L’Art. 18B in Gran Bretagna

L’Art. 18B in Gran Bretagna

Allo scoppio della Seconda Guerra mondiale, la Gran Bretagna mise in atto un draconiano sistema di detenzione, in base alle simpatie politiche o alla appartenenza etnica di alcuni individui. Uno dei più celebri incarcerati fu Oswald Mosley con la moglie Diana Mitford, pur essendosi distinto nelle trincee e nell’aria per difendere la propria Patria nella Grande Guerra, quando scoppiò la guerra con la Germania fu arrestato. Anche tutti i suoi simpatizzanti, spesso pluridecorati, ricevettero lo stesso trattamento.

La costituzione britannica non avrebbe permesso questo, ma per ovviare al problema i legislatori dell’epoca approvarono un decreto legge, noto come Art. 18B, grazie al quale, in deroga alla Costituzione, potevano imprigionare chiunque senza prove, bastava il sospetto.

Mosley a pesca con Roosevelt, prima della guerra, con la prima moglie, Cimmie Lady Curzon

Ci andarono di mezzo anche molti anglo-tedeschi, anglo-giapponesi e anglo-italiani che vivevano in Gran Bretagna. Chi conosce Soho, a Londra, o ha vissuto in uno dei grandi porti, o in quasi tutte le città scozzesi, conosceva e amava le piccole comunità italiane. A causa della loro lunga permanenza, che spesso durava da diverse generazioni, gli accenti si erano persi del tutto, o erano stati offuscati dall’accento locale, Cockney, Broad Lancashire, gallese, scozzese ecc. Molti di loro avevano servito nelle forze armate britanniche durante la Grande Guerra e portavano le proprie medaglie con orgoglio. Hanno sempre formato piccole comunità pacifiche e ben integrate. Pochi di loro sapevano qualcosa di politica o conoscevano la situazione internazionale. E quando, nel maggio del 1940, sentirono parlare di una retata di fascisti britannici, pensarono semplicemente, insieme al resto dell’opinione pubblica, che doveva essere tutto a posto, che non poteva esserci fumo senza fuoco; erano arrivati a fidarsi completamente della giustizia britannica, e a esserne orgogliosi della loro nuova nazionalità. Anche su queste persone scese la mano fredda del articolo 18B, portandoli in carcere.

Le circostanze del loro arbitrario arresto variavano. A volte avveniva in modo tranquillo; a volte accadeva il contrario. Molti furono prelevati entro alle forze armate, ove servivano, e privati delle loro uniformi, per far loro indossare gli abiti della prigione. Ad Aberdeen il governatore della prigione non aveva idea di cosa dovessero indossare, e per 24 ore rimasero nudi nelle loro celle.

Alcuni avevano la doppia nazionalità, cioè erano nati in Inghilterra da genitori italiani e non si erano dichiarati, all’età appropriata, di voler optare per la piena cittadinanza italiana; si consideravano naturalmente britannici, disposti ad accettare tutti i doveri di un suddito britannico.  Restarono delusi. Altri, grazie alla lunga permanenza, si erano naturalizzati e avevano molti parenti nelle forze armate britanniche. Per esempio, una ragazzo aveva tre fratelli in servizio e stava aspettando i documenti per il suo richiamo, fu arrestato comunque. Altri ancora erano italiani solo di nome, avendo perso da tempo i contatti all’estero. Alcuni di loro avevano mantenuto interessi culturali con l’Italia o l’avevano visitata per brevi vacanze.

Altre vittime avevano fatto parte di circoli del “Fascio”. Va spiegato che i circoli italiani di natura sociale esistono da molti anni e con l’avvento di Mussolini cambiarono semplicemente nome in “Fascio”. I loro interessi si limitavano allo sport e agli incontri sociali, con la possibilità di visitare i campi italiani per brevi vacanze.

I club iscrivevano squadre di calcio nei campionati locali, proprio come possono fare tutte le opere benefiche o le chiese parrocchiali, e sono sempre stati tollerate e spesso anche aiutate dalle autorità locali. Questi uomini furono radunati, sbattuti nelle prigioni e messi alla mercé di guardiani ostili, il cui atteggiamento diventava umano solo dopo che un lungo contatto dimostrava che nonostante le gravi accuse erano solo persone normali e rispettabili che infine alloggiati in campi di internamento. Per tutto il tempo in cui ai sudditi britannici è stato permesso di andarsene in giro in Italia, non furono arrestati o soggetti a restrizioni di viaggio. Anche i venditori di gelati italiani furono internati in base al Regolamento 18B. Tutto sommato i cittadini inglesi in Italia vennero trattati meglio, spesso solo invitati a lasciare il Paese.

 

 

 

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