Un libro che attendevamo da tempo. “Controversie per un Massacro” di Dino Messina

Un libro che attendevamo da tempo. “Controversie per un Massacro” di Dino Messina

L’ultimo libro Dino Messina, intitolato: Controversie per un massacro. Via Rasella e le Fosse Ardeatine. Una tragedia Italiana, Solferino, 2023, è dedicato alla strage delle Fosse Ardeatine, che seguì di poche ore l’attentato di via Rasella, del 23 marzo 1944. Una bomba costruita artigianalmente e piazzata da un partigiano appartenente ai Gap, Rosario Bentivegna, esplose nel primo pomeriggio, investendo una colonna di militari altoatesini che rientravano da un’esercitazione. Questi appartenevano alla XI compagnia di polizia “Bozen” acquartierata alla caserma Macao, nel Castro Pretorio. La loro età media era di 35 anni e molti fra di loro avevano in precedenza militato nell’esercito italiano. Subito 32 militari morirono, cinque o sei erano in gravissime condizioni, e anche due civili italiani vennero ammazzati dato che si trovavano nelle vicinanze. La strage fu ampliata dalle bombe a mano che i militari tenevano ai cinturoni e che, a causa delle schegge e del calore, esplosero spontaneamente.Il giorno successivo, il 24 marzo 1944, alle 20 e 30, si compì la strage di 335 civili da parte di militari delle SD guidate da Herbert Kappler. Alcune unità dell’esercito tedesco, fra cui i commilitoni dei caduti, coraggiosamente rifiutarono di sparare sui civili italiani.

I dettagli di come si arrivò a quell’attentato vengono passati in rassegna da Dino Messina con spassionatezza ed animo equo. Egli prende in considerazione e analizza molti fattori, presentati dalla destra e dalla sinistra nel corso del tempo. I suoi anni da giornalista investigativo e di cronista, nella redazione del Corriere della Sera servono a indagare tutti questi dettagli, anche i più insignificanti, per poi offrirli al giudizio dei lettori. Il risultato è che questo libro può essere serenamente letto sia da chi possiede una ideologia di destra che di sinistra. Messina ha conosciuto molto bene il responsabile materiale dell’attentato, Rosario Bentivegna, perché nel 1997 scrisse un libro a sei mani con lui e Carlo Mazzantini, che fece molto scalpore, il titolo era:  “C’eravamo tanto odiati”.
Ci si chiede ancora se la feroce decimazione nazista, di dieci italiani per ogni tedesco ucciso, fosse in qualche modo giustificata dalle convenzioni internazionali. In realtà non lo fu, perché la Convenzione dell’Aja del 1907 non prevedeva l’applicazione di una tale norma in tali circostanze, e si badi che questa fu l’opinione accettata e condivisa anche da vari generali della Wehrmacht, come Frido von Senger und Etterlin e il capo delle SS in Italia, il generale Karl Wolff.

I militari messi alla sbarra dopo la guerra, primo fra tutti Albert Kesselring, giustificarono la loro decisione scaricando tutta la responsabilità su di un primo Führerbefehl (un ordine diretto di Hitler al quale non si poteva disubbidire) nel quale si ordinava appunto la morte di dieci civili per ogni militare tedesco e di un secondo Führerbefehl con il quale si stabiliva che l’esecuzione del massacro doveva ricadere sulle SD, il servizio di sicurezza nazista. Di questi ordini di Hitler non si è mai trovata traccia, né pare che siano mai stati effettivamente impartiti. L’esecuzione dei civili fu, dunque, dovuta al fatto che quei generali persero la testa.

La mia personale opinione, supportata da quando pubblicato da Richard Reiber nel suo “Anatomy of Perjury”, Newark 2008, è che la Wehrmacht con Albert Kesselring scaricò il problema sulla SD, nella persona di Kappler, convincendolo che esistesse un preciso Führerbefehl affinché chiudessero il caso. Tutto ciò accadde proprio perché mancò l’uomo chiave, mancò il regista, ovvero Albert Kesselring, occupato altrove. Nelle sue auto-celebrative memorie “Soldat bis zum letzen Tag” e durante le fasi del processo per la strage delle Fosse Ardeatine, Kesserling sostenne sempre di non aver potuto intercedere per mitigare l’ordine di Hitler perché rientrato tardi da un’ispezione in prima linea a Cassino, un fatto sempre supportato da tutti gli ufficiali del suo stato maggiore.
In realtà non fu così e la loro menzogna, perché di questo si trattò, servì a non far finire Kesselring davanti a un plotone d’esecuzione. Quel plotone d’esecuzione davanti al quale finì il generale Anton Dostler a causa dell’uccisione di 15 soldati americani, per la gran parte di origine italiana, che facevano parte di un commando di guastatori in uniforme. Furono catturati il 24 marzo 1944 vicino a La Spezia e fucilati il 26 marzo nei pressi di Lerici. Quella operazione speciale era stata denominata Ginny e la loro missione era di far saltare una galleria ferroviaria. Ma per loro sventura esisteva anche qui un Führerbefehl segreto che stabiliva che tutti i commando nemici andavano fucilati, anche se vestivano l’uniforme e i gradi e non dovessero essere internati in campi di prigionia. Ma tale ordine era noto a pochi generali, uno fra questi fu certamente Albert Kesserling, che godeva della piena fiducia di Adolf Hitler.
Due settimane dopo l’esecuzione dei 15 americani Kesserling mandò un ordine nel quale si stabiliva che tutta la documentazione relativa a quel caso andava distrutta, fu così che a guerra finita, non riuscendo a rintracciare documenti e certi testimoni chiave per la difesa, il generale Dostler pagò con la propria vita un ordine ricevuto, per interposta persona, da Kesselring. Il processo a Dostler si tenne a Roma dall’8 al 12 ottobre 1945 e il suo interprete fu un giovane Albert O. Hirschman (1915 – 2012) destinato poi a diventare uno dei maggiori economisti americani contemporanei.
La presenza di Kesselring in Liguria e non al fronte di Cassino è stata dimostrata dal ritrovamento del libro di volo del suo pilota personale, Manfred Bäumler, nel quale si dimostra senza ombra di dubbio che Kesselring nel suo quartier generale di Monte Soratte giunse solo il 26 marzo 1944. Questo fu tardivamente confermato da Dietrich Beelitz nel 1997, l’ultimo sopravvissuto di quella banda di depistatori. Questa sua assenza spiega anche certi suoi buchi di memoria per quanto riguarda le Fosse Ardeatine; per esempio, in una deposizione da lui resa il 25 settembre 1946 egli mostra di ignorare che delle esecuzioni s’era occupata la SD!
Risulta dunque evidente che Albert Kesselring s’assunse la responsabilità di quanto accaduto alle Fosse Ardeatine perché aveva calcolato di potersela cavare, mentre se fosse risultato responsabile per l’ordine di fucilazione del commando Ginny sarebbe stato sicuramente messo davanti al plotone d’esecuzione che, ad Aversa, il 1° dicembre 1945 uccise il generale Anton Dostler.
Kesselring durante la sua prigionia a Londra – nella famosa “Gabbia” diretta dal colonnello Alexander Scotland – e poi in Italia, durante il processo, conquistò tutti con il suo comportamento da generale-gentiluomo, con la sua cortesia e la sua supposta lealtà che avevano affascinato anche Hitler. In realtà egli fu sempre un cinico nazista anche dopo la guerra. Fu un freddo e spietato calcolatore capace di far fucilare quegli ufficiali tedeschi che il 26 aprile 1945 avevano cercato di prendere il controllo di Monaco e consegnare la città agli americani. Cercò di far lo stesso con i suoi camerati italiani, Westphal e Karl Wolff, che in Svizzera negoziarono la resa dell’esercito tedesco (trattative di cui lui stesso era stato messo al corrente). L’ordine di fucilarli fu ritirato solo il 30 aprile, dopo la morte di Adolf Hitler.

Questo libro di Dino Messina diventerà un classico su questo argomento, perché non vuole provare alcuna tesi ma solo presentare dei fatti. Pensiamo che anche fra cent’anni, quando uno studente vorrà studiare tale argomento, dovrà leggere queste pagine.

 

Angelo Paratico

One Reply to “Un libro che attendevamo da tempo. “Controversie per un Massacro” di Dino Messina”

  • Mauro

    By Mauro

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    Angelo c’è ne vorrebbero a migliaia di queste tue dissertazioni , sono , lineari, chiare e soprattutto piacevoli da leggere ….💪🥇❤️

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