Palloni giapponesi sopra agli Stati Uniti

Palloni giapponesi sopra agli Stati Uniti

Pallone giapponese sul Michigan, nel 1944

Bang! il pallone cinese è stato abbattuto in South Carolina, e forse gli intenti della Cina erano, per ora, davvero collegabili allo studio delle correnti d’alta quota, forse come ballon d’essais… Ma questo genere di studi potranno essere usati per altri scopi, in futuro.

I giapponesi durante la II Guerra mondiale avevano usato queste armi, per innescare incendi in aree boscose degli Stati Uniti, ma a causa delle tecniche rudimentali utilizzate, fu un fallimento.

I palloni, con delle piccole bombe incendiarie attaccate, venivano lanciati in Giappone e andavano alla deriva sopra agli Stati Uniti. Ne trovarono uno impigliato in un albero e l’FBI arrivò per studiare lo strano aggeggio, era largo 3 metri e mezzo ed era  fatto con carta cerata. Una scritta sul pallone indicava che era giapponese e che era stato completato poche settimane prima in una fabbrica giapponese.

Quello a cui stavano assistendo era il tentativo del Giappone di portare la guerra sulla terraferma, negli Stati Uniti, lanciando palloni aerostatici carichi di bombe, affidandoli alle correnti sul Pacifico. Il Giappone lanciò circa 10.000 palloni di questo tipo, dal 3 novembre 1944 all’aprile 1945. Circa 300 di questi atterrarono negli Stati Uniti. Ognuno di essi trasportava due spezzoni incendiari e una bomba antiuomo da 10 chili.

Le uniche vittime di questi attacchi furono causate dalla tragica scoperta, il 5 maggio 1945, di un pallone bomba inesploso da parte di un piccolo gruppo in gita nella zona di Gearhart Mountain, nell’Oregon meridionale. Il reverendo Archie Mitchell e sua moglie, Elyse Mitchell, di Bly, in Oregon, portarono con sé cinque bambini. Mentre il reverendo parcheggiava l’auto, Elyse e i bambini gli dissero di aver trovato uno strano oggetto nel bosco. Lui gridò di fare attenzione ma fu troppo tardi. L’esplosione uccise sua moglie e i cinque figli, di età compresa tra gli 11 e i 14 anni.

L’Ufficio della Censura degli Stati Uniti chiese ai giornalisti di non riferire sugli incidenti dei palloni bomba, in modo che i giapponesi non sapessero che questi avevano raggiunto con successo la terraferma americana, e la richiesta fu sempre rispettata. Ma dopo le morti in Oregon, il Dipartimento della Guerra rilasciò una dichiarazione che descriveva le bombe a pallone, in modo che le persone che trovavano i detriti sapessero di non toccarli.

Continuarono a lanciarli dalla fine dell’estate del 1944 ma poi, a causa dell’oscuramento delle notizie negli Stati Uniti, i giapponesi non essendo a conoscenza del risultato degli attacchi, smisero di utilizzarli.

Tecnicamente, le bombe ebbero successo, ma i risultati furono minimi perché i palloni non potevano essere controllati. Inoltre li lanciarono soprattutto durante l’inverno e non nella stagione secca, quando gli incendi avrebbero potuto ampliare i danni.

Gli studenti giapponesi erano i principali operai che assemblavano quei palloni, realizzati laminando strati di fibre ottenute  da alberi di gelso. Gli ingegnosi palloni mantenevano un’altitudine di circa 10.000 metri durante la traversata del Pacifico; e una valvola di scarico del gas e un ciclo di caduta di sacchi di sabbia gli permettevano di alzarsi e abbassarsi, quando il gas si espandeva o si raffreddava.

La loro rotta era soggetta ai capricci del vento, il che li rendeva molto difficili da controllare. Erano anche sorprendentemente difficili da intercettare. Quasi 500 aerei statunitensi cercarono i palloni nel 1944 e nel 1945, ma solo due furono abbattuti sul Nord America.

Un tentativo di abbattere un pallone nel 1945 andò comicamente storto. Quando la USS New York, nel 1945, stava navigando verso Iwo Jima, l’equipaggio notò una sfera argentata che volava in alto e che sembrò seguire la corazzata per ore. Preoccupato che la sfera lucente potesse essere un’arma giapponese a pallone, il capitano ordinò di abbatterla. Dopo che i cannoni non riuscirono a colpirla, un navigatore capì che stavano cercando di abbattere il pianeta Venere.

Angelo Paratico

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