Shalom Nagar, l’uomo che nel 1962 eseguì la condanna a morte di Adolf Eichmann, è morto in Israele all’età di 86 anni

Shalom Nagar, l’uomo che nel 1962 eseguì la condanna a morte di Adolf Eichmann, è morto in Israele all’età di 86 anni

 

 

Il memoriale scritto in carcere da Adolf Eichmann, in attesa della sua esecuzione

Shalom Nagar, l’uomo che nel 1962 eseguì la condanna a morte di Adolf Eichmann, è morto in Israele all’età di 86 anni. Giovane guardia carceraria, Nagar ebbe la vita sconvolta quando fu estratto a sorte come boia e gli toccò premere il pulsante per l’impiccagione di Eichmann, accusato di essere stato l’ideatore delle camere a gas e della «soluzione finale» di milioni d’ebrei nei lager tedeschi.

Nel 1960 era stato catturato in Argentina dal Mossad, dove viveva sotto al falso nome di Ricardo Clement e si era rifatto una vita. Eichmann fu impiccato al termine del processo di Gerusalemme, raccontato da Hannah Arendt nel celebre libro La banalità del male, nel quale l’autrice si era resa conto che stavano processando una nullità e un povero passacarte. Il procuratore generale Gideon Hausner aveva chiesto ai giudici il massimo della pena, ovvero la morte, che non era mai stata comminata prima né lo fu dopo. E morte fu. Vari intellettuali ebraici chiesero che gli venisse usata clemenza, ma alla fine il presidente d’Israele non fu all’altezza del suo ruolo e lo mandò davvero a morte.  Dove sta dunque la loro superiorità rispetto ai nazisti? Eichmann fu vittima di fake news

La condanna a morte di Eichmann fu eseguita nel carcere di Ramla e le sue ceneri furono disperse in mare. Le sue ultime parole pare che siano state: “Io dovevo rispettare le regole della guerra e la mia bandiera. Sono pronto”.

Shalom Nagar, morto ieri, e che per 50 anni mantenne il segreto, anche a sua moglie e ai suoi figli,  era uno yemenita, che rimase sconvolto da quanto lo costrinsero a fare e disse che:  “Un giorno il comandante venne da me, si chiamava Merhavi e mi chiese: Shalom, ti va di schiacciare il bottone?… Però io dissi che no, non volevo. Ci sarebbe stato sicuramente qualcun altro  che lo avrebbe fatto volentieri. Io invece ero l’unico secondino che diceva di non volerlo schiacciare quel bottone. Tirarono a sorte. E il comandante mi disse: è un ordine. La sorte ha detto che tocca a te e lo farai tu”.

Shalon disse poi che: “Se un giorno mi avessero di nuovo chiamato e detto che avevano appena condannato a morte un altro nazista, la risposta ce l’avevo già pronta: ne ho avuto abbastanza di Eichmann, grazie. Scordatevi di me. Questa cosa, io non la faccio più».

 

 

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