Ernesto Teodoro Moneta (Milano, 20 settembre 1833 – Milano, 10 febbraio 1918) vinse il Premio Nobel per la pace nel 1907. Ma pochi lo sanno e pochi lo conoscono. Nacque in un’antica e aristocratica famiglia milanese, già Capitanei di Porta Romana e titolari della Zecca di Milano. Da lì il cognome. Fin da giovane si batté per l’indipendenza dell’Italia: lo troviamo, infatti, appena quindicenne, a combattere sulle barricate, durante le Cinque giornate di Milano, insieme al padre e ai fratelli. In quell’occasione, vide morire tre giovani soldati austriaci, che spirarono vicino a lui. Partecipò agli eventi bellici del Risorgimento: dal 1848 al 1849 e poi dal 1858 al 1866.
Dopo gli studi alla Scuola militare di Ivrea, fu volontario nel 1859 nei Cacciatori delle Alpi e seguì Garibaldi nell’impresa dei Mille dove fu ufficiale di stato maggiore del generale Giuseppe Sirtori di cui divenne aiutante di campo. Rimasto nell’esercito regolare nel 1861 con il grado di sottotenente, partecipò alla sfortunata battaglia di Custoza (1866). Disilluso e amareggiato, interruppe la carriera militare per ritornare alla vita civile e dedicarsi alla politica e al giornalismo. Nel 1867 con due suoi amici rilevarono il giornale Il Secolo, fondato nel 1866 da Edoardo Sonzogno. Inizialmente Moneta collaborò come critico teatrale per poi diventare direttore della testata nel 1869. Ricoprì quel ruolo sino al 1896. Resosi conto che l’eccesso di nazionalismo portava alla guerra, si dedicò a studiare i movimenti pacifisti, pubblicando vari libri sull’argomento.
Nel 1887 fondò l’Unione lombarda per la pace e la Società per la pace e la giustizia internazionale. Nel 1890, con “La Vita Internazionale” da lui fondato, il suo impegno assunse un respiro cosmopolita che lo proiettò su uno scenario europeo.
Nel 1906 programmò e costruì un Padiglione per la pace all’esposizione internazionale di Milano, durante la quale condusse come Presidente il 15º Congresso Internazionale sulla Pace. Nel 1907 ricevette il premio Nobel per la pace insieme con il giurista francese Louis Renault. Nonostante il suo pacifismo si espresse a favore dell’intervento italiano in Libia del 1912 e per l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915. Per questi motivi alcuni pacifisti europei chiesero che gli fosse sottratto il premio Nobel, ma non ebbero successo.