Un grande attore come Tino Carraro (1910 – 1995) mi fece innamorare della Tempesta di William Shakespeare; era il 1977 e interpretava Prospero al Teatro Lirico di Via Larga a Milano. La regia minimalista era firmata da Giorgio Streheler. Ricordo la grande emozione provata quando Carraro recitò il monologo d’addio al suo mondo incantato. In molti hanno letto in questo finale la diretta voce di William Shakespeare che si congeda dagli spettatori e ripone per sempre la propria bacchetta magica. A quel tempo mi interessavo di Girolamo Cardano (1501 – 1576?) e notai delle similitudini fra i due personaggi. La curiosità aumentò quando scoprii che un’opera perduta di Shakespeare era intitolata ‘Cardenio’ anche se pare che quel curioso nome sia da collegarsi al Don Chisciotte di Cervantes.
La Tempesta fu presumibilmente scritta nel 1610 – 11 ma in passato non ebbe quel grande successo di cui ormai gode. Fu solo a partire dall’ottocento, con il movimento romantico, che crebbe in popolarità e oggi, assieme a ‘Giulietta e Romeo’, ‘Amleto’ e al ‘Sogno di una notte di mezza estate’, è una delle opere di Shakespeare più amate e rappresentate, senza contare gli adattamenti cinematografici e operistici.
Il personaggio principale della commedia, Prospero, Duca di Milano, è un uomo giusto e studioso, tradito dal fratello che in combutta con Alonso, re di Napoli, lo esiliano su di un’isola. Prospero non è interessato ai maneggi politici ma ai libri, soprattutto a quelli di magia. Dopo essersi vendicato, sfruttando le sue arti magiche, Prospero si ritira, offrendo un futuro radioso alla sua amatissima figlia, Miranda.
In questa commedia entrano in gioco vari elementi, molti libri, storie e racconti, magistralmente uniti e adattati in un nuovo canovaccio. Sono palesi i riferimenti a il ‘Naufragio’ opera di Erasmo da Rotterdam, del 1525. In evidenza anche il ‘De Orbe Novo’ di Pietro Martire d’Anghiera e le ‘Metamorfosi’ d’Ovidio, dal quale Shakespeare trae il discorso di rinuncia di Medea, recitato da Prospero. Forte vi è anche l’influenza di Montaigne. Questo è certamente dovuto al fatto che l’editore, o per meglio dire l’arrangiatore occulto delle opere di Shakespeare, fu sicuramente John Florio, il primo traduttore degli ‘Essays’ di Montaigne dal francese all’inglese. La raccolta delle commedie di Shakespeare venne stampata in un’edizione in folio nel 1623 con il titolo di ‘Mr William Shakespeare Comedies, Histories & Tragedies’ e, trattandosi di una impresa molto costosa, gli editori John Heminges e Henry Condell cercarono un letterato capace di correggere e arrangiare quelli che dovevano essere solo dei confusi e sgrammaticati spartiti. Per quanto riguarda la Gran Bretagna quello fu l’evento editoriale del secolo e certamente una fatica d’Ercole per John Florio. Ne vennero stampate 800 copie e oggi se ne conservano 233. L’ultima è stata scoperta la scorsa settimana a St. Omer, nel nord della Francia. E’ un libro preziosissimo: l’ultima copia battuta da Christie’s nel 2006 fu aggiudicata per 6,8 milioni di dollari e per avere quest’ultima – se verrà messa in vendita – si dovranno sborsare più di 20 milioni di dollari.
Il padre di John Florio si chiamava Michelangelo e fu un intellettuale, scrittore e avventuriero fiorentino. Ebreo, divenne monaco cattolico e poi predicatore protestante colmo di zelo. Finì in galera a Roma ma riuscì a riparare a Venezia e poi in Inghilterra, dove si fece apprezzare. Con l’ascesa al trono di Mary Tudor fu costretto a darsi alla fuga, finendo in Svizzera, dove morì nel 1567. Suo figlio John ritornò in Inghilterra, conobbe Giordano Bruno e si distinse nel mondo letterario inglese e vi morì, in abietta povertà, nel 1625
Girolamo Cardano, matematico, astrologo, medico e filosofo era e resta più celebre in Gran Bretagna che in Italia. La sua fama è dovuta al fatto che nel 1552 venne convocato a Edimburgo dall’Arcivescovo di Sant’Andrea, John Hamilton (1512 – 1571), che soffriva d’asma. Sulla via del ritorno fece sosta a Londra, ospite di John Checke, il dotto tutore del re. Le voci della straordinaria guarigione dell’alto prelato lo avevano preceduto e Cheke gli fissò un’udienza con il giovane re Edoardo VI (1537-1553). I due si parlarono usando il greco, il latino e l’italiano, discutendo di astronomia e di storia. La pubblicazione da parte di Cardano, nel 1545, della ‘Artis Magnae’ una pietra miliare nella storia dell’algebra e del ‘De Subtilitate’ nel 1550, la prima enciclopedia tascabile, usciti entrambi a Norimberga presso Johannes Petreius – editore anche di Copernico, Erasmo e Stifel – avevano fatto di Cardano lo scienziato più celebre al mondo. Il giovane monarca appariva già infetto dalla tubercolosi che l’anno successivo lo uccise ma alla sua corte, dietro alle quinte, si muovevano potenti personaggi che preparavano la successione. Venne chiesto a Cardano di presentare un oroscopo del giovane ed egli pronosticò una vita lunga e piena di successi, anche se ricevette pressioni contrarie.
Girolamo Cardano passò come una cometa nel cielo di Londra, rischiarandoli e le notizie delle sue disavventure personali e poi della morte raggiunsero la capitale inglese, aumentando l’alone di mistero che lo circondava. La persecuzione subita dalla Chiesa cattolica lo trasformò in una figura eroica, un po’ come Galileo dopo che incontrò John Milton, il quale lo descrisse come un prigioniero dei preti che lo guardavano a vista.
John Florio, non solo Shakespeare, conoscevano Girolamo Cardano e i suoi libri. Alcuni finirono all’Indice ma altri vennero ristampati nei primi decenni del Seicento, soprattutto in Francia. La sua ‘Opera Omnia’ in 10 volumi in folio uscì proprio a Lione nel 1663.
Una prova della sua perdurante popolarità può essere vista nel fatto che un’edizione in inglese del suo ‘De Consolatione’ uscì nel 1576 sotto al titolo di ‘Cardanus Comforte’ ed è proprio questo il libro che Amleto tiene in mano quando recita il suo celeberrimo monologo ‘Essere o non essere?’.
Un altro sintomo della sua celebrità è il fatto che la più completa e rigorosa biografia mai scritta su di lui la si deve a Thomas Morley. Uscì in due volumi nel 1854 a Londra e, incredibilmente, non è mai stata tradotta e pubblicata in Italia, dove ci siamo sempre accontentati di biografie dozzinali e incomplete.
Ecco quali sono i punti di contatto fra Cardano e Prospero, a parte la loro ‘milanesitudine’. Sia Cardano che Prospero hanno uno spirititello al proprio servizio. Cardano racconta nella sua autobiografia di averlo ereditato dal padre, Fazio Cardano e spesso udiva grugniti dietro di sé e puzza di zolfo. Entrambi sono esperti di magia e di astrologia. Entrambi vengono gettati in prigione e poi costretti all’esilio. Sia Prospero che Cardano sono amanti dei libri ma alla fine rinunciano a quelli che trattano di magia e di astrologia. Vengono ambedue traditi da persone delle quali si erano fidati. Il primogenito di Girolamo Cardano, Giambattista, venne attanagliato e decapitato a Milano nel 1560 su ordine del senato milanese, dopo che, sotto tortura, aveva confessato di aver avvelenato la moglie e i suoceri. Cardano tentò disperatamente di salvarlo ma non ci riuscì e quasi impazzì per il dolore. Riuscì a dimenticarlo solo tenendo uno smeraldo sotto alla propria lingua.
Il secondogenito di Cardano, Aldo, divenne un delinquente e tentò più volte di rubare e assaltare il padre. Gli restava una figlia soltanto, proprio come Prospero, che ebbe nome Clara. Solo un’analisi della sterminata produzione cardanica e il possibile rinvenimento di battute e concetti presenti nella Tempesta – ricerca che non è ancora stata intrapresa – potrebbe portare a scoprire altri punti di contatto fra i due.
Angelo Paratico