Eh, no. Hillary Clinton non si vuole proprio togliere di mezzo, dopo aver malamente ciccato le elezioni presidenziali americane, contro a un candidato, tutto sommato, debole.
Appare continuamente in articoli postati sui giornali, in interviste televisive, in presentazioni del suo libro-mattone irricevibile. Addirittura da certi masochisti vien presentata come un possibile candidato anti Trump, anche se pare persa in una selva oscura, nella quale si è ficcata da sola, alla ricerca dei motivi per i quali è stata battuta.
Un generale cinese di epoca Song (960-1279) dopo essere stato sconfitto in una grande battaglia e destituito dall’imperatore, passò il resto dei suoi anni seduto in casa, muovendo il dito nell’aria scrivendo gli ideogrammi: “Oh, che gran cosa, oh che sfortuna!”
Hillary Clinton ricorda un po’ quel generale, anche se la risposta ci pare scontata: ha perso perché è Hillary. E, seguendo questo semplice principio, non stupiscono le ultime rivelazioni – di una enorme gravità – fatte dalla ex responsabile del DNC (comitato nazionale democratico) Donna Brazile circa la sua certezza che le primarie del partito democratico furono truccate dai Clinton e che Bernie Sanders avrebbe dovuto essere il legittimo candidato.
Se così fosse stato è assai probabile che egli avrebbe vinto le elezioni.
Lo stesso Bernie era convinto di essere stato imbrogliato, dopo aver letto certe email segrete rese pubbliche da hackers russi, le quali avevano l’aria d’essere genuine. Per verificare la loro veridicità Donna Brazile decise di seguire la pista dei soldi e il 7 settembre 2016 scovò la prova che aveva a lungo cercato: “Trovai quella prova e mi si spezzò il cuore” come la stessa Donna Brazile dice in un articolo pubblicato sulla rivista americana “Politico.”
Ciò che Donna Brazile scoprì era che tutti i fondi per la campagna democratica erano stati controllati dal clan dei Clinton senza passare attraverso i comitati preposti al loro controllo e questo prima che Hillary diventasse il candidato ufficiale dei democratici.
Le spese mensili del DN erano di 3 o 4 milioni. Quella cifra era più del doppio del normale, ma Hillary Clinton prima di ricevere la sua “nomination” aveva arruolato centinaia di “consulenti” che venivano pagati. Questa, per usare l’espressione di Brazil, un pezzo grosso dei democratici, ricordiamolo, altro non era che un sofisticato meccanismo di riciclaggio.
Comprensibilmente, Donna Brazile incontrò parecchie resistenze nella sua indagine ma alla fine scoprì la “pistola fumante” ovvero un accordo fra il DNC e il “Hillary Victory Fund” e il “Hillary for America.”
Su quel accordo stava scritto che Hillary avrebbe finanziato il DNC in cambio di un controllo totale sulla allocazione dei fondi elettorali. Certamente un fatto interno al partito, non illegale, ma certamente non etico. E dopo averlo scoperto, lei chiamò Bernie Sanders al telefono, il quale prese la notizia con calma e le chiese quante chances aveva Hillary di vincere le elezioni, lei gli disse, poche, dato il livello di antipatia raggiunto da Hillary Clinton presso l’elettorato.
Ma, vergognandosi, raccomandò a Sanders di convincere i propri elettori a votare Hillary, nonostante tutto. Il vecchio senatore le disse che lo avrebbe fatto. Poi lei riattaccò il telefono e scoppiò a piangere.
Angelo Paratico