Massimo Mariotti diventa capogruppo di FdI al posto di Polato in consiglio comunale

Massimo Mariotti diventa capogruppo di FdI al posto di Polato in consiglio comunale

 

Massimo Mariotti viene promosso capogruppo di Fratelli d’Italia nel Consiglio Comunale di Verona. Subentra a Daniele Polato, che intende concorrere alle prossime elezioni europee, dove sarà uno dei favoriti.

Massimo Mariotti possiede una lunga esperienza in Comune e questa, crediamo, non è una buona notizia per la deludente giunta del sindaco Damiano Tommasi, che si troverà a fronteggiare un veterano della Vecchia Guardia, che conosce alla perfezione tutti i meccanismi dell’amministrazione di Palazzo Barbieri.

Massimo Mariotti, ora vicepresidente di Verona Mercato e nel direttivo di ZAI, si è già distinto in passato nella amministrazione di Acque Veronesi e di SERIT, riuscendo a riportare in attivo le due società e rendendole modelli di efficienza.

La redazione di Giornale Cangrande si complimenta con Massimo Mariotti, augurandogli un buon lavoro.

Siamo sicuri che ci sia Putin dietro alla morte di Navalny? L’opinione di Lilin

Siamo sicuri che ci sia Putin dietro alla morte di Navalny? L’opinione di Lilin


Nicolai Lilin, pseudonimo di Nicolai Verjbitkii, è nato il 12 febbraio 1980 ed è uno scrittore moldavo naturalizzato italiano.

Nel 2004 si trasferì in Italia, in Piemonte, tra Cuneo e Torino, a Cavallerleone, poi dal 2010 a Milano. Oltre a dedicarsi alla scrittura di romanzi, ha un laboratorio artistico a Milano, Kolima Art Studio. Ha scritto per L’Espresso, XL di Repubblica e per altre testate. Non è un filo putiniano o un filo russo.

“Navalny, morto a 47 anni,  non è mai stato un politico, ed  è sbagliato dire che fosse un oppositore di Putin”. Lo dichiara all’ANSA Nicolai Lilin, nel giorno della morte in carcere di Navalny, andando molto controcorrente rispetto alla narrativa generale, che lo presenta come una vittima di un dittatore.

“Navalny era uno strumento di propaganda, ma non un elemento politico, perché l’elemento politico comprende l’esistenza di un programma, di un’ idea politica” ciò che Navalny non aveva. Era un blogger che attraverso i social diffondeva le proprie opinioni. È nato nell’ambiente dell’estrema destra russa, era un nazista”.

“Quando Putin ha massacrato tutti i nazisti, Navalny ha trasformato sé stesso in un progetto da vendere. Lavorava con una grande squadra di professionisti, hanno fatto un blog, notiziari, piattaforme social e così via. Era una organizzazione che ha cominciato a ricevere sponsorizzazioni dall’Occidente e Navalny, da nazista, si è trasformato in un libertario” incalza Lilin.

“È sbagliato partire presentandolo come un oppositore di Putin, lui era un elemento di disturbo in Russia che lavora per gli interessi del mercato Occidentale. Per questo è stato internato nel carcere. Io sono contrario a questo, ma sappiamo che la Russia funziona così, è un sistema autoritario e se ti comporti in un certo modo viene punito in un certo modo. Poi, quello che è successo in carcere è un mistero”.

“Certo è però”, continua Lilin, “che a Putin la morte di Navalny in carcere non serviva proprio a nulla. A Putin Navalny serviva come un detenuto per mostrare a tutti che il sistema putiniano può usare la legge per reprimere coloro che cercano di sabotare il funzionamento dello Stato. A Putin non serviva ammazzarlo. C’era più interesse in Occidente per trasformarlo in martire e portarlo avanti come bandiera della libertà”.

Dunque, secondo Lilin, esiste la possibilità che Navalny sia stato ammazzato da forze ostili a Putin, interne o esterne, oppure che sia morto per cause naturali. Tertium non datur.

 

Dimenticare la “pace” israelo-palestinese  A questo punto, una “lunga tregua”, come in Bosnia, è la soluzione più fattibile

Dimenticare la “pace” israelo-palestinese A questo punto, una “lunga tregua”, come in Bosnia, è la soluzione più fattibile

 

 

di Leon Hadar

 

Ci risiamo. Un’altra guerra tra israeliani e palestinesi che contribuisce a suscitare nuove discussioni sul rilancio del “processo di pace”, mentre funzionari, legislatori, opinionisti e studiosi di tutto il mondo propongono questo o quel piano per portare finalmente la pace in Terra Santa.

Questa volta funzionerà. E se si tracciasse il confine qui, si eliminassero alcuni insediamenti ebraici là, si scambiasse questo territorio con quello, si permettesse ai rifugiati arabi di entrare e si trovasse un modo per dividere Gerusalemme e i luoghi santi, allora ebrei e arabi vivrebbero felici e contenti nel loro territorio condiviso.

C’è, ovviamente, la vecchia e affidabile soluzione dei due Stati. Ma, se non funzionerà, si potrà verificare la soluzione a uno Stato, perché non è forse chiaro che gli arabi-palestinesi e gli ebrei-israeliani sono pronti a vivere insieme come i francofoni e i fiamminghi in Belgio? Ma poi, ripensandoci, anche lì le cose non sono così belle come sembrano. Allora, che ne dite di una federazione o di una confederazione? E in un inchino allo spirito della globalizzazione, aggiungiamo poi che “firmeranno un accordo di libero scambio”.

Forse è arrivato il momento di smettere di elaborare la pace e di fantasticare che, parafrasando il profeta Isaia, i due popoli “trasformeranno le loro spade in aratri e le loro lance in ganci da potatura”, che “la nazione non alzerà più la spada contro nazione e non impareranno più la guerra”.

Invece, dobbiamo ridimensionare le nostre aspettative in un momento in cui gli israeliani devono ancora riprendersi dagli orrori del 7 ottobre e dal massacro di oltre 1.200 israeliani. Inoltre, gli arabi stanno assistendo alla distruzione di Gaza e alla morte di 16.000 palestinesi. Ecco, ora La ‘pace’ non è mai stata così lontana.

Il punto fondamentale è che israeliani e i palestinesi non sono pronti per una grande pace o riconciliazione tra i loro due popoli. Il meglio che possiamo sperare è una qualche forma di lunga tregua, che ponga fine alla guerra, al contrario di ciò che il Libro dei Giudici descrive nei periodi tra le guerre: “Così la terra ebbe riposo per quarant’anni”.

Da questo punto di vista, un possibile modello che potrebbe aiutare gli Stati Uniti e il resto della comunità internazionale a delineare la fine della guerra a Gaza e, nel processo, a porre le basi per una tregua israelo-palestinese, è rappresentato dagli Accordi di Dayton del 1995 o dal Accordo Generale per la Pace in Bosnia-Erzegovina.

Quel accordo pose fine alla Guerra di Bosnia, durata tre anni e mezzo, dando vita ad un unico Stato sovrano, noto come Bosnia-Erzegovina, composto da due parti, la Republika Srpska, a maggioranza serba, e la Federazione di Bosnia-Erzegovina, a maggioranza croato-bosniaca.

L’obiettivo primario del Accordo di Dayton era quello di fermare la guerra, e in realtà fu descritto come una misura temporanea, in attesa che venisse sviluppato un piano di pace a lungo termine, cosa che non avvenne mai. Si è trattato del trentacinquesimo tentativo di cessate il fuoco tra le parti in guerra, dopo altri trentaquattro tentativi falliti.

In effetti, l’Accordo di Dayton fermò il conflitto e da allora non c’è stata una ripresa della violenza, anche se alcune delle differenze fondamentali tra le parti che hanno causato il conflitto non sono mai state risolte. Non ha segnato l’inizio di un’era di pace nell’area, ma d’altronde, senza conflitti aperti o violenze, cosa si può chiedere di più?

 

La presenza militare internazionale, l’EUFOR Althea è responsabile della supervisione del rispetto degli aspetti del Accordo di Dayton. E l’opinione generale è che senza tale accordo, le tensioni radicate nel Paese riemergerebbero. Da questo punto di vista, la forza militare aiuta a coprire le fratture che devono ancora essere sanate. Non esistono dubbi sul fatto che, se si rimovessero le forze EUFOR Althea, la guerra ricomincerebbe.

Tuttavia, non ci sono stati conflitti aperti o violenze. Alcuni si riferiscono a questa “pace negativa” in contrapposizione a quella “positiva”, il tipo di pace che israeliani e palestinesi potrebbero utilizzare oggi per garantire che la loro terra si calmi per diversi anni.

 

Il Dr. Leon Hadar è un Senior Fellow presso il Foreign Policy Research Institute (FPRI) di Philadelphia e un ex ricercatore in studi di politica estera presso il Cato Institute. Ha insegnato all’American University di Washington e all’Università del Maryland, College Park. Opinionista e blogger di Haaretz (Israele) e corrispondente da Washington per il Business Times di Singapore, è un ex capo ufficio delle Nazioni Unite del Jerusalem Post.

Premiare l’Intelligenza. Un abile candidato per le elezioni regionali lombarde del 12-13 febbraio. Christian Garavaglia.

Premiare l’Intelligenza. Un abile candidato per le elezioni regionali lombarde del 12-13 febbraio. Christian Garavaglia.

Christian lo conosco da quando era bambino. Siamo entrambi nati a Turbigo. Poi io mi trasferii a Hong Kong, per lavoro e ci siamo un po’ persi di vista, ma non mi sono mai staccato dal mio paese natale.  Mio padre, Giambattista, fu il sindaco per 15 anni, con la DC di Marcora.
A quel tempo non esisteva la legge dei due mandati e quindi mio padre ne fece tre. Avrebbe potuto vincere anche il quarto, se non fosse stato per il cambio di percezione della politica che si ebbe, e credo che chi abbia più di 60 anni lo ricordi bene. Mio padre subì anche una minaccia a mano armata, davanti a casa e forse anche per questo motivo decise di appendere al chiodo la fascia tricolore e tornare a lavorare in una conceria locale, come semplice operaio.
A mio padre seguirono due sindaci, uno socialista e uno comunista, entrambi onesti e che si dedicarono al bene della nostra piccola comunità, fin quando non arrivò il rullo compressore di Mani Pulite (che forse tanto pulite non furono) che sconvolse anche la vita politica di Turbigo. Si ebbero delle ingiuste carcerazioni a San Vittore, e poi tutti furono liberati, assolti e indennizzati per la loro, ingiusta e ingiustificabile, detenzione.
Arrivarono poi nuovi uomini e nuovi amministratori, che fecero del loro meglio per ricomporre i cocci. Forse, il frutto migliore di quegli anni fu proprio Christian Garavaglia che, senza ombre e sospetti,  si è seduto per 24 anni in consiglio comunale e per due mandati fu il sindaco di Turbigo.
Christian Garavaglia è un economista, docente universitario di Economia Industriale all’Università di Milano-Bicocca e insegnante di Analisi Industriale all’Università Bocconi a Milano e Microeconomia all’Università Cattaneo LIUC a Castellanza. Giovanissimo, divenne docente universitario, senza alcuna spinta o favore, e si è sempre dedicato alla politica. Attualmente è il responsabile regionale del Dipartimento della Formazione di Fratelli d’Italia e sarà candidato alle elezioni regionali del 12-13 Febbraio nel collegio di Milano e provincia.
Con lui, questa volta, la politica non ha fallito: ha attratto un uomo degno e competente che, se fosse stato un egoista, si sarebbe dedicato solo al proprio lavoro e alla propria famiglia, invece di rischiare e di mettersi in gioco.
Chi qui scrive risiede in Veneto e, purtroppo, non potrà votarlo. Ma mi sento in dovere di presentare il suo nome a tutti gli amici e conoscenti di Lombardia.
Passata la sbornia dei 5stelle e di altri personaggi improvvisati, per i quali, secondo Grillo “uno vale l’altro”, è tempo di tornare con i piedi a terra e affidare il governo della Regione Lombardia, e della Nazione, a persone di buona volontà, ricche di esperienza e di intelligenza, virtù che abbondano nel nostro Christian, perché, come scriveva Luigi Einaudi “per legislare bisogna conoscere”.
Angelo Paratico
Ecco dove finiscono i finanziamenti all’Ucraina: arrestato il vice ministro Vasyl Lozynsky

Ecco dove finiscono i finanziamenti all’Ucraina: arrestato il vice ministro Vasyl Lozynsky

Pro e contro l'Euro

 

 

Il Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha promesso di agire contro la corruzione, sulla scia del licenziamento di un funzionario per appropriazione indebita, sottolineando che l’attenzione alla guerra non lo distoglierà dall’affrontare questo problema, endemico nel suo Paese.

La corruzione affliggeva l’Ucraina molto prima che la Russia lanciasse la sua invasione alla fine di febbraio. E mentre la lotta contro la Russia è stata l’obiettivo principale del governo di Zelensky, la corruzione è rimasta una priorità – soprattutto mentre armi e aiuti del valore di centinaia di milioni di dollari affluiscono nel Paese e il prezzo degli sforzi di ricostruzione è stimato in miliardi.

Zelensky, che è salito al potere nel 2019 con la promessa di ripulire la corruzione e trovare un accordo pacifico con la Russia, ha riconosciuto nel suo discorso notturno di domenica che il governo “si concentra principalmente sulla difesa, sulla politica estera e sulla guerra”.

“Ma questo non significa che non veda o non senta ciò che viene detto nella società a diversi livelli” citando le questioni relative all’energia e agli appalti militari, affermando che il suo governo “prenderà le misure forti necessarie”. Zelensky ha detto di sperare che il licenziamento di un viceministro per corruzione avvenuto domenica mandi un “segnale a tutti coloro le cui azioni o comportamenti violano il principio di giustizia. Voglio che questo sia chiaro: non ci sarà alcun ritorno a quello che c’era in passato”.

I funzionari della difesa occidentali riuniti in Germania non sono riusciti a raggiungere un accordo per l’invio di carri armati all’Ucraina. Si è trattato di una battuta d’arresto per le speranze di Kiev di ricevere rapidamente le armi che il Presidente Volodymyr Zelensky ha definito cruciali per la prossima fase della guerra. Emergono varie fratture entro alla NATO: L’alleanza occidentale ha tenuto duro, ma i disaccordi sulla strategia per il prossimo anno e su ciò di cui l’Ucraina ha bisogno in vista di una grande offensiva in primavera stanno emergendo pubblicamente.

Un elicottero si è schiantato in una palla di fuoco in un sobborgo di Kiev, uccidendo un membro del gabinetto del signor Zelensky e più di una dozzina di altre persone, e assestando un colpo alla leadership bellica dell’Ucraina. Lunedì, nel suo discorso notturno, Zelensky ha annunciato che d’ora innanzi sarà vietato ai funzionari governativi di viaggiare all’estero, per vacanza o per qualsiasi altro scopo non governativo, e che una procedura di attraversamento delle frontiere per i funzionari sarà decisa entro pochi giorni. Mentre il signor Zelensky non ha fatto il nome del funzionario licenziato, il Ministero delle Infrastrutture ucraino lo ha identificato come Vasyl Lozynsky, un viceministro. Il suo licenziamento è avvenuto dopo che la principale agenzia anticorruzione dell’Ucraina e l’ufficio del procuratore anticorruzione hanno “smascherato e fermato le attività di un gruppo criminale organizzato coinvolto nell’appropriazione indebita di fondi di bilancio”, secondo Oleksandr Kubrakov, ministro delle infrastrutture dell’Ucraina. L’agenzia, l’Ufficio Nazionale Anticorruzione dell’Ucraina, ha detto che il signor Lozynsky faceva parte di quel gruppo ed era stato smascherato mentre riceveva una tangente di 400.000 di dollari destinati a finanziare attrezzature e servizi. Pare che molti funzionari, oltre al vice ministro, siano già stati arrestati.

Perché Zelenski ci è così antipatico?

Perché Zelenski ci è così antipatico?

 

 

Il presidente ucraino Zelensky fu eletto con una piattaforma elettorale nella quale egli prometteva uno stabile accomodamento e la pace con la Russia. Non ha realizzato questo programma, a quanto pare, ma il suo contrario: l’Ucraina giace in rovina. Certo, l’invasore è Putin, non Zelensky, ma Putin aveva ammassato migliaia di carri armati alla frontiera con l’Ucraina e si era mosso in modo minaccioso. A un certo punto i servizi segreti statunitensi informarono Zelensky che i russi avrebbero lanciato un’invasione, ma egli disse che ciò era impossibile.

Se Zelensky fosse stato meno stupido e avesse avvertito il pericolo reale che l’invasione ci sarebbe stata davvero, avrebbe potuto manovrare in maniera diversa a livello internazionale, invece di ignorare il pericolo. Si dice che per litigare bisogna essere in due. Forse sarebbe bastato dichiarare pubblicamente che non sarebbero mai entrati nella NATO e che non avrebbero mai più compiuto manovre congiunte con la NATO (ne hanno tenute ben 3 nel 2021). Come ulteriore rassicurazione avrebbe potuto accettare la cessione della Crimea, una regione che con l’Ucraina c’entra come i cavoli a merenda, ma per la quale i russi hanno combattuto varie guerre nei secoli passati, una anche contro i piemontesi, mandati da Cavour. La decisione di collegare la Crimea all’Ucraina fu presa da Kruscev, per incomprensibili motivi, in un periodo in cui l’Ucraina era parte dell’Unione Sovietica e nel quale tutti pensavano che sarebbe durata per mille anni.

L’Ucraina non potrà mai battere la Russia e dato che, di solito, i russi vincono le loro guerre in inverno, è probabile che il martellamento delle posizioni ucraine durerà ancora a lungo e verrà seguito da un attacco russo a tenaglia, forse anche con il coinvolgimento della Bielorussia, che chiuderà in una sacca Kiev. Così, quando l’Ucraina sarà ridotta in un gigantesco cumulo di macerie, Zelensky o chi per lui, dovranno comunque sedersi a un tavolo e accettare la resa.

Questa guerra pare una ripetizione dell’inizio del II conflitto mondiale, quando Chamberlain diede un assegno in bianco alla Polonia, a quel tempo guidata da uomini che non fecero abbastanza per fermare Hitler, credendo di potergli tenere testa e si fecero forti della bancabilità dell’assegno che portavano in tasca. L’assegno lo mandarono all’incasso e la Gran Bretagna e la Francia furono costrette a onorarlo. Il maldestro tentativo di Zelensky di addossare la responsabilità alla Russia, per il missile caduto in Polonia, dovrebbe aprire gli occhi di tutti coloro che non vogliono veder morire i propri figli per Danzica.

Angelo Paratico

Alessandro Zehentner: Jus Sanguinis, la lista unitaria del CentroDestra unito (Salvini-Berlusconi-Meloni) a difesa dei nostri diritti e dei nostri doveri

Alessandro Zehentner: Jus Sanguinis, la lista unitaria del CentroDestra unito (Salvini-Berlusconi-Meloni) a difesa dei nostri diritti e dei nostri doveri

In questi ultimi giorni di campagna elettorale all’estero (le schede stanno per arrivare a tutti per via postale) assistiamo ad una curiosa negazione dei fatti accaduti negli ultimi 4 anni e mezzo da parte della totalità dei candidati delle sinistre italiane.
Un improvviso vuoto di memoria sul tema JUS SANGUINIS ha colpito i candidati lettiani e contiani, le sinistre (PD e Movimento 5 Stelle) si sono dimenticati che i loro partiti hanno recentemente presentato Disegni di Legge che prevedevano la forte riduzione (a 2 generazioni) o la completa cancellazione della trasmissione di cittadinanza italiana per JUS SANGUINIS.
Se le loro proposte di legge fossero state approvate il contraccolpo per milioni di italiani residenti all’estero sarebbe stato terribile, violentissimo, a moltissimi futuri nascituri italiani nati all’estero sarebbe stata negata la cittadinanza dei loro genitori, nonni o parenti italiani oltre il secondo grado.
La loro terribile colpa, per le sinistre, sarebbe stata quella di essere nati all’estero, di avere magari una seconda cittadinanza da un genitore non italiano, di essere nati su suolo estero oppure per l’avere un nonno o una nonna che si erano dimenticati di trascrivere l’atto di nascita del loro padre o della loro madre.
Puniti dalle sinistre per non essere stati considerati, molto probabilmente, futuri elettori di sinistra.
I disegni di legge del PD e del M5S sono stati discussi, all’interno della proposta di legge grimaldello sullo JUS SCHOLAE nel mese di Giugno 2022, poche settimane fa, e solo la caduta repentina del Governo Draghi ne ha determinato la (provvisoria) archiviazione.
Ora queste stesse sinistre chiedono il voto a tutti gli italiani emigrati all’estero, omettendo accuratamente di parlare della polpetta (giuridica avvelenata che avevano preparato loro per i loro discendenti. Alla vergogna non c’è limite, è proprio vero).
Il pericolo legato alla cancellazione delle norme che prevedono la trasmissione della Cittadinanza per JUS SANGUINIS, pericolo solo al momento scampato, va evitato votando per chi si è sempre battuto per la trasmissione della cittadinanza per linea parentale, votando pertanto per il CentroDestra e per chi si è SEMPRE BATTUTO per la difesa di questo sacrosanto diritto. Per noi, per i nostri figli e per i giovani italiani che verranno.
Personalmente mi sono sempre battuto per la difesa dello JUS SANGUINIS, l’ho fatto anche  (e ovviamente non solo) perché sono di famiglia istriana, l’ho fatto perché questa norma ha permesso nel recente passato a decine di migliaia di italiani nati in ISTRIA di ottenere la cittadinanza che fu dei loro padri e nonni.
Chiedo pertanto a tutti coloro che ritengano che i nostri diritti debbano essere difesi anche attraverso la storia dei candidati che negli anni hanno speso ogni loro energia per il loro credo e per le loro convinzioni di votare per la lista “Salvini-Berlusconi-Meloni” in ognuno delle quattro Circoscrizioni Elettorali all’estero (Europa, America del Nord, America del Sud e Oceania/Asia/Africa).
Per quanto riguarda l’Europa, chiedo anche di apporre nella scheda celeste per il SENATO la preferenza personale, a fianco del simbolo previamente barrato, scrivendo il mio cognome ZEHENTNER.
Sono momenti storici, votiamo e facciamo votare la lista “Salvini-Berlusconi-Meloni” anche dai nostri figli più giovani, spieghiamo loro ne va del loro futuro.
Alessandro Zehentner
Candidato al Senato in Europa per la lista “Salvini-Berlusconi-Meloni”
Mario Draghi & C. non si preoccupano degli Stinger che mandiamo in Ucraina?

Mario Draghi & C. non si preoccupano degli Stinger che mandiamo in Ucraina?

Leggero (10 chili) e relativamente semplice da usare, il FIM-92 Stinger è un missile terra-aria a puntamento passivo agli infrarossi. Può essere lanciato con un lanciatore spalleggiabile da un singolo uomo. Il FIM-92B ha una gittata efficace di circa 4 km e un’altezza massima di 3 km. Esistono tre varianti principali attualmente in uso: lo Stinger base, lo STINGER-Passive Optical Seeker Technique (POST) e lo STINGER-Reprogrammable Microprocessor (RMP).

L’amministrazione Reagan fornì gli Stinger ai combattenti anticomunisti dell’UNITA nei tardi anni ottanta e agli afghani per contrastare i Sovietici. In entrambi i casi, gli sforzi per recuperare i missili dopo la fine delle ostilità risultarono inefficaci. Secondo alcune speculazioni la ragione per cui gli Stinger non furono usati in attacchi successivi è che le batterie necessarie per far funzionare i lanciatori si sono esaurite. 16 di questi finirono nelle mani dell’Iran che ne acquisì la tecnologia. Il costo di uno stinger si aggira oggi intorno ai 200.000 euro al pezzo. Può essere sparato da un soldato che ha ricevuto solo una infarinatura tecnica. Dopo che è uscito dal suo tubo di lancio ricerca automaticamente i raggi infrarossi emessi dal motore di un aereo o di un elicottero.

Distribuire a pioggia questi ordigni, senza essere certi di in che mani finiranno è davvero una forma di follia collettiva, oltretutto contraria alla Costituzione, anche perché potrebbero essere acquisiti da organizzazioni terroristiche che potrebbero così abbattere un jet civile in fase di atterraggio o decollo. Oppure potrebbero lanciarlo su altri obiettivi civili, ponti e edifici.

Inoltre, la loro efficacia contro a jet ed elicotteri da combattimento moderni si è ridotta nel tempo, dato che sono tutti provvisti di flares e false sorgenti di calore che vengono emessi automaticamente per far perdere l’orientamento al razzo, che pure viaggia a velocità supersonica. Gli Ucraini potevano e possono ancora essere aiutati in maniera diversa.

 

I russi stanno per attaccare Kiev

I russi stanno per attaccare Kiev

 

Nelle prossime ore i carri armati e l’artiglieria russi attaccheranno Kiev, la capitale dell’Ucraina. I satelliti mostravano una fila lunga 60 chilometri di carri armati e veicoli in movimento che circonda Kiev.

I funzionari russi hanno detto il 1 marzo che l’esercito lancerà attacchi a siti a Kiev, la più grande città dell’Ucraina, dopo che l’Ucraina ha accusato la Russia di esplosioni nella sua seconda città più grande.

Il ministero della Difesa russo afferma che i militari colpiranno i siti di Kiev appartenenti ai servizi di sicurezza dell’Ucraina e un’unità di operazioni speciali, secondo le agenzie di stampa statali.

Il ministero ha detto che gli attacchi erano volti a contrastare “attacchi informatici contro la Russia”, invitando gli ucraini a evacuare le aree intorno ai siti. Catturare Kiev, che ha circa 2,8 milioni di abitanti, è un obiettivo principale dell’esercito russo, secondo i funzionari ucraini, americani e britannici.

“Per il nemico, Kyiv è l’obiettivo chiave”, ha detto in un messaggio durante la notte il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che è rimasto nella capitale a guidare gli ucraini. “Li neutralizzeremo tutti”. Le truppe russe hanno sparato con l’artiglieria contro Kiev e la città portuale meridionale di Mariupol, mentre la parte ucraina ha abbattuto aerei militari russi intorno alla capitale, ha detto il consigliere presidenziale Oleksiy Arestovych in un briefing. L’Ucraina ha anche riferito di attacchi a Charkiv, la seconda città più grande del paese.

Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha detto che “barbari attacchi missilistici russi” hanno preso di mira la centrale Piazza della Libertà e i quartieri residenziali di Charkiv, nel sesto giorno dell’invasione russa dell’Ucraina. Kuleba ha accusato il presidente russo Vladimir Putin di compiere crimini di guerra. I civili sono stati segnalati tra le decine di persone uccise a Charkiv, secondo l’Ucraina.Un video condiviso da funzionari ucraini ha mostrato una massiccia palla di fuoco e grandi pennacchi di fumo nero che sembravano avvolgere diverse auto civili.

Il capo della regione di Charkiv, Oleg Synegubov, ha detto che gli attacchi missilistici hanno colpito aree residenziali.

“Tali attacchi sono un genocidio del popolo ucraino, un crimine di guerra contro la popolazione civile! Ha detto Synegubov, notando che la difesa della città stava ancora tenendo.

Le forze russe sono entrate per la prima volta a Charkiv domenica mattina, ma il sindaco di Charkiv ha detto che l’Ucraina ha ripreso il controllo della città in serata. Oksana Markarova, l’ambasciatore ucraino negli Stati Uniti, ha detto dopo aver incontrato i membri del Congresso a Washington che i russi hanno usato una bombe a grappolo, oltre ai missili.

“Oggi hanno usato la bomba che in realtà è vietata dalle convenzioni di Ginevra. Quindi, sapete, la devastazione che la Russia sta cercando di infliggere all’Ucraina è grande. Ma noi ucraini resisteremo. Stiamo difendendo la nostra casa. Non abbiamo altre opzioni. Non ci stancheremo. Non ci fermeremo. Non ci arrenderemo”, ha detto.

“L’esercito russo non occupa il territorio ucraino; prende tutte le misure per preservare la vita e la sicurezza dei civili. Vorrei sottolineare che gli scioperi sono effettuati solo su obiettivi militari e utilizza esclusivamente armi di precisione”, ha detto Sergei Shoigu, ministro della difesa russo, in un briefing a Mosca.

“Le forze russe, durante le operazioni speciali, non conducono alcun attacco contro infrastrutture civili o aree residenziali; questo è fuori questione. Stiamo parlando solo della smilitarizzazione dell’Ucraina e delle strutture militari. Non dobbiamo dimenticare che nella maggior parte dei casi che voi tirate in ballo, sono gli spari di questi gruppi nazionalisti”, ha aggiunto Dmitry Peskov, portavoce di Putin. La Corte penale internazionale sta cercando l’approvazione per indagare sui presunti crimini di guerra commessi dalla Russia in Ucraina. I funzionari russi hanno sostenuto che la parte ucraina sta usando i civili come scudi umani e hanno collocato le armi, compresi i mortai, nei cortili degli edifici residenziali e vicino alle scuole. Peskov ha anche sottolineato che le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e da altri paesi non cambieranno il corso della Russia in Ucraina. La Russia dice che sta cercando di “denazificare” l’Ucraina e che l’ha invasa perché il paese vicino non rispettava i patti raggiunti anni fa. L’Ucraina dice che l’invasione non è giustificata e ha chiesto a Putin di ordinare il ritiro completo delle truppe. I colloqui per il cessate il fuoco sono terminati il 28 febbraio senza risultati immediati. Un secondo round, hanno riferito i media ucraini, è stato fissato per il 2 marzo.

 

Primo Round dello scontro diplomatico fra Russia e Ucraina. Questo è il risultato.

Primo Round dello scontro diplomatico fra Russia e Ucraina. Questo è il risultato.

Medisky

I negoziati tra funzionari russi e ucraini in un paese terzo il 28 febbraio non hanno prodotto alcun risultato, questo hanno detto negoziatori dopo la conclusione dei colloqui.

Il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky hanno inviato dei propri uomini di fiducia come intermediari, mentre le forze russe e ucraine continuano a combattere in Ucraina, anche vicino alla capitale, Kiev. I negoziati si sono tenuti in Bielorussia, un apese che ha consentito alle forze russe di transitare durante la guerra.

Mykhailo Podolyak, un consigliere di Zelensky, ha detto ai giornalisti dopo il termine dei colloqui che l’obiettivo primario era quello di discutere un cessate il fuoco.

“Le parti hanno determinato diversi argomenti prioritari sui quali sono state previste alcune decisioni”, ha detto Podolyak. “Le parti stanno tornando alle loro capitali per avere la possibilità di attuare queste decisioni. Le due parti hanno discusso della possibilità di tenere nel più breve tempo possibile un secondo round di negoziati durante le quali queste questioni saranno sviluppate praticamente”.

Podolyak ha poi scritto su Twitter: “I negoziati sono difficili. Tuttavia, senza alcun ultimatum. Purtroppo, la parte russa è ancora estremamente prevenuta riguardo ai processi distruttivi che ha lanciato”.

Vladimir Medinsky, che tempo fa era stato accusato di plagio delle sua tesi dottorale, guidava la delegazione russa. Egli ha detto che i colloqui di cinque ore hanno incluso la ricerca di punti di accordo anche non specificati dell’ordine del giorno e un accordo per continuare i negoziati.

“Il prossimo incontro avrà luogo nei prossimi giorni al confine polacco-bielorusso. C’è già un accordo rilevante. Prima dell’incontro, entrambe le delegazioni, o meglio i leader di entrambe le delegazioni, si consulteranno con i presidenti dei loro paesi riguardo alle loro posizioni negoziali”, ha detto Medinsky.

Il capo della delegazione russa Vladimir Medinsky e il negoziatore ucraino Mikhailo Podolyak, hanno perlomeno posto dei deboli paletti. A Washington, Ned Price, un portavoce del Dipartimento di Stato americano, ha detto che gli Stati Uniti sostengono il tentativo dell’Ucraina di raggiungere una risoluzione diplomatica del conflitto, ma ha aggiunto che è difficile stringere un patto mentre i combattimenti sono in corso.

Le truppe russe, su ordine di Putin, sono entrate in Ucraina il 24 febbraio e si sono mosse verso Kiev nei giorni successivi. I combattimenti hanno avuto luogo intorno a Kiev, Charkiv e altre grandi città. Mentre i negoziati si svolgevano, altri funzionari sono apparsi alle Nazioni Unite a New York.

Sergiy Kyslytsya, l’ambasciatore ucraino all’ONU, ha detto ai rappresentanti riuniti che l’Assemblea Generale dell’ONU “dovrebbe essere ferma nel chiedere alla Federazione Russa di fermare la sua offensiva contro l’Ucraina come un atto di aggressione contro a uno stato sovrano e indipendente”.

L’assemblea dovrebbe chiedere alla Russia di ritirare immediatamente e incondizionatamente le sue truppe dall’Ucraina e annullare il riconoscimento di porzioni di Ucraina orientale come indipendenti, ha detto, così come riconoscere “il ruolo infido tenuto dalla Bielorussia” nel conflitto.

Nikolajevska in fiamme, dove i nostri alpini respinsero i russi

Vassily Nebenzia, ambasciatore della Russia alle Nazioni Unite, ha poi detto che la crisi è stata precipitata dalle azioni dell’Ucraina, tra cui la violazione degli obblighi previsti dall’accordo di Minsk raggiunto nel 2014.

“I nostri colleghi occidentali hanno spudoratamente inondato il paese di armi, hanno inviato al paese istruttori e hanno effettivamente incitato gli ucraini, che stanno affrontando un contingente militare forte di 120.000 unità, e li hanno spinti a impegnarsi in provocazioni armate contro il Donbas”, ha detto, riferendosi a una delle regioni, aggiungendo che l’esercito della Russia “non rappresenta una minaccia per i civili dell’Ucraina, non sta bombardando aree civili e zone e città dove le forze armate russe hanno preso il controllo, e queste aree vedono i cittadini vivere la loro vita normalmente.”

Non pare possibile che la Russia accetti nulla di meno della conferma del suo possesso della Crimea, della autonomia del Donbass e dell’esclusione della Nato dall’Ucraina. Solo sul resto si potrà discutere.