Chiarimenti dopo una conferenza di H.G. Wells sugli ebrei, tenuta nel settembre 1936 a Nottingham

Chiarimenti dopo una conferenza di H.G. Wells sugli ebrei, tenuta nel settembre 1936 a Nottingham

Il sacco di Gerusalemme raffigurato nel bassorilievo dell’Arco di Tito a Roma. Al centro è visibile la Menorah che era conservata all’interno del tempio

Questo articolo viene pubblicato per la prima volta in Italia, grazie alla Sir Oswald Mosley Society di Londra

 

All’incontro annuale della British Association a Nottingham nel settembre 1936, il Sig. H. G. Wells ha esposto la verità storica riguardante il ruolo interpretato dagli ebrei nel credo religioso, che egli ritiene sia stato molto esagerato. Quando il Sig. Wells ha condotto il suo discorso, ebrei di ogni età sono entrati in scena per ribattere, e hanno fatto sì che molte figure pubbliche non-ebree ripudiassero le opinioni del Sig. Wells. La principale argomentazione ebrea nelle loro repliche è stata – come lo è stata dall’inizio – che i profeti israeliti hanno insegnato il monoteismo all’umanità. La grande questione è se questa contesa ebraica possa essere stabilita alla luce di documenti cuneiformi e da autori classici, entrambi coincidenti con il periodo in cui in popolo d’Israele ha avuto origine e con il Regno Ebreo in Palestina.

I documenti egizi del Medio Regno (1750-1350 a.C.) sotto i due Amenofi, mostrano senza ombra di dubbio che intorno al 1400 a.C. Akhenaten e la sua corte hanno condotto una rivoluzione religiosa introducendo il monoteismo come religione di Stato. I fatti vengono minuziosamente descritti nel Cambridge Ancient History.

La prova dello storico latino Giustino che la città d’origine degli ebrei sia Damasco, viene ora ulteriormente confermata dalle lettere di Tell-Amarna. Questa corrispondenza mostra che per molti secoli Canaan era solo una provincia di confine dell’Egitto la cui appartenenza veniva spesso contestata dagli Ittiti. La lingua della corrispondenza era babilonese.

Queste lettere di Tell-Amarna sono ulteriormente illuminate dagli archivi ittiti di Boghaz-Keuy. Entrambi menzionano una classe sociale di persone chiamate Habiru, una classe di schiavi. Gli studiosi di origine ebraica in ogni paese negano che gli Habiru avessero qualcosa a che fare con gli Israeliti. Vi sono dettagli interessanti nelle lettere di Tell-Amarna. Sei lettere sono destinate al Faraone d’Egitto e provengono da un Abdi-hiba, il governatore di Urusalim (Gerusalemme). Credo che questo Abdi-hiba, sia la traduzione egizia del nome Abramo, in ogni caso un nativo della Siria, mentre l’Antico Testamento fa derivare Abramo dalla Ur di Caldei. L’Abdi-hiba viene continuamente pressato dagli Habiru (circa 1400 a.C.). Lettera dopo lettera egli richiede aiuti militari all’Egitto. “Al Re, mio signore, mio Sole. Abdi-hiba, il suo servitore, ai suoi piedi regali, mio signore, sette e sette volte mi inchino… è una calunnia, quello che affermano contro di me. Guardate, non sono un principe… Guardate, nemmeno mio padre o mia madre mi hanno stabilito in questo luogo; il braccio del re magnanimo mi ha fatto entrare nella casa del mio padre.”

In un’altra lettera d’aiuto scrive al Faraone, “gli Habiru stanno catturando la fortezza del re… tutti sono morti. Possa il re, mio signore, mandare aiuto al suo paese.”

Il Vecchio Testamento non menziona nessuno di questi o dei seguenti fatti, niente sulla grande lotta mondiale tra Ramses II (1292-1225 a.C.) e gli Ittiti di Kadesh, dove tutti gli stati organizzati di allora erano accorsi al fianco di uno dei due belligeranti.

Non vi è una sola parola sul Re Davide o su Salomone in nessuna fonte, tranne che dalla tradizione orale del Vecchio Testamento messa per iscritto molti secoli dopo, probabilmente durante la cattività di Babilonia, ovvero dopo il 585 a.C. Il fatto che non ce ne sia cenno in nessuna fonte, non preclude necessariamente la possibilità della loro esistenza, e la verità approssimativa della storia; a maggior ragione, che il paese più interessato ai territori di Siria e alla Palestina, l’Assiria, era allora in declino, cosa che è avvenuta intorno al 1000 a.C.

La seguente prova cuneiforme fa sorgere le domande sulle origini di Jahur-Jehovah, o Javhè. La tradizione del Vecchio Testamento sull’origine ebraica di tale nome è ben nota. Ma alcune iscrizioni aramaiche ritrovate a Zinjirli (valle dell’Eufrate) mostrano chiaramente che al tempo dell’invasione da parte di Tiglat-Pileser III (740 a.C.) della terra di Sam’al, vi era un piccolo regno indipendente di Y’di che è poi Yaudi. Questa dinastia di Y’di è stata fondata apparentemente nel VIII secolo a. C. da K-r-L; al quale è succeduto Parra I, il quale ha lasciato un iscrizione al suo dio Hadad. Perciò il Re Azrian di Yaudi, che è conosciuto come Azaria di Judah (2 Re, XV) dalla scoperta di tale iscrizione aramaica, risulta appartenere alla Dinastia del medio Eufrate. Questa rivelazione ha creato inoltre un grande disturbo nella storia del Vecchio Testamento. Per tutta la durata del periodo del potere militare di Assiria, da parte di Assurbanipal II (884-860 a.C.) fino alla fine dell’Assiria (612 a.C.), un re di Samaria e uno di Judah vengono menzionati dagli Assiri. È strano che Israele e Canaan non siano menzionati. Erano piccoli principati tributari dell’Assiria, così come il più vicino regno di Damasco. Durante il suo dominio durato 35 anni Sabuanassar III (859-824 a.C.) ha invaso la Siria e la Palestina quattordici volte. Egli cita almeno cinque invasioni durante le quali ha deportato gli abitanti della Palestina in Assiria. Tiglat-Piliser IV (745-728 a.C.), Sargon II (722-705 a.C.), Sanherib (705-682 a.C.), Azarhadon, ecc. tutti a turno hanno invaso e saccheggiato la Siria e la Palestina, diverse volte ciascuno, e hanno deportato gli abitanti ad Assiria e a Babilonia. Come Amenhotep Ahuramazda, Zoroaster ha cantato inni al Sole e ad Ahuramazda, la più pura forma di monoteismo dall’inizio del VIII secolo a.C.

L’unico dio Ahuramazda, la fonte di bontà e purezza, è sopravvissuto anche dopo – e probabilmente a causa del – martirio dello stesso Zoroaster. La prova di questo è che gli Achemenidi (dal 548 a.C. in poi) hanno adottato Ahuramazda come loro unico dio. Adesso può essere provato che Zoroaster ha vissuto nella prima metà del VIII secolo a. c. I popoli della Siria e della Palestina erano sparpagliati in tutto l’impero degli Assiri grazie alle deportazioni non sarebbero stati al corrente in modo uniforme della dottrina monoteista di Zoroaster.

Il Vecchio Testamento dice che Nabu-kudur-utsuri (Nabukednezer del Vecchio Testamento), il re di Babilonia, ha portato gli ebrei in cattività (circa 555 a.C.). Non vi è testimonianza di ciò nei testi babilonesi. Ma ritenendo che ciò sia vero, e molto probabilmente lo è, la cattività babilonese degli ebrei, dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme in particolare, meriterebbe naturalmente una riflessione più approfondita. La religione Zoroastriana deve essere stata piuttosto prevalente in quel luogo. Vi è la prova che l’Asia occidentale sia stata profondamente scossa dal crollo totale dell’Assiria (612-606 a.C.) e dall’emergere delle razze Ariane, tutte più o meno devote a Zoroaster. L’idea di un unico dio deve essere penetrata anche tra un popolo così conservativo come quello dei babilonesi. Nabunaid (553-538 a.C.) l’ultimo re di Babilonia, cosciente delle lotte crescenti, ha provato a prevenire il pericolo. Con un pretesto o con un altro ha riunito nelle capitale tutti gli idoli delle diverse città del regno di Babilonia, e le immagini degli dei locali. Quell’azione ha provocato enorme scontento tra i sacerdoti locali e il vasto numero dei loro seguaci. Questa la tradizione del Vecchio Testamento afferma che Cirro ha rilasciato gli ebrei catturati. Penso che il comprensivo persiano non si sia preoccupato affatto delle persone della città, fin tanto che riscuoteva i suoi tributi. La mia opinione è che il monoteismo ebraico sia stato portato in Palestina da coloro che avevano sofferto la cattività a Babilonia. Un sondaggio critico di Ezra 1. e altri capitoli nelle Cronache sono inclini a tale interpretazione. Una consapevolezza razziale è cresciuta tra gli ebrei – se mai prima della grande diaspora del 71 d.C. – come conseguenza della cattività a Babilonia. L’esperienza ha provato che troppi déi non hanno salvato l’umanità. Vi era più probabilità di redenzione dalla venerazione di un solo dio magnanimo.

Fu fonte di confusione per gli studiosi che, nel corso del periodo ellenistico, il comune mezzo di comunicazione tra gli ebrei era il greco. Certamente vi erano il sinedrio e il clero. La lingua principale tra i semiti natii sembra essere stata una forma dialettale dell’aramaico. Non può essere accertato se i sacerdoti ebraici parlassero l’ebraico tra di loro.

Senza alcun dubbio Cicerone è il più intelligente e il più giusto uomo di stato della Roma Repubblicana. In un mondo di totale corruzione e licenza contro le quali non si viene accusati di corruzione o di cattiva condotta, egli è il solo insieme a Catone. I suoi scritti provano la gamma del suo potere intellettuale e della sua ragione. Tra centinaia di consoli e pretori, è l’unico console ad essere ritornato dalla Cilicia con un’esperienza gloriosa. Cicerone è un pensatore politico esaltato, giusto ed onesto. È molto obbiettivo riguardo alle nazioni straniere. Ha scritto della frivolezza dei greci, del servilismo dei Lidi, ma non ha mai chiamato nessuno di questi nemici di nascita. Solo gli ebrei allora e ancora chiama “nostri nemici.” Sequitur auri ilia invidia Iudaici.

L’altra questione è l’accusa riguardante l’oro ebraico… Cum aurum Iudaeorum nomine quotannis ex Italia et ex omnibus nostris provinciis Hierosolymam exportari soleret.-riguardo all’oro esportato a Gerusalemme dagli Ebrei provenienti dall’Italia e dalle nostre province… Huic autem barbarae superstitioni resistere severibatis, multitudineum Iudaeorum flag-rantem non numquam in contionibus prae re publica contemnere gravitatis summae – ma se resistere a questa superstizione barbara sia stato un atto di dignità, condannare la moltitudine di ebrei è stato un atto di giustizia, quando spesso essi erano i più ribelli nelle assemblee, tenute in difesa degli interessi della Repubblica… Non erim credo religionem et Iudaeorum et hostium impedimenta. – il credo religioso degli ebrei, nostri nemici, non è stato un ostacolo … ecc.

L’orazione di Cicerone è probabilmente una delle più belle e patriottiche della lingua latina; durante gli ultimi 50 anni, però, non vi è stata nessuna edizione scolastica per gli istituti pubblici e le università in questo paese, per ovvie ragioni. E nemmeno vi è stata alcuna edizione del Annali di Tacito, per la stessa ragione. Tacito (Annalium. il.85) menziona che sotto l’impero di Tiberio il Senato ha emanato un decreto che proibiva le religioni egiziana ed ebrea e che espelleva 4,000 ebrei liberti da Roma in Sardegna, e con l’obbligo di lasciare Roma immediatamente.

Tacito in realtà afferma in un suo passaggio che nel periodo di massimo splendore del Regno Ebraico (dal secolo a.C. fino alla distruzione di Gerusalemme per mano di Tito nel 70 d.C.) gli ebrei veneravano una testa d’asino nel loro tempio. (Tacito: Historiarum V. 2-5).

Orazio e Giovenale hanno molte altre cose da dire su di loro. Costantino, detto il Grande, ha commesso l’errore di permettere la canonizzazione del Vecchio Testamento durante il primo Concilio di Nicea nel 325 d.C. Per quasi una generazione o due gli ebrei divennero molto popolari in tutto il mondo cristiano come i figli del profeta. Ma neanche un secolo dopo (vale a dire dall’inizio del V secolo) masse di questi vengono costretti a lasciare Costantinopoli e Alessandria. Vi possono essere pochi dubbi sul fatto che, con la visione che avevano di sé stessi nel mondo cristiano, gli ebrei hanno interpretato una parte importante nell’organizzazione il movimento dell’Islam. Eppure, nonostante i loro servigi resi all’Islam, i primi califfi furono spietati con loro. Essendo i cristiani “la Gente del Libro” gli Arabi non li forzarono alla conversione, eccetto inviti formali. Ma sino al califfato degli Abbasiti (850 d.C.) gli islamici non riconobbero mai negli ebrei dei fratelli monotesiti. Intere comunità ebraiche nel Levante furono forzate a convertirsi e i loro maschi furono arruolati nelle armate islamiche.

 

 

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