Lasciate perdere “Mussolini il Capobanda” di Cazzullo e “Gli Ultimi Giorni dell’Europa” di Scurati. Leggete “Mussolini in Giappone” di Angelo Paratico

Lasciate perdere “Mussolini il Capobanda” di Cazzullo e “Gli Ultimi Giorni dell’Europa” di Scurati. Leggete “Mussolini in Giappone” di Angelo Paratico

di Ambrogio Bianchi

L’ennesima comparsata televisiva di Aldo Cazzullo per lanciare il suo insipido libro intitolato: “Mussolini il Capobanda” m’indigna al punto da scrivere ciò che qui scrivo. L’ho sfogliato e ne ho letto alcuni capitoli e mi è parso intriso di luoghi comuni, di banalità e di fatti storici difficilmente verificabili. Si tratta di un Mussolini riportato al 2022 e che si scopre impresentabile, ma i Franklin Delano, i Winston, i Giuseppe (Stalin) erano così presentabili? Questo autore mi pare una sorta di Severgnini con il turbo!

Dell’ennesima fatica del compagno Scurati neppure voglio accennare. Pur avendo Mussolini le sue pesantissime colpe, vorrei suggerire allo Scurati d’occuparsi d’altro nella vita, invece di lasciar segni sulla carta bianca.

Ora un consiglio per i lettori. Avevo già recensito un libretto, davvero aureo, del mio grande amico, Angelo Paratico, intitolato “Mussolini in Giappone” pubblicato dalla Gingko Edizioni, e che è stato recentemente premiato alla I edizione del Premio Mameli, a Montecatini Terme.

Ecco, vorrei dire che il libro di Paratico vale più dei due precedenti messi insieme, perché tocca argomenti storici verificabili, e criticamente rimette in discussione la figura di Mussolini, a 100 anni dalla marcia su Roma, creando una narrazione colma di poesia e di emozioni profonde. Questo è ciò che dovrebbe fare un romanziere, e non usare il suo libro come un’arma contundente, per rovesciare i fatti e annoiare i lettori, come fanno il Cazzullo e lo Scurati.

Quanto avevo da dire sul libro di Paratico, lo trovate in un articolo da me scritto e che trovate su di un blog storico del Corriere della Sera:

Mussolini in Giappone? | La nostra storia (corriere.it)

 

 

 

 

 

 

 

E se Giorgia Meloni fosse nel giusto con la sua citazione di San Francesco?

E se Giorgia Meloni fosse nel giusto con la sua citazione di San Francesco?

Carlo Petrini

«Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile»

Si sono sprecati sorrisetti ironici e battutine per questa citazione di San Francesco fatta da Giorgia Meloni. A scatenare il putiferio è stata la parola di un fraticello che avrebbe affermato che questa citazione non esiste nel corpus delle opere francescane, quasi che la gran parte di ciò che gli viene attribuito non fosse, in realtà, una raccolta di leggende popolari.

Ebbene, se si controlla in internet, questa frase la si trova un po’ ovunque e proprio con l’attribuzione a San Francesco d’Assisi. Dunque potrebbe benissimo essere aggiunta al suo corpus, in quanto sorta dal popolo spontaneamente. Oppure, d’ora in avanti, dovremo verificare prima con i custodi del francescanesimo risiedenti ad Assisi?

I “San Francesco” sono parecchi nella Chiesa Cattolica: San Francesco Saverio, San Francesco di Sales (patrono di scrittori e giornalisti) e via dicendo.

A molti personaggi storici vengono attribuite frasi delle quali non esiste traccia nei documenti, eppure paiono verosimili; basti pensare a Napoleone Bonaparte che, a Sant’Elena, smentì la gran parte di quelle che gli presentava Las Cases, dicendogli di non averle mai dette, ma che gli parevano in linea con ciò che pensava e diceva.

Questa, comunque,  mi pare una polemica oziosa, usata solo perché c’è di mezzo Giorgia Meloni, l’avesse detta un altro sarebbe andato tutto liscio.

Il Santo Padre Francesco, alla fine di questa Enciclica, prima di proporre le due preghiere conclusive (bellissima ed epocale la Preghiera per la nostra terra al n.264), sostiene di aver compiuto una «riflessione insieme gioiosa e drammatica». Mi sento di dire, però, che è la gioia a prevalere – e lo affermo da lettore non credente – seppur i presupposti siano profondamente dolorosi. È la gioia di poter credere in un cambiamento rivoluzionario, e in una nuova umanità. È la gioia che profondono le parole di Francesco, piene di speranza anche quando descrivono i peggiori disastri in cui versiamo.

E, infine, termina così:

Tornando a san Francesco, c’è una frase a lui attribuita che mi sembra una chiusa perfetta per ogni ragionamento attorno a questo scritto del Santo Padre: «Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile».

 

 

Dopo Teodolinda l’Italia avrà una reggente donna: Giorgia Meloni, che le somiglia.

Dopo Teodolinda l’Italia avrà una reggente donna: Giorgia Meloni, che le somiglia.

 

Le elezioni del 25 aprile 2022 hanno provocato vari scossoni, portando in Parlamento gente nuova. Il sistema elettorale noto come “Rosatellum” ha mostrato tutte le sue pecche, impedendo agli elettori di decidere da chi farsi rappresentare e precludendo al popolo di eleggere un proprio candidato. Questo è un meccanismo che non ha nulla di democratico. Eppure, in tutti questi anni, né i partiti di sinistra, né quelli di destra lo hanno cambiato. Infatti, per loro è un grosso vantaggio potersi scegliere i candidati, invece che farli scegliere al popolo. Questo alimenta sempre nuove disaffezioni, ma alle segreterie dei partiti va benissimo. Lo dimostra anche il fatto che non si è votato di lunedì mattina e, insulto scoperto da noi tutti ai seggi, per motivi di controllo la scheda viene gettata nella scatola da un responsabile di seggio, invece che dall’elettore. Che ci dovremo aspettare alle prossime elezioni? Un Kato (personaggio della Pantera Rosa di Peter Sellers) che ti aspetta dietro alla porta del seggio e che ti aggredisce, saltandoti sulla schiena e assestandoti due colpi di Karatè? Le emergenze per il nuovo governo sono tante e incombenti. La prima è il costo dell’energia, seconda è la scellerata guerra in Ucraina. Sono due grosse pietre che verranno gettate sul tavolo del prossimo Primo Ministro, che certamente sarà Giorgia Meloni.

Questa, in fondo, è la maggiore novità uscita delle ultime elezioni. L’ultima volta che una donna era stata a capo della nostra Italia era successo quattordici secoli fa, con Teodolinda, che a giudicare dai pochi ritratti esistenti, rassomiglia molto a Giorgio Meloni.

Teodolinda (Ratisbona, circa 570 – Monza, 22 gennaio 627) fu regina consorte dei Longobardi e reggente dal 616 al 624. Il vero capo dello Stato era il figlio Adaloardo (così come la Meloni regge il potere per conto di Mattarella). Perse il marito Autari, forse avvelenato, e si sposò con Agilulfo. Secondo Paolo Diacono, Agilulfo era molto prestante e un abile stratega; di ritorno da una spedizione bellica diede un bacio alla sua regina che stava banchettando e questa esclamò: “Ma perché baciarmi solo sulla bocca?”. Da ciò il sagace Agilulfo capì che da lui si voleva altro.

Ebbero un figlio maschio e lei governò una parte d’Italia per conto del figlio dalla capitale estiva dei Longobardi, Monza. Il figlio arrivò al potere ma fu deposto da un colpo di Stato e Teodolinda si ritirò a vita privata. Era molto popolare e veniva considerata una santa. Fu sepolta nel Duomo di Monza, dove ancora si trova il suo tesoro, fra cui la celebre Corona Ferrea. Si racconta che una sua maledizione abbia impedito, attraverso i secoli, di spostare quei tesori o di rubarli.

Angelo Paratico

 

 

Diego Bianchi su Propaganda Live parla del nostro libro “Mussolini in Giappone”, che aveva in mano on. La Russa

Diego Bianchi su Propaganda Live parla del nostro libro “Mussolini in Giappone”, che aveva in mano on. La Russa

L’intento del presentatore Diego Bianchi era chiaramente satirico (Propaganda Live del 16.09.2022) nei confronti di Ignazio La Russa e di me. L’ho comunque ringraziato per avermi fatta pubblicità e credo che, anche on. La Russa, si sia fatto due risate.

Diego Bianchi ha seguito on. La Russa per le vie di Roma e l’ha fotografato con un libro sottobraccio, appunto il mio “Mussolini in Giappone” che penso egli abbia acquistato in una libreria. Ne avevo inviato una copia a Giorgia Meloni, ma credo che quella, a lei dedicata, se la sia tenuta. Il mio libro è un romanzo con tenui basi storiche. Un po’ come “I Vestiti Nuovi dell’Imperatore” di Simon Leys (orig. The Death of Napoleon) nel quale si crea una storia alternativa, ovvero la sostituzione, con un sosia, di Napoleone Bonaparte a Sant’Elena.

Diego Bianchi ha poi mandato una schermata con la recensione fatta al mio libro da Ambrogio Bianchi (i due non sono parenti) sul popolare blog “La Nostra Storia” curato da Dino Messina del Corriere della Sera, nel quale si valutano le varie opzioni presentate nel romanzo.

Ecco l’articolo di Ambrogio Bianchi:

Un recensione sul Corriere della Sera dedicata al mio libro Mussolini in Giappone – Giornale Cangrande

Ecco la puntata completa del 16/09 di Diego Bianchi:

Propaganda Live – Puntata del 16/9/2022 (la7.it)

 

Si inizia a parlare di on. Ignazio La Russa e del mio libro al punto 1:05

Il libro è acquistabile sul sito della Gingko Edizioni

Mussolini in Giappone – Gingko Edizioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

All the Beauty and the Bloodshed vince a Venezia, ma non mostra cosa si nasconde dietro a quel mondo

All the Beauty and the Bloodshed vince a Venezia, ma non mostra cosa si nasconde dietro a quel mondo

 

Negli USA, durante gli ultimi anni, l’aspettativa di vita dei bianchi, come gruppo di popolazione, è diminuita. Le popolazioni rurali e la classe operaia sono in difficoltà. Questo rivela la miopia morale della cultura accademica e dei media tradizionali, perché chiunque dovrebbe condannare questo fenomeno ed esserne colpito.
R. Reno

Questo è un libello pubblicato dalla Gingko edizioni, che mostra e illustra il mondo orribile che si cela dietro all’assalto alla dignità umana e alla sua sacralità , la sistematica distruzione della nostra civiltà e la rincorsa ai profitti a ogni costo.

Per ora è disponibile solo su Amazon, ma a Ottobre lo si troverà anche nelle librerie. La vittoria di questo docufilm è assai positiva, ma crediamo che alla base della sua vittoria ci stia un grosso equivoco: i nostri intellettuali di sinistra, che lo hanno premiato, devono averlo scambiato per un attacco al capitalismo tradizionale, valutandolo come un caso a sé stante, mentre in realtà questo è solo un epifenomeno, ovvero un caso che rientra in un movimento molto più vasto, generato dal liberalismo sfrenato e sostenuto proprio da quegli stessi intellettuali che gli hanno assegnato il Leone d’Oro.  Il film è un atto d’accusa contro di loro, ma loro non lo hanno capito!

L’autore di questo breve saggio, mordente, ferocemente spietato, colmo di dati e statistiche, è Luca Radius. Dopo aver vissuto in Estremo Oriente per 30 anni, oggi vive negli Stati Uniti. La sua abitazione è un camper, con il quale si sposta costantemente con la moglie, Charlotte e le due figlie, Lidia ed Edda. Egli ricade nella categoria nuova del nomade digitale anche se lui preferisce definirsi un Ronin alla ricerca delle verità. Perché, come diceva il Premio Nobel Richard Feynman “La realtà deve avere la precedenza sulle relazioni pubbliche, perché la Natura non può essere ingannata”.
Lo abbiamo sentito telefonicamente proprio la sera della assegnazione del Leone D’Oro a Venezia, sabato 10 settembre 2022, mentre noi tornavamo da Genova, dove abbiamo partecipato alla presentazione di un libro dedicato al beato Carlo Spinola, martire per la Fede in Giappone, nel 1622. Luca si trovava nello Utah e ci ha proposto questo suo breve saggio, che è un estratto di un suo  precedente lavoro, lo abbiamo subito accettato e pubblicato, intuendone il suo valore.
Link per Amazon.it  (Kindle and POD cartaceo)

 

Brenzone sul Garda protagonista, in due film del regista veronese Mauro Vittorio Quattrina

Brenzone sul Garda protagonista, in due film del regista veronese Mauro Vittorio Quattrina

Da sinistra: il regista Mauro Vittorio Quattrina, Alessandra Sponda, Safiria Leccese, Davide Benedetti (foto: Giorgio Carli)

 

Il giornale l’Arena ha dedicato un articolo al comune di Brenzone sul Garda, che ha avuto una giornata speciale alla 79ma Mostra del Cinema di Venezia. Il 2 settembre 2022 resterà nella storia del bellissimo paese sul Lago di Garda, perché sono stati presentati alla stampa due docufilm (non ancora proiettati al pubblico nella loro interezza) aventi proprio Brenzone al centro.

Nella sala riservata dalla Regione Veneto, presso all’hotel Excelsior al Lido di Venezia, presenti il sindaco di Brenzone, Davide Benedetti, l’assessore veneto alla cultura, Cristiano Corazzari e la consigliera regionale, Alessandra Sponda, il regista Mauro Vittorio Quattrina (non Mario come scrive l’Arena) ha illustrato le sue due nuove opere. Un film è intitolato “Trimelone l’Isola che c’è” e ripercorre la storia di questa isola lacustre (quanti veronesi sapevano che proprio davanti a Brenzone sorge un’isola? Da qui il titolo…).  E nonostante sia poco più di uno scoglio, è entrata nella grande storia per vari avvenimenti, alcuni già noti e discussi, altri scoperti dal regista durante il suo lungo lavoro di ricerca, in Italia e all’estero.

Il regista Quattrina, da noi contattato, ci dice: “Nonostante la poca disponibilità di fondi sono stati compiuti enormi sforzi. Molto tempo è stato speso in ricerche archivistiche, con un gran numero di intervistati, fra i quali Giordano Bruno Guerri, Vasco Senatore Gondola, Fiorenzo Menghelli, Simona Cremonini, Daniele Zanini e addirittura dall’Oregon, USA, Richard Heggen. Siamo certi che tutto questo lavoro avrà una ricaduta notevole sul territorio”.

Il secondo docufilm di Quattrina riguarda la vita e l’opera di Santa Maria Domenica Mantovani (1862-1934) fondatrice, nel 1892 con don Giuseppe Nascimbeni, delle Piccole Suore della Sacra Famiglia di Castelletto e proclamata Santa da papa Bergoglio, il 15 maggio del 2022. La voce narrante di questo film è di Safiria Leccese, una giornalista televisiva molto nota.  Per girare questo docufilm il regista ha effettuato una trasferta in Albania, dove l’Ordine che ebbe origine a Brenzone ha operato per decenni e vi è ancora presente, con grandi risultati, aiutando e istruendo i più poveri.

Angelo Paratico

Ora possiamo andare in panico!

Ora possiamo andare in panico!

Il Canada è un enorme granaio ed è il 4° esportatore mondiale di cereali e ortaggi. Questo Paese dispone anche di una delle tecniche di raccolta più efficienti. Tuttavia, i suoi banchi alimentari non saranno più così ben forniti, e questo nel prossimo futuro, perché il governo federale ha appena decretato una riduzione del 30% entro il 2030 delle emissioni dovute all’uso di fertilizzanti. Da quel momento in poi, i capricci di Trudeau & Co. costeranno (secondo i coltivatori di grano del Canada occidentale) tra i 2 e i 4,5 miliardi di dollari alle varie province canadesi. Il taglio drastico di un terzo di tutti i fertilizzanti di origine chimica trasformerà quindi questo importante Paese esportatore in un importatore netto dei suoi consumi alimentari nel giro di pochi anni.

I Paesi Bassi, dal canto loro, già soggetti all’obbligo di utilizzare il 70% in meno di fertilizzanti azotati, hanno appena ricevuto la notifica di un ulteriore vincolo a dimezzare ulteriormente l’uso residuo di questo fertilizzante entro il 2030. Più di 11.000 aziende agricole saranno così condannate al fallimento sulle 35.000 attualmente operative, come indicano le statistiche del governo olandese. Quasi 18.000 di esse non avranno altra scelta che rinunciare a una parte significativa del loro bestiame, tra un terzo e la metà degli animali, secondo questo stesso studio ufficiale. In realtà, le autorità chiedono addirittura che alcuni allevatori cessino semplicemente la loro attività, per sabotare – consapevolmente o meno – la loro nazione che è il più grande esportatore di carne in Europa e il secondo al mondo per volume di prodotti agricoli in generale, una performance notevole perché i Paesi Bassi sono classificati subito dopo un paese enorme come gli Stati Uniti.

Per quanto riguarda lo Sri Lanka, si trova in una situazione disperata che vede quotidianamente intere fasce della popolazione costrette a lottare per la semplice sopravvivenza alimentare. Dopo aver subito il crollo della rupia di oltre la metà del suo valore in pochi mesi, gli srilankesi pagano oggi il prezzo di un colonialismo 3.0 che li costringe a una lotta costante per ottenere un solo pasto al giorno. Questa carestia generale del Paese deriva anche da un’eradicazione dei fertilizzanti che ha portato a una liquefazione delle sue colture, nell’ambito del famoso programma “ESG” – che detta una governance ambientale fortemente suggerita dal World Economic Forum e ampiamente promossa dall’ONU e dai suoi vari organismi. Esemplare per aver ridotto la quasi totalità (90%!) dei suoi fertilizzanti in un anno, questa nazione ha potuto beneficiare di un punteggio di 98 davanti a un Paese come la Svezia, che si attesta a 96. Il risultato in una sola cifra è eloquente e crudele allo stesso tempo: lo Sri Lanka ha visto i suoi raccolti diminuire dell’85%, anche se 16 milioni di srilankesi sui 22 milioni di abitanti del Paese dipendono direttamente dall’agricoltura. Le statistiche ufficiali pubblicate questa settimana mostrano un’inflazione annualizzata del 93,7% per i prodotti alimentari per il mese di agosto, dopo il 90,9% di luglio.

Ricordo le profetiche minacce pronunciate nel 2019 a Davos davanti a una platea di capi di Stato e leader economici da una trionfante Greta Thunberg: “Voglio che vi facciate prendere dal panico”. Il suo Paese – la Svezia – sta consumando molto più petrolio dopo aver chiuso una centrale nucleare dopo l’altra. Il resto del mondo, dopo lo Sri Lanka e molte altre nazioni povere che hanno ampiamente superato questa fase, dovrà presto scegliere tra cibo o riscaldamento e illuminazione. Grazie, Greta, perché ora abbiamo tutte le ragioni per farci prendere dal panico.

Michael Santi

(l’articolo originale in inglese si trova sul suo sito)

https://michelsanti.fr/en

Il più grande scheletro di dinosauro mai trovato in Europa si trova in Portogallo

Il più grande scheletro di dinosauro mai trovato in Europa si trova in Portogallo

La campagna di scavo nel sito paleontologico di Monte Agudo (Pombal, Portogallo) ha portato all’estrazione di parte dello scheletro fossile di un grande dinosauro sauropode.
I resti di quello che potrebbe essere il più grande dinosauro rinvenuto in Europa sono stati portati alla luce in un cortile di Pombal, una città della regione centrale del Portogallo. I resti, che potrebbero corrispondere a un dinosauro sauropode alto circa 12 metri e lungo 25, sono ora oggetto di studio da parte di un team di ricerca internazionale.

Tutto è iniziato nel 2017. Durante i lavori di costruzione, il proprietario di una proprietà a Pombal ha notato la presenza di diversi frammenti di ossa fossili nel suo cortile e ha contattato un team di ricerca, che ha effettuato la prima campagna di scavo nello stesso anno.

Più recentemente, tra il 1° e il 10 agosto 2022, i paleontologi portoghesi e spagnoli che lavorano sul sito hanno portato alla luce quelli che potrebbero essere i resti del più grande dinosauro sauropode rinvenuto in Europa. I sauropodi sono dinosauri erbivori, quadrupedi, con collo e coda molto lunghi.

“Non è usuale trovare tutte le costole di un animale come questo, tanto meno in questa posizione, mantenendo la loro posizione anatomica originale. Questa modalità di conservazione è relativamente poco comune nella documentazione fossile dei dinosauri, in particolare dei sauropodi del Giurassico superiore portoghese”, spiega una ricercatrice presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Lisbona.

Finora, dal sito è stata raccolta un’importante serie di elementi dello scheletro assiale, che comprende vertebre e costole di un possibile dinosauro sauropode brachiosauride. Il gruppo Brachiosauridae è composto da specie di grandi dimensioni vissute dal Giurassico superiore al Cretaceo inferiore, circa 160-100 milioni di anni fa, e caratterizzate dalla presenza di arti anteriori marcatamente sviluppati. A questo gruppo di sauropodi appartengono alcune delle specie di dinosauri più emblematiche, come Brachiosaurus altithorax e Giraffatitan brancai, oltre alla specie portoghese del Tardo Giurassico rinvenuta nella regione occidentale del Portogallo, Lusotitan atalaiensis.

Le caratteristiche di conservazione dei fossili e la loro disposizione indicano la possibile presenza di altre parti dello scheletro di questo esemplare, un’ipotesi che sarà testata in future campagne di scavo nel giacimento.

“La ricerca nella località paleontologica di Monte Agudo conferma che la regione di Pombal possiede un’importante documentazione fossile di vertebrati del Tardo Giurassico, che negli ultimi decenni ha fornito la scoperta di abbondanti materiali molto significativi per la conoscenza delle faune continentali che abitavano la penisola iberica circa 145 milioni di anni fa”, aggiunge la stessa ricercatrice.

Il Mistero del collare di Tutankamon

Il Mistero del collare di Tutankamon

Tre anni dopo la scoperta della tomba di Tutankhamon (1336-1327 a.C. circa) nella Valle dei Re in Egitto, l’archeologo Howard Carter rimosse la mummia del faraone dalla bara e tolse uno strato di bende di lino. Sotto, vide uno splendido collare sul petto del giovane re, dove era stato posto più di 3.000 anni prima. Le fotografie scattate dal fotografo degli scavi, Harry Burton, quasi un anno dopo mostrano il collare ancora al suo posto quando la mummia fu rimessa nella bara. Ma quando fu sottoposta ai raggi X nel 1968, il collare era scomparso e la mummia era stata gravemente danneggiata nel punto in cui era stata deposta. Negli ultimi sette anni, l’egittologo Marc Gabolde dell’Università Paul-Valéry di Montpellier 3 ha cercato di trovare il collare – o ciò che ne rimane – e di capire se Carter ne avesse preso una parte.

Carter morì nel 1939 e sua nipote, Phyllis Walker, fu incaricata di occuparsi delle sue proprietà. La casa d’aste Spink & Son preparò un elenco probatorio con le valutazioni dei manufatti trovati nella sua collezione, 20 dei quali furono identificati come appartenenti a Tutankhamon. Nel 1946, Walker regalò alcuni di questi manufatti al re Farouk d’Egitto, che a sua volta li donò al Museo del Cairo. “Non potevano essere restituiti, di per sé, perché non sarebbero mai dovuti partire”, dice Gabolde. Altri oggetti della collezione di Carter erano già stati venduti da Spink, compresi – quasi certamente, dice Gabolde – altri manufatti della tomba di Tutankhamon.

Nel 2015, Gabolde vide una collana d’oro proveniente da una collezione privata messa in vendita dalla casa d’aste Christie’s di Londra. Era stata offerta altrove cinque anni prima, ma il gioiello non era stato venduto in nessuno dei due casi.  Dopo un anno di ricerche, ha concluso che il pezzo è composto da perline d’oro provenienti dallo stesso collare che Carter aveva visto nel 1925 sulla mummia del faraone. Gabolde nota che le perline sono state riavvolte in quella che lui chiama una “collana di fantasia”, modellata con pezzi del gioiello originale per creare qualcosa di completamente inautentico.

Le sue ricerche lo hanno poi condotto a due falchi in oro e maiolica conservati al Nelson-Atkins Museum di Kansas City, nel Missouri. Gabolde ritiene che anche questi manufatti provengano dal collare di perline di Tutankhamon: erano stati acquistati dal museo nel 1967 da un collezionista che li aveva ricevuti da un chirurgo ed egittologo dilettante che, a sua volta, li aveva ottenuti da Carter.

I pezzi del collare non sono gli unici manufatti della tomba di Tutankhamon in possesso di Carter. Gabolde ha dimostrato che tra gli altri ci sono una collana d’oro e vetro blu ora al British Museum e un’altra collana al Saint Louis Art Museum fatta di perline provenienti da un copricapo acquistato da Spink nel 1940. È probabile che ve ne siano altri; nel 2010, il Metropolitan Museum of Art ha rispedito in Egitto 19 manufatti che si è dimostrato provenire dalla tomba di Tutankhamon.

Da parte sua, Gabolde è rimasto sorpreso nel trovare nelle collezioni oggetti che altri non avevano trovato. “Quello che mi ha sorpreso è stato trovare un po’ di più di quello che era stato identificato dai ricercatori precedenti ed essere in grado, per alcuni oggetti, di fornire l’esatta corrispondenza con i file di Carter”, dice. Diversi ricercatori avevano già scoperto che gli oggetti presenti negli archivi di Carter non avevano un numero corrispondente nei registri del Museo del Cairo, ma le loro indagini non si erano spinte fino a esaminare ciò che si trovava in altri musei in Europa o in America”. Il punto di partenza di queste indagini è stato spesso l’elenco dei beni battuti da Spink & Son, ma purtroppo non è completo”. Alla domanda sul perché Carter abbia rimosso gli oggetti, Gabolde risponde: “Carter era una persona del XIX secolo ed era molto colpito dall’aristocrazia britannica e voleva che l’Egitto rimanesse di proprietà della Regina Vittoria. Non si rendeva conto che l’Egitto era cambiato”.

 

Fra Orwell e Huxley: la televisione ci ha reso polli d’allevamento, ma i telefonini ci rendono degli zombie. Due libri lo avevano previsto

Fra Orwell e Huxley: la televisione ci ha reso polli d’allevamento, ma i telefonini ci rendono degli zombie. Due libri lo avevano previsto

“La dittatura perfetta avrà sembianza di democrazia. Una Prigione senza muri nella quale i prigionieri non sogneranno di fuggire. Un sistema di schiavitù dove, grazie al consumo e al divertimento, gli schiavi ameranno la loro schiavitù”. Autore di questa breve ma significativa riflessione fu a suo tempo lo scrittore britannico Aldous Leonard Huxley (Godalming, 26 luglio 1894 – Los Angeles, 22 novembre 1963). In un discorso tenuto nel 1961 alla California Medical School di San Francisco, Huxley disse che “ci sarà in una delle prossime generazioni un metodo farmacologico per far amare alle persone la loro condizione di servi e quindi produrre dittature, come dire, senza lacrime; una sorta di campo di concentramento indolore per intere società in cui le persone saranno private di fatto delle loro libertà, ma ne saranno piuttosto felici”.
Orwell temeva coloro che avrebbero bandito i libri. Huxley temeva che non ci sarebbe stato bisogno di bandire i libri, perché nessuno sarebbe stato più interessato a leggerli. Orwell temeva coloro che ci avrebbero privato delle informazioni. Huxley temeva coloro che ci avrebbero sommerso da così tante informazioni da ridurci alla passività e all’egoismo. Orwell temeva che la verità ci sarebbe stata nascosta. Huxley temeva che la verità sarebbe stata affogata in un mare di irrilevanza. Orwell temeva che la nostra sarebbe diventata una civiltà di schiavi. Huxley temeva che la nostra sarebbe diventata una civiltà di gente superficiale, attenta solo a piaceri infantili. In  “Mille Novecento Ottanta Quattro” le persone sono controllate con il dolore. Ma in “Il Mondo Nuovo” di Huxley le persone sono controllate con il piacere. In breve, Orwell temeva che ciò che ci spaventa ci avrebbe rovinato. Huxley temeva che che ciò che desideriamo e non riusciamo a controllare ci avrebbe rovinato.
Neil Postman

Questa è una saggia citazione che gira da parecchio tempo sui socials ma pochi sanno che è stata presa dal libro di Neil Postman “Amusing Ourselves to Death: Public Discourse in the Age of Show Business” uscito nel 1985. E’ stato pubblicato in Italia nel 2002 con il titolo di “Divertirsi da morire“.

Neil Postman (1931 – 2003) è stato un grande educatore e critico culturale. Nato a New York dove ha passato la gran parte della sua vita, insegnando alla New York University.

Le origini del libro risalgono a un discorso che Postman tenne alla Fiera del Libro di Francoforte nel 1984. Partecipava a una tavola rotonda intitolata “Mille Novecento Ottantaquattro  di George Orwell e il mondo contemporaneo”. Postman disse che il mondo contemporaneo è meglio rispecchiato da Brave New World di Aldous Huxley, (“Il Mondo Nuovo” in italiano) che mostrava una umanità oppressa dalla dipendenza dal divertimento, piuttosto che dall’opera di Orwell, dove era oppresso dal controllo dello Stato e dalla violenza.

Postman distingue la visione orwelliana del futuro, in cui i governi totalitari si appropriano dei diritti individuali, da quella offerta da Aldous Huxley in Brave New World, in cui la gente si droga fino alla beatitudine, sacrificando volontariamente tutti i propri diritti. Facendo un’analogia con quest’ultimo scenario, Postman vede il valore dell’intrattenimento televisivo come un “oppiaceo” dei giorni nostri, la droga del piacere fittizia di Brave New World, attraverso la quale i diritti dei cittadini vengono scambiati con l’intrattenimento dei consumatori.

La premessa essenziale del libro, che Postman estende al resto delle sue argomentazioni, è che “la forma esclude il contenuto”, cioè che un particolare mezzo di comunicazione può sostenere solo un particolare livello di idee. Per questo motivo, l’argomentazione razionale, che è parte integrante del libro a stampa, è ostacolata dal mezzo televisivo. E non vide il sorgere dei telefonini, altrimenti ne sarebbe stato inorridito, notando subito i danni che stanno facendo sulle menti dei nostri giovani.

A causa di queste carenze, la politica e la religione vengono diluite e le “notizie del giorno” diventano una merce preconfezionata e precotta. La televisione mette in secondo piano la qualità dell’informazione a favore della soddisfazione delle esigenze di intrattenimento, da cui l’informazione è condizionata e a cui è subordinata.

Postman esamina inoltre le differenze tra il discorso scritto, che secondo lui ha raggiunto il suo apice alla metà del XIX secolo, e le forme di comunicazione televisiva, che si basano principalmente su immagini visive predigerite per “vendere” stili di vita. Sostiene che, a causa di questo cambiamento, la politica ha smesso di riguardare le idee e le soluzioni di un candidato, ma il fatto che si presenti bene in televisione, che parli bene e offra sensazioni gratificanti. La televisione implica una totale assenza di connessione tra gli argomenti separati che una frase o nrrazione, apparentemente, collega. Egli sostiene che “la televisione sta alterando il significato di ‘essere informati‘, creando una specie di informazione alternativa che potrebbe essere propriamente chiamata disinformazione: una informazione fuori luogo, irrilevante, frammentata o superficiale che crea l’illusione di sapere qualcosa, ma che in realtà porta lontano dalla conoscenza”. Vediamo le immagini di un diluvio in Bangladesh e pochi secondi dopo ci parlano del compleanno della gemelle Kessler o subito dopo delle dichiarazioni di un politico circa i difetti di altri politici.

La lettura, invece, richiede un intenso coinvolgimento intellettuale, al tempo stesso interattivo e dialettico, mentre la televisione richiede solo un coinvolgimento passivo.

La televisione commerciale è diventata semplicemente un derivato della pubblicità. Inoltre, i moderni spot televisivi non sono “una serie di asserzioni verificabili e logicamente ordinate” che razionalizzano le decisioni dei consumatori, ma “sono un dramma – una mitologia, una serie di emozioni espresse da belle persone” che vengono spinte “quasi all’estasi, dalla propria passiva fortuna” di possedere i beni o i servizi pubblicizzati. “La verità o la falsità delle affermazioni di un inserzionista non sono un problema” perché il più delle volte “non vengono fatte affermazioni, se non quelle che lo spettatore proietta o deduce dal dramma”. Poiché la televisione commerciale è programmata in base agli ascolti, il suo contenuto è determinato dalla fattibilità commerciale, non dall’acume dello spirito critico. La televisione, allo stato attuale, non soddisfa le condizioni per un onesto coinvolgimento intellettuale e per un’argomentazione razionale. Il XVIII secolocon l'”Età della Ragione” fu l’apice dell’argomentazione razionale. Solo con la parola stampata, afferma, si potevano trasmettere razionalmente verità complicate.