L’ex Presidente americano, Bill Clinton (D) sarà presto citato in tribunale, per rispondere di certi documenti giudiziari legati a crimini sessuali per i quali è già stato condannato Jeffrey Epstein, ha rivelato domenica il New York Post.
Secondo il Post, la pubblicazione dei documenti è prevista tra pochi giorni e tali documenti identificherebbero il 77enne Clinton come “John Doe 36”.
L’ex Presidente sarebbe stata nominato più di 50 volte nei documenti redatti e collegati alla causa intentata nel 2015 da una delle accusatrici di Epstein, identificata come Virginia Giuffre.
Il giornale aggiunge che si ritiene che molti dei riferimenti a Clinton derivino dai tentativi della Giuffre di costringere l’ex Presidente a testimoniare contro il defunto molestatore seriale sessuale e la sua ex amante e co-cospiratrice, Ghislaine Maxwell.
Altre menzioni a Clinton dovrebbero essere legati ai tentativi di Maxwell e Giuffre di far confessare Epstein nel 2016, dopo che questi aveva ripetutamente invocato i suoi diritti al Quinto Emendamento durante una deposizione in quella causa.
Si prevede che più di 170 nomi di persone con legami con Epstein saranno svelati nei documenti, dopo che un giudice federale di Manhattan ha deciso di renderli pubblici, secondo l’articolo del Post.
“Clinton, che è stato fotografato con Epstein e ha volato sul suo jet privato in numerose occasioni, ha negato di avere legami nefasti con il molestatore sessuale”, ha dichiarato il Post.
L’ex Presidente avrebbe accolto Maxwell ed Epstein alla Casa Bianca nel 1993, ed esistono foto dell’incontro. L’incontro si è verificato dopo che Epstein aveva donato dei fondi per la ristrutturazione dello Studio Ovale. Tra gli amici di Epstein ci sarebbero anche Bill Gates e il fondatore di LinkedIn Reid Hoffman.
John Binder di Breitbart News ha riferito che il cofondatore di LinkedIn Reid Hoffman è un mega-donatore democratico, che sta finanziando la corsa dell’ex ambasciatore delle Nazioni Unite Nikki Haley alle primarie repubblicane per impedire all’ex presidente Donald Trump di ottenere la sua nomination.
Nell’agosto 2019, Epstein era stato trovato morto nella sua cella di Manhattan per sospetto suicidio tramite impiccagione, secondo quanto riportato al momento della scoperta.
Non vedevo l’ora di andare a vedere “Comandante” del regista Edoardo De Angelis. Sua la sceneggiatura, assistito dallo scrittore Sandro Veronesi. Ne sono rimasto deluso.
De Angelis e Sandro Veronesi, stravaccati su un divano, iniziano spiegando agli spettatori perché hanno prodotto quel film e che significa. Un po’ come se Picasso dipingesse un bel quadro surrealista e, prima di presentarlo al pubblico, ne spiegasse il significato…
L’ideologia fa sempre capolino in questo film e, di nuovo, invece di raccontare una storia come i film americani, ce la vogliono soprattutto spiegare o, come si usava dire qualche anno fa, “vogliono portare avanti un certo discorso…”. Vi sono anche alcune imprecisioni storiche, del tutto inutili e che danneggiano la figura di Todaro. Per esempio, Salvatore Todaro, il vero Comandante, non avrebbe mai bestemmiato Dio come fa Favino in una scena inutile e disgustosa inserita nel film. Todaro, come tutti i veri marinai, aveva troppo rispetto di Iddio e della sua potenza.
Todaro lo avevo conosciuto grazie a un bellissimo documentario della RAI, di circa 40 anni fa, che sarebbe il caso di togliere dalle teche e riproiettare, dato che rispetta tutti i fatti storici ed era stato ottimamente recitato.
La conduzione della guerra sottomarina da parte dell’Italia fu assolutamente vergognosa, a causa di tradimenti, del menefreghismo, o di entrambi, da parte dei vertici della Marina, anche se poi molti dei responsabili delle nostre enormi perdite, vennero poi promossi e decorati alla fine della II Guerra mondiale. Basti leggere “Navi e Poltrone” di Antonio Trizzino per farsi venire il voltastomaco.
Il cinema italiano ha perso una buona occasione di farsi conoscere in giro per il mondo e ha prodotto un nuovo film di seconda categoria, che affonderà presto fra le onde dell’Oceano.
Mi aspettavo di più, anche perché mi ero documentato per scrivere il mio “Mussolini in Giappone” nel quale parlavo di un viaggio in Giappone sul sommergibile gemello del Cappellini, il Luigi Torelli, che fu affondato, a guerra finita, dagli americani, in acque giapponesi. Lo stesso destino toccò anche allo stesso Cappellini: due macchine italiane che giacciono sul fondo del mar del Giappone.
Un mio vecchio articolo scritto nel 2015, prima dell’inizio di Expo a Milano. Può essere di consolazione per la mancata assegnazione dell’edizione del 2030 a Roma. Il pacco se lo prenderà Riad…
Spero di sbagliarmi e non vorrei passare per essere un gufo, ma è evidente che l’Expo si rivelerà un insuccesso, sia in termini di visitatori che in termini d’affari e d’immagine. L’invasione di turisti cinesi non si materializzerà perché il lavoro di canalizzazione di questo particolare turismo non è stato fatto in maniera organica da parte della Ambasciata d’Italia a Pechino e da tutti i nostri consolati sparsi per la Cina, nonché dagli uffici di turismo, dall’ICE, dalla Rai che ha creato un patetico website e via dicendo.
E’ stato tutto un “fai da te” disordinato, senza una regia centralizzata, senza un controllo rigoroso per contenere i costi e la corruzione; mi dicono che manca il personale che sappia dare indicazioni in inglese, molti degli obbiettivi ecologici iniziali sono stati accantonati e la cementificazione ha distrutto terreno agricolo contraddicendo l’idea di base della esposizione.
“Facile per te parlare, ora!” dirà qualcuno, eppure questo lo avevo già scritto in un articolo uscito sul Secolo d’Italia pubblicato mercoledì 12 Dicembre 2007 a pag. 9 e che s’intitolava “Milano copi Londra, non Shanghai”.
Iniziavo lamentando che il sindaco di Milano, Letizia Moratti, non avesse voluto incontrare il Dalai Lama in visita a Milano, perché temeva l’ostilità cinese nell’assegnazione dell’Expo a Milano, e poi continuavo notando:
“Crediamo, però, che le preoccupazioni della Moratti siano eccessive: la Cina non c’entra nulla. La decisione di assegnare l’Expo verrà presa da un ente inter-governativo francese, chiamatoBureau International des Expositions (BIE), una sorta di fossile precedente la Prima guerra mondiale, che ha la funzione di regolare la cadenza di certe manifestazioni espositive internazionali. L’Italia ne fa parte, pagando ogni anno la propria quota associativa.
A differenza di quanto accade per giochi olimpici o per i mondiali di calcio, il nome World Expo non è brevettato e ogni Paese, in teoria, potrebbe usarlo. Infatti nel 1964 gli Stati Uniti organizzarono una propria World Expo, a New York, senza richiedere la benedizione di Parigi. E non solo, a partire dal 2001, dopo che per due anni il Congresso aveva rifiutato di ratificare il pagamento dei contributi annuali alla BIE, il segretario di Stato Colin Powell sanzionò l’uscita definitiva del proprio Paese da questa pseudo organizzazione.
L’edizione del 2000 fu tenuta ad Hannover, in Germania e fu un fiasco clamoroso: arrivò a far notizia soprattutto per il fatto che la municipalità tedesca si ritrovò con un buco da 1 miliardo di dollari: avevano preventivato 40 milioni di spettatori, ma se ne presentarono soltanto 18 milioni. L’edizione del 2005 si svolse ad Aichi, in Giappone, non riuscite a trovarla sul mappamondo? Neppure noi… Quella del 2008 si terrà a Saragozza in Spagna. L’edizione del 2010, invece, è stata data a Shanghai. E sapete chi erano gli altri illustri concorrenti a quell’ambito traguardo? Yeosu, nella Corea del Sud e Queretaro in Messico. E, anche qui, comprendiamo tutte le difficoltà del lettore in materia di geografia. Yeosu, non doma, tornò all’assalto aggiudicandosi l’edizione speciale del 2012, battendo sul filo di lana Wroclaw e Tangeri. Non ne avete sentito parlare? Neppure noi. Ora, noi capiamo i motivi dell’interesse manifestato da Shanghai nell’accaparrarsi questa esibizione, un po’ meno quelli di Milano.
Questo genere di manifestazioni sono le tenaglie che usa il partito comunista cinese per rafforzare la propria presa sul potere: servono solo per fini propagandistici. Non a caso, già da qualche anno, ogni capo di Stato che passa per Shanghai, vien portato a vedere il progresso dei lavori per l’Expo 2010 e gli vengono promessi contratti per partecipare alla realizzazione degli impianti e per gli sviluppi successivi. Vedendo tutto quel fervore edilizio, alcuni statisti tornano a casa con l’idea che si tratti di qualche cosa di molto importante, pur non capendo bene di che si tratti. A questa regola non era sfuggito neppure Romano Prodi quando, nel settembre 2006, aveva visitato i padiglioni che stanno sorgendo lungo il fiume Huangpu e che, una volta completati, accoglieranno quei 70 milioni di visitatori che hanno già messo in preventivo. Sappiamo che i milioni per i cinesi non sono assolutamente un problema, ma i soldi che non entreranno in cassa invece lo sono. E, infatti, le previsioni per la fiera di Shanghai parlano già di una perdita netta di circa 3 miliardi di dollari, ma con il 40 percento coperto dal governo e il resto da banche e sponsor privati, gli organizzatori possono dormire sonni tranquilli.
Questo genere di circhi hanno fatto il loro tempo, oggi non servono più a mostrare ciò che un Paese produce, perché per saperlo basta fare una ricerca in internet. Gli operatori di ciascun settore non ne hanno bisogno, mentre ai turisti non interessa girare per questi caravanserragli: per questo motivo votano con i propri piedi, disertandole. Questo può spiegare perché il numero dei visitatori è sempre al di sotto delle aspettative degli organizzatori e spiega perché, alla fine, il bilancio va scritto con l’inchiostro rosso e non con quello nero. Crediamo che Milano non ne abbia bisogno e che dovrebbe, piuttosto, prendere esempio da città come Londra e New York, non da Shanghai e da Yeosu. Il sindaco dovrebbe agevolare una trasformazione di Milano da centro industriale a centro per i servizi avanzati, impegnandosi a far funzionare bene i mezzi di trasporto, snellire la burocrazia, abbassare le tasse e pagare meglio chi lavora. Milano va sviluppata in senso culturale, artistico e dello stile di vita. Non servono più queste grandi fiere, nate nell’Ottocento per vellicare l’orgoglio nazionalistico del popolo: è meglio investire in risorse per rendere pulite e sicure le strade. Milano ha bisogno di essere guidata da un sindaco visionario, aperto alle nuove istanze civili che scuotono il mondo”.
Questo è quanto scrivevo e che ancor oggi sottoscrivo. Uno dei maggiori problemi causati dall’Expo sarà l’utilizzo dei padiglioni a fine fiera, basta vedere cosa è successo a Saragozza e Hannover, dove si osservano dei paesaggi desolanti, dei veri e propri monumenti alla follia dei paesi ricchi che hanno soldi da buttare.
Ripetiamolo: non è più il tempo per questi circhi, oggi si viaggia, si comunica velocemente ed esistono una miriade di fiere specialistiche in tutto il mondo. Non serve a nulla concentrare in un posto dei capannoni dove si raccoglie di tutto e perciò nulla di preciso e sarebbe ora di smetterla con queste esposizioni che servono solo ad alimentare la vanità di uomini politici, di architetti e di sedicenti esperti di alimentazione.
Concludo con la speranza di aver scritto una gran quantità di fesserie, e che l’Expo 2015 si rivelerà un successo memorabile, che chiuderà in positivo, che rilancerà la nostra economia e che i capannoni si trasformeranno in centri di aggregazione sociale e culturale.
Da alcuni mesi si è messo in moto il meccanismo della “madre di tutte le riforme”, che dovrebbe assicurare maggiore stabilità all’esecutivo e governabilità al Paese. A prescindere dal fatto che il patema d’animo suscitato da tale annuncio sembra un po’ intempestivo, vista la lunghezza di questi processi, è indubbia l’incidenza di simile progetto sulla polemica politica, anche in attesa delle elezioni europee. Ecco perché ritengo utile un sia pur sommario esame della proposta , dal momento che non disponiamo ancora del testo definitivo.
Iniziamo subito col rilevare la bontà e l’utilità di talune disposizioni di base, come l’elezione diretta del Premier e le clausole anti-ribaltone, che se davvero applicate porrebbero fine allo sconcio mercato per l’acquisto di parlamentari e ai governi tecnici, non eletti da nessuno, il cui vero scopo non è fronteggiare le emergenze, bensì rovesciare la volontà espressa dal popolo. La durata quinquennale della legislatura è poi un altro effetto positivo della riforma, data la continuità e la coerenza dell’azione politica. Meno comprensibile appare invece l’istituto del secondo Premierato (a meno che , beninteso, le dimissioni del primo Capo del Governo non dipendessero da circostanze di forza maggiore indiscutibili e verificabili) prestandosi a potenziali manovre di palazzo all’interno della maggioranza .
Quanto alla realizzabilità di tali modifiche, occorre considerare che mai, nell’attuale Parlamento, si troveranno i due terzi favorevoli, e questo indipendentemente dagli emendamenti presentati in corso d’opera. Tutti dovrebbero infatti sapere che l’opposizione non convergerà su alcun testo proposto dalla Meloni, fosse pure il più vicino ai propri concetti, per il semplice motivo che essa non guarda al merito delle questioni, ma cerca soltanto ogni appiglio per creare problemi alla maggioranza , puntando su alternative alla Dini, alla Monti o alla Draghi. Il ricorso al referendum è dunque certo e la sua celebrazione rappresenta un fortissimo rischio per la tenuta dell’esecutivo, malgrado la volontà di Giorgia, ripetuta più volte, di tenere separato il problema costituzionale sulla vita del governo. Basta infatti un rapido excursus storico per comprendere che la massa degli elettori è poco o nulla interessata alle riforme costituzionali, di cui tra l’altro non è in grado di comprendere il rilievo data la carenza di cultura giuridica, interpretando lo strumento referendario come un semplice plebiscito pro o contro la classe al potere; ciò non si evince soltanto dalle recenti esperienze italiane, di Berlusconi nel 2006 e di Renzi nel 2016, ma pure dalla storia di una delle nazioni europee più avvezza all’uso referendario: la Francia.
La prima volta, dopo la rivoluzione, che i francesi vengono consultati in via referendaria, anche se all’epoca il referendum si chiama plebiscito, è nel 1799 per l’approvazione della cosiddetta Costituzione dell’anno VIII° , che prevede il Triumvirato con Napoleone Primo Console. La seconda , nel 1802, per nominarlo Console a vita; la terza, nel 1804, per elevarlo a Imperatore. L’introduzione del plebiscito quale metodo di riforma costituzionale entrerà a far parte della consuetudine fino all’avvento della Quinta Repubblica . Il nipote del Bonaparte, Luigi Napoleone, se ne serve ancora nel 1851 per prolungare a dieci anni la durata della sua Presidenza, e un anno dopo il 2 dicembre 1852, per essere proclamato Imperatore. Quelli che c’interessano più direttamente , tuttavia, sono i referendum costituzionali indetti da de Gaulle rispettivamente nel 1958, nel 1962, nel 1969. Il primo ha come tema la nascita della nuova Costituzione, il secondo l’elezione diretta del Capo dello Stato, il terzo la riforma del Senato da organo partitico in partecipativo, con la rappresentanza di tutte le forze economiche, sociali, culturali del Paese. I primi due sono vinti a mani basse, mentre il terzo è respinto , sia pur di stretta misura, dagli elettori, tanto da indurre il Generale a dimissioni immediate.
Ora, la vasta esperienza francese c’insegna che i referendum si vincono quando l’alternativa è fra l’approvazione della proposta e una situazione caotica insostenibile; si perdono quando tale alternativa non è chiara e il popolo se ne serve invece per manifestare il proprio generico scontento.
La bocciatura della riforma del 1969 non deve ritenersi un meditato rifiuto di questa su basi tecniche , bensì l’espressione della stanchezza che si era impadronita dei cittadini per diverse cause: la recente esperienza sessantottina con i gravissimi disordini di maggio, la protesta dei giovani sempre più orientati a sinistra, l’avvio di un declino economico che avrebbe raggiunto l’apice negli anni successivi e, da ultimo, la lunga permanenza di de Gaulle all’Eliseo, che induce una crescente volontà di cambiamento. Pure in Italia gli insuccessi di Berlusconi e Renzi sono dovuti a una opposizione di principio ai loro governi che non al merito delle riforme proposte. Tutto ciò considerato, la scommessa di Meloni sulla vittoria al referendum appare razionalmente molto dubbia, in un periodo caratterizzato da difficoltà economiche crescenti, contrasti con l’Europa, crisi internazionali drammatiche, di cui non è possibile prevedere gli sviluppi. Si spera certo che il tempo volga al meglio e non al peggio, ma è comunque sicuro che gli italiani non si esprimeranno sul contenuto della riforma, bensì sull’immagine di cui godrà il governo in quel momento , sui risultati contingenti e immediati della sua azione.
Passiamo ora a un altro aspetto del problema. Come tutti ricordiamo, il programma del centro destra parlava di Presidenzialismo e non di Premierato. La differenza non è marginale, in quanto il Presidente del Consiglio, anche se eletto dal popolo, resta pur sempre il leader di un esecutivo politico dipendente dalla fiducia dei partiti, mentre il Capo dello Stato svolge funzioni di arbitro super partes, non essendo tra l’altro per nulla obbligatorio che debba appartenere a uno specifico movimento politico, la suprema carica rimanendo aperta a qualunque personalità di prestigio. Gli elettori del 25 settembre 2022 erano persuasi della bontà di questa proposta, e la sua derubricazione in Premierato potrebbero non approvarla o capirla fino in fondo. In una recente intervista, la ministra Alberti Casellati ha fornito, con grande onestà intellettuale, le ragioni di tale cambiamento, dovuto alla speranza di coinvolgere le opposizioni nella riforma ed evitare il referendum. Il tentativo sarebbe stato encomiabile, se avessimo avuto a che fare con una minoranza aperta al dialogo e pensosa del bene del Paese. Purtroppo così non è, eccettuato forse Renzi, che malgrado i diversi distinguo potrebbe alla fine approvare, ma già Calenda appare assai più recalcitrante , e in ogni caso i voti di entrambi non basterebbero. Pertanto, sacrificare il Presidenzialismo per i detti motivi può non essere stato un buon investimento: infatti, oltre al voto ideologico e pregiudiziale delle sinistre, potrebbe mancare all’appello anche parte di quello di destra, magari alimentando il massiccio assenteismo che sempre ha caratterizzato gli appuntamenti referendari in Italia. Per mutare la Legge Fondamentale occorrono circostanze straordinarie, come furono per de Gaulle le terribili stragi coloniali degli anni Cinquanta, che avevano condotto la Francia sull’orlo della guerra civile.
Inizio il mio saggio , Una nuova Costituzione per un nuovo modello di sviluppo, Solfanelli, Chieti 2018, rispondendo alla seguente domanda: Quando cambiano le Costituzioni? Quando esse, anziché rappresentare la più alta espressione del sentire di una comunità, divengono la gabbia entro la quale questa viene costretta e condannata alla ingovernabilità e alla disgregazione. Le alternative che a quel punto si pongono sono due: riformarla profondamente ovvero sostituirla integralmente. Scegliere l’una o l’altra dipende dalla gravità del male. Non vi è dubbio che l’Italia di oggi si trovi alle prese con una gravissima crisi economica, sociale ma soprattutto morale e psicologica, che ne pone a serio rischio lo sviluppo e nei tempi lunghi la stessa appartenenza ai paesi maggiormente progrediti. Tuttavia, la coscienza di tale situazione non è ancora avvertita dall’opinione pubblica in modo sufficientemente drammatico , in quanto concentrata su altre urgenze, quali il costo della vita, le tasse, le bollette, i bassi stipendi, le pensioni, la sicurezza e simili, preoccupazioni ritenute prioritarie rispetto alle modifiche costituzionali e sostanzialmente non collegate ad esse, malgrado che ciò non sia vero. Per questi motivi, l’esigenza di cambiare la Costituzione non è ancora avvertita allo stesso livello del 1946, all’indomani di una catastrofica guerra perduta. Tutto ciò può allontanare dalle urne chi è più interessato alla politica quotidiana, mentre il voto identitario della destra potrebbe diminuire per delusione dell’abbandono del Presidenzialismo.
Cosa fare , dunque? Dovremmo rinunciare a riformare la Costituzione, tra l’altro sprecando l’opportunità di una maggioranza a ciò favorevole? Certamente no. In realtà, vi sarebbe un’ipotesi diversa, che nessuno ha finora considerato, ma che invece potrebbe rappresentare una carta vincente.
Il Parlamento potrebbe deliberare, a maggioranza semplice, la convocazione di elezioni straordinarie per la nomina di una Assemblea Costituente , alla quale parteciperebbero tutti i partiti che presentassero proprie liste. Questo sarebbe oltretutto il miglior modo per coinvolgere l’intera cittadinanza nel tema affidando al suffragio universale , fuori dal sospetto di ogni faziosità o partigianeria, la definizione dei rapporti di forza per giungere allo scopo. Come insegnano le precedenti esperienze italiane e straniere, nell’Assemblea Costituente, il dialogo fra le diverse componenti della politica nazionale, sarebbe inevitabile e obbligatorio, in quanto nessuna potrebbe sottrarvisi. Il risultato finale deriverebbe quindi dalle scelte degli elettori, ma in tal caso l’assenteismo , peraltro di sicuro inferiore a quello per il referendum, non giocherebbe alcun ruolo paralizzante: ciascun partito cercherebbe una maggioranza favorevole alle proprie istanze, senza tuttavia doverle snaturare a priori , mantenendo inoltre un dialogo aperto e costante con l’opinione pubblica su ogni singolo aspetto. Qualcuno obietterà forse che il Capo dello Stato, impugnando la Carta Costituzionale , si potrebbe opporre a tale soluzione , bocciandola o rinviandola sine die. Tale ipotesi, anche se dovesse verificarsi, non toglierebbe però alla votazione delle Camere il suo valore politico e simbolico, promuovendo un dibattito generale e probabilmente una sana drammatizzazione del problema, propedeutica a successivi sviluppi. Dopo una probabile bocciatura referendaria, invece, di questa riforma non si parlerebbe mai più.
Questo il mio suggerimento alla on. Meloni: perché non provarci?
Carlo Vivaldi-Forti , fiorentino di nascita ma genovese d’origine, è docente ordinario di Sociologia e Psicologia Sociale presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (CH) . Vanta un lungo curriculum di scrittore e giornalista, collaboratore di molte riviste e giornali italiani e stranieri, è autore di saggi scientifici ed opere letterarie. Con una di queste, La corona di San Venceslao, ed. La Città armoniosa, Reggio Emilia 1982, entrò nelle semifinali del Premio Viareggio del 1984, avendo inoltre vinto i concorsi letterari Il Setaccio di Montecatini Terme del 1984, Accademia Città di Roma del 1985 e Il Machiavello del 1986. Con Pravda vitezi – La verità vince, ed. Campanotto , Pasian di Prato (UD) 2008, ho vinto il prestigioso Premio Firenze Il Fiorino d’Oro. In epoca recente si è dedicato allo studio delle riforme costituzionali in Italia, pubblicando il saggio Una nuova Costituzione per un nuovo modello di sviluppo, ed. Solfanelli , Chieti 2018. La sua ultima fatica è stata il libro di ricordi La scoperta della Corsica , un’avventura dello spirito, ed. Tabula Fati (Solfanelli) , Chieti 2020. Nel 2021 ha pubblicato con Gingko edizioni Sogno Veneziano dedicato all’opera che Puccini non fece in tempo a scrivere.
La sua tazza di caffè mattutina potrebbe darti ben più di una semplice carica di energia. Secondo una nuova ricerca, la trigonellina, un composto presente nel caffè e in alcune verdure, può migliorare il declino cognitivo, l’apprendimento spaziale e la memoria.
Lo studio, condotto dall’Università di Tsukuba in Giappone e pubblicato su GeroScience, ha cercato di scoprire composti naturali che potessero migliorare il declino cognitivo legato all’età.
I ricercatori hanno scoperto che la trigonellina migliorava significativamente l’apprendimento spaziale e la memoria nei topi anziani. Inoltre, è stato riscontrato che supporta molteplici percorsi all’interno del sistema nervoso, diminuisce l’infiammazione cerebrale e aumenta i livelli di neurotrasmettitori.
Lo studio è stato condotto per un periodo di 16 settimane utilizzando dei topi, ai quali i ricercatori hanno somministrato la trigonellina ogni giorno per 30 giorni, seguita da un test del labirinto d’acqua. I ricercatori hanno scoperto che i topi hanno dimostrato un miglioramento significativo nelle loro prestazioni di apprendimento spaziale e di memoria rispetto ai topi che non hanno ricevuto la trigonellina.
I ricercatori hanno anche voluto indagare gli effetti della trigonellina sulla materia cerebrale, nonché su specifici neurotrasmettitori all’interno del cervello. Lo studio ha rivelato una soppressione della neuroinfiammazione nel tessuto cerebrale e livelli più elevati dei neurotrasmettitori dopamina, noradrenalina e serotonina.
“Per tutti coloro che cercano una scusa per bere più caffè, questo studio convalida ulteriormente le ricerche precedenti che dimostrano che il caffè è utile per la cognizione quando si invecchia”, ha dichiarato Heather Sandison, medico naturopata ed esperta di medicina neurocognitiva.
Che cos’è la trigonellina? La trigonellina è un composto naturale che si trova in varie piante. Sottoprodotto della vitamina B3 (nota anche come niacina), la trigonellina si trova spesso in livelli elevati nei chicchi di caffè, nel fieno greco e nel ravanello giapponese, e in livelli più bassi in alimenti come avena, orzo, patate, cipolle, pomodori e piselli. In diversi studi, è stato riferito che la trigonellina fornisce una certa protezione contro l’invecchiamento cerebrale e il declino cognitivo, compresi i disturbi neurologici come l’Alzheimer e la demenza.
Altre ricerche hanno scoperto prove che la trigonellina può proteggere da altre condizioni mediche e malattie neurodegenerative, tra cui il morbo di Parkinson e l’ictus.
La trigonellina ha dimostrato anche il potenziale di sostenere la salute cardiovascolare. La ricerca suggerisce che la trigonellina può aiutare ad abbassare la pressione sanguigna, a ridurre il colesterolo e a migliorare il flusso sanguigno cardiaco.
Infine, è dimostrato che la trigonellina può essere utile per trattare e prevenire il diabete. È stato dimostrato che la trigonellina migliora la sensibilità all’insulina e il metabolismo del glucosio, entrambi aspetti fondamentali per la gestione dei livelli di zucchero nel sangue.
In che modo la trigonellina aiuta a migliorare la memoria e la cognizione?
La trigonellina fornisce fattori neuroprotettivi grazie alle sue proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e anti-morte cellulare. Gli antiossidanti svolgono un ruolo cruciale nel contrastare i radicali liberi, che possono danneggiare le cellule dell’organismo e contribuire a un cattivo invecchiamento, oltre che a varie malattie. Gli antinfiammatori aiutano a ridurre l’infiammazione sistemica e lo stress all’interno dell’organismo, che possono anche causare danni alle cellule cerebrali a lungo termine o addirittura la morte delle cellule cerebrali.
Pubblicità – La storia continua sotto
Studi precedenti hanno dimostrato che la trigonellina promuove la rigenerazione delle cellule all’interno dei neuroni del cervello. Questo suggerisce che la trigonellina non solo può aiutare a sostenere la salute del cervello, ma addirittura a migliorarla. Allo stesso tempo, inibisce la formazione di alcuni sottoprodotti che possono causare la morte delle cellule neurologiche. Queste due funzioni si traducono in ultima analisi in una migliore capacità di memoria e in una migliore cognizione, preservando le cellule cerebrali e sostenendo il loro funzionamento ottimale con l’avanzare dell’età.
Considerando che circa due italiani su tre sperimentano un certo grado di restrizione cognitiva quando raggiungono i 70 anni, mantenere la salute del cervello è spesso una preoccupazione importante e valida quando si invecchia. Anche se può essere allettante per gli adulti più anziani prendere una tazza di caffè in più per trarne beneficio, è importante ricordare che un consumo maggiore di caffè non è adatto a tutti e, in alcuni casi, può addirittura essere dannoso.
“Mentre il consumo di questi alimenti e bevande è generalmente sicuro, una quantità eccessiva di caffè può causare ansia, disturbi digestivi ed elevare la pressione sanguigna. Le strategie volte a ottimizzare la funzione cognitiva durante l’invecchiamento dovrebbero includere le basi dell’esercizio fisico regolare, una dieta sana per il cervello, un sonno adeguato, la gestione dello stress, l’evitamento delle tossine e l’interazione sociale”, spiega la signora Sandison. Come sempre, si raccomanda di consultare il proprio medico prima di apportare modifiche significative alla dieta.
Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno la portata dell’impatto della trigonellina sulla salute neurocognitiva, gli studi preliminari sono incoraggianti. Tuttavia, sulla base delle ricerche attuali, l’inclusione della trigonellina come parte di un approccio naturale alla salute del cervello quando si invecchia può essere utile.
Mel Gibson avvertì l’attore Jim Caviezel, che avrebbe dovuto interpretare il personaggio di Cristo, che sarebbe stato molto difficile e che, se avesse accettato, molto probabilmente sarebbe stato emarginato da Hollywood.
Caviezel chiese un giorno per pensarci e poi la sua risposta a Mel (che stava finanziando e dirigendo il film), fu: “Penso che dobbiamo farlo, anche se è difficile. Eppoi, c’è un’altra cosa: le mie iniziali sono J.C. e ho 33 anni. Non me ne ero reso conto fino a ora”. Mel gli rispose: “Mi stai spaventando, lo sai?”. Era il 2002 e il film uscì, fra le polemiche, nel 2004.
Durante le riprese, Jim Caviezel, che interpretava il ruolo di Gesù, perse 20 chili, venne colpito da un fulmine, e fu accidentalmente colpito per due volte durante la scena della flagellazione, lasciandogli una profonda cicatrice di 10 cm sulla schiena; si slogò la spalla, quando la croce cadde nel buco con lui appeso sopra. Soffrì di polmonite e di ipotermia, per essere rimasto sulla croce, per molte ore e quasi nudo, con il solo perizoma a coprirlo. La sola scena della crocifissione ha richiesto 5 settimane di lavoro, dei 2 mesi totali di riprese.
Il suo corpo era così stressato ed esausto per aver interpretato quel ruolo che dovette sottoporsi a due interventi chirurgici a cuore aperto, subito dopo le riprese.
Jim ha spiegato: “Non volevo che la gente vedesse me. Volevo che vedessero Gesù. Le conversioni arriveranno”. La sua fu quasi una predizione da chiaroveggente, infatti, accaddero poi molte cose sorprendenti.
Pedro Sarubbi, che interpretava Barabba, sentì che non era Caviezel a guardarlo, ma Gesù Cristo stesso; mentre interpretava quel ruolo, disse di Caviezel: “I suoi occhi non avevano odio o risentimento verso di me, ma solo misericordia e amore”.
Luca Lionello, l’artista che ha interpretato Giuda, era un ateo dichiarato prima dell’inizio delle riprese. Alla fine si è convertito e ha battezzato i suoi figli. Uno dei principali tecnici che hanno lavorato al film era un musulmano ma si convertì al cristianesimo.
Alcuni produttori hanno detto di aver visto degli attori vestiti di bianco che non hanno poi riconosciuto durante una delle sessioni di riprese, e quando hanno rivisto le registrazioni, si sono resi conto di non poterli vedere in quel filmato.
La Passione di Cristo è il film religioso statunitense che ha incassato di più, nonché il film con rating più alto di tutti i tempi, con 370,8 milioni di dollari! A livello mondiale, ha incassato 611 milioni di dollari. Ma, soprattutto, ha raggiunto 100 milioni di persone in tutto il mondo.
Mel Gibson ha pagato 30 milioni di dollari di tasca sua per la produzione del film, perché nessuno studio avrebbe accettato il progetto. Oggi, Jim Caviezel proclama semplicemente e coraggiosamente la sua fede in Cristo e il miracolo che è stato per lui rappresentare Cristo come attore e un maggiore credente di Cristo grazie a questa esperienza.
La magia della città di Matera ha completato in maniera perfetta questo quadro mistico e artistico, nessuna altra città del mondo, inclusa la moderna Gerusalemme, avrebbe mai potuto sostituirla.
Ordinare una pizza da asporto o prenotare un tavolo al ristorante da ora diventa tutto più facile grazie a chiama.ai la prima intelligenza artificiale telefonica italiana pensata per il mondo della ristorazione.
Il progetto è nato dall’incontro tra la creatività di AMO1999, società di marketing di Verona e la razionalità di Colibryx, società specializzata in soluzioni digitali.
“chiama.ai” rappresenta un vero e proprio alleato sempre disponibile, in grado di offrire un servizio di altissimo livello che cambierà la gestione delle chiamate e le interazioni con i clienti. Grazie alla potenza dell’intelligenza artificiale, questo rivoluzionario sistema apprende il funzionamento specifico di ogni attività, comprende tutte le esigenze dei clienti e fornisce risposte immediate alle loro domande.
Elemento peculiare di “chiama.ai” è la sua capacità di essere sempre attivo, garantendo un servizio operativo 24 ore su 24, 7 giorni su 7: le attività della ristorazione non dovranno più preoccuparsi di chiamate perse o di prenotazioni non gestite, poiché “chiama.ai” si occuperà di tutto in modo impeccabile.
“Quando abbiamo sviluppato questo progetto e mi sono reso conto della potenzialità dell’intelligenza artificiale e di quale sarebbe stato il futuro sono rimasto sbalordito. Credo che nel prezioso incanto delle giovani menti risieda l’innovazione del domani: solo ascoltando le loro idee e desideri possiamo abbracciare il futuro con meraviglia e progresso”, spiega Alessio Masotto, titolare di Amo 1999. “Da sempre, siamo inoltre particolarmente attenti alla sostenibilità dei nostri marchi e progetti. Per questo motivo, stiamo implementando Chiama.ai con funzioni specifiche di accessibilità e inclusività, pensate appositamente per agevolarne l’uso da parte di persone con disabilità auditive e vocali”.
Paolo De Giglio, amministratore delegato di Colibryx, aggiunge che “il progetto è stato elaborato e sviluppato dopo aver ascoltato le esigenze e problematiche delle categorie del settore, in maniera tale da poter agevolare la loro attività e renderla il più produttiva e competitiva possibile. A questo riguardo vale la pena sottolineare che nell’arco di qualche anno saranno numerose le realtà che potranno contare su questo tipo di servizio, in grado oltretutto di fidelizzare la clientela, per cui sono piuttosto evidenti i vantaggi di chi potrà avvantaggiarsene quanto prima”.
Chiama.ai è stato presentato ufficialmente il 17 luglio, in occasione di uno degli incontri organizzati con gli imprenditori del settore nella sede di Amo1999 a San Giovanni Lupatoto, programmati ogni lunedì mattina e già tutti sold out per il mese di luglio. Altri si terranno nelle prossime settimane anche in diverse località italiane considerato l’interesse suscitato a livello nazionale e le enormi potenzialità di questo progetto per un settore di fondamentale importanza per l’economia italiana.
Gli incontri, con partecipazione gratuita, proseguiranno già dal mese di agosto.
Gli operatori del settore che intendono iscriversi possono consultare il sito chiama.ai
Un giorno prossimo venturo il centro storico di Verona finirà sottacqua, e il cambiamento climatico non c’entra nulla, semmai la colpa sarà dei corsi e ricorsi della storia. Perché, infatti, nei secoli passati questa splendida città è stata spesso sommersa e sfregiata dalle piene dell’Adige. Eppure, si potrebbe mettere al sicuro almeno il suo centro storico, con un intervento di semplice ingegneria.
Suggeriamo, dunque, di scavare una galleria sotterranea che colleghi l’Adige di Castelvecchio all’Adige di subito dopo il ponte Aleardo Aleardi.
I romani, ai tempi di Vespasiano, avevano provveduto a proteggere la città costruendo un canale, che è stato ricoperto solo ai primi del ‘900, per poterci costruire sopra e che si chiamava Adigetto
In momenti di grande piena si potrebbe scaricare una parte delle acque del fiume attraverso questo grande condotto. L’idea non è nuova, a Tokyo è stata approntato un enorme serbatoio sotterraneo che funga da battente e che viene progressivamente svuotato, accendendo delle turbine di tipo aeronautico che spingono l’eccesso d’acqua nel mare. Dal giorno del suo approntamento, nel 2006, Tokyo non è più stata allagata, mentre in precedenza capitava anche 6-7 volte all’anno, a seconda del numero di tifoni. Il suo costo totale è stato di circa 2 miliardi di euro, ed è stato un ottimo investimento.
Costruire della grandi gallerie sotterranee sotto a degli edifici non è semplice e, soprattutto sarà molto costoso, esistono dunque delle alternative?
Direi di sì. Ecco come: bisogna piazzare delle turbine sotto al livello stradale, sulla riva dell’Adige di Castelvecchio e poi approntare delle tubazioni flessibili in carbonio, che potranno essere dispiegate fra le vie di Verona solo nel momento critico della piena. Queste avranno un diametro di una decina di metri. La portata potrà essere facilmente calcolata in base ai volumi di piena e alla spinta delle turbine.
Esiste il tunnel di Torbole, che è di notevole portat0a, avente una capacità di circa 500 m3 per scaricare nel lago di Garda, ma a causa della diversa temperatura e qualità delle acque lo si è utilizzato soltanto 12 volte tra il 1960 e il 2022.
La portata massima che può transitare nell’Adige è pari a 2.500 m³/secondo, oltre a questa portata, esonda, dunque, in caso di un evento di piena catastrofica, il passante di Torbole potrà fare poco.
Una idea nuova che coltiviamo da tempo, per evitare il disastro di Verona allagata, sarebbe quella di scavare una galleria sotto al letto dell’Adige, nel suo percorso per la città di Verona. Una galleria che segua il suo corso. Tale galleria potrebbe essere scavata a circa 10 metri sotto al fondo e provvista di una paratoia di entrata a monte e una d’uscita a valle. Quando il livello si avvicinerà allo straripamento, si potrà aprirà a monte e a valle, facendo immediatamente calare il livello delle acque nel loro percorso cittadino.
Esistono macchinari automatici capaci di scavare gallerie nelle montagne, dunque sarebbe relativamente facile scavare sotto al letto del fiume.
La professione di medico aveva portato Rodolfo De Benedictis lontano da Turbigo, ma vi tornerà per esservi sepolto, accanto ai suoi genitori, nel cimitero sulla collina, oltre il castello visconteo. Nato nel 1957, lascia la sua famiglia e la sua sorella maggiore, Daniela, laureata in ingegneria.
Ci separavano due anni d’età ma ci univa la grande amicizia fra suo padre, Ezio, giudice di pace e vice-sindaco e mio padre, sindaco.
Suo padre è stato un grande gentiluomo meridionale, sempre composto e signorile, nei modi e nel vestire. Mio padre mi diceva che era stato in aviazione, durante la guerra e dopo lo sbarco degli Alleati, in Sicilia, aveva cominciato a ritirarsi, fino a giungere a Turbigo, dove si era fermato, sposando una bella donna turbighese, Maria Barozza, nel 1953. Di lui ho un bellissimo ricordo, perché un giorno fu invitato a casa nostra per una cena, io avrò avuto sei anni e si presentò con un bellissimo libro per me, una edizione illustrata dell’Isola del Tesoro, di Robert Luis Stevenson. Credo che quello fu il mio primo libro.
I funerali di Rodolfo si terranno martedì 13 giugno, alle ore 15, presso alla chiesa parrocchiale e, purtroppo, non potrò esserci fisicamente, ma ci sarò nello spirito. Spero che il suo viaggio lo potrà fare con Silvio Berlusconi, che lo allieterà con le sue barzellette.
Si è svolto presso il Quadrante Europa il convegno organizzato dall’associazione Comunità e Trasporti e patrocinato dal Consorzio ZAI dal titolo “Verona: fulcro ferroviario per il commercio, la logistica e il turismo”. In questo evento, ci si è concentrati sulla posizione strategica di Verona come centro di trasporto e connessione per le attività commerciali, logistiche e turistiche. Verona è una città che si trova al centro di importanti corridoi ferroviari e autostradali, ed è uno dei principali punti di ingresso per il nord Italia e l’Europa. Grazie alla sua posizione
privilegiata, Verona svolge un ruolo cruciale nel facilitare il commercio e la logistica, nonché nello sviluppo del turismo nella regione.
Il convegno si è aperto con il video messaggio del Vice Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Bignami che ha sottolineato l'impegno del governo per ampliare il trasporto su rotaie e l’importanza di Verona come esempio da seguire in tutto il territorio. Dopo l’introduzione del presidente dell’associazione Comunità e Trasporti
Marco De Cesare è intervenuto Leo Ramponi, presidente di una importante associazione di ristoratori di Verona, sul cambiamento della cultura del cibo e sulle criticità del non avere un turismo responsabile. Sul tema del turismo e dello sviluppo del trasporto e della logistica, l’Europarlamentare europeo Paolo Borchia ha dichiarato che ci debba essere maggiore collaborazione e non imposizioni dall’alto, tra l’Unione europea e le autorità e imprese locali. L’Assessore al Commercio del Comune di Venezia Sebastiano Costalonga ha auspicato una maggiore connettività tra
le due città per migliorare l’efficienza e la sostenibilità della catena di approvvigionamento delle merci e il Segretario Nazionale UGL Ferrovieri Ezio Favetta ha messo in evidenza come il sindacato possa contribuire ad affrontare e
vincere le sfide future del settore e come il dialogo tra le parti sociali e le istituzioni possa promuovere uno sviluppo economico della Regione.
Dopo le domande e gli interventi del pubblico il convegno è terminato con le conclusioni del Prof. Giuseppe Cirillo, docente Logi Master.
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.