PARTECIPATE SERVIZI AMBIENTALI CICLISTA INVESTITO DA NETTURBINO SERIT A ZEVIO, IL SINDACATO UGL: “IN QUELLA AZIENDA TURNI ESTENUANTI CHE PORTANO A TRAGEDIE COME QUESTA, VOGLIAMO CHIARIMENTI”.

PARTECIPATE SERVIZI AMBIENTALI CICLISTA INVESTITO DA NETTURBINO SERIT A ZEVIO, IL SINDACATO UGL: “IN QUELLA AZIENDA TURNI ESTENUANTI CHE PORTANO A TRAGEDIE COME QUESTA, VOGLIAMO CHIARIMENTI”.

Verona, 15 aprile – Il sindacato UGL con una nota entra nel merito del tragico incidente accaduto
ieri pomeriggio a Zevio, in provincia di Verona, dove un autista della Serit, azienda di proprietà di
AGSM – AIM che si occupa dei servizi per l’igiene urbana in oltre 50 comuni della provincia, ha
tragicamente travolto e ucciso con un mezzo della Serit un ciclista.
“Il nostro pensiero per questo terribile dramma– commenta Giuseppe De Siati, Segretario
Provinciale di Verona e reggente Regionale Veneto di UGL Partecipate Servizi Ambientali – va
innanzitutto alla vittima e ai suoi familiari. Ma anche al lavoratore coinvolto che, al di là degli
sviluppi legali su cui la magistratura farà chiarezza, dovrà convivere per il resto della sua esistenza
con il peso di questa tragedia. Tragedia che però, forse, in una qualche misura si sarebbe potuta
evitare”.
“Come UGL infatti – spiega De Siati – sono mesi che denunciamo le numerose storture procedurali
interne a Serit. Nel mese di novembre dello scorso anno avevamo infatti chiesto e ottenuto un
incontro con la dirigenza dell’azienda, per avere delucidazioni su alcuni precisi temi, come i carichi
di lavoro eccessivi, la mancanza di sicurezza dei mezzi, la grave situazione di personale
sottostimato in relazione ai servizi in essere”.
“In particolare – prosegue De Siati – in occasione di quell’incontro avevamo chiesto a Serit
chiarimenti sull’abnorme monte ore di straordinari accumulati dai lavoratori. Il contratto per questa
tipologia d’impiego prevede infatti un turno lavorativo di 6 ore e 20 minuti. Orario che in Serit è
prassi sforare ogni giorno di molte ore, con autisti che arrivano a fare quasi un doppio turno. E’
ovvio che a dare il limite del turno fissato dal contratto non è solo un criterio economico, ma prima
di tutto un criterio di sicurezza: con turni notturni che iniziano tra le 3.00 e le 4.00 del mattino, un
autista non può e non deve essere alla guida dello stesso mezzo pesante alle 16.00 del pomeriggio,
ovvero quasi 12 ore dopo”.
“Ed è esattamente questo – conclude De Siati – che vorremo capire: da quante ore stava guidando
quell’autista? A che ora aveva timbrato? Gli era stato chiesto di fare un ulteriore turno dopo quello
notturno? Cosa aspetta Serit a rimodulare le proprie procedure affinché i suoi lavoratori non siano
costretti a turni estenuanti che, come questa tragedia mostra, mettono a repentaglio la sicurezza
degli autisti e di tutti quanti noi? Alla luce di questo terribile fatto, attendiamo risposte”

Franco Basaglia nasceva 100 anni fa, ma non c’è nulla da festeggiare. Fece molti danni e la sua negativa influenza, tramite la sua legge, si fa ancora sentire in Italia

Franco Basaglia nasceva 100 anni fa, ma non c’è nulla da festeggiare. Fece molti danni e la sua negativa influenza, tramite la sua legge, si fa ancora sentire in Italia

Franco Basaglia (1924-1980) viene celebrato da tutti i principali quotidiani e dalle emittenti RAI a cento anni dalla nascita. Pare quasi che prima di lui gli ospedali psichiatrici fossero solo dei luoghi di detenzione e di squallore. Eppure, invece di dichiarare la malattia mentale come un effetto delle contraddizioni della società, avrebbero dovuto insistere per migliorare le strutture esistenti. Nel 1978 grazie a lui chiusero i manicomi quando non esisteva ancora una struttura sanitaria pubblica in grado di prendersi cura dei malati, che quindi finirono a carico delle famiglie, oppure si trovarono abbandonati a sé stessi, con innumerevoli suicidi ed episodi di violenza.

Per  capire di che si è trattato  basta leggere il libro di Mario Tobino (1911-1991) , psichiatra e scrittore, Gli Ultimi Giorni di Magliano pubblicato da Mondadori nel 1982.

Basaglia faceva parte di una corrente del marxismo militante che introdusse la lotta politica  fra i malati di mente allo scopo di trasformarli in una minoranza senza diritti che, dunque, potevano lottare per i propri diritti. In realtà, come spiega Tobino, fu l’avvento degli psicofarmaci che diede l’impressione che la malattia mentale non esistesse e non fosse mai esistita. I vecchi psichiatri che in gioventù non avevano avuto questi farmaci sapevano bene che era un errore quanto si stava facendo solo in Italia ma non ebbero la forza di opporsi a quella marea montante.

Leggiamo oggi su un giornale: “Ma a parte aver dato il nome a una legge epocale, Basaglia fu uno degli intellettuali italiani più conosciuti e rispettati nel mondo, associato a pensatori come Michel Foucault, Jean-Paul Sartre e Erving Goffman, e ispiratore di princìpi e pratiche rivoluzionarie nel contesto culturale, sociale e politico degli anni Sessanta e Settanta”. Ecco chi fu davvero Basaglia, un pensatore della sinistra rivoluzionaria.

Nel libro di Kerry Bolton La Sinistra Psicopatica Gingko Edizioni, 2018, viene spiegato l’uso che il pensiero marxista ha fatto delle malattie.

 

Collettivo dei Pazienti Socialisti: trasformare la malattia in un’arma

In realtà si è trattato di uno sviluppo delle dottrine marxiano-freudiane, socialiste-psichiatriche, della Scuola di Teoria Critica di Francoforte. Come abbiamo visto, pensatori del calibro di Theodor Adorno e Wilhelm Reich hanno sviluppato una teoria della psicologia basata sulla rivolta sociale, sostenendo che la ribellione contro i valori normativi era un fatto sano. Hanno capovolto la normalità, per cui la psicopatia è stata intellettualizzata come la nuova normalità contro un sistema repressivo. Wolfgang Huber, psichiatra della clinica psichiatrica dell’Università di Heidelberg dal 1964, nel 1970 fondò il collettivo socialista dei pazienti, noto anche come Fronte dei Pazienti, da un gruppo terapeutico che comprendeva sia studenti che pazienti. Abbiamo visto in precedenza come la terapia di gruppo divenne un elemento significativo nella “Nuova Sinistra” negli Stati Uniti. Quando l’amministrazione dell’Università tentò di rimuovere Huber, i suoi pazienti organizzarono il Collettivo dei Pazienti Socialisti (SPK), protestarono e occuparono gli uffici dell’amministrazione ospedaliera fino a quando l’università non cedette.

Lo slogan del SPK è: “Trasformare la malattia in un’arma”. Questa è  l’esposizione cosciente di ciò che per gran parte della sinistra nel corso della storia è rimasto a livello inconscio. La SPK ha sostenuto la malattia come un attributo positivo nello sviluppo umano.

 

Gli alleati di Huber

L’annuncio del SPK di malattia mentale come un tratto desiderabile e rivoluzionario ricevette l’approvazione dei luminari della “Nuova Sinistra”, come il filosofo Jean-Paul Sartre che scrisse la prefazione al libro di Huber, SPK – Trasformare la malattia in un’arma, nel 1972. Il 5 luglio 1971 si tenne a New York una manifestazione della “Nuova Sinistra” in solidarietà con il SPK. Nel 1972 Huber e sua moglie Ursel furono incarcerati. Nel novembre 1975 entrambi intrapresero uno sciopero della fame, una delle principali tattiche raccomandate da Huber. Duemila partecipanti al Congresso psicoanalitico su ‘Sesso e politica’, a Milano, chiesero la liberazione degli Hubers. Filosofi di sinistra e scienziati sociali si misero in fila per sostenere Huber.Tra questi c’erano:

-Jean-Paul Sartre, il celebre filosofo esistenzialista francese e guru della “Nuova Sinistra” in tutto il mondo.

– Simone De Beauvoir, filosofo esistenzialista e padrona di casa di Sartre. Nota in particolare per il suo libro Il secondo sesso (1949), un testo fondamentale sul femminismo.

-Jean-Jacques de Felice, avvocato francese che difese i rivoluzionari.

-Robert Castel, sociologo francese.

-Felix Guattari, esponente di spicco della terapia di gruppo. Guattari curò il giornale trotskista, Via Comunista (1964-1965). Nel 1965 fondò la Federazione dei Gruppi di Studio e Ricerca Istituzionale. Guattari fu coinvolto in molte cause di sinistra, tra cui i disordini della “Nuova Sinistra” che nel 1968 sconvolsero la Francia. Scrivendo di Lenin e della psichiatria, affermatò: “Credo che ci sia ancora motivo di essere leninisti, almeno sul punto preciso che ha poco senso aspettarsi che la spontaneità e la creatività delle masse stabiliscano gruppi analitici in modo duraturo”. L’obiettivo di Guattari, e quello di Huber e di molti altri, era quindi quello di creare una società comunista attraverso la psichiatria — con il pretesto della ‘antipsichiatria’ e del potere ai pazienti — usando il gruppo di psicoterapia come un nuovo tipo di cellula rivoluzionaria comunista. Guattari formulò una dottrina psicologica per la rivoluzione in cui l’inconscio è considerato come ciò che deve ancora essere portato alla coscienza quale parte di un nuovo ordine politico e sociale, in cui anche gli aspetti più ‘intimi’ della propria ‘vita privata’ possano diventare “decisivi passaggi della causalità storica”.

-Jean-Claude Polack, psichiatra francese e direttore di una rivista psichiatrica di sinistra, Chimeres, fondata da Guattari, da cui egli fu fortemente influenzato. Polack è figlio di rifugiati ebrei provenienti dalla Polonia, che furono comunisti fin da piccoli. Suo padre morì quando Polack era bambino. Lui e sua madre andarono in America Latina, dove si unirono ai gruppi giovanili comunisti. Polack afferma in un’intervista di essere sempre stato attratto dal “tradimento”, dal sostegno agli stati nemici, e negli anni sessanta lui e altri della sinistra francese sostennero la rivolta algerina contro il dominio francese. La sua visione internazionalista, che rifiuta qualsiasi senso di lealtà nazionale, è forse dovuta al suo vagabondaggio fin dall’infanzia e alla mancanza di radici autoctone. In quel tempo, mentre era studente, si unì a una cellula del Partito comunista in un ospedale psichiatrico.

-David Cooper, psichiatra, sudafricano di nascita e ‘marxista esistenziale’. La sua teoria sulla psicosi è simile a quella di Huber. Cooper afferma che la psicosi è il risultato del conflitto tra la propria vera identità e la propria identità sociale, imposta dall’esterno, che può essere risolta solo con la rivoluzione. Come Huber, si oppose anche alle cure psichiatriche e favorì invece la politicizzazione. Nel 1967 contribuì a organizzare il Congresso sulla Dialettica della Liberazione, che attirò nuovi guru di sinistra come il poeta hippie Allen Ginsberg, il nuovo guru di sinistra Herbert Marcuse, e il leader delle Pantere Nere, Stokely Carmichael. Nel 1974 Cooper subì un crollo fisico e mentale dopo aver terminato il suo libro La morte della famiglia. Ironicamente, fu accudito dal fratello e dalla cognata. Il libro è una polemica marxiana contro la famiglia, e forse il crollo finale di Cooper fu una reazione ai suoi conflitti interiori, dal momento che i membri della famiglia lo curavano.

-Michel Foucault, celebre filosofo francese, allievo del teorico comunista francese Althusser. Cresciuto in una famiglia prospera, Foucault disse molto poco della sua infanzia, se non che fu un delinquente durante l’adolescenza e che suo padre fu un “bullo”. Andò a Parigi negli anni cinquanta e con il compositore Jean Barraqué indulse nel pesante uso di droghe e nel sadomasochismo nel tentativo di aumentare la propria creatività. Foucault rimase un entusiasta praticante del sadomasochismo omosessuale, indulgendo sulle “scene gay” durante i propri viaggi a San Francisco, mentre insegnava a Berkley. Morì di complicazioni da AIDS nel 1983.

-Franco Basaglia, psichiatra italiano assai influente, si battè con successo per chiudere tutti i manicomi d’Italia. Come Cooper, Huber e altri, considerava le istituzioni sociali come la causa della malattia mentale, e come Huber affermava che la psichiatria era un meccanismo di controllo creato dall’establishment. L’eliminazione delle istituzioni psichiatriche divenne una piattaforma del Partito Comunista Italiano durante gli anni settanta.

-Roger Gentis, psichiatra francese e oppositore delle istituzioni psichiatriche.

-Mony Elkaim, terapeuta di famiglia a Bruxelles e collega di Guattari, fondò la Reseau International (Rete Internazionale per le Alternative alla Psichiatria), i cui 74 membri presentarono una petizione a nome di Huber quando fu incarcerato.

Huber, allora, non era certo un solitario eccentrico tra le sinistre; faceva parte di una corrente di pensiero influente tra i ‘marxisti esistenzialisti’ che erano prominenti nelle scienze sociali, come Foucault e Cooper, e prima di questi i teorici della Scuola di Francoforte, come Marcuse e Adorno, che consideravano le istituzioni tradizionali come la famiglia, psicologicamente repressive. Molti scienziati sociali di sinistra hanno quindi visto Huber come qualcuno di simile, perseguitato dallo Stato. Nella prefazione all’edizione tedesca del 1993 di SPK – Trasformare la malattia in arma, Huber spiegò la complessa ideologia di SPK in modo straordinariamente succinto:

Essere aggiornati al giorno d’oggi significa molto altro. L’industria più grande oggi non è più quella che produce armi, computer, automobili o astronavi. La più grande industria oggi è quella che finge di produrre salute, cioè una cosa che non è mai esistita e che non esisterà mai realmente, se non come prodotto dell’illusione che alimenta il nazismo, in tutto il suo passato e le sue varianti future (HEILwesen). Il capitalismo trae i maggiori vantaggi da questo settore di punta e non è lontano il giorno in cui metà della popolazione del mondo occidentale sarà occupata ogni giorno negli ospedali o sfruttata come medico curante, per l’altra metà. Sistema rotante. Per divertirsi? Solo per i rispettivi governatori planetari o per i governatori stellati.

La strategia consiste nel mobilitare i pazienti sanitari come nuova classe inferiore in una battaglia contro la vera forza del capitalismo: la professione sanitaria. Come la fissazione della RAF con il presunto nazismo dei loro genitori, compresi quelli che avevano resistito a Hitler, che chiamavano la “generazione di Auschwitz”, i rivoluzionari vedono il concetto stesso di “salute” e di ricerca di una popolazione sana come intrinsecamente “nazista”. Huber spiegò che Hitler era stato lo strumento d’una cospirazione di medici, piuttosto che seguire la dottrina ortodossa comunista secondo cui egli avesse assunto il potere per volere di monopolisti-capitalisti.

Scrisse:

Bene, da molti decenni ormai, c’è stato un costante aumento di fatti e segni che Hitler non è salito al potere attraverso la crisi e la psiche. Sembra piuttosto come se un’élite internazionale di medici avesse trovato in lui e i suoi compagni il loro uomo, che essi potevano usare per godere indistintamente del monopolio medicale, dell’omicidio e dell’ubriachezza iatrocratica con il potere per un breve millennio. Il nuovo “proletariato” della rivoluzione sono i pazienti, e al posto delle fabbriche come centri di sfruttamento capitalista ci sono gli ospedali, e la nuova classe dirigente sono i medici. Quindi, la dottrina marxista è ora applicabile a questa nuova dialettica.

L’antagonismo di classe di oggi e l’unico vero problema da risolvere” è quello dei pazienti contro i medici. Nell’ideologia SPK l’imperialismo territoriale è sostituito dall’imperialismo medico, e il potere delle banche finanziarie è sostituito dal potere delle banche per i trapianti di organi. Un imperialismo che ha a che fare con gli organi dei bambini, ad esempio, qui e ora, con paesi e popoli altrettanto lontani, come si legge nei libri marxiani”.

Huber consiglia: “Sfruttate le vostre esperienze sulle malattie e mettete in pratica la fantasia”. La malattia offre la nuova dinamica rivoluzionaria.

 

 

Perché i trattori bloccano le piazze?

Perché i trattori bloccano le piazze?

Ogni due giorni in Francia un agricoltore si suicida. Altri abbandonano l’industria.  E in Italia la situazione sta diventando difficile. Dal Mediterraneo alla Normandia, gli allevatori di bovini, pecore, polli e colture stanno manifestando fuori dalle prefetture e scaricano il fieno nei ristoranti fast-food. Lunedì hanno utilizzato trattori e balle di fieno per bloccare le autostrade di accesso a Parigi.  La loro determinazione è incrollabile: “Andremo fino in fondo!”.

La loro rabbia è rivolta a Bruxelles più che a Parigi. I regolamenti dell’UE stanno rendendo la vita degli agricoltori una miseria, e incolpano i burocrati di Parigi per aver applicato le regole con tanto zelo. I loro terreni sono sorvegliati dai droni. ‘Non possiamo nemmeno tagliare le nostre siepi senza permesso’, dicono. Ciò che più di ogni altra cosa fa arrabbiare è che hanno praticato l’agricoltura biologica per molti anni. E per cosa? Guadagnano meno rispetto al passato, ma continuano a subire soprusi e molestie dai burocrati europei e da gli uomini politici che li assecondano.

Anche chi è passato a coltivare cereali, biologici, è disilluso. Dicono che gli sembra di essere più un burocrate che un agricoltore, e che ogni settimana passa ore a compilare moduli e a spuntare caselle.
La rivolta non è limitata alla Francia. In tutta l’Unione Europea, gli agricoltori si stanno sollevando contro ai loro governi e, in particolare, contro a Bruxelles. Gli agricoltori spagnoli hanno annunciato questa settimana che anche loro si uniranno al movimento di protesta a causa della ‘burocrazia soffocante generata dai regolamenti europei’, e anche gli agricoltori belgi si stanno mobilitando. Le manifestazioni sono iniziate in Olanda nell’autunno del 2019, quando più di 2.000 trattori si sono diretti all’Aia. C’era stato un crescente malcontento per i piani di restrizione delle emissioni di azoto, ma il catalizzatore della protesta dei trattori è stata la proposta di un parlamentare di sinistra di dimezzare il numero di capi di bestiame. ‘Gli agricoltori e i coltivatori sono stanchi di essere dipinti come un ‘problema’ che ha bisogno di una ‘soluzione”’, ha detto Dirk Bruins, un portavoce del settore.

In Germania la rabbia è esplosa il mese scorso, quando il governo di Olaf Scholz ha annunciato un piano per eliminare un’agevolazione fiscale sul gasolio agricolo. Quello è stato il punto di rottura per un settore esasperato da un ‘sovraccarico amministrativo’. Cinquemila trattori si sono portati a Berlino per manifestare contro a un governo che, secondo loro, non ha alcun rispetto o comprensione per l’industria agricola.

Le proteste in Romania e Polonia sono contro quella che i loro agricoltori considerano una concorrenza sleale da parte dell’Ucraina. La Russia ha bloccato le esportazioni di grano ucraino via mare verso l’Africa, quindi per aiutare gli agricoltori ucraini, l’UE lo importa senza quote o dazi d’importazione.

Lo stesso risentimento si avverte in Francia. Quando si chiede loro  perché stessero protestando, parlano di due lamentele in particolare: troppa amministrazione e troppa concorrenza sleale da parte dell’Ucraina.

Tuttavia, non è solo la concorrenza ucraina ad aver spinto gli agricoltori francesi a presidiare le barricate. Certi agricoltori che producono un’ampia varietà di verdure, sono battuti da altri Paesi all’interno dell’UE, così come al di fuori di essa. Per esempio i pomodori spagnoli inondano il mercato francese.

Un chilo di pomodori francesi costa 1 euro in più rispetto a un chilo di pomodori coltivati in Spagna, perché gli spagnoli producono di più a un costo inferiore. ‘Non c’è una produzione sufficiente in Francia e c’è una concorrenza sui costi di produzione, ma anche sui differenziali di costo dei salari’, afferma Thierry Pouch, capo economista della Camera dell’Agricoltura francese.

I costi di produzione sono più bassi anche per gli allevatori ucraini di polli e cereali. Inoltre, i metodi di allevamento dell’Ucraina non sono sottoposti agli stessi standard rigorosi degli agricoltori dell’UE. Lo stesso vale per altri agricoltori stranieri con cui l’UE fa affari, come i neozelandesi e i sudamericani.

Tutte queste misure incomprensibili sono legate al Green Deal dell’UE, introdotto nel 2019 dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Il suo obiettivo è che l’UE sia neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. La Commissione si è vantata di trasformare ‘le sfide climatiche e ambientali in opportunità’ e di rendere così ‘la transizione giusta e inclusiva per tutti’.

Molti agricoltori si erano opposti fin dall’inizio. La Global Farmer Network, un’alleanza di agricoltori di tutto il mondo, ha riassunto il Green Deal come il ‘piano dell’UE per eliminare l’agricoltura moderna in Europa’. Si tratta di un progetto irrealistico, hanno affermato, ideato da burocrati che non conoscono il settore agricolo.

In particolare, hanno criticato la componente ‘Strategic Farm to Fork’ dell’accordo, che dovrebbe promuovere un’alimentazione più sana e sostenibile in Europa entro il 2030. “Nel prossimo decennio, gli agricoltori dovranno dimezzare l’uso di prodotti per la protezione delle colture, ridurre l’applicazione di fertilizzanti del 20% e trasformare un quarto dei terreni agricoli totali in produzione biologica”, ha dichiarato Marcus Holtkötter, un agricoltore tedesco. ‘Niente di tutto questo, ovviamente, dovrebbe disturbare la cena di qualcuno’.

Tra gli altri atti legislativi contenuti nel Green Deal, ci sono le norme sulla riduzione dell’uso di pesticidi, sul miglioramento del benessere degli animali e sull’aumento della quantità di terra lasciata a riposo.

Lasciare i terreni a maggese non è un requisito nuovo. È stato reso obbligatorio nel 1992 come parte della Politica Agricola Comune (PAC), in cambio di un pagamento. È stato sospeso nel 2008 e poi reintrodotto l’anno scorso. Per le aziende agricole con più di dieci ettari, il 4 percento del terreno coltivabile deve essere accantonato o utilizzato per habitat semi-naturali adatti alla biodiversità. Alcuni politici ambientalisti dell’UE vogliono che la percentuale di terreno lasciato a riposo aumenti al 10 percento.

Gli agricoltori denunciano questa imposizione come insostenibile, citandola come un’ulteriore prova che i burocrati di Bruxelles non hanno alcuna stima del loro settore. Un campo incolto non diventa un prato pieno di fiori; si trasforma in una monocultura di erbe che richiede una manutenzione regolare, che costa tempo e fatica, ma senza alcuna ricompensa finanziaria.

Non è così, sostiene François Veillerette, portavoce dell’ONG Générations Futures, che afferma che questi campi incolti saranno ‘utili agli agricoltori’ in futuro.

Veillerette è un attivista ambientale veterano, non un agricoltore. Ho posto la questione dei campi ritirati dalla produzione a un’amica, che gestisce due aziende agricole di cereali nel dipartimento del Loiret. Lo descrive come un’assurdità. ‘Ho 11 ettari, quindi significa che molti terreni rimangono incolti se voglio ottenere delle sovvenzioni’, dice. “Ma che senso ha mettere da parte così tanta terra? Lo scopo dell’agricoltura è produrre, o no?”.

I critici dell’industria agricola francese citano le ricchezze che ricevono in sussidi dalla PAC dell’UE. L’anno scorso è stato versato un totale di 53,7 miliardi di euro, la fetta più grande – 9,5 miliardi di euro – è andata agli agricoltori francesi. I sussidi operativi, pari a 8,4 miliardi di euro, sono distribuiti in base alla quantità di terreno e al numero di capi di bestiame. Il resto, 1,1 miliardi di euro, viene pagato in base a ciò che l’agricoltore produce.

Ma non è così semplice. I sussidi vengono distribuiti agli agricoltori che si conformano alla miriade di regolamenti dell’UE; per molti piccoli agricoltori questi sono impraticabili o impossibili da seguire, quindi non ricevono i sussidi.

Stéphanie ha un profilo insolito per un agricoltore francese. Ha ricevuto un’educazione in istituzioni d’élite e per alcuni anni è stata un’alta dirigente nel mondo aziendale. Ma a quarant’anni è tornata a casa, in campagna, quando suo padre è diventato troppo vecchio per gestire le due aziende agricole della famiglia. Lui è stato un agricoltore per tutta la vita, ma Stéphanie è ora più adatta al lavoro di quanto lo fosse lui, perché l’industria è più legata alle pratiche burocratiche che all’agricoltura. ‘I burocrati francesi ci danno davvero la caccia’, dice. Le regole che siamo costretti a rispettare sono più severe che altrove in Europa’.

Il suo terreno viene anche scansionato da droni per verificare che sia conforme a tutte le nuove direttive ambientali. L’anno scorso le è stato ordinato di ridurre l’utilizzo dell’acqua del 30 percento e Parigi ha anche reso più difficile la certificazione dei suoi raccolti da parte degli agenti di assicurazione delle colture. ‘Essere in regola è diventato un incubo a causa dell’amministrazione’, dice.

La protesta degli agricoltori ha cristallizzato la sensazione nella Francia provinciale che Parigi e Bruxelles vogliano sradicare il loro stile di vita. La deindustrializzazione è stata disastrosa per la Francia rurale e l’agricoltura è l’unica industria rimasta; se questa viene distrutta, cosa rimane della “belle France”? Stéphanie ritiene che la questione possa essere inquadrata come città contro campagna. ‘Le persone che fanno le regole e le attuano non provengono dalla campagna’, dice. “Sono burocrati ignoranti”.

Molti degli uomini e delle donne che bloccano le autostrade dicono di farlo perché ‘non hanno più nulla da perdere’. Stanno lottando per i loro mezzi di sostentamento e per il loro stile di vita.

Questo non è il popolo di Emmanuel Macron. Sei anni fa le province si sono sollevate e hanno marciato verso Parigi con i loro gilet gialli per protestare contro una nuova tassa sul carburante. Il portavoce del Governo Benjamin Griveaux guardò dall’alto in basso queste ‘persone che fumano e guidano auto diesel’ e dichiarò che ‘non sono la Francia del XXI secolo’.

Oh, ma lo sono, che piaccia o no. La domanda ora, non solo in Francia ma in tutta Europa, è: come risponde l’élite politica a questa insurrezione agricola?

La Von der Leyen discuterà della crisi questa settimana in occasione di un vertice del Consiglio Europeo a Bruxelles, con i 27 capi di Stato dell’UE. Anche molti agricoltori europei sono attesi nella capitale belga, e arriveranno con i loro trattori.

 

 

Grosso azzardo di Israele in Libano

Grosso azzardo di Israele in Libano

 

Israele ha ucciso il 2 gennaio il principale leader di Hamas, Saleh al-Arouri, forse l’assassinio più significativo dall’inizio della guerra contro Hamas, iniziata quasi tre mesi fa. La sua uccisione in Libano non è solo un successo operativo, ma aumenterà il morale di Israele.

La lotta contro Hamas dal 7 ottobre è stata feroce e difficile. Nonostante i successi ottenuti nello scoprire e distruggere molti dei tunnel del gruppo a Gaza e nell’uccidere migliaia di terroristi.

Prendere di mira i leader di Hamas è stata una priorità, ma fino ad oggi l’IDF era riuscita ad uccidere solo i comandanti sul campo e diverse figure chiave. Al-Arouri era uno dei vice del capo di Hamas, Ismail Haniyeh, e uno dei fondatori dell’ala militare di Hamas in Cisgiordania, che ha anche comandato. Ha scontato un periodo di detenzione in Israele tra il 1992 e il 1997 e di nuovo tra il 1998 e il 2007, ed è stato inserito nella lista dei ricercati in America.

Hamas stessa ha definito al-Arouri come ‘l’architetto’ dell’attacco a sorpresa del 7 ottobre. L’uccisione è avvenuta nel quartiere Dahieh di Beirut. Dahieh è dominato da Hezbollah – l’organizzazione militante e il partito politico sostenuto dall’Iran che fa parte del governo libanese.

La capacità di Israele di raggiungere al-Arouri e di ucciderlo in Libano metterà in allarme gli altri leader di Hamas. Questo dimostra che Israele è in grado di ucciderli ed è intenzionato a farlo. Anche se Hamas ha annunciato oggi che interromperà i negoziati per il cessate il fuoco in risposta all’attacco, Israele spera che l’uccisione finisca per esercitare pressione sui leader di Hamas affinché negozino un accordo di cessate il fuoco temporaneo in cambio dei circa 130 ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza.

Nelle ultime settimane, Israele sperava che l’espansione delle operazioni militari avrebbe spinto Hamas ad accettare un accordo, ma ciò non è accaduto. Il drammatico assassinio potrebbe essere un passo nella giusta direzione, anche se prima che accada qualcos’altro, Israele si aspetta una dura risposta da parte di Hamas.

Anche Hezbollah potrebbe attaccare Israele in risposta all’uccisione. Dall’inizio della guerra, le offensive di Hezbollah sono state limitate e hanno incluso attacchi di droni e missili sparati contro le città israeliane – la maggior parte delle quali sono state evacuate dai civili all’inizio della guerra. Hezbollah vuole ancora evitare un’escalation in una guerra totale contro Israele, ma potrebbe sentire un obbligo nei confronti di Hamas e reagire in modo più aggressivo – soprattutto perché l’uccisione è avvenuta nel suo territorio. Anche i leader di Hezbollah, che ormai si sono nascosti nei loro bunker, devono sentirsi allarmati dall’assassinio. Che gli attacchi di rappresaglia provengano da Gaza, dalla Cisgiordania, dal Libano o dallo Yemen, Israele è preparato per queste eventualità, compresa la possibilità di attacchi contro obiettivi ebraici all’estero.

 

Bill Clinton sarà presto smascherato dai documenti legati al pedofilo Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell

Bill Clinton sarà presto smascherato dai documenti legati al pedofilo Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell


L’ex Presidente americano, Bill Clinton (D) sarà presto citato in tribunale, per rispondere di certi documenti giudiziari legati a crimini sessuali  per i quali è già stato condannato Jeffrey Epstein, ha rivelato domenica il New York Post.

Secondo il Post, la pubblicazione dei documenti è prevista tra pochi giorni e tali documenti identificherebbero il 77enne Clinton come “John Doe 36”.

L’ex Presidente sarebbe stata nominato più di 50 volte nei documenti redatti e collegati alla causa intentata nel 2015 da una delle accusatrici di Epstein, identificata come Virginia Giuffre.

Il giornale aggiunge che si ritiene che molti dei riferimenti a Clinton derivino dai tentativi della Giuffre di costringere l’ex Presidente a testimoniare contro il defunto molestatore seriale sessuale e la sua ex amante e co-cospiratrice, Ghislaine Maxwell.

Altre menzioni a Clinton dovrebbero essere legati ai tentativi di Maxwell e Giuffre di far confessare Epstein nel 2016, dopo che questi aveva ripetutamente invocato i suoi diritti al Quinto Emendamento durante una deposizione in quella causa.

Si prevede che più di 170 nomi di persone con legami con Epstein saranno svelati nei documenti, dopo che un giudice federale di Manhattan ha deciso di renderli pubblici, secondo l’articolo del Post.

“Clinton, che è stato fotografato con Epstein e ha volato sul suo jet privato in numerose occasioni, ha negato di avere legami nefasti con il molestatore sessuale”, ha dichiarato il Post.

L’ex Presidente avrebbe accolto Maxwell ed Epstein alla Casa Bianca nel 1993, ed esistono foto dell’incontro. L’incontro si è verificato dopo che Epstein aveva donato dei fondi per la ristrutturazione dello Studio Ovale. Tra gli amici di Epstein ci sarebbero anche Bill Gates e il fondatore di LinkedIn Reid Hoffman.

John Binder di Breitbart News ha riferito che il cofondatore di LinkedIn Reid Hoffman è un mega-donatore democratico, che sta finanziando la corsa dell’ex ambasciatore delle Nazioni Unite Nikki Haley alle primarie repubblicane per impedire all’ex presidente Donald Trump di ottenere la sua nomination.

Nell’agosto 2019, Epstein era stato trovato morto nella sua cella di Manhattan per sospetto suicidio tramite impiccagione, secondo quanto riportato al momento della scoperta.

 

Comandante? E’ un film sgangherato, che il pur bravo Favino, a malapena, riesce a tenere a galla

Comandante? E’ un film sgangherato, che il pur bravo Favino, a malapena, riesce a tenere a galla

 

Non vedevo l’ora di andare a vedere “Comandante”  del regista Edoardo De Angelis. Sua la sceneggiatura, assistito dallo scrittore Sandro Veronesi. Ne sono rimasto deluso.

De Angelis e Sandro Veronesi, stravaccati su un divano, iniziano spiegando agli spettatori perché hanno prodotto quel film e che significa. Un po’ come se Picasso dipingesse un bel quadro  surrealista e, prima di presentarlo al pubblico, ne spiegasse il significato…

L’ideologia fa sempre capolino in questo film e, di nuovo, invece di raccontare una storia come i film americani, ce la vogliono soprattutto spiegare o, come si usava dire qualche anno fa, “vogliono portare avanti un certo discorso…”. Vi sono anche alcune  imprecisioni storiche, del tutto inutili e che danneggiano la figura di Todaro. Per esempio, Salvatore Todaro, il vero Comandante, non avrebbe mai bestemmiato Dio come fa Favino in una scena inutile e disgustosa inserita nel film. Todaro, come tutti i veri marinai, aveva troppo rispetto di Iddio e della sua potenza.

Todaro lo avevo conosciuto grazie a un bellissimo documentario della RAI, di circa 40 anni fa, che sarebbe il caso di togliere dalle teche e riproiettare, dato che rispetta tutti i fatti storici ed era stato ottimamente recitato.

La conduzione della guerra sottomarina da parte dell’Italia fu assolutamente vergognosa, a causa di tradimenti, del menefreghismo, o di entrambi, da parte dei vertici della Marina, anche se poi molti dei responsabili delle nostre enormi perdite, vennero poi promossi e decorati alla fine della II Guerra mondiale. Basti leggere “Navi e Poltrone” di Antonio Trizzino per farsi venire il voltastomaco.

Il cinema italiano ha perso una buona occasione di farsi conoscere in giro per il mondo e ha prodotto un nuovo film di seconda categoria, che affonderà presto fra le onde dell’Oceano.

Mi aspettavo di più, anche perché mi ero documentato per scrivere il mio “Mussolini in Giappone” nel quale parlavo  di un viaggio in Giappone sul sommergibile gemello del Cappellini, il Luigi Torelli, che fu affondato, a guerra finita, dagli americani, in acque giapponesi. Lo stesso destino toccò anche allo stesso Cappellini: due macchine italiane che giacciono sul fondo del mar del Giappone.

Angelo Paratico

 

 

Per fortuna Roma non si è aggiudicata EXPO 2030. Un mio vecchio articolo del 2015.

Per fortuna Roma non si è aggiudicata EXPO 2030. Un mio vecchio articolo del 2015.

 

Resti di Expo Hannover 2000, nel 2013.

 

Un mio vecchio articolo scritto nel 2015, prima dell’inizio di Expo a Milano. Può essere di consolazione per la mancata assegnazione dell’edizione del 2030 a Roma. Il pacco se lo prenderà Riad…

Spero di sbagliarmi e non vorrei passare per essere un gufo, ma è evidente che l’Expo si rivelerà un insuccesso, sia in termini di visitatori che in termini d’affari e d’immagine. L’invasione di turisti cinesi non si materializzerà perché il lavoro di canalizzazione di questo particolare turismo non è stato fatto in maniera organica da parte della Ambasciata d’Italia a Pechino e da tutti i nostri consolati sparsi per la Cina, nonché dagli uffici di turismo, dall’ICE, dalla Rai che ha creato un patetico website e via dicendo.

E’ stato tutto un “fai da te” disordinato, senza una regia centralizzata, senza un controllo rigoroso per contenere i costi e la corruzione; mi dicono che manca il personale che sappia dare indicazioni in inglese, molti degli obbiettivi ecologici iniziali sono stati accantonati e la cementificazione ha distrutto  terreno agricolo contraddicendo l’idea di base della esposizione.

“Facile per te parlare, ora!” dirà qualcuno, eppure questo lo avevo già scritto in un articolo uscito sul Secolo d’Italia pubblicato mercoledì 12 Dicembre 2007 a pag. 9 e che s’intitolava “Milano copi Londra, non Shanghai”.

Iniziavo lamentando che il sindaco di Milano, Letizia Moratti, non avesse voluto incontrare il Dalai Lama in visita a Milano, perché temeva l’ostilità cinese nell’assegnazione dell’Expo a Milano, e poi continuavo notando:

 

“Crediamo, però, che le preoccupazioni della Moratti siano eccessive: la Cina non c’entra nulla. La decisione di assegnare l’Expo verrà presa da un ente inter-governativo francese, chiamato Bureau International des Expositions (BIE), una sorta di fossile precedente la Prima guerra mondiale, che ha la funzione di regolare la cadenza di certe manifestazioni espositive internazionali. L’Italia ne fa parte, pagando ogni anno la propria quota associativa.

A differenza di quanto accade per giochi olimpici o per i mondiali di calcio, il nome World Expo non è brevettato e ogni Paese, in teoria, potrebbe usarlo. Infatti nel 1964 gli Stati Uniti organizzarono una propria World Expo, a New York, senza richiedere la benedizione di Parigi. E non solo, a partire dal 2001, dopo che per due anni il Congresso aveva rifiutato di ratificare il pagamento dei contributi annuali alla BIE, il segretario di Stato Colin Powell sanzionò l’uscita definitiva del proprio Paese da questa pseudo organizzazione.

L’edizione del 2000 fu tenuta ad Hannover, in Germania e fu un fiasco clamoroso: arrivò a far notizia soprattutto per il fatto che la municipalità tedesca si ritrovò con un buco da 1 miliardo di dollari: avevano preventivato 40 milioni di spettatori, ma se ne presentarono soltanto 18 milioni. L’edizione del 2005 si svolse ad Aichi, in Giappone, non riuscite a trovarla sul mappamondo? Neppure noi… Quella del 2008 si terrà a Saragozza in Spagna. L’edizione del 2010, invece, è stata data a Shanghai. E sapete chi erano gli altri illustri concorrenti a quell’ambito traguardo? Yeosu, nella Corea del Sud e Queretaro in Messico. E, anche qui, comprendiamo tutte le difficoltà del lettore in materia di geografia. Yeosu, non doma, tornò all’assalto aggiudicandosi l’edizione speciale del 2012, battendo sul filo di lana Wroclaw e Tangeri. Non ne avete sentito parlare? Neppure noi. Ora, noi capiamo i motivi dell’interesse manifestato da Shanghai nell’accaparrarsi questa esibizione, un po’ meno quelli di Milano.

Questo genere di manifestazioni sono le tenaglie che usa il partito comunista cinese per rafforzare la propria presa sul potere: servono solo per fini propagandistici. Non a caso, già da qualche anno, ogni capo di Stato che passa per Shanghai, vien portato a vedere il progresso dei lavori per l’Expo 2010 e gli vengono promessi contratti per partecipare alla realizzazione degli impianti e per gli sviluppi successivi. Vedendo tutto quel fervore edilizio, alcuni statisti tornano a casa con l’idea che si tratti di qualche cosa di molto importante, pur non capendo bene di che si tratti. A questa regola non era sfuggito neppure Romano Prodi quando, nel settembre 2006, aveva visitato i padiglioni che stanno sorgendo lungo il fiume Huangpu e che, una volta completati, accoglieranno quei 70 milioni di visitatori che hanno già messo in preventivo.  Sappiamo che i milioni per i cinesi non sono assolutamente un problema, ma i soldi che non entreranno in cassa invece lo sono. E, infatti, le previsioni per la fiera di Shanghai parlano già di una perdita netta di circa 3 miliardi di dollari, ma con il 40 percento coperto dal governo e il resto da banche e sponsor privati, gli organizzatori possono dormire sonni tranquilli.

Questo genere di circhi hanno fatto il loro tempo, oggi non servono più a mostrare ciò che un Paese produce, perché per saperlo basta fare una ricerca in internet. Gli operatori di ciascun settore non ne hanno bisogno, mentre ai turisti non interessa girare per questi caravanserragli: per questo motivo votano con i propri piedi, disertandole. Questo può spiegare perché il numero dei visitatori è sempre al di sotto delle aspettative degli organizzatori e spiega perché, alla fine, il bilancio va scritto con l’inchiostro rosso e non con quello nero. Crediamo che Milano non ne abbia bisogno e che dovrebbe, piuttosto, prendere esempio da città come Londra e New York, non da Shanghai e da Yeosu. Il sindaco dovrebbe agevolare una trasformazione di Milano da centro industriale a centro per i servizi avanzati, impegnandosi a far funzionare bene i mezzi di trasporto, snellire la burocrazia, abbassare le tasse e pagare meglio chi lavora. Milano va sviluppata in senso culturale, artistico e dello stile di vita. Non servono più queste grandi fiere, nate nell’Ottocento per vellicare l’orgoglio nazionalistico del popolo: è meglio investire in risorse per rendere pulite e sicure le strade. Milano ha bisogno di essere guidata da un sindaco visionario, aperto alle nuove istanze civili che scuotono il mondo”.

Questo è quanto scrivevo e che ancor oggi sottoscrivo. Uno dei maggiori problemi causati dall’Expo sarà l’utilizzo dei padiglioni a fine fiera, basta vedere cosa è successo a Saragozza e Hannover, dove si osservano dei paesaggi desolanti, dei veri e propri monumenti alla follia dei paesi ricchi che hanno soldi da buttare.

Ripetiamolo: non è più il tempo per questi circhi, oggi si viaggia, si comunica velocemente ed esistono una miriade di fiere specialistiche in tutto il mondo. Non serve a nulla concentrare in un posto dei capannoni dove si raccoglie di tutto e perciò nulla di preciso e sarebbe ora di smetterla con queste esposizioni che servono solo ad alimentare la vanità di uomini politici, di architetti e di sedicenti esperti di alimentazione.

Concludo con la speranza di aver scritto una gran quantità di fesserie, e che l’Expo 2015 si rivelerà un successo memorabile, che chiuderà in positivo, che rilancerà la nostra economia e che i capannoni si trasformeranno in centri di aggregazione sociale e culturale.

Angelo Paratico

RIFORME COSTITIZIONALI: REFERENDUM  O ASSEMBLEA COSTITUENTE? di  CARLO VIVALDI-FORTI

RIFORME COSTITIZIONALI: REFERENDUM  O ASSEMBLEA COSTITUENTE? di  CARLO VIVALDI-FORTI

 

Di Carlo Vivaldi-Forti

Da alcuni mesi si è messo in moto il meccanismo della “madre di tutte le riforme”, che dovrebbe assicurare maggiore stabilità all’esecutivo e governabilità al Paese. A prescindere dal fatto che il patema d’animo suscitato da tale annuncio  sembra un po’ intempestivo, vista la lunghezza di questi processi, è indubbia l’incidenza di simile progetto sulla polemica politica, anche in attesa delle elezioni europee. Ecco perché ritengo utile un sia pur sommario esame della proposta , dal momento che non disponiamo ancora del testo definitivo.

Iniziamo subito col rilevare la bontà e l’utilità di talune disposizioni di base, come l’elezione diretta del Premier e le clausole anti-ribaltone, che se davvero applicate porrebbero fine allo sconcio mercato per l’acquisto di parlamentari e ai governi tecnici, non eletti da nessuno, il cui vero scopo non è fronteggiare le emergenze, bensì rovesciare la volontà espressa dal popolo. La durata quinquennale della legislatura è poi un altro effetto positivo della riforma, data la continuità  e la coerenza dell’azione politica.  Meno comprensibile appare invece   l’istituto del secondo Premierato  (a meno che , beninteso, le dimissioni del primo Capo del Governo non dipendessero da circostanze di forza maggiore  indiscutibili  e verificabili)  prestandosi a potenziali manovre di palazzo all’interno della maggioranza .

Quanto alla realizzabilità  di tali modifiche, occorre considerare che mai, nell’attuale Parlamento, si troveranno i due terzi favorevoli, e questo indipendentemente dagli  emendamenti presentati in corso d’opera. Tutti dovrebbero infatti sapere che l’opposizione non convergerà  su alcun testo proposto dalla Meloni, fosse pure il più vicino  ai propri concetti, per il semplice motivo che essa non guarda al merito delle questioni, ma cerca soltanto ogni appiglio per creare problemi alla maggioranza , puntando su alternative alla Dini, alla Monti o alla Draghi. Il ricorso al referendum è dunque certo  e la sua celebrazione rappresenta un fortissimo rischio  per la tenuta dell’esecutivo, malgrado la volontà di Giorgia, ripetuta più volte, di tenere separato il problema costituzionale sulla vita del governo. Basta infatti un rapido excursus  storico per comprendere che  la massa degli elettori è poco o nulla interessata alle riforme costituzionali, di cui tra l’altro non è in grado di comprendere il rilievo data la carenza di cultura giuridica, interpretando lo strumento referendario come un semplice plebiscito  pro o contro la classe al potere; ciò non si evince  soltanto dalle recenti  esperienze italiane, di Berlusconi nel 2006  e di Renzi nel 2016, ma pure dalla storia di una delle nazioni europee più avvezza all’uso referendario: la Francia.

La prima volta, dopo la rivoluzione, che i francesi vengono consultati  in via referendaria, anche se all’epoca il referendum  si chiama plebiscito, è nel 1799  per l’approvazione della cosiddetta Costituzione dell’anno VIII° , che prevede il Triumvirato con Napoleone Primo Console. La seconda , nel 1802,  per nominarlo Console a vita; la terza, nel 1804, per elevarlo a Imperatore. L’introduzione del plebiscito quale metodo  di riforma costituzionale entrerà a far parte della consuetudine fino all’avvento della Quinta Repubblica . Il nipote del Bonaparte, Luigi Napoleone, se ne serve ancora  nel 1851 per prolungare a dieci anni la durata della sua Presidenza, e un anno dopo  il 2 dicembre 1852, per essere proclamato Imperatore. Quelli che c’interessano più direttamente , tuttavia, sono i referendum  costituzionali indetti da de Gaulle rispettivamente  nel 1958, nel 1962, nel 1969. Il primo ha come tema la nascita della nuova Costituzione, il secondo l’elezione diretta del Capo dello Stato, il terzo la riforma del  Senato  da organo partitico in partecipativo, con la rappresentanza  di tutte le forze economiche, sociali, culturali del Paese. I primi due sono vinti a mani basse, mentre il terzo è respinto , sia pur di stretta misura, dagli elettori, tanto da indurre il Generale a dimissioni immediate.

Ora, la vasta esperienza francese c’insegna che i referendum si vincono  quando l’alternativa è fra l’approvazione della proposta e una situazione caotica  insostenibile; si perdono  quando tale alternativa non è chiara  e il popolo se ne serve invece per manifestare il proprio generico scontento.

La bocciatura della riforma del 1969 non deve ritenersi un meditato rifiuto di questa su basi tecniche , bensì l’espressione della stanchezza che si era impadronita dei cittadini per diverse cause: la recente esperienza sessantottina  con i gravissimi  disordini di maggio,  la protesta dei giovani sempre più orientati a sinistra,   l’avvio di un declino economico che avrebbe raggiunto l’apice negli anni successivi  e, da ultimo, la lunga permanenza di de Gaulle  all’Eliseo, che induce una crescente volontà di cambiamento. Pure in Italia gli insuccessi di Berlusconi e Renzi sono dovuti a una opposizione di principio ai loro governi  che non al merito delle riforme proposte. Tutto ciò considerato, la scommessa di Meloni  sulla vittoria al referendum  appare razionalmente molto dubbia,  in un periodo caratterizzato da difficoltà economiche crescenti, contrasti  con l’Europa, crisi internazionali drammatiche, di cui non è possibile prevedere gli sviluppi. Si spera certo  che il tempo volga al meglio e non al peggio, ma è comunque sicuro che gli italiani non si esprimeranno sul contenuto della riforma, bensì sull’immagine di cui  godrà il governo in quel momento , sui risultati contingenti e immediati della sua azione.

Passiamo ora a un altro aspetto del problema. Come tutti ricordiamo, il programma del centro destra parlava di Presidenzialismo e non di Premierato. La differenza non è marginale, in quanto il Presidente del Consiglio,  anche se  eletto dal popolo, resta pur sempre il leader di un esecutivo politico  dipendente dalla fiducia dei partiti, mentre il Capo dello Stato  svolge funzioni di arbitro super partes, non essendo tra l’altro per nulla obbligatorio che debba appartenere a uno specifico movimento politico, la suprema carica rimanendo aperta a qualunque personalità  di prestigio. Gli elettori  del 25 settembre  2022 erano persuasi della bontà di questa proposta, e la sua derubricazione  in Premierato  potrebbero non approvarla  o capirla  fino in fondo. In una recente intervista, la ministra Alberti Casellati ha fornito, con grande onestà intellettuale, le ragioni di tale cambiamento, dovuto alla speranza  di coinvolgere le opposizioni nella riforma ed evitare il referendum. Il tentativo sarebbe stato encomiabile, se avessimo avuto  a che fare con una minoranza aperta al dialogo  e pensosa del bene del Paese. Purtroppo  così non è,  eccettuato forse Renzi, che malgrado i diversi distinguo potrebbe alla fine approvare, ma già Calenda appare assai più recalcitrante , e in ogni caso i voti di entrambi non basterebbero. Pertanto, sacrificare il Presidenzialismo per i detti motivi può non essere stato un buon investimento: infatti, oltre al voto ideologico  e pregiudiziale delle  sinistre, potrebbe mancare all’appello anche parte di quello di destra, magari alimentando  il massiccio  assenteismo che sempre ha caratterizzato gli appuntamenti referendari in Italia. Per mutare la Legge Fondamentale  occorrono  circostanze straordinarie, come furono per de Gaulle le terribili stragi coloniali degli anni Cinquanta, che avevano condotto la Francia sull’orlo della guerra civile.

Inizio il mio saggio , Una nuova Costituzione  per un nuovo modello di sviluppo, Solfanelli, Chieti 2018, rispondendo alla seguente domanda: Quando cambiano le Costituzioni? Quando esse, anziché rappresentare la più alta espressione del sentire  di una comunità,   divengono la gabbia entro la quale questa viene costretta e condannata    alla ingovernabilità e alla disgregazione. Le alternative che a quel punto si pongono sono due: riformarla profondamente ovvero sostituirla integralmente. Scegliere l’una o l’altra dipende dalla gravità del male. Non vi è dubbio che l’Italia di oggi si trovi alle prese con una gravissima crisi economica, sociale  ma soprattutto morale  e psicologica, che ne pone  a serio rischio lo sviluppo e nei tempi lunghi  la stessa appartenenza ai paesi maggiormente progrediti. Tuttavia, la coscienza di tale situazione  non è ancora  avvertita dall’opinione pubblica  in modo  sufficientemente drammatico , in quanto concentrata su altre urgenze, quali il costo della vita,  le tasse, le bollette, i bassi stipendi, le pensioni,  la sicurezza  e simili, preoccupazioni  ritenute prioritarie rispetto alle modifiche costituzionali  e sostanzialmente non collegate ad esse, malgrado che ciò non sia vero. Per questi motivi, l’esigenza di cambiare la Costituzione  non è ancora avvertita  allo stesso livello del 1946,  all’indomani di una catastrofica guerra perduta. Tutto ciò può allontanare dalle urne chi è  più interessato  alla politica quotidiana, mentre il voto  identitario della destra potrebbe diminuire per delusione dell’abbandono del Presidenzialismo.

Cosa fare , dunque? Dovremmo rinunciare a riformare la Costituzione, tra l’altro sprecando l’opportunità di una maggioranza  a ciò favorevole? Certamente no. In realtà, vi sarebbe un’ipotesi diversa, che nessuno ha finora considerato, ma che invece potrebbe rappresentare una carta  vincente.

Il Parlamento potrebbe deliberare, a maggioranza semplice, la convocazione di elezioni straordinarie per la nomina  di una Assemblea Costituente , alla quale parteciperebbero  tutti i partiti che presentassero proprie liste. Questo sarebbe oltretutto il miglior modo  per coinvolgere  l’intera cittadinanza nel tema affidando  al suffragio universale , fuori dal sospetto di ogni faziosità o partigianeria, la definizione dei rapporti di forza per giungere allo scopo. Come insegnano le precedenti esperienze italiane e straniere, nell’Assemblea Costituente, il dialogo  fra le diverse componenti della politica nazionale, sarebbe inevitabile e obbligatorio, in quanto nessuna potrebbe sottrarvisi. Il risultato finale deriverebbe quindi dalle scelte degli elettori, ma in tal caso  l’assenteismo , peraltro  di sicuro inferiore  a quello per il referendum, non giocherebbe alcun ruolo paralizzante: ciascun partito cercherebbe una maggioranza favorevole alle proprie istanze, senza tuttavia  doverle  snaturare a priori , mantenendo inoltre  un dialogo  aperto e costante con l’opinione pubblica  su ogni singolo aspetto. Qualcuno  obietterà  forse che il Capo dello Stato, impugnando la Carta Costituzionale , si potrebbe opporre a tale soluzione , bocciandola o rinviandola sine die. Tale ipotesi, anche se dovesse verificarsi, non toglierebbe però alla votazione  delle Camere il suo valore politico e simbolico, promuovendo un dibattito generale e probabilmente una sana drammatizzazione del problema, propedeutica a successivi sviluppi. Dopo una probabile bocciatura referendaria,  invece, di questa riforma non si parlerebbe mai più.

Questo il mio suggerimento alla on. Meloni: perché non provarci?

 

Carlo Vivaldi-Forti , fiorentino di nascita ma genovese d’origine, è docente ordinario di Sociologia e Psicologia Sociale presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (CH) . Vanta un lungo curriculum di scrittore e giornalista, collaboratore di molte riviste e giornali italiani e stranieri, è autore di saggi scientifici  ed opere letterarie. Con una di queste, La corona di San Venceslao, ed.   La Città armoniosa, Reggio Emilia 1982, entrò nelle semifinali del Premio Viareggio del 1984,  avendo inoltre vinto i concorsi letterari Il Setaccio di Montecatini Terme del 1984, Accademia Città di Roma del 1985 e Il Machiavello del 1986. Con Pravda vitezi – La verità vince, ed. Campanotto , Pasian di Prato (UD) 2008, ho vinto il prestigioso Premio Firenze Il Fiorino d’Oro. In epoca recente si è dedicato allo studio delle riforme costituzionali in Italia, pubblicando il saggio Una nuova Costituzione per un nuovo modello di sviluppo, ed. Solfanelli , Chieti 2018. La sua ultima fatica è stata il libro di ricordi La scoperta della Corsica , un’avventura dello spirito, ed. Tabula Fati (Solfanelli) , Chieti 2020. Nel 2021 ha pubblicato con Gingko edizioni Sogno Veneziano dedicato all’opera che Puccini non fece in tempo a scrivere.

Il caffè alla mattina non fa bene, fa benissimo…

Il caffè alla mattina non fa bene, fa benissimo…

 

La sua tazza di caffè mattutina potrebbe darti ben più di una semplice carica di energia. Secondo una nuova ricerca, la trigonellina, un composto presente nel caffè e in alcune verdure, può migliorare il declino cognitivo, l’apprendimento spaziale e la memoria.

Lo studio, condotto dall’Università di Tsukuba in Giappone e pubblicato su GeroScience, ha cercato di scoprire composti naturali che potessero migliorare il declino cognitivo legato all’età.
I ricercatori hanno scoperto che la trigonellina migliorava significativamente l’apprendimento spaziale e la memoria nei topi anziani. Inoltre, è stato riscontrato che supporta molteplici percorsi all’interno del sistema nervoso, diminuisce l’infiammazione cerebrale e aumenta i livelli di neurotrasmettitori.

Lo studio è stato condotto per un periodo di 16 settimane utilizzando dei topi, ai quali i ricercatori hanno somministrato la trigonellina ogni giorno per 30 giorni, seguita da un test del labirinto d’acqua. I ricercatori hanno scoperto che i topi hanno dimostrato un miglioramento significativo nelle loro prestazioni di apprendimento spaziale e di memoria rispetto ai topi che non hanno ricevuto la trigonellina.

I ricercatori hanno anche voluto indagare gli effetti della trigonellina sulla materia cerebrale, nonché su specifici neurotrasmettitori all’interno del cervello. Lo studio ha rivelato una soppressione della neuroinfiammazione nel tessuto cerebrale e livelli più elevati dei neurotrasmettitori dopamina, noradrenalina e serotonina.

“Per tutti coloro che cercano una scusa per bere più caffè, questo studio convalida ulteriormente le ricerche precedenti che dimostrano che il caffè è utile per la cognizione quando si invecchia”, ha dichiarato Heather Sandison, medico naturopata ed esperta di medicina neurocognitiva.
Che cos’è la trigonellina? La trigonellina è un composto naturale che si trova in varie piante. Sottoprodotto della vitamina B3 (nota anche come niacina), la trigonellina si trova spesso in livelli elevati nei chicchi di caffè, nel fieno greco e nel ravanello giapponese, e in livelli più bassi in alimenti come avena, orzo, patate, cipolle, pomodori e piselli. In diversi studi, è stato riferito che la trigonellina fornisce una certa protezione contro l’invecchiamento cerebrale e il declino cognitivo, compresi i disturbi neurologici come l’Alzheimer e la demenza.
Altre ricerche hanno scoperto prove che la trigonellina può proteggere da altre condizioni mediche e malattie neurodegenerative, tra cui il morbo di Parkinson e l’ictus.

La trigonellina ha dimostrato anche il potenziale di sostenere la salute cardiovascolare. La ricerca suggerisce che la trigonellina può aiutare ad abbassare la pressione sanguigna, a ridurre il colesterolo e a migliorare il flusso sanguigno cardiaco.
Infine, è dimostrato che la trigonellina può essere utile per trattare e prevenire il diabete. È stato dimostrato che la trigonellina migliora la sensibilità all’insulina e il metabolismo del glucosio, entrambi aspetti fondamentali per la gestione dei livelli di zucchero nel sangue.
In che modo la trigonellina aiuta a migliorare la memoria e la cognizione?

La trigonellina fornisce fattori neuroprotettivi grazie alle sue proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e anti-morte cellulare. Gli antiossidanti svolgono un ruolo cruciale nel contrastare i radicali liberi, che possono danneggiare le cellule dell’organismo e contribuire a un cattivo invecchiamento, oltre che a varie malattie. Gli antinfiammatori aiutano a ridurre l’infiammazione sistemica e lo stress all’interno dell’organismo, che possono anche causare danni alle cellule cerebrali a lungo termine o addirittura la morte delle cellule cerebrali.
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Studi precedenti hanno dimostrato che la trigonellina promuove la rigenerazione delle cellule all’interno dei neuroni del cervello. Questo suggerisce che la trigonellina non solo può aiutare a sostenere la salute del cervello, ma addirittura a migliorarla. Allo stesso tempo, inibisce la formazione di alcuni sottoprodotti che possono causare la morte delle cellule neurologiche. Queste due funzioni si traducono in ultima analisi in una migliore capacità di memoria e in una migliore cognizione, preservando le cellule cerebrali e sostenendo il loro funzionamento ottimale con l’avanzare dell’età.
Considerando che circa due italiani su tre sperimentano un certo grado di restrizione cognitiva quando raggiungono i 70 anni, mantenere la salute del cervello è spesso una preoccupazione importante e valida quando si invecchia. Anche se può essere allettante per gli adulti più anziani prendere una tazza di caffè in più per trarne beneficio, è importante ricordare che un consumo maggiore di caffè non è adatto a tutti e, in alcuni casi, può addirittura essere dannoso.

“Mentre il consumo di questi alimenti e bevande è generalmente sicuro, una quantità eccessiva di caffè può causare ansia, disturbi digestivi ed elevare la pressione sanguigna. Le strategie volte a ottimizzare la funzione cognitiva durante l’invecchiamento dovrebbero includere le basi dell’esercizio fisico regolare, una dieta sana per il cervello, un sonno adeguato, la gestione dello stress, l’evitamento delle tossine e l’interazione sociale”, spiega la signora Sandison. Come sempre, si raccomanda di consultare il proprio medico prima di apportare modifiche significative alla dieta.

Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno la portata dell’impatto della trigonellina sulla salute neurocognitiva, gli studi preliminari sono incoraggianti. Tuttavia, sulla base delle ricerche attuali, l’inclusione della trigonellina come parte di un approccio naturale alla salute del cervello quando si invecchia può essere utile.

 

Fatti soprannaturali sul film PASSIONE DI CRISTO girato a Matera

Fatti soprannaturali sul film PASSIONE DI CRISTO girato a Matera

Mel Gibson avvertì l’attore Jim Caviezel, che avrebbe dovuto interpretare il personaggio di Cristo, che sarebbe stato molto difficile e che, se avesse accettato, molto probabilmente sarebbe stato emarginato da Hollywood.

Caviezel chiese un giorno per pensarci e poi la sua risposta a Mel (che stava finanziando e dirigendo il film), fu: “Penso che dobbiamo farlo, anche se è difficile. Eppoi, c’è un’altra cosa: le mie iniziali sono J.C. e ho 33 anni. Non me ne ero reso conto fino a ora”. Mel gli rispose: “Mi stai spaventando, lo sai?”. Era il 2002 e il film uscì, fra le polemiche, nel 2004.

Durante le riprese, Jim Caviezel, che interpretava il ruolo di Gesù, perse 20 chili, venne colpito da un fulmine, e fu accidentalmente colpito per due volte durante la scena della flagellazione, lasciandogli una profonda cicatrice di 10 cm sulla schiena; si slogò la spalla, quando la croce cadde nel buco con lui appeso sopra. Soffrì di polmonite e di ipotermia, per essere rimasto sulla croce, per molte ore e quasi nudo, con il solo perizoma a coprirlo. La sola scena della crocifissione ha richiesto 5 settimane di lavoro, dei 2 mesi totali di riprese.

Il suo corpo era così stressato ed esausto per aver interpretato quel ruolo che dovette sottoporsi a due interventi chirurgici a cuore aperto, subito dopo le riprese.

Jim ha spiegato: “Non volevo che la gente vedesse me. Volevo che vedessero Gesù. Le conversioni arriveranno”. La sua fu quasi una predizione da chiaroveggente, infatti, accaddero poi molte cose sorprendenti.

Pedro Sarubbi, che interpretava Barabba, sentì che non era Caviezel a guardarlo, ma Gesù Cristo stesso; mentre interpretava quel ruolo, disse di Caviezel: “I suoi occhi non avevano odio o risentimento verso di me, ma solo misericordia e amore”.

Luca Lionello, l’artista che ha interpretato Giuda, era un ateo dichiarato prima dell’inizio delle riprese. Alla fine si è convertito e ha battezzato i suoi figli. Uno dei principali tecnici che hanno lavorato al film era un musulmano ma si convertì al cristianesimo.

Alcuni produttori hanno detto di aver visto degli attori vestiti di bianco che non hanno poi riconosciuto durante una delle sessioni di riprese, e quando hanno rivisto le registrazioni, si sono resi conto di non poterli vedere in quel filmato.

La Passione di Cristo è il film religioso statunitense che ha incassato di più, nonché il film con rating più alto di tutti i tempi, con 370,8 milioni di dollari! A livello mondiale, ha incassato 611 milioni di dollari. Ma, soprattutto, ha raggiunto 100 milioni di persone in tutto il mondo.

Mel Gibson ha pagato 30 milioni di dollari di tasca sua per la produzione del film, perché nessuno studio avrebbe accettato il progetto. Oggi, Jim Caviezel proclama semplicemente e coraggiosamente la sua fede in Cristo e il miracolo che è stato per lui rappresentare Cristo come attore e un maggiore credente di Cristo grazie a questa esperienza.

La magia della città di Matera ha completato in maniera perfetta questo quadro mistico e artistico, nessuna altra città del mondo, inclusa la moderna Gerusalemme, avrebbe mai potuto sostituirla.