Il 3 luglio 1940 Mussolini stabilì che il grosso dell’esercito italiano dovesse schierarsi su posizioni che ne garantissero l’impiego contro alla Jugoslavia. Tre giorni dopo ordinò anche che si doveva preparare una offensiva contro alla Grecia, in caso di occupazione delle isole joniche da parte inglese. Questo spiega perché Mussolini non volle occupare una larga area del territorio francese, declinando l’offerta fattagli da Hitler, perché questo avrebbe bloccato almeno 10 divisioni italiane della 70 disponibili.
Il 28 ottobre 1940 l’Italia invase la Grecia, nel peggior periodo dell’anno. La Grecia era un paese retto dal dittatore folo fascista Giovanni Metaxas. Mussolini non informò i tedeschi, che s’infuriarono. Il motivo addotto da Mussolini fu la sua intenzione di prevenire un’occupazione di quel Paese da parte delle forze britanniche. E del resto, il 12 ottobre 1940, Hitler aveva occupato la Romania, senza informare l’alleato italiano.
La nostra fu una mossa sbagliata e si è spesso cercato il vero motivo dietro a tale folle decisione, che finì per far precipitare le sorti della guerra, sia per gli italiani che per i tedeschi. Gli storici l’hanno spiegata con la gelosia di Mussolini per le conquiste di Hitler e il fatto che egli fosse trattato come un alleato di serie B.
Dunque, quella di Mussolini sarebbe stata solo una reazione nervosa, in risposta all’occupazione della Romania o c’era dell’altro? I generali italiani sapevano che attaccare la Grecia a fine ottobre fosse un madornale errore per via del tempo, inoltre erano a conoscenza dei preparativi militari fatti dai greci, che avrebbero reso difficile sconfiggerla. Renzo de Felice scriveva anche dei timori nutriti da Mussolini che Hitler avrebbe concesso una onorevole tregua al governo britannico, escludendo l’Italia da tutti i possibili benefici.
Parlandone con Giorgio Carli, infaticabile organizzatore di eventi culturali a San Rocco di Quinzano, dopo la presentazione di un libro sulla Grecia scritto da Ennia Dall’Ora, ho pensato che ci potrebbe essere un’altra spiegazione. Una spiegazione mai prima presa in considerazione dagli storici ma che può essere messa in relazione con il misterioso carteggio segreto di Mussolini, fatto poi sparire dagli inglesi, dopo la sua cattura a Dongo.
Si tratta del Blitz germanico su Londra per indurre la Gran Bretagna alla capitolazione e che si svolse dal 7 settembre 1940 sino al 11 maggio 1941. Il 15 settembre 1940 vi fu il più pesante attacco diurno dei tedeschi.
Chiamarono quelle operazioni di bombardamento Seeschlange (serpente marino) che doveva consistere in un pesante martellamento che avrebbe preceduto uno sbarco anfibio, che era programmato per il 17 ottobre 1941, noto come operazione Seelöwe (leone marino), ma che fu bloccata da Hitler e poi rimandata indefinitamente, anche se molti sostengono che fu un bluff per mettere pressione sulla Gran Bretagna.
Winston Churchill era a conoscenza di questi piani e si aspettava l’arrivo dei carri armati germanici, contro ai quali avevano ben poco da opporre. Non a caso quando Churchill pronunciò un suo alato discorso in Parlamento, il 4 giugno 1940, noto come “Li combatteremo sulle spiagge” nel sedersi disse: “E con cosa li combatteremo? Con le bottiglie scheggiate delle nostre birre, perché queste sono le armi che possediamo”.
Il momento di affrontarli sulle spiagge si era fatto prossimo e avevano già programmato il trasferimento in Canada dell’oro della banca d’Inghilterra e del Governo .
Certamente esistevano ancora dei canali aperti fra Churchill e Mussolini ed è possibile che in quei momenti disperati Churchill abbia suggerito l’apertura di un secondo fronte, con l’attacco alla Grecia e con l’apertura del fronte balcanico, che avrebbe coinvolto i tedeschi. Questa è solo un’ipotesi, buona come tante altre, ma che potrebbe spiegare, almeno parzialmente, la mossa irragionevole fatta dal Duce. Forse, la presenza di una traccia di queste richieste britanniche stava nella borsa che Mussolini teneva in grembo stando seduto nell’autocarro fermato a Dongo.