Marco Giulio Filippo Augusto (in latino: Marcus Iulius Philippus Augustus), meglio noto come Filippo l’Arabo (Philippus Arabus; Trachontis, Siria, 204 circa – Verona, 249).
Nell’Impero fu preceduto da Gordiano III e succeduto da Decio. Sappiamo poco di lui e del suo regno durato cinque anni e mezzo. Celebrò il millennio dalla fondazione di Roma e fu, forse, il primo imperatore cristiano.
Dovette combattere vari usurpatori. Nel periodo del suo regno scoppiarono una serie di rivolte in Oriente: un certo Marco Iotapiano si scatenò contro il governo oppressivo e la tassazione troppo elevata nei territori governati dal fratello di Filippo, Prisco in Mesia ed in Pannonia; Tiberio Claudio Marino Pacaziano fu acclamato imperatore dalla truppe; ed infine fu la volta di altri due usurpatori, Silbannaco in Gallia (la cui rivolta fu sedata dal futuro imperatore Decio) e, forse, da un certo Sponsiano, in Dacia, fomentatori di altrettante rivolte, anch’esse finite nel nulla.
A Roma, Filippo, venuto a sapere della proclamazione di Decio, da lui inviato come suo rappresentante presso i rivoltosi, decise di riunire le sue legioni e marciargli contro. I due eserciti si scontrarono presso Verona all’inizio dell’estate del 249. Decio riuscì a battere Filippo. L’imperatore morì sul campo di battaglia, forse per mano dei suoi stessi soldati, desiderosi di ingraziarsi il nuovo imperatore. Infatti, quando la notizia raggiunse Roma, Severo Filippo, l’erede undicenne di Filippo, già nominato Cesare, fu a sua volta assassinato, sgozzato dalla guardia pretoriana.
Nel 1713, in Transilvania, fu scoperto un cesto contenente delle monete romane, alcune delle quali recavano il ritratto e il nome di Sponsiano, un nome sconosciuto. Nel 1868 il numismatico francese Henri Cohen dichiarò che le monete di Sponsiano erano “falsi moderni di pessima qualità”, forse opera di un falsario viennese. Quindi Sponsiano, per estensione, potrebbe non essere mai esistito. Le due monete d’oro erano più pesanti del solito, con iscrizioni non coerenti con altre monete romane. Ma solo recentemente una nuova analisi ha fornito la prova che sono autentiche.
Una delle monete di Sponsiano si trova ora al Museo Nazionale Brukenthal di Sibiu, in Romania; un’altra fa parte della collezione Hunterian dell’Università di Glasgow.
Sponsiano (o Sponsianus) sembra essere stato un generale romano nella provincia romana della Dacia, oggi Romania, un avamposto o colonia latina. Secondo gli autori, fu molto probabilmente attivo durante un periodo critico di disordini nel III secolo d.C.. Dopo l’assassinio dell’imperatore Severo Alessandro e Gordiano III da parte delle sue stesse truppe, l’Impero romano fu scosso da invasioni barbariche, rivolte contadine, guerre civili, una pandemia (la peste di Cipriano) e l’ascesa di molteplici usurpatori in lizza per il potere.
Le due monete sono state sottoposte a vari test: microscopia ottica, l’imaging a raggi ultravioletti, microscopia elettronica a scansione e la spettroscopia infrarossa di Fourier. Lo stesso hanno fatto per altre due monete romane la cui autenticità era stata confermata, a scopo di confronto. L’analisi ha confermato la presenza di graffi e altri segni di usura comunemente riscontrati nelle monete romane autentiche. Inoltre, l’analisi chimica ha indicato che tutte e quattro le monete erano state sepolte nel terreno per secoli prima di essere esposte all’aria.
Ma non tutti sono convinti che siano autentiche. Richard Abdy, curatore delle monete romane e greche al British Museum, non ha lesinato parole sul suo scetticismo. “Sono diventati completamente fantasiosi”, ha dichiarato al Guardian. “È una prova circolare. Dicono che grazie alla moneta c’è la persona, e che quindi la persona deve aver fatto la moneta”. L’esperto numismatico francese Henry Cohen sostenne da subito che fosse un “falso moderno di pessima qualità”. Un’affermazione motivata principalmente da due elementi. Prima di tutto, perché il profilo imperiale presentava elementi artisticamente barbari, tratti abbozzati. Il rovescio sarebbe stata una brutta copia di un denario repubblicano databile al 135 a.C. (gens Minucia del II secolo a.C.).
La moneta contestata porta sul dritto il profilo di Sponsiano con corona rodiata (secondo il modello degli “antoniniani”) mentre sul rovescio possiamo individuare diversi interessanti elementi. Prima di tutto, al centro è posta una colonna sormontata da una statua con una lancia nella mano destra. A sinistra, è presente un uomo in toga, a destra un augure con in mano un lituus, piccolo bastone ricurvo utilizzato per marcare uno spazio rituale nel cielo. In primo piano due spighe di grano, che simboleggiano sia la buona sorte sia l’abbondanza dei raccolti.
Paul Pearson, Professore del London University College, nel 2020 grazie a ricerche per un libro dedicato alla crisi del III secolo si è imbattuto in questa moneta ritenuta un falso, dimenticata in un armadio. La tentazione di saperne di più era troppo forte: così è iniziata una ricerca che potrebbe cambiare le nostre conoscenze sull’Impero Romano. Alla ricerca ha partecipato anche Jesper Ericsson, Responsabile Numismatico dell’Hunterton Museum. Ad un primo esame, è stata subito rilevata una patina che solo oggetti antichi possiedono. La ricerca è stata realizzata con nuove tecnologie che hanno permesso di rilevare, ad esempio, microabrasioni che portano a concludere che circolò per anni per poi essere sepolta per secoli (tracce di calce ed altri elementi).
Le fonti antiche non citano Sponsiano, però grazie alle altre monete che furono ritrovate in quel tesoro, in Transilvania, possiamo ritenere che l’usurpatore si possa posizionare cronologicamente tra Gordiano III (238 – 244) e Filippo l’Arabo (244 – 247). In particolare, si tende a valutare il suo periodo di azione durante il regno di quest’ultimo. Il primo e unico arabo ad aver governato Roma passò alla Storia per aver presieduto i festeggiamenti per il Millennio della Fondazione di Roma il 21 aprile del 247.
Sponsiano fu forse Governatore della Dacia, attuale Romania, in un momento molto complesso. Il paese, ricco di miniere d’oro e d’argento, faceva gola ai goti. Il Governatore decise così di adibire due legioni per proteggere la popolazione dagli invasori barbari.
Queste unità militari riportarono una grande vittoria, ricordata anni dopo dall’Imperatore Gallieno (253 – 268), il quale lodò le legioni per la loro vittoria e la dimostrata fedeltà all’Impero Romano. La situazione non migliorò successivamente, tanto che Aureliano (270 – 275) ordinò il ritiro dalla Dacia, ormai indifendibile economicamente. Per questo motivo, forse, ci sono così poche monete di Sponsiano: le monete potrebbero essere state fuse per un nuovo utilizzo.
Quanto detto fino ad ora porta ad alcune affascinanti ipotesi. Sponsiano potrebbe aver deciso di proclamarsi Imperatore (o forse fu acclamato dalle vittoriose legioni contro i goti e costretto ad assumere il titolo) per ovviare alla mancanza di una catena di comando. In mancanza di ordini da Roma, era necessario che qualcuno prendesse delle decisioni. Oppure, e così si spiegherebbe il rimando alla Roma Repubblica sul verso delle monete, egli fu parte di una congiura senatoria. Ma allora perché utilizzò rimandi ad una sola gens, peraltro estinta da secoli? Un’altra possibilità è che semplicemente Sponsiano vide la sua migliore occasione di una vita in armi e accettò di giocarsi il tutto e per tutto contro un governo lontano e inesistente. Cosa poi accadde è difficile da dire, forse le sue truppe vennero a sapere della vittoria di Decio a Verona, e lo uccisero.