Pesanti pene detentive a Hong Kong per i leader della “Rivoluzione degli Ombrelli”

Pesanti pene detentive a Hong Kong per i leader della “Rivoluzione degli Ombrelli”

Joshua Wong

Avevamo vissuto questo dramma, che aveva scosso Hong Kong, dal di dentro e da subito eravamo stati contrari a queste proteste violente, spinte da personaggi potenti rimasti nell’ombra e che volevano sovvertire una società prospera e pacifica come quella di Hong Kong. Il loro obiettivo era di voler destabilizzare il regime comunista cinese. Una follia! Forse la causa era buona ma la strategia era completamente sbagliata.

Ieri, 18 novembre 2024, i capetti di questa rivolta, pedine su di un’ampia scacchiera, sono stati condannati a pesanti pene detentive. Credevano di poterla fare franca e questo mostra la loro profonda ignoranza. La vecchia e pacifica Hong Kong, a causa loro, è morta e con lei il sogno di poter mutare la Cina per portarla verso uno sviluppo più armonioso e democratico. Hanno vandalizzato il Parlamento e attaccato chiunque dissentisse dalle loro posizioni radicali, utilizzando la violenza per radicalizzare la lotta e illudendosi che Stati Uniti e i paese europei li avrebbero seguiti giù per questa strada chiusa.

Un grave errore di calcolo, per raggiungere il successo avrebbero dovuto utilizzare la via dell’amore e della diplomazia nei confronti della Cina. Questo lo abbiamo sempre sostenuto in venticinque anni di articoli e interviste, temevamo di aver ragione e i fatti lo provano.

Benny Tai

L’ex accademico legale Benny Tai Yiu-ting è stato incarcerato per 10 anni per aver cospirato per sovvertire il potere dello Stato dopo aver avviato un’elezione legislativa “primaria” non ufficiale nella speranza di far cadere il governo di Hong Kong quattro anni fa. Il sessantenne ex professore dell’Università di Hong Kong è stato uno dei 45 politici e attivisti dell’opposizione condannati martedì dal tribunale di West Kowloon, su un gruppo di 47 perseguiti in un caso storico di sicurezza nazionale per le elezioni non ufficiali del luglio 2020. Gli altri 44 imputati, la maggior parte dei quali erano stati candidati alle elezioni primarie, sono stati incarcerati per pene comprese tra i quattro anni e due mesi e i sette anni e nove mesi. Il caso contro due dei 47 è stato precedentemente archiviato.

I tre giudici dell’Alta Corte hanno adottato un punto di partenza di 15 anni di reclusione per Tai, dopo averlo considerato un “colpevole principale” del complotto di sovversione, che ha cercato di creare una “crisi costituzionale” dopo aver preso il controllo della legislatura. Gli sono stati inflitti 10 anni di carcere, dopo avergli tolto un terzo per la sua tempestiva ammissione di colpevolezza.

Claudia Mo

Tai è salito all’attenzione dell’opinione pubblica quando nel 2014 ha lanciato l’idea del movimento Occupy Central per una maggiore democrazia, che alla fine ha paralizzato parti della città per 79 giorni e ha causato danni materiali per miliardi di dollari

L’ex legislatore Au Nok-hin e gli ex consiglieri distrettuali Andrew Chiu Ka-yin e Ben Chung Kam-lun, che hanno organizzato il sondaggio non ufficiale con Tai, sono stati incarcerati per un periodo compreso tra sei anni e un mese e sette anni per aver coordinato i potenziali candidati e aver fornito assistenza amministrativa. Tutti e tre si erano trasformati in testimoni dell’accusa e avevano testimoniato contro altri membri dell’opposizione nella speranza di ottenere sentenze più clementi. Il tribunale ha applicato al trio pene iniziali comprese tra i 12 e i 15 anni di carcere, dopo aver constatato che, come Tai, appartenevano alla categoria più grave di “colpevoli principali” nell’ambito del regime di condanna a tre livelli previsto dalla legge sulla sicurezza nazionale. Ma i giudici hanno acconsentito a concedere loro sconti di pena dal 49 al 55% in riconoscimento della loro assistenza all’accusa nel processo e dei fattori attenuanti individuali.

L’attivista Joshua Wong Chi-fung – tra i 31 imputati che si sono dichiarati colpevoli – è stato condannato a 56 mesi. Tuttavia, la Corte non ha trovato alcuna ragione per ridurre ulteriormente la sua condanna a sette anni, a parte la riduzione automatica di un terzo per la sua dichiarazione di colpevolezza tempestiva, notando che Wong aveva subito molteplici condanne in passato e non aveva commesso il reato attuale per errore. La corte ha inoltre rifiutato di concedere ulteriori riduzioni in quanto non poteva condannarlo in un’unica soluzione per tutti i suoi reati, compresi quelli commessi durante le proteste antigovernative del 2019.

Owen Chow

L’ex giornalista diventata legislatrice Claudia Mo Man-ching, 67 anni, è stata incarcerata per quattro anni e due mesi dopo essersi dichiarata colpevole del reato. Mo, che in precedenza aveva la cittadinanza britannica, ha attirato l’attenzione dei legislatori britannici, che hanno chiesto il suo rilascio per consentirle di ricongiungersi con il marito, il giornalista Philip Bowring.

I tre giudici hanno iniziato a condannare Mo a sette anni dopo aver respinto l’argomentazione del suo avvocato secondo cui non avrebbe partecipato attivamente allo schema, citando il suo precedente impegno a porre un veto indiscriminato al bilancio se fosse stata eletta. La corte ha ridotto la pena di un terzo per riflettere la sua dichiarazione di colpevolezza e ha concesso un’ulteriore riduzione di sei mesi alla luce del suo passato di servizio pubblico come ex legislatore e della sua ignoranza della legge.

Anche l’ex presidente del Partito Democratico Wu Chi-wai e l’ex leader del Partito Civico Alvin Yeung Ngok-kiu hanno ammesso il reato di cospirazione prima del processo, ricevendo rispettivamente quattro anni e cinque mesi e cinque anni e un mese di carcere. Gli ex legislatori Helena Wong Pik-wan, Lam Cheuk-ting, “Capelli lunghi” Leung Kwok-hung e Raymond Chan Chi-chuen sono stati tra i 14 imputati condannati dopo il processo e sono stati incarcerati per pene comprese tra i sei anni e sei mesi e i sei anni e nove mesi. Gli attivisti Gwyneth Ho Kwai-lam, Owen Chow Ka-shing e Winnie Yu Wai-ming, affiliati a una fazione localista più radicale, sono stati incarcerati da 81 a 93 mesi dopo essersi dichiarati non colpevoli dell’accusa. Il tribunale ha ordinato che la pena detentiva di Chow, pari a sette anni e nove mesi, venga scontata consecutivamente a un precedente caso in cui era stato incarcerato per cinque anni e un mese per aver preso parte a una rivolta presso il Consiglio legislativo nel luglio 2019, il che significa che l’attivista dovrà trascorrere un totale di 12 anni e 10 mesi dietro le sbarre. I giudici hanno notato che Chow è stato uno dei tre promotori di una dichiarazione online, intitolata “Resistenza risoluta, inchiostrata senza rimpianti”, in cui i firmatari si impegnavano a rispettare il piano di Tai di porre indiscriminatamente il veto al bilancio del governo una volta eletto nella legislatura.

Ng Kin-wai

L’ex giornalista Ho, che ha scelto di non chiedere clemenza, è stato incarcerato per sette anni, la seconda condanna più pesante tra i partecipanti alle elezioni primarie. In un post sui social media caricato poco dopo il verdetto dai suoi amici, Ho ha sostenuto che la narrazione proposta dall’accusa non era “solo una distorsione dei fatti o una minaccia per l’opinione pubblica”, ma costringeva anche gli accusati a “rinnegare le loro esperienze di vita”.
Il commerciante Mike Lam King-nam, che ha annullato la sua precedente dichiarazione di non colpevolezza ed è diventato testimone dell’accusa, è stato condannato a cinque anni e due mesi di carcere dopo che i giudici hanno rifiutato di concedergli un’ulteriore riduzione per aver testimoniato al processo.

La pena per i partecipanti che si sono dichiarati non colpevoli variava da sei anni e sei mesi a sette anni e nove mesi. Owen Chow ha ricevuto la pena più pesante di sette anni e nove mesi.

Secondo l’ordinanza sulla salvaguardia della sicurezza nazionale, la controparte nazionale della legge sulla sicurezza nazionale, nessun detenuto condannato per tali reati può essere rilasciato anticipatamente a meno che il commissario del servizio correzionale non ritenga che la decisione non comprometta gli interessi del Paese.

La nuova regola significa che la maggior parte dei 45 imputati dovrà scontare interamente la propria pena prima di essere rilasciati.

 

La mia sensazione: Trump vincerà. E con un margine piuttosto netto. Ecco perché

La mia sensazione: Trump vincerà. E con un margine piuttosto netto. Ecco perché

I giovani non  ricordano la campagna elettorale dalla quale uscì vincitore Ronald Regan, noi la ricordiamo. I toni erano simili agli attuali (con meno turpiloquio) e i liberals, inclusi quelli che apparivano sulla RAI, dicevano che era troppo conservatore e troppo vecchio, che parlava alla pancia del Paese, non ai giovani. Poi Regan vinse, non avevano capito nulla del voto negli USA…

Ecco come vedo le prossime elezioni negli USA, nonostante tutte le stupidaggini che ci propina la TV:

1. Il problema più grande che la gente deve affrontare è l’inflazione. La famiglia media di lavoratori ha difficoltà ad arrivare a fine mese. Attribuiscono la colpa alla coppia Biden e Harris.

2. L’idea che Trump sia Hitler non conta nulla. Nel 2020 sembrava più autoritario. Ora, è circondato da RFK, Elon, JD, Tulsi ecc. gente che non ha problemi a rispondergli che sta sbagliando, quando sbaglia.

3. La gente non vuole più guerre. I democratici sembrano più falchi dei repubblicani.

4. Kamala è oggettivamente poco attraente. Biden almeno era un personaggio conosciuto. Kamala sembra avere problemi di alcolismo. I suoi schiamazzi e le sue risate a fauci aperte sono orribili.

5. I cripto/Bitcoin sono elettori monotematici e questo conta. I bookmakers puntano su Trump: per 100 dollari puntati su Trump ne vinci 165, se ne punti 100 su Kamala ne vinci 240.

6. I collegi elettorali giocano a favore di Trump. Penso che otterrà uno tra WI, MI, PA. Ma forse tutti e tre.

7. L’America ama i ritorni di chi è caduto in basso e si rialza. Trump è quel genere di uomo.

8. La gente è stufa dell’immigrazione illegale

 

Perché la raccolta di firme contro l’autonomia differenziata da parte del PD e della CGIL non serve a nulla

Perché la raccolta di firme contro l’autonomia differenziata da parte del PD e della CGIL non serve a nulla

Senza entrare nel merito della nuova legge sull’Autonomia Differenziata (legge del 26 giugno 2024) di cui neppure conosco i termini, mi sento di dire che la campagna per la sua abolizione tramite referendum popolare lanciata dal PD, Cinque Stelle, verdi e CGIL non mi pare aver nessun fine concreto.

Il PD e i Cinque Stelle sono forze parlamentari che possono utilizzare il parlamento per modificare questa legge o abolirla, una volta che avranno il giusto mandato dall’elettorato. E se l’elettorato troverà dei meriti nella loro proposta allora li voterà, dandogli la maggioranza. Non ha nessun senso by-passare il Parlamento come farebbe una commissione referendaria, a differenza di una forza legislativa.

Penso che esistano dubbi sull’ammissibilità costituzionale di tale referendum, infatti: “Sono escluse dal referendum abrogativo le leggi tributarie, di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Non è possibile abrogare disposizioni di rango costituzionale, gerarchicamente sovraordinate alla legge ordinaria”.

Inoltre, sarà necessario che il referendum, se passerà il vaglio della Corte Costituzionale, perché sia valido, debba raggiungere il quorum di validità e cioè devono partecipare alla votazione la maggioranza degli aventi diritto al voto. Perché la norma oggetto del referendum stesso sia abrogata deve essere raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi, ossia il 50% + 1 dei voti. Questo sarà pressoché impossibile, come ci dice l’esperienza dei decenni passati.

Dunque, questa storia della raccolta delle firme sposata dal PD e da altri, pare essere solo una trovata per poter giocare. Serve una volpe per fare una caccia alla volpe.

 

 

Massimo Mariotti diventa capogruppo di FdI al posto di Polato in consiglio comunale

Massimo Mariotti diventa capogruppo di FdI al posto di Polato in consiglio comunale

 

Massimo Mariotti viene promosso capogruppo di Fratelli d’Italia nel Consiglio Comunale di Verona. Subentra a Daniele Polato, che intende concorrere alle prossime elezioni europee, dove sarà uno dei favoriti.

Massimo Mariotti possiede una lunga esperienza in Comune e questa, crediamo, non è una buona notizia per la deludente giunta del sindaco Damiano Tommasi, che si troverà a fronteggiare un veterano della Vecchia Guardia, che conosce alla perfezione tutti i meccanismi dell’amministrazione di Palazzo Barbieri.

Massimo Mariotti, ora vicepresidente di Verona Mercato e nel direttivo di ZAI, si è già distinto in passato nella amministrazione di Acque Veronesi e di SERIT, riuscendo a riportare in attivo le due società e rendendole modelli di efficienza.

La redazione di Giornale Cangrande si complimenta con Massimo Mariotti, augurandogli un buon lavoro.

Siamo sicuri che ci sia Putin dietro alla morte di Navalny? L’opinione di Lilin

Siamo sicuri che ci sia Putin dietro alla morte di Navalny? L’opinione di Lilin


Nicolai Lilin, pseudonimo di Nicolai Verjbitkii, è nato il 12 febbraio 1980 ed è uno scrittore moldavo naturalizzato italiano.

Nel 2004 si trasferì in Italia, in Piemonte, tra Cuneo e Torino, a Cavallerleone, poi dal 2010 a Milano. Oltre a dedicarsi alla scrittura di romanzi, ha un laboratorio artistico a Milano, Kolima Art Studio. Ha scritto per L’Espresso, XL di Repubblica e per altre testate. Non è un filo putiniano o un filo russo.

“Navalny, morto a 47 anni,  non è mai stato un politico, ed  è sbagliato dire che fosse un oppositore di Putin”. Lo dichiara all’ANSA Nicolai Lilin, nel giorno della morte in carcere di Navalny, andando molto controcorrente rispetto alla narrativa generale, che lo presenta come una vittima di un dittatore.

“Navalny era uno strumento di propaganda, ma non un elemento politico, perché l’elemento politico comprende l’esistenza di un programma, di un’ idea politica” ciò che Navalny non aveva. Era un blogger che attraverso i social diffondeva le proprie opinioni. È nato nell’ambiente dell’estrema destra russa, era un nazista”.

“Quando Putin ha massacrato tutti i nazisti, Navalny ha trasformato sé stesso in un progetto da vendere. Lavorava con una grande squadra di professionisti, hanno fatto un blog, notiziari, piattaforme social e così via. Era una organizzazione che ha cominciato a ricevere sponsorizzazioni dall’Occidente e Navalny, da nazista, si è trasformato in un libertario” incalza Lilin.

“È sbagliato partire presentandolo come un oppositore di Putin, lui era un elemento di disturbo in Russia che lavora per gli interessi del mercato Occidentale. Per questo è stato internato nel carcere. Io sono contrario a questo, ma sappiamo che la Russia funziona così, è un sistema autoritario e se ti comporti in un certo modo viene punito in un certo modo. Poi, quello che è successo in carcere è un mistero”.

“Certo è però”, continua Lilin, “che a Putin la morte di Navalny in carcere non serviva proprio a nulla. A Putin Navalny serviva come un detenuto per mostrare a tutti che il sistema putiniano può usare la legge per reprimere coloro che cercano di sabotare il funzionamento dello Stato. A Putin non serviva ammazzarlo. C’era più interesse in Occidente per trasformarlo in martire e portarlo avanti come bandiera della libertà”.

Dunque, secondo Lilin, esiste la possibilità che Navalny sia stato ammazzato da forze ostili a Putin, interne o esterne, oppure che sia morto per cause naturali. Tertium non datur.

 

Dimenticare la “pace” israelo-palestinese  A questo punto, una “lunga tregua”, come in Bosnia, è la soluzione più fattibile

Dimenticare la “pace” israelo-palestinese A questo punto, una “lunga tregua”, come in Bosnia, è la soluzione più fattibile

 

 

di Leon Hadar

 

Ci risiamo. Un’altra guerra tra israeliani e palestinesi che contribuisce a suscitare nuove discussioni sul rilancio del “processo di pace”, mentre funzionari, legislatori, opinionisti e studiosi di tutto il mondo propongono questo o quel piano per portare finalmente la pace in Terra Santa.

Questa volta funzionerà. E se si tracciasse il confine qui, si eliminassero alcuni insediamenti ebraici là, si scambiasse questo territorio con quello, si permettesse ai rifugiati arabi di entrare e si trovasse un modo per dividere Gerusalemme e i luoghi santi, allora ebrei e arabi vivrebbero felici e contenti nel loro territorio condiviso.

C’è, ovviamente, la vecchia e affidabile soluzione dei due Stati. Ma, se non funzionerà, si potrà verificare la soluzione a uno Stato, perché non è forse chiaro che gli arabi-palestinesi e gli ebrei-israeliani sono pronti a vivere insieme come i francofoni e i fiamminghi in Belgio? Ma poi, ripensandoci, anche lì le cose non sono così belle come sembrano. Allora, che ne dite di una federazione o di una confederazione? E in un inchino allo spirito della globalizzazione, aggiungiamo poi che “firmeranno un accordo di libero scambio”.

Forse è arrivato il momento di smettere di elaborare la pace e di fantasticare che, parafrasando il profeta Isaia, i due popoli “trasformeranno le loro spade in aratri e le loro lance in ganci da potatura”, che “la nazione non alzerà più la spada contro nazione e non impareranno più la guerra”.

Invece, dobbiamo ridimensionare le nostre aspettative in un momento in cui gli israeliani devono ancora riprendersi dagli orrori del 7 ottobre e dal massacro di oltre 1.200 israeliani. Inoltre, gli arabi stanno assistendo alla distruzione di Gaza e alla morte di 16.000 palestinesi. Ecco, ora La ‘pace’ non è mai stata così lontana.

Il punto fondamentale è che israeliani e i palestinesi non sono pronti per una grande pace o riconciliazione tra i loro due popoli. Il meglio che possiamo sperare è una qualche forma di lunga tregua, che ponga fine alla guerra, al contrario di ciò che il Libro dei Giudici descrive nei periodi tra le guerre: “Così la terra ebbe riposo per quarant’anni”.

Da questo punto di vista, un possibile modello che potrebbe aiutare gli Stati Uniti e il resto della comunità internazionale a delineare la fine della guerra a Gaza e, nel processo, a porre le basi per una tregua israelo-palestinese, è rappresentato dagli Accordi di Dayton del 1995 o dal Accordo Generale per la Pace in Bosnia-Erzegovina.

Quel accordo pose fine alla Guerra di Bosnia, durata tre anni e mezzo, dando vita ad un unico Stato sovrano, noto come Bosnia-Erzegovina, composto da due parti, la Republika Srpska, a maggioranza serba, e la Federazione di Bosnia-Erzegovina, a maggioranza croato-bosniaca.

L’obiettivo primario del Accordo di Dayton era quello di fermare la guerra, e in realtà fu descritto come una misura temporanea, in attesa che venisse sviluppato un piano di pace a lungo termine, cosa che non avvenne mai. Si è trattato del trentacinquesimo tentativo di cessate il fuoco tra le parti in guerra, dopo altri trentaquattro tentativi falliti.

In effetti, l’Accordo di Dayton fermò il conflitto e da allora non c’è stata una ripresa della violenza, anche se alcune delle differenze fondamentali tra le parti che hanno causato il conflitto non sono mai state risolte. Non ha segnato l’inizio di un’era di pace nell’area, ma d’altronde, senza conflitti aperti o violenze, cosa si può chiedere di più?

 

La presenza militare internazionale, l’EUFOR Althea è responsabile della supervisione del rispetto degli aspetti del Accordo di Dayton. E l’opinione generale è che senza tale accordo, le tensioni radicate nel Paese riemergerebbero. Da questo punto di vista, la forza militare aiuta a coprire le fratture che devono ancora essere sanate. Non esistono dubbi sul fatto che, se si rimovessero le forze EUFOR Althea, la guerra ricomincerebbe.

Tuttavia, non ci sono stati conflitti aperti o violenze. Alcuni si riferiscono a questa “pace negativa” in contrapposizione a quella “positiva”, il tipo di pace che israeliani e palestinesi potrebbero utilizzare oggi per garantire che la loro terra si calmi per diversi anni.

 

Il Dr. Leon Hadar è un Senior Fellow presso il Foreign Policy Research Institute (FPRI) di Philadelphia e un ex ricercatore in studi di politica estera presso il Cato Institute. Ha insegnato all’American University di Washington e all’Università del Maryland, College Park. Opinionista e blogger di Haaretz (Israele) e corrispondente da Washington per il Business Times di Singapore, è un ex capo ufficio delle Nazioni Unite del Jerusalem Post.

Premiare l’Intelligenza. Un abile candidato per le elezioni regionali lombarde del 12-13 febbraio. Christian Garavaglia.

Premiare l’Intelligenza. Un abile candidato per le elezioni regionali lombarde del 12-13 febbraio. Christian Garavaglia.

Christian lo conosco da quando era bambino. Siamo entrambi nati a Turbigo. Poi io mi trasferii a Hong Kong, per lavoro e ci siamo un po’ persi di vista, ma non mi sono mai staccato dal mio paese natale.  Mio padre, Giambattista, fu il sindaco per 15 anni, con la DC di Marcora.
A quel tempo non esisteva la legge dei due mandati e quindi mio padre ne fece tre. Avrebbe potuto vincere anche il quarto, se non fosse stato per il cambio di percezione della politica che si ebbe, e credo che chi abbia più di 60 anni lo ricordi bene. Mio padre subì anche una minaccia a mano armata, davanti a casa e forse anche per questo motivo decise di appendere al chiodo la fascia tricolore e tornare a lavorare in una conceria locale, come semplice operaio.
A mio padre seguirono due sindaci, uno socialista e uno comunista, entrambi onesti e che si dedicarono al bene della nostra piccola comunità, fin quando non arrivò il rullo compressore di Mani Pulite (che forse tanto pulite non furono) che sconvolse anche la vita politica di Turbigo. Si ebbero delle ingiuste carcerazioni a San Vittore, e poi tutti furono liberati, assolti e indennizzati per la loro, ingiusta e ingiustificabile, detenzione.
Arrivarono poi nuovi uomini e nuovi amministratori, che fecero del loro meglio per ricomporre i cocci. Forse, il frutto migliore di quegli anni fu proprio Christian Garavaglia che, senza ombre e sospetti,  si è seduto per 24 anni in consiglio comunale e per due mandati fu il sindaco di Turbigo.
Christian Garavaglia è un economista, docente universitario di Economia Industriale all’Università di Milano-Bicocca e insegnante di Analisi Industriale all’Università Bocconi a Milano e Microeconomia all’Università Cattaneo LIUC a Castellanza. Giovanissimo, divenne docente universitario, senza alcuna spinta o favore, e si è sempre dedicato alla politica. Attualmente è il responsabile regionale del Dipartimento della Formazione di Fratelli d’Italia e sarà candidato alle elezioni regionali del 12-13 Febbraio nel collegio di Milano e provincia.
Con lui, questa volta, la politica non ha fallito: ha attratto un uomo degno e competente che, se fosse stato un egoista, si sarebbe dedicato solo al proprio lavoro e alla propria famiglia, invece di rischiare e di mettersi in gioco.
Chi qui scrive risiede in Veneto e, purtroppo, non potrà votarlo. Ma mi sento in dovere di presentare il suo nome a tutti gli amici e conoscenti di Lombardia.
Passata la sbornia dei 5stelle e di altri personaggi improvvisati, per i quali, secondo Grillo “uno vale l’altro”, è tempo di tornare con i piedi a terra e affidare il governo della Regione Lombardia, e della Nazione, a persone di buona volontà, ricche di esperienza e di intelligenza, virtù che abbondano nel nostro Christian, perché, come scriveva Luigi Einaudi “per legislare bisogna conoscere”.
Angelo Paratico
Ecco dove finiscono i finanziamenti all’Ucraina: arrestato il vice ministro Vasyl Lozynsky

Ecco dove finiscono i finanziamenti all’Ucraina: arrestato il vice ministro Vasyl Lozynsky

Pro e contro l'Euro

 

 

Il Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha promesso di agire contro la corruzione, sulla scia del licenziamento di un funzionario per appropriazione indebita, sottolineando che l’attenzione alla guerra non lo distoglierà dall’affrontare questo problema, endemico nel suo Paese.

La corruzione affliggeva l’Ucraina molto prima che la Russia lanciasse la sua invasione alla fine di febbraio. E mentre la lotta contro la Russia è stata l’obiettivo principale del governo di Zelensky, la corruzione è rimasta una priorità – soprattutto mentre armi e aiuti del valore di centinaia di milioni di dollari affluiscono nel Paese e il prezzo degli sforzi di ricostruzione è stimato in miliardi.

Zelensky, che è salito al potere nel 2019 con la promessa di ripulire la corruzione e trovare un accordo pacifico con la Russia, ha riconosciuto nel suo discorso notturno di domenica che il governo “si concentra principalmente sulla difesa, sulla politica estera e sulla guerra”.

“Ma questo non significa che non veda o non senta ciò che viene detto nella società a diversi livelli” citando le questioni relative all’energia e agli appalti militari, affermando che il suo governo “prenderà le misure forti necessarie”. Zelensky ha detto di sperare che il licenziamento di un viceministro per corruzione avvenuto domenica mandi un “segnale a tutti coloro le cui azioni o comportamenti violano il principio di giustizia. Voglio che questo sia chiaro: non ci sarà alcun ritorno a quello che c’era in passato”.

I funzionari della difesa occidentali riuniti in Germania non sono riusciti a raggiungere un accordo per l’invio di carri armati all’Ucraina. Si è trattato di una battuta d’arresto per le speranze di Kiev di ricevere rapidamente le armi che il Presidente Volodymyr Zelensky ha definito cruciali per la prossima fase della guerra. Emergono varie fratture entro alla NATO: L’alleanza occidentale ha tenuto duro, ma i disaccordi sulla strategia per il prossimo anno e su ciò di cui l’Ucraina ha bisogno in vista di una grande offensiva in primavera stanno emergendo pubblicamente.

Un elicottero si è schiantato in una palla di fuoco in un sobborgo di Kiev, uccidendo un membro del gabinetto del signor Zelensky e più di una dozzina di altre persone, e assestando un colpo alla leadership bellica dell’Ucraina. Lunedì, nel suo discorso notturno, Zelensky ha annunciato che d’ora innanzi sarà vietato ai funzionari governativi di viaggiare all’estero, per vacanza o per qualsiasi altro scopo non governativo, e che una procedura di attraversamento delle frontiere per i funzionari sarà decisa entro pochi giorni. Mentre il signor Zelensky non ha fatto il nome del funzionario licenziato, il Ministero delle Infrastrutture ucraino lo ha identificato come Vasyl Lozynsky, un viceministro. Il suo licenziamento è avvenuto dopo che la principale agenzia anticorruzione dell’Ucraina e l’ufficio del procuratore anticorruzione hanno “smascherato e fermato le attività di un gruppo criminale organizzato coinvolto nell’appropriazione indebita di fondi di bilancio”, secondo Oleksandr Kubrakov, ministro delle infrastrutture dell’Ucraina. L’agenzia, l’Ufficio Nazionale Anticorruzione dell’Ucraina, ha detto che il signor Lozynsky faceva parte di quel gruppo ed era stato smascherato mentre riceveva una tangente di 400.000 di dollari destinati a finanziare attrezzature e servizi. Pare che molti funzionari, oltre al vice ministro, siano già stati arrestati.

Perché Zelenski ci è così antipatico?

Perché Zelenski ci è così antipatico?

 

 

Il presidente ucraino Zelensky fu eletto con una piattaforma elettorale nella quale egli prometteva uno stabile accomodamento e la pace con la Russia. Non ha realizzato questo programma, a quanto pare, ma il suo contrario: l’Ucraina giace in rovina. Certo, l’invasore è Putin, non Zelensky, ma Putin aveva ammassato migliaia di carri armati alla frontiera con l’Ucraina e si era mosso in modo minaccioso. A un certo punto i servizi segreti statunitensi informarono Zelensky che i russi avrebbero lanciato un’invasione, ma egli disse che ciò era impossibile.

Se Zelensky fosse stato meno stupido e avesse avvertito il pericolo reale che l’invasione ci sarebbe stata davvero, avrebbe potuto manovrare in maniera diversa a livello internazionale, invece di ignorare il pericolo. Si dice che per litigare bisogna essere in due. Forse sarebbe bastato dichiarare pubblicamente che non sarebbero mai entrati nella NATO e che non avrebbero mai più compiuto manovre congiunte con la NATO (ne hanno tenute ben 3 nel 2021). Come ulteriore rassicurazione avrebbe potuto accettare la cessione della Crimea, una regione che con l’Ucraina c’entra come i cavoli a merenda, ma per la quale i russi hanno combattuto varie guerre nei secoli passati, una anche contro i piemontesi, mandati da Cavour. La decisione di collegare la Crimea all’Ucraina fu presa da Kruscev, per incomprensibili motivi, in un periodo in cui l’Ucraina era parte dell’Unione Sovietica e nel quale tutti pensavano che sarebbe durata per mille anni.

L’Ucraina non potrà mai battere la Russia e dato che, di solito, i russi vincono le loro guerre in inverno, è probabile che il martellamento delle posizioni ucraine durerà ancora a lungo e verrà seguito da un attacco russo a tenaglia, forse anche con il coinvolgimento della Bielorussia, che chiuderà in una sacca Kiev. Così, quando l’Ucraina sarà ridotta in un gigantesco cumulo di macerie, Zelensky o chi per lui, dovranno comunque sedersi a un tavolo e accettare la resa.

Questa guerra pare una ripetizione dell’inizio del II conflitto mondiale, quando Chamberlain diede un assegno in bianco alla Polonia, a quel tempo guidata da uomini che non fecero abbastanza per fermare Hitler, credendo di potergli tenere testa e si fecero forti della bancabilità dell’assegno che portavano in tasca. L’assegno lo mandarono all’incasso e la Gran Bretagna e la Francia furono costrette a onorarlo. Il maldestro tentativo di Zelensky di addossare la responsabilità alla Russia, per il missile caduto in Polonia, dovrebbe aprire gli occhi di tutti coloro che non vogliono veder morire i propri figli per Danzica.

Angelo Paratico

Alessandro Zehentner: Jus Sanguinis, la lista unitaria del CentroDestra unito (Salvini-Berlusconi-Meloni) a difesa dei nostri diritti e dei nostri doveri

Alessandro Zehentner: Jus Sanguinis, la lista unitaria del CentroDestra unito (Salvini-Berlusconi-Meloni) a difesa dei nostri diritti e dei nostri doveri

In questi ultimi giorni di campagna elettorale all’estero (le schede stanno per arrivare a tutti per via postale) assistiamo ad una curiosa negazione dei fatti accaduti negli ultimi 4 anni e mezzo da parte della totalità dei candidati delle sinistre italiane.
Un improvviso vuoto di memoria sul tema JUS SANGUINIS ha colpito i candidati lettiani e contiani, le sinistre (PD e Movimento 5 Stelle) si sono dimenticati che i loro partiti hanno recentemente presentato Disegni di Legge che prevedevano la forte riduzione (a 2 generazioni) o la completa cancellazione della trasmissione di cittadinanza italiana per JUS SANGUINIS.
Se le loro proposte di legge fossero state approvate il contraccolpo per milioni di italiani residenti all’estero sarebbe stato terribile, violentissimo, a moltissimi futuri nascituri italiani nati all’estero sarebbe stata negata la cittadinanza dei loro genitori, nonni o parenti italiani oltre il secondo grado.
La loro terribile colpa, per le sinistre, sarebbe stata quella di essere nati all’estero, di avere magari una seconda cittadinanza da un genitore non italiano, di essere nati su suolo estero oppure per l’avere un nonno o una nonna che si erano dimenticati di trascrivere l’atto di nascita del loro padre o della loro madre.
Puniti dalle sinistre per non essere stati considerati, molto probabilmente, futuri elettori di sinistra.
I disegni di legge del PD e del M5S sono stati discussi, all’interno della proposta di legge grimaldello sullo JUS SCHOLAE nel mese di Giugno 2022, poche settimane fa, e solo la caduta repentina del Governo Draghi ne ha determinato la (provvisoria) archiviazione.
Ora queste stesse sinistre chiedono il voto a tutti gli italiani emigrati all’estero, omettendo accuratamente di parlare della polpetta (giuridica avvelenata che avevano preparato loro per i loro discendenti. Alla vergogna non c’è limite, è proprio vero).
Il pericolo legato alla cancellazione delle norme che prevedono la trasmissione della Cittadinanza per JUS SANGUINIS, pericolo solo al momento scampato, va evitato votando per chi si è sempre battuto per la trasmissione della cittadinanza per linea parentale, votando pertanto per il CentroDestra e per chi si è SEMPRE BATTUTO per la difesa di questo sacrosanto diritto. Per noi, per i nostri figli e per i giovani italiani che verranno.
Personalmente mi sono sempre battuto per la difesa dello JUS SANGUINIS, l’ho fatto anche  (e ovviamente non solo) perché sono di famiglia istriana, l’ho fatto perché questa norma ha permesso nel recente passato a decine di migliaia di italiani nati in ISTRIA di ottenere la cittadinanza che fu dei loro padri e nonni.
Chiedo pertanto a tutti coloro che ritengano che i nostri diritti debbano essere difesi anche attraverso la storia dei candidati che negli anni hanno speso ogni loro energia per il loro credo e per le loro convinzioni di votare per la lista “Salvini-Berlusconi-Meloni” in ognuno delle quattro Circoscrizioni Elettorali all’estero (Europa, America del Nord, America del Sud e Oceania/Asia/Africa).
Per quanto riguarda l’Europa, chiedo anche di apporre nella scheda celeste per il SENATO la preferenza personale, a fianco del simbolo previamente barrato, scrivendo il mio cognome ZEHENTNER.
Sono momenti storici, votiamo e facciamo votare la lista “Salvini-Berlusconi-Meloni” anche dai nostri figli più giovani, spieghiamo loro ne va del loro futuro.
Alessandro Zehentner
Candidato al Senato in Europa per la lista “Salvini-Berlusconi-Meloni”