The Spectator è la rivista più antica del mondo ed è la lettura preferita dei conservatori britannici. Boris Johnson si fece il suo nome scrivendo sulle sue pagine.
Il numero oggi in edicola vede una caricatura della On. Meloni sulla prima pagina e al suo interno si trova un bel articolo di Nicholas Farrell (uno scrittore somigliante a Ezra Pound) che risiede in Italia da molti anni, ed è fra l’altro autore di una bellissima biografia di Benito Mussolini.
Ecco la traduzione di alcuni stralci del suo pezzo:
Lo spazioso ufficio di Giorgia Meloni, all’ultimo piano di Palazzo Montecitorio – la Camera dei Comuni italiana – ha grandi porte-finestre che confinano con una enorme terrazza sul tetto, con una vista spettacolare sulla Città Eterna. Lì si potrebbe organizzare la festa del secolo, se si fosse disposti a farlo. Forse lo farà, se vincerà. I sondaggi suggeriscono che la Meloni, 45 anni, è sul punto di diventare il nuovo Primo ministro italiano nelle elezioni lampo che si terranno il mese prossimo, che seguono il crollo del governo di unità nazionale, guidato dal, non eletto, Mario Draghi. Fratelli d’Italia, il partito che la Meloni ha co-fondato appena dieci anni fa e che ha ottenuto appena il 4% alle ultime elezioni generali, è ora in testa ai sondaggi come partner principale della coalizione di destra, che include la Lega di Matteo Salvini. Quest’ultima è scesa in popolarità con la stessa velocità con cui la Meloni è salita. Potrebbe presto diventare la prima donna leader in assoluto di un Paese ancora in crisi nel cuore dell’Europa, nonché il primo Primo Ministro italiano democraticamente eletto (anziché burocraticamente nominato) da 14 anni a questa parte.
Tutto questo non potrebbe essere motivo di festa in tutto il continente? Non è così. La maggior parte della stampa internazionale sostiene che non si tratta affatto di una conservatrice o di un “centro-destra”, come lei sostiene, ma di qualcosa di più sinistro. Quando ci incontriamo, vado subito al sodo. Perché la stampa internazionale l’ha quasi sempre etichettata come “di estrema destra”, che è il modo moderno di dire (ma non di fatto) fascista?
Lei mi dice che si tratta di una campagna denigratoria da parte dei suoi avversari politici, che sono “molto ben inseriti” nei centri nevralgici del potere: in particolare il Partito Democratico, post-comunista, che nei sondaggi è appena dietro a Fratelli d’Italia ma non ha gli alleati necessari per formare una coalizione vincente. Ammettiamolo”, dice “Gli attacchi concertati in rapida successione [contro di me] possono avere un’unica regia. La sinistra ha il controllo della cultura. È il mainstream. Non solo in Italia. Loro lanciano il grido di aiuto: e tutti lo accolgono”.
Minuta e simpatica, la Meloni non ha certo l’aspetto o la voce di un fascista. È vestita con una gonna di cotone bianco a pieghe lunga fino al polpaccio, un top beige stretto a maniche corte e sandali argentati.
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Non si può negare che la Meloni e il suo alleato di coalizione Salvini abbiano una linea piuttosto dura sull’immigrazione. Negli ultimi otto anni, circa 750.000 migranti hanno attraversato le 300 miglia di Mediterraneo che separano la Libia dalla Sicilia, molti dei quali traghettati da navi caritatevoli delle ONG in perenne attesa. Questi numeri fanno sembrare insignificante il clamore suscitato dalla traversata verso l’Inghilterra dalla Francia.
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È indiscutibile che Fratelli d’Italia sia l’erede di Mussolini, nel senso che il partito è stato fondato nel 2012 dalla Meloni e da altri membri del neofascista Movimento Sociale Italiano (MSI), fondato nel 1946 da ex fascisti. Nel 1995, il MSI è diventato Alleanza Nazionale e ha rifiutato il fascismo. Il suo leader di allora è stato ministro degli Esteri e presidente della Camera dei Deputati nei successivi governi Berlusconi.
“Non ho problemi a confrontarmi con questo”, dice Meloni. “Quando abbiamo fondato Fratelli d’Italia, l’abbiamo fondatoo come centro-destra, a testa alta. Quando sono qualcosa, lo dichiaro. Non mi nascondo mai. Se fossi fascista, direi che sono fascista. Invece non ho mai parlato di fascismo perché non sono fascista”.
Tirando fuori qualcosa dalle profondità del suo telefono, mi dice: “Ecco una dichiarazione che ho fatto nel 2006, quasi 20 anni fa, che un giornalista italiano ha pubblicato, un giornalista di sinistra – e io gli ho detto: “Mussolini ha fatto diversi errori: le leggi razziali contro gli ebrei, la dichiarazione di guerra, un regime autoritario. Storicamente ha fatto anche altre cose buone, ma questo non lo salva”.
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Nel DNA di Fratelli d’Italia non c’è nostalgia per il fascismo, il razzismo o l’antisemitismo. C’è invece un rifiuto di ogni dittatura: passata, presente e futura”. E le volte in cui alcuni membri del suo partito sono stati ripresi mentre facevano il saluto fascista? Sono una minuscola minoranza”, dice. Ho sempre detto ai miei capi di partito, anche nei memorandum, di esercitare la massima severità nei confronti di qualsiasi manifestazione di nostalgia imbecille, perché i nostalgici del fascismo non ci servono a nulla. Sono solo gli utili idioti della sinistra”.
La Meloni ha un forte accento romano che la rende l’equivalente italiano di un cockney. Lei e la sorella maggiore Arianna sono nate e cresciute in un quartiere popolare del centro di Roma da sua madre Anna, che per sbarcare il lunario scriveva. Il padre, ragioniere, abbandonò la famiglia poco dopo la sua nascita per andare alle Canarie con la sua amante su uno yacht chiamato Cavallo Pazzo.
Il padre non voleva un secondo figlio e quindi la madre aveva prenotato un appuntamento alla clinica per abortire, ma a metà strada si fermò in un bar, bevve un cappuccino, mangiò una brioche e ebbe un ripensamento.
La Meloni mi dice che “mai e poi mai” abortirebbe, ma sostiene la legge italiana sull’aborto che lo consente su richiesta fino a 90 giorni. Lei stessa ha una figlia di cinque anni ma non è sposata con il padre, un giornalista televisivo, perché anche se lei crede nei valori tradizionali della famiglia, lui la pensa diversamente.
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Considera se stessa e Fratelli d’Italia più debitori del filosofo conservatore britannico Roger Scruton che del socialista rivoluzionario Mussolini. Nei suoi discorsi, cita spesso Scruton. In tutte le molte cose che lo appassionavano, dall’arte alla musica, dal vino all’essere un gentiluomo di campagna, ha sempre saputo incarnare l’essenza del conservatorismo come stile di vita e mai come ideologia”, mi dice.
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Si ispira anche a un altro “gigante del pensiero conservatore”: J.R.R. Tolkien. Ogni 3 gennaio ne ricorda il compleanno sulla sua pagina Facebook, che conta 2,3 milioni di follower, e quest’anno ha scritto: “Ha cresciuto tanti di noi con le sue storie, così ricche di valori e significati, che ci hanno insegnato a credere e a sognare”. Mi racconta che prima che ci incontrassimo, immaginava che io assomigliassi a Tolkien. No! Mi chiamavano Strider, Aragorn”, rispondo.
Io, Sam Gamgee”.
Perché? Perché da bambina era grassa. Ma senza Sam Gamgee non si poteva fare niente, niente di niente. La verità è che Sam è molto più utile di Frodo”.
E continua: Il Signore degli Anelli non è un libro che ti insegna qualcosa. È un libro che ti aiuta a scoprire chi sei, che è un’altra cosa. Soprattutto, Tolkien mi ha fatto capire che il potere non è una conquista, ma un nemico, un problema da tenere sotto controllo, al guinzaglio”.
Ma tu stai per ottenere il potere, le dico.
“Mi fa paura”, dice.
Il momento in cui la Meloni si avvicina di più alla discussione sul fascismo nel suo libro è verso la fine, in un passaggio in cui scrive: “Non ho paura di ripetere per l’ennesima volta che non credo nel culto del fascismo”. E descrive le leggi antisemite di Mussolini del 1938 come “detestabili”. Perché, chiedo, fa così pochi riferimenti al fascismo? È qualcosa che non mi appartiene”, risponde. Le credete?
Nicholas Farrell