La UE dichiara guerra agli obesi

La UE dichiara guerra agli obesi

 

Questa è una notizia che stupirà molti. Il deputato irlandese John Bibby, appartenente alla sinistra ecologista europea, avrebbe già depositato una proposta di legge al Parlamento Europeo per limitare il peso di noi cittadini.

Secondo il suo progetto, nella legge verranno inserite delle tabelle grazie alle quali verrà stabilirà il peso permesso, in relazione all’altezza e all’età. La logica di queste limitazioni consisterebbe nel contenimento dei consumi di acqua, grano, verdure e carne, risorse tutte in rapido esaurimento, secondo gli scienziati del IPCC e allo stesso tempo per contenere la quantità di metano che immettiamo nell’atmosfera, con la flatulenza. Pare che l’emissione di metri cubi di gas dipenda in maniera proporzionale dalla circonferenza del nostro ventre. Inoltre, parte del cibo e delle bevande alcooliche in eccesso, birra e vino,  verranno donate ai Paesi del terzo mondo. Inoltre, le spese mediche generali caleranno, secondo le stime, del trenta per cento.

Dunque, la Comunità Europea pare intenzionata a scatenare una guerra senza quartiere contro agli “obesi”, con una serie di multe che colpiranno tutti coloro che usciranno al di fuori dai margini imposti nelle tabelle, già studiate da nutrizionisti e da medici. Pare che tale legge verrà discussa e quasi certamente approvata entro la fine dell’anno corrente.

Le Strage di italiani alle Fosse Ardeatine. Anche i soldati uccisi in Via Rasella erano italiani.

Le Strage di italiani alle Fosse Ardeatine. Anche i soldati uccisi in Via Rasella erano italiani.

Kesserling nel Febbraio 1947 a Venezia

Il presidente del Senato, on. Ignazio La Russa ha rinfocolato le sopite polemiche circa la strage causata dal attentato di Via Rasella, alle Fosse Ardeatine. Avevo inviato una lettera alla Verità e poi all’Arena, per offrire una versione nuova di quei fatti, ma non hanno pubblicato. Ripropongo qui per le mie parole per i lettori di Cangrande.

La strage nazista delle Fosse Ardeatine, del 24 Marzo 1944, resta un campo di scontro fra opposte ideologie, un vulnus dove i fatti e, dunque, anche la verità, spariscono. Credo sia giunto il momento di superare questo muro. I fatti nella loro crudezza sono ben noti.

Il 23 marzo 1944, alle ore 15 e 45, una bomba piazzata da un giovane partigiano appartenente ai Gap, Rosario Bentivegna, esplose, investendo una colonna di militari tedeschi che rientravano da un’esercitazione. Questi appartenevano alla XI compagnia di polizia “Bozen” acquartierata alla caserma Macao, nel Castro Pretorio. La loro età media era di 35 anni e molti fra di loro avevano in precedenza militato nell’esercito italiano, essendo altoatesini. Nonostante che dal febbraio del 1943 Heinrich Himmler, Capo delle SS, avesse emanato una specifica nella quale i Polizeiregimenter dovevano essere rinominati “SS- Polizeiregimenter”, per le unità Sud-Tirolesi ciò avvenne con molto ritardo. Ad esempio, il Polizeiregiment “Alpenvorland” ricevette il suffisso “SS” solo il 29 gennaio 1945, mentre il “Bozen” lo ebbe 16 aprile 1944, quindi dopo i fatti di via Rasella. Dunque la notizia che erano SS, è falsa.

Il giorno dopo 32 di loro erano morti, cinque o sei erano in gravissime condizioni, e anche due civili italiani morirono a causa delle ferite. Il 24 marzo 1944, alle 20 e 30, la strage di 335 civili venne compiuta dalle SD guidate da Herbert Kappler. Alcune unità dell’esercito tedesco, fra cui i commilitoni dei caduti, rifiutarono di sparare. Le vittime erano ebrei, partigiani, delinquenti comuni e anche ignari passanti. La sequenza temporale riportata qui sopra dimostra chiaramente che non fu possibile, né pensabile, stampare e appendere manifesti con i quali si intimava ai responsabili dell’attentato di costituirsi.
La Convenzione dell’Aja del 1907 non prevedeva l’applicazione di una tale norma in tali circostanze e secondo la feroce procedura adottata. Questa fu l’opinione accettata e condivisa anche da vari generali della Wehrmacht, come Frido von Senger und Etterlin e il capo delle SS in Italia, il generale Karl Wolff. I militari messi alla sbarra, dopo la guerra, primo fra tutti Albert Kesselring, giustificarono la loro decisione scaricando tutta la responsabilità su di un primo “Führerbefehl” (un ordine diretto di Hitler al quale non si poteva disobbidire) nel quale si ordinava, appunto, la morte di 10 civili per ogni militare tedesco e di un secondo “Führerbefehl” con il quale si stabiliva che l’esecuzione del massacro doveva ricadere sulle SD, il servizio di sicurezza nazista. Di questi ordini di Hitler non si è mai trovata traccia, né pare che siano mai stati effettivamente impartiti. Secondo Richard Reiber nel suo libro “Anatomy of Perjury”, Newark, 2008, la Wehrmacht con Albert Kesselring scaricò il problema sulla SD, nella persona di Kappler, convincendolo che esisteva un “Führerbefehl” con istruzioni precise su cosa fare. E forse Kappler e Priebke vollero esagerare in brutalità per confermare la loro lealtà alla causa nazista, ma tutto ciò accadde proprio perché mancò l’uomo chiave, mancò il regista, ovvero Albert Kesselring, che era occupato altrove.
Nelle sue auto-celebrative memorie “Soldat bis zum letzen Tag” e durante le fasi del processo per la strage delle Fosse Ardeatine, Kesserling sostenne sempre di non aver potuto intercedere per mitigare l’ordine di Hitler perché rientrato tardi da un’ispezione in prima linea a Cassino, un fatto confermato da tutti gli ufficiali del suo stato maggiore. In realtà non fu così e la loro menzogna, perché di questo si trattò, servì a non far finire Kesselring davanti a un plotone d’esecuzione. Quel plotone d’esecuzione davanti al quale finì invece il generale Anton Dostler, a causa dell’uccisione di 15 soldati americani, per la gran parte di origine italiana, che facevano parte di un commando di guastatori in uniforme, catturati il 24 marzo 1944 vicino a La Spezia e fucilati il 26 marzo nei pressi di Lerici.
Detto in parole povere, Kesserling sapeva che per la strage di Lerici sarebbe finito al muro e per questo si assunse la responsabilità delle Fosse Ardeatine.

Angelo Paratico

Serit,  Massimo Mariotti ha incontrato il Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione e del Merito,  Paola Frassinetti

Serit, Massimo Mariotti ha incontrato il Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione e del Merito, Paola Frassinetti

Il presidente di Serit, Massimo Mariotti, ha incontrato nei giorni scorsi, nel suo ufficio al Ministero, l’On. Paola Frassinetti, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Istruzione e del Merito. Mariotti ha illustrato il progetto di educazione e formazione che l’azienda, operante nei 58 Comuni della provincia di Verona, sta sviluppando per coinvolgere gli studenti in una intelligente campagna per evitare sprechi, insegnando a riutilizzare e riciclare la maggior parte del materiale che abitualmente viene, invece, gettato come rifiuto. Mariotti ha ricordato il notevole successo ottenuto dal progetto de  I Riciclotti così come il recente  concorso Ti racconto un albero le cui premiazioni si sono svolte nell’ambito di Verona in Love.

L’on. Frassinetti ha quindi mostrato il suo interessamento per il Punto limpido, realizzato accanto al polo scolastico di Torri del Benaco, uno dei contenuti più rivoluzionari nel mondo del riciclo e primo in Italia, pochi giorni fa  citato come ottimo esempio dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che lo ha introdotto nel quartiere della Magliana.

Dal 2 novembre 2022 Paola Frassinetti è sottosegretario di Stato al Ministero dell’istruzione e del merito nel governo Meloni.
Nata a Genova si trasferisce presto con la famiglia a Milano, dove consegue la maturità classica al liceo classico Giosuè Carducci e si laurea in Giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il Sottosegretario Paola Frassinetti ha garantito la propria disponibilità a presenziare ad uno dei prossimi incontri nelle scuole veronesi in cui verranno promosse iniziative di carattere ambientale.

 

Carlo Vecce ha scoperto quello che aveva descritto Angelo Paratico nel suo libro, uscito nel 2015

Carlo Vecce ha scoperto quello che aveva descritto Angelo Paratico nel suo libro, uscito nel 2015

Leonardo Da Vinci: lo storico Carlo Vecce annuncia la scoperta sulla madre del genio, era una schiava

Caterina era il nome della schiava, l’atto di liberazione della donna, sarebbe stato rogato dal padre notaio Piero da Vinci e datato 2 novembre 1452

Si chiamava Caterina la madre di Leonardo da Vinci, ce lo rivela un documento scoperto nell’ Archivio di Stato di Firenze  che rivela anche che la donna fosse stata una principessa dei Circassi, figlia del principe Yakob, che governò uno dei regni sugli altopiani delle montagne  settentrionali del Caucaso: dopo essere stata rapita, probabilmente  dai tartari, fu fatta schiava e rivenduta ai veneziani. Il professore Carlo Vecce, filologo e storico del  Rinascimento, docente all’Università di Napoli “L’Orientale” rivela i dettagli sulla nuova identità della mamma del genio del  Rinascimento, che quindi sarebbe stato italiano solo per metà. L’annuncio della scoperta, che potrebbe mettere una parola definitiva  sull’identità della donna che partorì Leonardo, è stato dato questa mattina a Firenze, nella sede di Giunti Editore.

Il nostro collaboratore, Angelo Paratico, aveva pubblicato a Hong Kong, in lingua inglese un testo basato su questa teoria e una grossa stazione televisiva giapponese prese in considerazione l’ipotesi di girarci un docufilm. Poi il progetto fu archiviato.

Negli archivi di Firenze si trovano vari documenti notarili vergati da Piero Da Vinci, il padre notaio di Leonardo e uno di questi appare nel libro di Paratico, anzi pare essere proprio quello citato dal Paratico, ma non avendo visto il documento originale nella sua interezzza, non vide quella citazione “caucasica”.

Se davvero è emerso un documento come quello descritto dal Prof.Vecce nel suo romanzo, ovvero la malleva  di Caterina “filia Jacobi eius schiava seu serva de partibus Circassie”, in un atto datato 2 novembre 1452, ossia circa sei mesi dopo la nascita di Leonardo, su istanza  della proprietaria della schiava, una certa Ginevra d’Antonio Redditi, moglie di Donato di Filippo di Salvestro Nati

Tale Caterina, madre di Leonardo, spirò fra le braccia del figlio a Milano. Un documento ritrovato una ventina d’anni or sono negli archivi di Milano, mostra il suo atto di morte, che coincide con la notazione delle spese indicate da Leonardo nel Codice Forster circa il “sotterramento di Caterina”.

La prima edizione del libro di Paratico fu pubblicata in inglese, a Hong Kong, nel 2015 con grande rilevanza mediatica, soprattutto a causa del fatto che i francesi s’infuriarono perché la Gioconda (come intuito da Sigmund Freud) sarebbe una immagine onirica di Caterina, madre di Leonardo.

La seconda edizione in italiano è stata pubblicata dalla Gingko Edizioni, a Verona, nel 2018.

 

 

Ambrogio Bianchi

Maurizio Vandelli (il Principe) alla Libreria Mameli di Borgo Trento, Verona, giovedì 9 marzo 2023.

Maurizio Vandelli (il Principe) alla Libreria Mameli di Borgo Trento, Verona, giovedì 9 marzo 2023.

Il grande cantante della Equipe 84, Maurizio Vandelli, ha presentato il suo libro di ricordi “Emozioni Garantite” edito da Azzurra, alla Libreria Mameli di Verona. Nelle pagine di questo libro appare il suo glorioso passato artistico. Vi si trovano allegati due CD di canzoni di Mogol-Battisti, da lui reinterpretate. Nel primo CD vi sono canzoni di Battisti che lui rivisita, nel secondo ci sono le basi per il karaoke. Tale libro di ricordi, di agile e divertente lettura, edito da Massimo Cotto, è stato concepito durante il brutto periodo del Covid19 per portare un po’ di allegria agli italiani, imprigionati nelle loro case.

Il lancio ufficiale era avvenuto il 29 settembre, per commemorare una delle loro canzoni di maggior successo, scritta da Mogol-Battisti e che nel 1967 restò in cima alla Hit Parade per cinque settimane.

Circa 60 persone, entusiaste e sorridenti, erano presenti nella Carto-libreria diretta di Luigi Sona, ormai diventata un faro di cultura per Borgo Trento. Stimolato dalla giornalista Maria Vittoria Adami, Vandelli ha ricordato il proprio sodalizio con Lucio Battisti, che fu in qualche modo da lui scoperto e portato alla Casa Musicale Ricordi di Milano, proprio dal padre di Mogol. Il resto è storia. Dopo la presentazione è seguita una cena al ristorante Capitel di Avesa.

 

 

 

Le conseguenze delle truffe fatte dalle Banche Centrali

Le conseguenze delle truffe fatte dalle Banche Centrali

Tutto quanto esponiamo vien bene spiegato nel libro “Storia delle Banche Centrali” di Stephen Mitford Goodson, Gingko Edizioni.

L’intera farsa del finanziamento da parte delle Banche Centrali e dei governi è in realtà solo una questione di identità contabili. Chi è in perdita può sempre essere ripagato con la creazione di nuovo denaro. Ma la creazione di nuovo denaro non fa altro che inflazionare la valuta, anziché favorire la produzione reale o la crescita economica. Se tutto ciò che abbiamo a disposizione è una macchina per stampare denaro e ogni problema sembra una mancanza di contanti, si utilizzerà la macchina. Pandemia? Stampa denaro! Crisi della catena di approvvigionamento? Ne stampi di più! Crisi energetica? Vapore alle rotative! Il governo è in bancarotta? Inondiamo il mercato obbligazionario con più denaro!

Questa è anche la grande ironia dell’inflazione. Le persone che la vivono si lamentano della mancanza di contanti, non dell’eccesso di contanti. Pensano che i prezzi più alti richiedano più contanti per essere pagati, non che l’eccesso di contanti facciano salire i prezzi.

Storicamente parlando, la “svalutazione della valuta” e la “spirale negativa” a cui si fa riferimento si sono manifestate per la prima volta nei mercati dei cambi. Se l’euro vale meno in dollari da un giorno all’altro, allora deve cambiare qualcosa nell’euro o nel dollaro, piuttosto che il prezzo della spesa. Entrambi sono solo denaro, dopotutto. Ma se il loro valore sta cambiando l’uno rispetto all’altro, questo rivela ciò che sta realmente accadendo. Si tratta di una svalutazione del denaro, non di un aumento dei prezzi delle cose che acquistiamo.

Se è possibile per gli utenti dell’euro detenere dollari per sfuggire all’aumento dei prezzi, allora il male sociale dell’inflazione viene facilmente smascherato. Ci si rende conto di aver corso su una ruota da criceto collegata a una macchina per la stampa di denaro presso la Banca Centrale Europea o il Tesoro, utilizzando la valuta che stampano. Ecco perché i governi odiano gli speculatori. Attraverso i mercati finanziari, i politici e i banchieri centrali sono chiamati a rispondere delle politiche sbagliate nel momento in cui si verificano, o addirittura prima che le conseguenze siano evidenti. Storicamente parlando, se un Paese iniziava a seguire un percorso insostenibile e del tutto sbagliato dal punto di vista fiscale e monetario, la sua valuta crollava rispetto agli altri ed era molto imbarazzante. Questo ha impedito ai politici di farlo. Ma al giorno d’oggi, tutto il mondo sembra perseguire le stesse politiche folli. E quindi le valute non stanno crollando l’una rispetto all’altra. Non nello stesso modo, almeno. Al contrario, abbiamo assistito a un’impennata dei prezzi degli asset. Le persone devono investire i loro risparmi per sfuggire all’inflazione. Comprano qualcosa, qualsiasi cosa, per non perdere denaro. Gli immobili sono l’esempio migliore, vista la scarsa performance dei mercati azionari da decenni a questa parte. Gli immobili sono diventati inaccessibili, perché vi affluisce molto denaro. Da dove proviene questo flusso di denaro? È l’inflazione delle banche centrali, solo che non la chiamiamo così. Ma alla base di tutto c’è la stessa meccanica. Soprattutto ora che abbiamo quella che voi e io riconosciamo come la solita inflazione. La storia di come si svolge l’inflazione sta diventando così familiare che si pensa che impareremo la lezione ed eviteremo di ricorrere alla creazione di denaro per risolvere i problemi economici. Voglio dire, ricorda quando l’idea del quantitative easing (QE) era un tabù e tutti erano indignati? Ricorda quando pensavamo di avere regole contro il finanziamento dei governi da parte delle banche centrali, a causa delle conseguenze che ciò avrebbe comportato? Oggi, i mercati finanziari e i governi crollano all’idea che non si stampi più denaro… Non è che non abbiamo imparato quali sarebbero state le conseguenze dell’utilizzo della creazione di denaro in questo modo. Storicamente parlando, abbiamo anche imparato nel modo più difficile.

John Maynard Keynes pubblicò il suo famoso “Le conseguenze economiche della pace” nel 1919. Criticava le richieste di riparazioni di guerra contenute nel Trattato di Versailles, alla cui stesura Keynes aveva partecipato come rappresentante del governo britannico. La versione semplice è che le richieste fossero troppo pesanti. E questo fardello alla fine avrebbe portato a… beh, sapete cosa è successo dopo.

Si può confrontare questo episodio con il Piano Marshall, che ha aiutato la ricostruzione dell’Italia e della Germania, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Quello ha funzionato abbastanza bene, in termini comparativi. Naturalmente, una conseguenza chiave del Trattato di Versailles fu l’iperinflazione della Germania. Le regioni industriali e carbonifere della Germania, in Occidente, furono occupate dai francesi, e le riparazioni di Versailles dovevano essere pagate in moneta aurea, lasciando ai tedeschi un solo strumento per mantenere il bilancio del governo: stampare denaro. Rinunciare al carbone e all’industria e stampare denaro per finanziare il governo? Sì, sono sicuro che tutto questo suona piuttosto familiare…Ed è proprio questo il punto, ovviamente. Una volta che la posizione finanziaria di un Paese supera un certo punto e inizia a ricorrere alla stampa di denaro per mantenersi finanziato, ci si trova su un pendio molto scivoloso verso il disastro.

Bloomberg spiega il problema che riguarda la Banca Centrale Europea e perché è quella che fa notizia in questo momento, anche se in Italia è passata inosservata:

Nelle prossime settimane, le banche centrali dell’area dell’euro riveleranno le prime perdite significative derivanti da un decennio di stampa di denaro, preannunciando una nuova era di controlli e la prospettiva di salvataggi da parte dei contribuenti.

Quindi le banche centrali stanno perdendo denaro, alla grande. Così male che potrebbero persino aver bisogno di salvataggi da parte dei contribuenti. Un risultato notevole per un’istituzione che crea denaro.

Tuttavia, la BCE ha criticato le carenze monetarie in altri Paesi dell’Unione Europea e le sue stesse regole possono richiedere ai Governi di erogare denaro alle banche centrali nazionali. È anche possibile che la stessa istituzione con sede a Francoforte abbia bisogno di aiuto.

La Bundesbank probabilmente registrerà piccole perdite nel 2022, che saliranno a 26 miliardi di euro (28 miliardi di dollari) nel 2023 se i tassi della BCE rimarranno ai livelli attuali, secondo Daniel Gros, membro del consiglio di amministrazione del Centro per gli Studi di Politica Europea a Bruxelles.

Questo spazzerebbe via i 20 miliardi di euro di accantonamenti per le perdite sui programmi di acquisto di asset, nonché i 5 miliardi di euro di capitale e riserve. Per un’azienda normale, questo potrebbe significare l’insolvenza. Se le istituzioni che tengono a galla i governi e i mercati azionari falliscono, dobbiamo aspettarci una grave crisi, giusto? Non è così, dice Agustín Carstens, direttore generale della Banca dei Regolamenti Internazionali, una sorta di Banca Centrale Internazionale. Ecco la sua opinione dal suo discorso sull’argomento:

A differenza delle imprese, le banche centrali sono progettate per fare soldi solo nel senso più letterale del termine. Hanno il mandato di agire nell’interesse pubblico: salvaguardare il valore del denaro che emettono, in modo che le persone possano prendere decisioni finanziarie con fiducia. La linea di fondo per le banche centrali non è il profitto, ma il bene pubblico.

Oggi, dopo un periodo straordinario della storia economica, alcune banche centrali stanno affrontando delle perdite. Questo è particolarmente vero se hanno acquistato attività come obbligazioni e altri titoli per stabilizzare le loro economie in risposta alle recenti crisi. Molte non contribuiranno alle casse dello Stato per gli anni a venire.

Questo significa che le Banche Centrali non sono solide? La risposta è “no”. Le perdite non mettono a rischio il ruolo vitale svolto da queste istituzioni, che possono e hanno operato efficacemente con perdite e patrimonio netto negativo.

Questo è abbastanza corretto. Le banche centrali sono meglio considerate come operanti al di fuori dell’economia. Spingono il denaro dentro e fuori l’economia per gestire l’inflazione. Ciò che accade nel loro bilancio e nel conto economico non ha importanza. Ma anche Carstens non ha potuto evitare di dire che l’imminente insolvenza delle banche centrali ha davvero molta importanza, dopotutto. Usa un gioco di prestigio così sfuggente da sorprendere persino Mandrake.

Anche i governi hanno un ruolo da svolgere di fronte alle perdite delle banche centrali di oggi. Poiché queste istituzioni sono in ultima analisi sostenute dallo Stato, la fiducia nel denaro richiede finanze pubbliche solide e una buona gestione finanziaria. Quindi il suo argomento è che l’insolvenza delle banche centrali non è importante, perché i governi le salveranno comunque.

CELEBRAZIONI PER IL CENTENARIO DELLA NASCITA DI MARIA CALLAS

CELEBRAZIONI PER IL CENTENARIO DELLA NASCITA DI MARIA CALLAS

In memoria di Maria Anna Cecilia Sofia Kalogheropoulou

New York, 2 dicembre 1923 – Parigi, 16 settembre 1977.

 

Organizzazione:

Associazione Culturale MarinaMu Ensemble, Via 4 Rusteghi, 14 – Verona

marinamuensemble@gmail.com

 

Altri soggetti coinvolti:

-Teatro Giochetto di Maurizio Gioco

-Casa Editrice Gingko Edizioni

Casa Editrice Scripta

Libreria Il Minotauro

 

 

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In visita al Forte Tesoro e alla premiata ditta Corrado Benedetti di Sant’Anna di Alfaedo

In visita al Forte Tesoro e alla premiata ditta Corrado Benedetti di Sant’Anna di Alfaedo

Una parte del parco di Corrado Benedetti, ai piedi del Monte Tesoro

In compagnia di mia moglie Donatella e dell’amico libraio e operatore culturale, Luigi Sona, che gestisce un grande negozio di cartoleria, con annessa libreria, in via Mameli a Verona, siamo andati a visitare il Forte di Monte Tesoro, a Sant’Anna di Alfaedo. Essendo in anticipo sui tempi, ci siamo fermati per un raffinato spuntino presso alla magnifica azienda di Corrado Benedetti, per attendere l’arrivo dell’amico Carmine Marconi, uno degli animatori del comitato di volontari che si occupa della gestione del vicino Forte Tesoro.

Abbiamo visitato il negozio e l’azienda di Benedetti, immersa in un parco verde e davvero spettacolare (www.corradobenedetti.com). Si tratta di un’oasi di pace e di bellezza, ai piedi del Monte Tesoro. Dopo un delizioso spuntino con Corrado e Carmine, abbiamo imboccato la strada, in parte sterrata, che sale sino alla piazzaforte che domina la vallata di Prun e della Valpantena.

Consigliamo una visita a questo maestoso forte, dopo una sosta presso l’oasi di Corrado Benedetti.  Si trova alla sommità del Monte Tesoro, a Sant’Anna d’Alfaedo (VR),  in Via Croce dello Schioppo 14, ed è stato recentemente restaurato dal comune, dopo averlo ricevuto dal Demanio alla fine del 2017. Possiamo dire, senza tema di smentite, che questa struttura è uno dei tesori (nomen omen)  della provincia veronese.

 

ll Forte fu costruito dal genio militare italiano tra il 1904 e il 1911. Si tratta di una struttura corazzata, con murature in pietra e calcestruzzo. Dotato di sei batterie di cannoni girevoli a 360 gradi posti sotto a delle cupole d’acciaio (armi non più presenti), rimase un’area militare fino agli anni ’80 e fu poi ceduto, nel 2014, al Comune di Sant’Anna d’Alfaedo, in base ad un programma di valorizzazione della struttura. Si trova in un’area boschiva di 154.640 mq. dove troviamo, oltre al forte, anche le caserme e altri edifici di servizio, costituendo un insieme di grande valore sotto al profilo storico, architettonico e paesaggistico. Davvero mozzafiato la vista dalla sua sommità, nei giorni limpidi, che spazia dalla Pianura Padana, al Lago di Garda, dal Monte Baldo ai Monti Lessini, con l’arco alpino sullo sfondo.

L’ingresso al forte avviene tramite una caponiera posta al centro della struttura, dalla quale si accede alla caldaia e ai magazzini. Sul tetto della struttura si trovano le 6 torrette corazzate per i cannoni da 149 mm.

Alla sua omologazione, nel 1901, questo cannone, risultava già vecchio: dopo ogni sparo, i serventi dovevano rimettere in posizione, a mano, le 8 tonnellate del pezzo per un nuovo tiro, con la conseguente ripetizione di tutte le operazioni di puntamento. Balisticamente, però, fu un ottimo pezzo, apprezzato soprattutto per la potenza di fuoco e la precisione, meno per la gittata (inferiore a 18 km, quando i pari calibro stranieri, quasi tutti su affusto a deformazione, sparavano ad almeno 19–20 km). Ben presto i comandi militari italiani si resero conto delle gravi limitazioni dei cannoni, conseguenti all’adozione dell’affusto rigido, per cui avviarono degli studi, in collaborazione con le acciaierie tedesche Krupp, per l’adozione di una culla rinculante per la sola canna. Ciò avvenne nel 1911, e nel marzo 1915 erano stati approvati i progetti definitivi, ma l’entrata in guerra del Regno d’Italia contro agli Imperi centrali provocò la cancellazione degli ordini per i nuovi pezzi.

In fondo alla struttura muraria si trovano le postazioni per le mitragliatrici e dal fossato posto sulla destra della caponiera si accede alle postazioni protette per i tiratori. Queste strutture belliche, già all’atto della loro costruzione, risultavano antiquate, ma servirono comunque come deterrente.

Oggi, questa fortezza, aderisce alla giornata ecologica nazionale «M’illumino di meno». E, spegnendo le sue luci, dalla terrazza superiore offre un punto d’osservazione perfetto per ammirare il cielo stellato con i telescopi, sotto la guida esperta dell’astronomo Enrico Bonfante.

Un po’ come nel romanzo di Dino Buzzati Il Deserto dei Tartari lo storico momento di entrata in azione delle sue batterie non giunse mai. E il fronte dello scontro, durante la Prima guerra mondiale, fu sempre più lontano dai tiri delle sue artiglierie.

Angelo Paratico

 

Il rapimento di un principe in Abissinia. Prima che l’Italia ci mettesse piede. La storia di Alemaieu.

Il rapimento di un principe in Abissinia. Prima che l’Italia ci mettesse piede. La storia di Alemaieu.

Di Religione ortodossa etiope, Tewahedo Dejazmatch Alemayehu Tewodros, spesso indicato come SAR Principe Alemayehu o Alamayou d’Etiopia (23 aprile 1861 – 14 novembre 1879) fu il figlio dell’Imperatore Tewodros II e dell’Imperatrice Tiruwork Wube d’Etiopia.

Il padre di Alemayu, l’Imperatore Tewodros II, morì suicida dopo la sua sconfitta da parte degli inglesi, guidati da Sir Robert Napier, a conclusione della spedizione britannica in Abissinia del 1868.

Dopo la Battaglia di Magdala, il giovane principe fu portato in Gran Bretagna, sotto alle cure del capitano Tristram Speedy. Ciò era conforme ai desideri di Tewodros II, che aveva chiesto a sua moglie, l’Imperatrice Tiruwork Wube, in caso di sua morte, di porre suo figlio sotto la protezione degli inglesi. Questa decisione fu apparentemente presa nel timore che la vita del Principe fosse messa in pericolo da un pretendente all’Impero d’Abissinia. L’Imperatrice Tiruwork aveva intenzione di recarsi in Gran Bretagna con suo figlio, dopo la morte del marito, ma s’ammalò e morì durante la marcia da Magdala a Zula, lasciando Alemayehu orfano.

Inizialmente, l’Imperatrice Tiruwork aveva resistito agli sforzi del Capitano Speedy di essere nominato tutore del bambino, e aveva persino chiesto al comandante delle forze britanniche, Lord Napier, di tenere Speedy, un gigante dai capelli rossi, lontano da suo figlio e da lei. Ma dopo la morte dell’Imperatrice, Napier  permise a Speedy di assumere il ruolo di suo custode. All’arrivo del piccolo Principe ad Alessandria d’Egitto,  Speedy congedò l’intero entourage etiope del Principe, ordinandogli di tornare in Etiopia.

Mentre soggiornava a casa di Speedy, sull’Isola di Wight, fu presentato alla Regina Vittoria nella sua casa di Osborne House. Lei si interessò molto alla sua vita e alla sua educazione. Alamayehu trascorse anche un po’ di tempo in India con Speedy e sua moglie, ma il governo decise che doveva essere educato in Inghilterra e fu mandato alla Lockers Park School e poi a Cheltenham per essere educato sotto le cure di Thomas Jex-Blake, direttore del Cheltenham College. Si trasferì alla Rugby School con Jex-Blake nel 1875. Nel 1878 entrò nella scuola di formazione per ufficiali del Royal Military College, Sandhurst, ma non si trovò bene e l’anno successivo andò a Far Headingley, Leeds, West Yorkshire. Nel giro di una settimana contrasse una pleurite e morì dopo sei settimane di agonia, nonostante le attenzioni del dottor Clifford Allbutt di Leeds e di altri stimati consulenti.

La Regina Vittoria menzionò la morte del giovane principe nel suo diario, dicendo che era stato un ragazzo buono e gentile e quanto fosse triste che fosse morto così lontano dalla sua famiglia. Annotò anche quanto fosse stato infelice e quanto fosse consapevole che le persone lo fissavano per il colore della sua pelle. La Regina Vittoria fece in modo che Alamayehu fosse sepolto nel Castello di Windsor. Il funerale ebbe luogo il 21 novembre 1879, alla presenza di Cyril Ransome, del Cancelliere dello Scacchiere, Stafford Northcote, del Generale Napier e del Capitano Speedy. Una targa di ottone nella navata della cappella di San Giorgio lo commemora e riporta le parole “Ero uno straniero e mi avete accolto”, ma il corpo di Alamayehu fu sepolto in una tomba di mattoni all’esterno della cappella. L’imperatore Haile Selassie d’Etiopia fece in modo che anche una seconda targa commemorativa del Principe fosse collocata in quella cappella. Nel 2007, il governo etiope richiese la restituzione dei resti di Alemayehu per una nuova sepoltura in Etiopia.

Quella riportata qui sopra è la storia ufficiale del giovane Principe, che a sei anni si ritrovò orfano. Gli invasori saccheggiarono la fortezza dove aveva vissuto, portandosi via tesori e antichi manoscritti e al giovane Principe non fu più concesso di tornare in Africa.

Un libro su di lui è stato pubblicato dalla History Press di Londra il 2 febbraio scorso, scritto dallo storico Andrew Heavens, nel quale si racconta questa vicenda nella sua completezza, con il titolo di: “Il Principe e il saccheggio”.

Angelo Paratico