La crisi energetica sta sconvolgendo gli equilibri di potere in Europa, perché finalmente ci siamo resi conto che la Germania è davvero fallibile. L’autorità morale del Paese è stata costantemente scaricata su Mario Draghi durante il suo periodo di presidenza della BCE a causa della sua politica monetaria attiva. L’arroganza della Germania si è spinta fino a proporre di vendere l’Acropoli ai cinesi per finanziare la Grecia (e quindi le sue stesse banche che vi erano indebitate) e ha trattato con sospetto anche i Paesi del “Club Med”, Spagna e Italia. L’ordoliberismo di questa nazione, dove la stessa parola significa sia debito che peccato (“Schulde”), è ormai ridotto in cenere, tanto che l’etichetta “Made in Germany” sembra essere stata costruita su basi fallaci. La prosperità della Germania è stata infatti costruita sulle spalle dei suoi lavoratori a basso costo e sul gas russo acquistato in abbondanza e a buon prezzo.
I leader tedeschi sono caduti maldestramente in una trappola geopolitica, il cui risultato si è rivelato catastrofico per il loro Paese, che importa dalla Russia oltre il 60% del gas che consuma. Il fatto che la Russia abbia interrotto completamente le forniture rischia di provocare in Germania una depressione pari a quella che ha seguito le guerre mondiali! E ora il modello economico della Germania e la sua vera natura parassitaria vengono messi in discussione e visti per quello che sono realmente da coloro che un tempo preferivano porgere l’altra guancia, impressionati dalle sue massicce eccedenze commerciali, che in realtà erano solo l’inevitabile conseguenza di un Paese che dipende dai consumi di un altro.
Ero a Davos nel gennaio 2005 quando Gerhard Schröder, l’allora Cancelliere della Germania, fece una clamorosa dichiarazione sul palco del World Economic Forum, annunciando con orgoglio di aver “costruito uno dei migliori settori a basso salario in Europa”. Le famigerate riforme Hartz, note anche come “Agenda 2010”, introdotte nel 2003, avrebbero colpito più del 40% della popolazione tedesca, che si sarebbe ridotta persino a contare i gioielli e i ninnoli di famiglia per determinare l’importo dei sussidi di disoccupazione a cui avrebbe avuto diritto. Le conseguenze di questa frugalità per la Germania sono state soprattutto dannose per sé stessa, visto che anno dopo anno si colloca intorno al 30° posto nella classifica mondiale della qualità delle infrastrutture stradali, ferroviarie e persino di Internet! Per saperne di più, leggete il nostro vecchio articolo “La prosperità tedesca: un incubo per il 40% dei cittadini”.
Oggi, mentre il suo ministro delle Finanze continua a chiedere ossessivamente una riduzione del deficit, la Germania si trova ad affrontare i suoi interminabili demoni . Marx aveva davvero ragione quando avvertiva che, per la seconda volta, la storia si sarebbe ripetuta come una farsa.
Di fronte a un tasso d’inflazione anormale del 10%, la Germania non giocherà quindi – logicamente – ad aumentare i salari dei suoi lavoratori. Questo atteggiamento ferreo con cui i suoi leader governano i redditi dei cittadini dura ormai da una ventina d’anni, ed è unico negli annali d’Europa e ha trasformato il mercato del lavoro del Paese in un oceano di lavoratori poco qualificati e sottopagati, degno della più neoliberista delle economie del mondo, dove il mercato ha la prima e ultima parola.
La Germania, un tempo orgogliosa, è caduta in disgrazia. Solo pochi giorni fa ha convinto la Commissione Europea a sollecitare i 27 Stati membri a ridurre il consumo di energia del 15% durante il prossimo inverno, ricevendo un secco rifiuto da parte della “cicala” spagnola, un tempo stigmatizzata. Teresa Ribera, ministro della Transizione ecologica, ha replicato che il suo Paese ha fatto il suo dovere e ha raggiunto i suoi obiettivi in questo senso, e che la Spagna (“e non la Germania”, questo è il messaggio di fondo) “sta vivendo entro i suoi mezzi”.
Questa è la fine di un’epoca.
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