Il segreto dei Rothschild

Il segreto dei Rothschild

In rete girano varie storie riguardanti i Rothschild, con allusioni alla loro influenza, palese e occulta, sulle economie mondiali. Ma quanto è vero e quanto è falso in tutte ciò?

 

Per dipanare la matassa gli internauti dovrebbero prima di tutto studiare i libri pubblicati da Niall Ferguson nel 1998, “The House of Rothschild. The World’s Banker” in due volumi di cinquecento pagine ciascuno, trattanti rispettivamente il periodo che va dal 1798 – 1848 e quello che va dal 1849 al 1999.

Quella di Niall Ferguson, docente di storia moderna ad Oxford, è una ricerca storica approfondita e puntuale, alla quale i Rothschild stessi hanno collaborato, aprendo i propri archivi di famiglia e lasciando all’autore libertà di pubblicare tutto ciò che gli pareva interessante. Purtroppo questa importante opera non è mai stata pubblicata nel nostro Paese.

Il fondatore della casata dei Rothschild fu un ebreo nato nel ghetto di Francoforte, Mayer Amschel (1744-1812). Il loro soprannome era Rothschild (scudo rosso) perché un loro antenato viveva in una casa che portava tale insegna. Mayer Amschel possedeva una intelligenza acuta; fu dapprima educato per diventare un rabbino ma poi prese a vendere e acquistare monete, medaglie e antichità varie, entrando in contatto con William, il principe di Hesse-Kassel, che coltivava quella passione, entrando così nelle sue grazie e in quella di altre famiglie nobili.

 

William era famoso per la sua avarizia e per la sua ricchezza. Faceva soldi prestandoli a nobili spiantati che abbondavano in Germania e vendendo reggimenti di fanteria al miglior offerente. Certe contee degli Stati Uniti contano ancor oggi centinaia di migliaia di cittadini con il cognome tedesco, in quanto discendenti di quei soldati venduti da William ai britannici e che spesso se la davano a gambe non appena sbarcavano nel nuovo mondo.

Nel 1790 Mayer Amschel era già un uomo facoltoso ma nel 1797 era il più ricco ebreo di Francoforte. Arrivò anche a Francoforte la rivoluzione francese e la rivoluzionò, non solo dal punto di vista legislativo ma anche da quello edilizio, infatti nel 1796 un bombardamento dell’artiglieria francese distrusse metà del ghetto.

Una vecchia leggenda, molto cara ai nazisti che ci girarono un film, eppure falsa, vuole che il principe William, prima di fuggire, affidasse a Mayer Amschel tutto il suo oro.
Mayer, grazie alla società più aperta che le armi francesi crearono, poté spedire Nathan, il suo terzogenito, a Manchester prima e a Londra poi. Dapprima fece affari acquistando e vendendo tessuti, ma non appena ebbe a disposizione un buon capitale – anche grazie al suo matrimonio con la figlia di Levi Barent Cohen, un importante mercante londinese – creò una propria banca, in un momento in cui la rivoluzione industriale era nel suo pieno sviluppo.

Seguendo l’esempio di Nathan, nel 1810, gli altri fratelli Karl, Salomon e James furono spediti a Parigi, Napoli e Berlino per aprirvi delle filiali.
A Londra, dal 1813 al 1815, lo scaltro Nathan finanziò le guerre di Wellington contro Napoleone, contrabbandando tutto l‘oro necessario per pagare i soldati e i fornitori, in un momento in cui le finanze del governo britannico erano a pezzi. Senza quel suo aiuto, Wellington non avrebbe mai battuto Napoleone. Questo debito di gratitudine verso Nathan Rothschild da parte del governo britannico non fu dimenticato, anche se per vedere un Rothschild in Parlamento bisogna attendere il 1857, dato che era richiesto un giuramento sulla religione cristiana, che Lionel Rothschild (1808-1879) rifiutò sempre di prestare.

Una leggenda, spesso ripetuta, è che i Rothschild profittarono immensamente dal fatto che seppero della vittoria di Waterloo in anticipo su tutti. È vero che lo seppero per primi – esattamente 24 ore dopo l’incontro fra Wellington e Blücher sul campo di Waterloo – ma non è vero che ne profittarono: in borsa guadagnarono solo 10.000 sterline, contro il milione che avevano già accumulato con i loro finanziamenti a Wellington, a partire dalla fuga di Napoleone dall’Elba sino alla sua sconfitta.

Nathan aveva scommesso su di una guerra protratta nel tempo, non su di una vittoria decisiva e rapida.

Dopo aver accumulato grossi capitali, a partire dal 1825 i fratelli Rothschild abbandonarono le attività bancarie tradizionali e si concentrarono sul mercato delle obbligazioni statali, su investimenti in ferrovie e miniere, oltre che sull’amministrazione di grossi patrimoni privati.

 

Quando necessario pagavano tangenti – come le chiamiamo oggi – anche a grossi personaggi politici, come Metternich, Wellington, Disraeli, Louis Philippe, Bismarck, Randolph Churchill e tanti altri. I Rothschild vivevano in lussuosi palazzi, pieni di quadri preziosi e di tesori, ma li usavano solo come rappresentanza e come investimento, in realtà la loro era una vita francescana. Il loro attaccamento alla religione ebraica li rese costantemente bersaglio di satire e insulti, soprattutto nell’ambito della nascente sinistra comunista.

La loro massima fu sempre che un governo in difficoltà permetteva di realizzare grossi profitti, direttamente proporzionali al rischio, ma proprio a causa di ciò passarono per essere dei vampiri, quando in realtà erano solo dei becchini.

Finanziarono ripetutamente la Santa Sede, approfittando dello stato disastroso delle finanze di San Pietro e, a causa di ciò, non si contano le battute a quel tempo in circolazione: tipo che ‘Giuda vendette Gesù per trenta denari e il rappresentante di San Pietro oggi se li fa prestare’ oppure che ‘il papa vorrebbe bruciare Rothschild ma s’accontenta d’invitarlo a pranzo’.

James Rothschild (1792-1868) seguì con passione gli affari italiani – arrivò a prevedere già nel 1850 una Italia piemontesizzata e libera dal giogo austriaco – ma gli unici uomini politici per i quali dimostrò ammirazione furono Cavour e Quintino Sella.

 

Articolo tratto dal blog del
Corriere della Sera di
Dino Messina

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