fabbrica faticano a estrarre volumi sufficienti di spore per l’inoculazione e la maturazione.

Il generale de Gaulle disse della Francia: “Come si può governare un Paese con 246 varietà di formaggio?” Il segreto che i francesi non ammettono è che molti di questi sono piuttosto scarsi, tra cui il Brie e il Camembert, almeno nelle loro attuali misere manifestazioni. Ho un piccolo elenco di quelli che potrebbero seguire se si volesse iniziare a cancellare i formaggi, con in testa l’Emmental, con cui i francesi tentano inettatamente di fare la pizza.

Mettiamo da parte le loro fantasie bucoliche sul fatto che il Camembert e il Brie siano prodotti amati e tradizionali, creati da contadini robusti che indossano camici e berretti neri, mungendo le mucche a mano e mescolando la cagliata in una mangiatoia di legno. Questi prodotti sono per lo più sfornati in giganti fabbriche lattiero-casearie, dove il latte viene trasformato in formaggio, burro e yogurt. Si tratta di un gigantesco agrobusiness.

Una minaccia simile è rappresentata, secondo gli scienziati, anche dal penicillium roqueforti, la chiave del Roquefort, un formaggio di pecora blu brebis con note che ricordano il Silton inglese. Ne vengono prodotte solo 5.000 tonnellate all’anno. L’aspra campagna intorno a Roquefort-sur-Soulzon, nell’Aveyron, è popolata da pecore resistenti, aquile e pastori orgogliosi, che producono il loro formaggio in grotte a temperatura e umidità controllate, essenzialmente nello stesso modo da 1.000 anni.

Da quando l’autostrada A75 e il vicino viadotto di Millau sono stati aperti 20 anni fa, la zona non è più così isolata, ma l’atmosfera è ancora unica. Roquefort è scarsamente abitata da hippy babacolici che vivono nelle yurte. È un luogo a disagio con la modernità. Il MacDonald’s di Millau è stato notoriamente distrutto da un altermondialista anticapitalista armato di trattore. Il roqueforti è più sano del camemberti e c’è un fungo alternativo se dovesse accadere il peggio, ma i produttori devono comunque fare attenzione, hanno avvertito gli scienziati.

I francesi non sono gli unici al mondo a saper fare il formaggio. Neal’s Yard Dairy a Londra offre attualmente 34 equivalenti inglesi di Brie e Camembert e, per quanto i miei amici francesi possano rifiutarsi di crederci, sono molto più innovativi, più deliziosi, più autenticamente artigianali, più colorati e più diversificati nell’uso dei funghi rispetto ai marchi omogenei che si trovano in Francia.

Da notare che il Brie e il Camembert francesi tradizionali non sono mai stati così bianchi come lo sono ora, un bianco quasi spaventoso, puro come un loto. Tradizionalmente, questi formaggi erano spudoratamente ammuffiti – verdi, arancioni, grigi, a chiazze. I formaggi del mercato di massa sono pessimi ovunque e il Camembert e il Brie sono tra i peggiori, solo un piccolo passo avanti rispetto al Cheez Whizz e al finto formaggio spalmabile Philadelphia a basso contenuto di grassi.

La Spagna ha battuto la Francia ai World Cheese Awards 2023, dove nessun formaggio francese è stato premiato con il titolo Super Gold, il massimo riconoscimento. La Spagna sta superando la Francia anche nel settore della frutta, della verdura e persino del vino, provocando la violenza degli agricoltori francesi e i recenti blocchi delle autostrade francesi, che sono terminati solo quando il governo ha capitolato e ha promesso agli agricoltori più sussidi e più protezionismo. Nel frattempo, il miglior formaggio del mondo è norvegese.

Il Salone dell’Agricoltura annuale inizia a Parigi tra pochi giorni e vi parteciperanno il Presidente, il Primo Ministro e altre 600.000 persone. Il Salon de Fromage si terrà nella stessa sede alla fine di febbraio. I francesi dovrebbero (ma non lo faranno) approfittare di questi eventi per fare un esame di coscienza su se stessi e sulla loro resa come maestri della fisiologia del gusto. Anche se le notizie sulla morte del Brie e del Camembert sono esagerate, e si sa che gli scienziati in cerca di fondi esagerano, la leadership della Francia nella gastronomia mondiale è sparita. MacDonald’s serve un milione di hamburger in Francia, è il loro mercato europeo di maggior successo. Se vuole un pasto decente e un formaggio interessante dopo, venga in Gran Bretagna.

Lanciano zuppa sulla Monna Lisa di Leonardo al Louvre

Lanciano zuppa sulla Monna Lisa di Leonardo al Louvre

Alcuni manifestanti hanno lanciato della zuppa contro il dipinto della Monna Lisa, protetto da un vetro antiproiettile, a Parigi. Non poteva mancare un oltraggio anche al più celebre dipinto del mondo…

Il dipinto di Leonardo da Vinci è una delle opere d’arte più famose al mondo e si trova al Louvre di Parigi. Sta al sicuro dietro un vetro antiproiettile, quindi è improbabile che sia stato danneggiato.

Un video mostrava due manifestanti che chiedevano il diritto ad un “cibo sano e sostenibile”, affermando che “il nostro sistema agricolo è malato”. Negli ultimi giorni, la capitale francese è stata teatro di proteste da parte degli agricoltori, che hanno chiesto di porre fine all’aumento dei costi del carburante e di semplificare i regolamenti – venerdì hanno bloccato le strade principali in entrata e in uscita da Parigi. Ma è probabile che gli attentatori appartengano al circolo di Ultima Generazione, filiale francese.

La Monna Lisa è dietro un vetro di sicurezza dai primi anni ’50, dopo che nel 1956 fu parzialmente  danneggiata da un vandalo che  la schizzò di acido.  Il  30 dicembre dello stesso anno un pazzo boliviano, Ugo Ungaza, le lanciò un sasso, che spaccò il vetro danneggiando il gomito della signora.
Nell’aprile del 1974, a Tokyo, fu spruzzata con della vernice rossa. A Parigi, il 2 August 2009, una donna russa le lanciò una brocca di terracotta che aveva acquistato al negozio del museo.

Nel 2019, il Louvre dichiarò di aver installato una forma più trasparente di vetro antiproiettile per proteggerla. Nel 2022, un attivista ha lanciato una torta sul dipinto, esortando le persone a “pensare di più alla Terra”.

Il dipinto fu rubato dal Louvre nel 1911, provocando una sensazione internazionale. Vincenzo Peruggia, un dipendente del museo più visitato al mondo, si nascose in un armadio durante la notte per prendere il dipinto. Fu recuperato due anni dopo, quando cercò di venderlo ad un antiquario di Firenze, in Italia.

Dal processo Peruggia uscì bene, come un nazionalista che voleva riportare in Italia quel dipinto che credeva rubato dai francesi, in realtà fu comprato da Francesco I di Francia, a peso d’oro, dal discepolo prediletto di Leonardo, il Salaì, al quale lo aveva lasciato.

 

 

Ulisse in Irlanda? Forse si tratta proprio dell’isola di Ogigia

Ulisse in Irlanda? Forse si tratta proprio dell’isola di Ogigia

 

Arnold Bocklin, 1883

L’Odissea di Omero racconta la storia di Odisseo che torna a casa sua dopo la guerra di Troia. Per una serie di ragioni, il viaggio non è facile. Gli ci vogliono ben dieci anni per tornare a casa. Ma il viaggio da Troia a Itaca, l’isola natale di Ulisse, non doveva essere troppo difficile in condizioni normali. Per questo motivo, alcuni ricercatori hanno sostenuto che Odisseo abbia effettivamente viaggiato al di fuori del Mediterraneo. C’è persino l’ipotesi che sia sbarcato in Irlanda.

Nell’Odissea, uno dei luoghi che Odisseo visita è un’isola chiamata Ogigia. Questa era la casa della ninfa Calipso, che offre a Odisseo l’immortalità se accetterà di sposarla. Lui rifiuta ma lei rifiuta di lasciarlo partire. Gli dèi intervengono e costringono Calipso a liberarlo. Quindi, dopo sette anni sull’isola, Odisseo si costruisce una zattera e salpa.

La posizione di Ogigia è stata oggetto di varie speculazioni. Secondo il racconto di Omero, l’isola è un luogo di bei prati, fontane, boschi e vari tipi di uccelli. Tuttavia, nulla di tutto ciò è particolarmente utile per farci ipotizzare il luogo giusto. Tutti i tipi di isole potrebbero adattarsi a questa descrizione.  Nell’antichità, sono stati fatti diversi suggerimenti su dove potesse trovarsi effettivamente Ogigia. Più recentemente, alcuni studiosi hanno sostenuto che Ogigia assomiglia molto all’Irlanda. Se questa identificazione è corretta, significa che Odisseo trascorse sette anni fuori dal mar Mediterraneo.

Lo studioso più importante che abbia mai accettato questa conclusione fu Roderick O’Flaherty. Nel 1685, utilizzò il nome ‘Ogigia’ come sinonimo di Irlanda nel titolo di uno dei suoi libri. Si chiamava: “Ogigia: O un resoconto cronologico degli eventi irlandesi”.

Una delle prove chiave utilizzate per sostenere l’identificazione dell’Irlanda come Ogigia è un passaggio scritto da Plutarco, uno storico del primo secolo dopo Cristo. Egli scrisse del resoconto di Omero su Ogigia insieme ad altre informazioni aggiuntive che fornì. Secondo Plutarco, Ogigia si trovava a ovest della Britannia, dove in effetti giace l’Irlanda.

Inoltre, Plutarco nel suo “De Facie in orbe Lunae” ci dice che Ogigia sarebbe a cinquemila stadi di distanza dal ‘grande continente’ che circondava il ‘grande mare’. Diversi studiosi hanno suggerito che questo ‘grande continente’ si riferisca addirittura all’America.

Se il ‘grande continente’ menzionato da Plutarco fosse davvero l’America, ciò significherebbe che Ogigia sia in realtà un’isola da qualche parte tra la Gran Bretagna e l’America. Poiché Plutarco dice che Ogigia si trovava a cinquemila stadi dal grande continente, ma solo a diversi giorni di distanza dalla Gran Bretagna, questo indica che era molto più vicina alla Gran Bretagna che all’America. Pertanto, l’Irlanda sembrerebbe essere una buona corrispondenza.

Sebbene l’Irlanda corrisponda alla descrizione di base presentata da Plutarco, ci sono alcuni problemi con questa identificazione. Per prima cosa, l’Irlanda non si trova a cinquemila stadi dall’America. Questa distanza sarebbe l’equivalente di poco più di novecento chilometri. Tuttavia, la distanza tra l’Irlanda e l’America è di circa tremila chilometri.

Un problema è che Plutarco afferma che ci vogliono cinque giorni di navigazione per viaggiare tra la Britannia e l’Ogigia. Questo indicherebbe un’isola molto più a ovest dell’Irlanda, perché ci vorrebbero appena due giorni di navigazione per raggiungere l’Irlanda dalla parte più lontana del lato occidentale della Britannia.

In realtà, non esiste un’isola che si trovi esattamente a cinque giorni di navigazione dalla Gran Bretagna e anche a cinquemila stadi di distanza dall’America. Le misure semplicemente non corrispondono a nessuna posizione reale.

Forse, quindi, alcuni ricercatori potrebbero usare questo fatto come prova che le misurazioni non sono corrette, il che significa che l’Irlanda potrebbe ancora essere il luogo giusto. In alternativa, potrebbe anche significare che Plutarco non stava affatto descrivendo una località reale.

 

 

Come togliere i blocchi di Ultima Generazione

Come togliere i blocchi di Ultima Generazione

Un consiglio agli automobilisti bloccati sulle strade da attivisti di Ultima Generazione.

Formare squadre di audaci, di 6/7 automobilisti.

Niente violenza verbale o fisica, ma semplici scappellotti. Quelli che i giovani seduti non hanno ricevuto dai propri genitori. Gli scappellotti vengono ancor oggi usati in Tibet e in India dai monaci per risvegliare i giovani in meditazione, ecco, anche da noi potrebbero risvegliare delle giovani coscienze assopite e plagiate.

 

25ma Fiera della Polenta a Vigasio. Dal 12 ottobre al 5 novembre 2023

25ma Fiera della Polenta a Vigasio. Dal 12 ottobre al 5 novembre 2023

 

Fervono i preparativi a Vigasio per la 25ma edizione della “ Fiera della Polenta”, manifestazione in programma presso gli impianti sportivi di via Alzeri dal 12 ottobre al 5 novembre. Confermata quindi la durata delle scorse edizioni con le 12 cucine impegnate a servire all’interno delle quattro tensostrutture 150 portate diverse, con una varietà di primi e secondi piatti, contorni, pizze e piadinerie che giustifica ampiamente la definizione di fiera gastronomica più grande d’Italia. Una manifestazione che coinvolge molte associazioni locali per un totale complessivo di 300 persone. Da segnalare a questo riguardo che presso la sede di Vigasio Eventi in Corso Vittorio Emanuele 50 si raccolgono le adesioni dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.30 consegnando la fotocopia della carta di identità.” In questi giorni stiamo predisponendo il programma degli spettacoli che per questa edizione saranno in calendario tutti i giovedì, venerdì, sabato e domenica”, spiega il presidente di Vigasio Eventi Umberto Panarotto, organizzatore della kermesse. “ Confermate anche le cene a tema, una novità della scorsa edizione che hanno riscosso notevole successo, coinvolgendo nuovamente alcuni locali tipici che andranno a valorizzare gli abbinamenti con la polenta. Quest’anno saranno sei, nel ristorante all’interno della fiera, ogni lunedi e martedì”. Per quanto riguarda gli spettacoli confermato il festival nazionale del country, gli appuntamenti musicali con il liscio, concerti, danza, commedie, drag queen, cori, mostra di auto e moto d’epoca, la sesta edizione della Vigasio Drift show con la acrobatica 75, la tradizionale lotteria ogni lunedì e martedì.

Prologo della manifestazione la seconda edizione di “ Sinfonie di Polenta”, in programma domenica 1 ottobre a pranzo in Piazza Papa Luciani,  che prevede tre portate con degustazioni, oltre alla classica sbrisolona di polenta e zaletti, con prenotazioni a partire  da fine luglio. Rispetto all’edizione inaugurale di due anni fa, che aveva fatto registrare in poco tempo il tutto esaurito, i posti saliranno da 300 a 500 proprio per soddisfare la grande richiesta di partecipazione.

La UE dichiara guerra agli obesi

La UE dichiara guerra agli obesi

 

Questa è una notizia che stupirà molti. Il deputato irlandese John Bibby, appartenente alla sinistra ecologista europea, avrebbe già depositato una proposta di legge al Parlamento Europeo per limitare il peso di noi cittadini.

Secondo il suo progetto, nella legge verranno inserite delle tabelle grazie alle quali verrà stabilirà il peso permesso, in relazione all’altezza e all’età. La logica di queste limitazioni consisterebbe nel contenimento dei consumi di acqua, grano, verdure e carne, risorse tutte in rapido esaurimento, secondo gli scienziati del IPCC e allo stesso tempo per contenere la quantità di metano che immettiamo nell’atmosfera, con la flatulenza. Pare che l’emissione di metri cubi di gas dipenda in maniera proporzionale dalla circonferenza del nostro ventre. Inoltre, parte del cibo e delle bevande alcooliche in eccesso, birra e vino,  verranno donate ai Paesi del terzo mondo. Inoltre, le spese mediche generali caleranno, secondo le stime, del trenta per cento.

Dunque, la Comunità Europea pare intenzionata a scatenare una guerra senza quartiere contro agli “obesi”, con una serie di multe che colpiranno tutti coloro che usciranno al di fuori dai margini imposti nelle tabelle, già studiate da nutrizionisti e da medici. Pare che tale legge verrà discussa e quasi certamente approvata entro la fine dell’anno corrente.

Stranamente pochi accennano ai trascorsi piduisti di Maurizio Costanzo (tessera P2 1819)

Stranamente pochi accennano ai trascorsi piduisti di Maurizio Costanzo (tessera P2 1819)

Nella massoneria, come in ogni società, si trovano galantuomini e farabutti. La P2 di Licio Gelli fu qualcosa di molto diverso dalla tradizionale massoneria e fu, essenzialmente, una loggia deviata. Licio Gelli ebbe trascorsi fascisti, ma alla fine, dopo l’8 settembre, fece quasi certamente il doppiogiochista, collaborando sia con i nazisti che con i partigiani.

In questi giorni assistiamo alle meritate commemorazione di quel grande artista che fu Maurizio Costanzo, ma vengono mostrate solo le sue luci e non  le sue ombre. La sua appartenenza alla P2 è stata completamente dimenticata, come se si fosse trattato di una cosa da poco, di una piccola svista fatta da un uomo di buone intenzioni, ma poco attento.

Alcuni fra coloro che aderirono alla P2, effettivamente, fecero una leggerezza, ma nel caso di Costanzo la cosa appare più grave. I suoi contatti con il venerabile Licio Gelli furono molto stretti, e Costanzo ne trasse indubbiamente dei vantaggi professionali. In questi giorni è stata ricordata una intervista di Costanzo a Gelli, uscita sul Corriere della Sera cinque mesi prima che la perquisizione a Castiglion Fibocchi svelasse i nomi degli iscritti, tra cui lo stesso Costanzo.  Si tratta di una intervista che, a rileggerla oggi, fa impressione. La data di uscita di questa chiacchierata fra i due personaggi è il 5 ottobre 1980. All’epoca si sapeva dell’esistenza della Loggia massonica Propaganda 2 (poi sintetizzata in P2), ma ancora non si conoscevano le pericolose ramificazioni e tutti i nomi degli iscritti. Messa così l’intervista a Gelli diventa una chiacchierata tra “fratelli muratori”. Nel testo, tra l’altro, a Gelli viene chiesto “che cosa farebbe se fosse Presidente della Repubblica”, di fatto annunciando in anticipo i folli piani del Venerabile toscano. Il 17 marzo 1981 i giudici istruttori Giuliano Turone e Gherardo Colombo riuscirono ad assestare un colpo decisivo alla Loggia, con le perquisizioni a Castiglion Fibocchi. L’intervista del giornalista a Gelli è dunque precedente al ritrovamento delle liste e anche al rinvenimento del Piano di “Rinascita Democratica” avvenuta nel luglio dell’81 che pose la P2 come organizzazione parallela contraria all’ordine costituito e sancì l’espulsione di Gelli dalla massoneria “ordinaria”.

L’intervista a Gelli fu pubblicata sulle colonne di quel Corriere della Sera che in quei mesi veniva “espropriato” alla famiglia Rizzoli, da finanzieri senza scrupoli, tutti iscritti alla loggia P2, come Roberto Calvi. Un’operazione che minò il fisico di Angelo Rizzoli, incapace di ripagare le condizioni capestro che lo stesso Calvi gli aveva fatto sottoscrivere all’epoca della concessione del maxi-prestito triennale. Si dice, anche, che lo stesso Costanzo ambisse alla poltrona di direttore del Corriere, poltrona all’epoca occupata da Franco Di Bella (tessera P2 1887). Sta di fatto che questa intervista, facilmente leggibile in rete,  divenne il manifesto programmatico di uno stravolgimento dell’ordine costituito da parte di una delle figure più opache della storia repubblicana italiana, morto ad Arezzo nel 2015, a 96 anni.

Angelo Rizzoli disse alla commissione presieduta da Tina Anselmi sulla P2, “Posso dire che il giornalista Maurizio Costanzo entrò nel gruppo Rizzoli su precisa raccomandazione di Licio Gelli, il quale era in stretti rapporti col predetto e alla cui carriera mostrava di tenere particolarmente”. E poi, ancora: “Il Costanzo era un vero e proprio superprotetto del Gelli… Fu così che il Costanzo divenne dapprima direttore della “Domenica del Corriere”, poi dei servizi giornalistici della Tv privata della Rizzoli, poi ancora del quotidiano “L’Occhio”.

All’indomani dello scandalo, Costanzo venne allontanato dalla Rai, e trovò accoglienza nelle televisioni di Silvio Berlusconi (tessera P2 n° 1816). Dalla nascita del Costanzo Show a oggi le cariche di cui è stato titolare non si contano: tra le tante divenne nel ‘99 presidente di Mediatrade, società del gruppo Mediaset che si occupava di fiction, e più di recente nacque la società Maurizio Costanzo Comunicazione, società controllata al 50% da Costanzo e al 50 % da 21 Investimenti (oggi 21 Invest), la banca di affari di Alessandro Benetton. La Maurizio Costanzo Comunicazione è una società che si rivolge, appunto, al mondo della comunicazione, orientandosi in qualsiasi settore, dal mondo dello spettacolo, a quello dello sport, da quello della politica a quello dell’economia. La sua influenza, anche da morto, appare ancora molto forte, e forse questo spiega la deferenza  che gli viene mostrata, in televisione e sui giornali.

 

 

 

Palloni giapponesi sopra agli Stati Uniti

Palloni giapponesi sopra agli Stati Uniti

Pallone giapponese sul Michigan, nel 1944

Bang! il pallone cinese è stato abbattuto in South Carolina, e forse gli intenti della Cina erano, per ora, davvero collegabili allo studio delle correnti d’alta quota, forse come ballon d’essais… Ma questo genere di studi potranno essere usati per altri scopi, in futuro.

I giapponesi durante la II Guerra mondiale avevano usato queste armi, per innescare incendi in aree boscose degli Stati Uniti, ma a causa delle tecniche rudimentali utilizzate, fu un fallimento.

I palloni, con delle piccole bombe incendiarie attaccate, venivano lanciati in Giappone e andavano alla deriva sopra agli Stati Uniti. Ne trovarono uno impigliato in un albero e l’FBI arrivò per studiare lo strano aggeggio, era largo 3 metri e mezzo ed era  fatto con carta cerata. Una scritta sul pallone indicava che era giapponese e che era stato completato poche settimane prima in una fabbrica giapponese.

Quello a cui stavano assistendo era il tentativo del Giappone di portare la guerra sulla terraferma, negli Stati Uniti, lanciando palloni aerostatici carichi di bombe, affidandoli alle correnti sul Pacifico. Il Giappone lanciò circa 10.000 palloni di questo tipo, dal 3 novembre 1944 all’aprile 1945. Circa 300 di questi atterrarono negli Stati Uniti. Ognuno di essi trasportava due spezzoni incendiari e una bomba antiuomo da 10 chili.

Le uniche vittime di questi attacchi furono causate dalla tragica scoperta, il 5 maggio 1945, di un pallone bomba inesploso da parte di un piccolo gruppo in gita nella zona di Gearhart Mountain, nell’Oregon meridionale. Il reverendo Archie Mitchell e sua moglie, Elyse Mitchell, di Bly, in Oregon, portarono con sé cinque bambini. Mentre il reverendo parcheggiava l’auto, Elyse e i bambini gli dissero di aver trovato uno strano oggetto nel bosco. Lui gridò di fare attenzione ma fu troppo tardi. L’esplosione uccise sua moglie e i cinque figli, di età compresa tra gli 11 e i 14 anni.

L’Ufficio della Censura degli Stati Uniti chiese ai giornalisti di non riferire sugli incidenti dei palloni bomba, in modo che i giapponesi non sapessero che questi avevano raggiunto con successo la terraferma americana, e la richiesta fu sempre rispettata. Ma dopo le morti in Oregon, il Dipartimento della Guerra rilasciò una dichiarazione che descriveva le bombe a pallone, in modo che le persone che trovavano i detriti sapessero di non toccarli.

Continuarono a lanciarli dalla fine dell’estate del 1944 ma poi, a causa dell’oscuramento delle notizie negli Stati Uniti, i giapponesi non essendo a conoscenza del risultato degli attacchi, smisero di utilizzarli.

Tecnicamente, le bombe ebbero successo, ma i risultati furono minimi perché i palloni non potevano essere controllati. Inoltre li lanciarono soprattutto durante l’inverno e non nella stagione secca, quando gli incendi avrebbero potuto ampliare i danni.

Gli studenti giapponesi erano i principali operai che assemblavano quei palloni, realizzati laminando strati di fibre ottenute  da alberi di gelso. Gli ingegnosi palloni mantenevano un’altitudine di circa 10.000 metri durante la traversata del Pacifico; e una valvola di scarico del gas e un ciclo di caduta di sacchi di sabbia gli permettevano di alzarsi e abbassarsi, quando il gas si espandeva o si raffreddava.

La loro rotta era soggetta ai capricci del vento, il che li rendeva molto difficili da controllare. Erano anche sorprendentemente difficili da intercettare. Quasi 500 aerei statunitensi cercarono i palloni nel 1944 e nel 1945, ma solo due furono abbattuti sul Nord America.

Un tentativo di abbattere un pallone nel 1945 andò comicamente storto. Quando la USS New York, nel 1945, stava navigando verso Iwo Jima, l’equipaggio notò una sfera argentata che volava in alto e che sembrò seguire la corazzata per ore. Preoccupato che la sfera lucente potesse essere un’arma giapponese a pallone, il capitano ordinò di abbatterla. Dopo che i cannoni non riuscirono a colpirla, un navigatore capì che stavano cercando di abbattere il pianeta Venere.

Angelo Paratico

Nuova imbarazzante rivelazione di Harry, uno dei Corgi di Elisabetta morse la caviglia di Meghan

Nuova imbarazzante rivelazione di Harry, uno dei Corgi di Elisabetta morse la caviglia di Meghan

Una stupefacente rivelazione è stata fatta da Harry, intervistato da una stazione televisiva di Dallas, per promuovere il suo libro “Spare”.

Nel marzo 2020, Meghan Markle e il Principe Harry avevano incontrato la Regina Elisabetta II insieme a re Carlo III.

Quello fu  un  “il loro primo tentativo di riappacificazione fatto di persona”.

“La Regina è sempre stata meravigliosa con noi” ha detto Harry “Abbiamo fatto colazione insieme quella mattina e ha fatto un bellissimo regalo a Meghan: dei bellissimi orecchini di perle e di pietre preziose. Poi aveva una coperta che si mette sulle ginocchia per riscaldarsi, e faceva freddo e perciò le ha detto: Meghan, vieni qui, e mettila anche sulle mie ginocchia”.

Poi ha fatto una rivelazione che ha stupito tutti e che non appare nel suo libro intitolato Spare: “Il cane corgi della Regina, vedendola afferrare la coperta, ha cominciato a ringhiare e poi ha addentato la caviglia di Meghan, lei ha mandato un sommesso grido di dolore, ritirando la gamba. E’ stato subito chiamato subito il medico reale che ha medicato Meghan. I denti del piccolo cane avevano fatto ben poco danno ed è basato applicare acqua ossigenata e un cerotto”.

La stazione televisiva è stata inondata di chiamate, per esprimere supporto al piccolo quadrupede, che aveva mostrato molta prescienza.