Riuscirà l’Europa Unita a sopravvivere fino 2024?

Riuscirà l’Europa Unita a sopravvivere fino 2024?

Nel 1970 in Russia uscì un libro che fu poi tradotto in tutto il mondo. L’autore era Andrej Alekseevich Amalrik (1938-1980), un dissidente sovietico, e il titolo di quel piccolo testo era “Sopravviverà l’Unione Sovietica fino al 1984?” Amalrik aveva previsto il crollo dell’Unione Sovietica già dal 1980, ma poi la tentazione di quel orwelliano di “1984” si rivelò troppo forte per resistere.

Secondo Amalrik, e cito le sue stesse parole: “Qualsiasi Stato costretto a dedicare così tante energie al controllo fisico e psicologico di milioni di suoi sudditi non potrebbe sopravvivere all’infinito”. Egli paragonava tale Stato a un soldato che punta un fucile contro un nemico per molto tempo: alla fine le sue braccia, sotto al peso del fucile, si stancheranno e il nemico potrà fuggire. Poi aveva aggiunto che: “L’isolamento non solo ha separato il regime dalla società, e tutti i settori della società gli uni dagli altri, ma ha anche messo il Paese in estremo isolamento dal resto del mondo. Questo isolamento ha creato per tutti – dall’élite burocratica ai livelli sociali più bassi – un’immagine quasi surreale del mondo e del proprio posto in esso. Tuttavia, quanto più a lungo questo stato di cose contribuisce a perpetuare lo status quo, tanto più rapido e decisivo sarà il suo crollo, quando un confronto con la realtà diventerà inevitabile”.

Le previsioni di Amalrik sulle cause della definitiva disgregazione dell’Impero sovietico furono però imprecise e insufficienti. Secondo il suo libro ci sarebbe stata una guerra disastrosa contro la Cina – che in effetti fu sfiorata ma fortunatamente evitata – e poi gli antagonismi etnici all’interno della Unione delle Repubbliche Socialiste avrebbero fatto il resto. Non tenne in sufficientemente conto l’economia e le spese insostenibili durante la corsa agli armamenti contro agli Stati Uniti d’America, un fattore che alla fine si rivelò il vero killer del gigante sovietico.

All’inizio, l’opera di Amalrik fu scambiata per un racconto distopico, molto simile a 1984 di Orwell, e non fu interpretata come un serio lavoro di previsione politica da parte di un intellettuale lungimirante e che conosceva bene il sistema. Divenne popolare tra i lettori comuni come una sorta di bizzarria, ma fu respinto dagli accademici e persino dagli esperti americani che lavoravano per la CIA. Oggi sappiamo che alcune delle sue previsioni si sono rivelate corrette, mentre altre furono errate, a cominciare dalla data del crollo, che avvenne sette anni dopo le sue previsioni, nel 1991.

Nel 1970 Amalrik fu arrestato per “diffamazione dello Stato sovietico” e condannato a tre anni di lavori forzati a Kolyma. Alla fine della pena, gli furono inflitti altri tre anni, ma a causa delle sue cattive condizioni di salute e delle proteste che arrivavano dall’Occidente, la pena fu commutata dopo un anno, ed espulso dall’Unione Sovietica. Morì in un banale incidente stradale in Spagna nel 1980.

Venendo alla Comunità Europea, vogliamo scartare la terribile ipotesi di una guerra, anche se si sentono i rombi di cannone sul confine ucraino, ma possiamo notare che le divisioni etniche ed economiche ricalcano quelle dell’Unione Sovietica e verranno acuite dai problemi energetici che ci attendono in autunno e che provocheranno la caduta del nostro benessere economico. Vedremo milioni di persone protestare nelle strade e di pari passo si verificherà un aumento della repressione per contenerle. La distanza fra le élite dirigenziali e il popolo verrà esacerbato dalla crisi, con il fattore Gini che diventerà sempre più preoccupante. Chi siederà al governo non sarà in grado di porvi rimedio, perché con l’instabilità continuerà, inarrestabile, la svalutazione dell’Euro, una valuta che non si sarebbe mai dovuta creare, e che impoverirà tutto il nostro vecchio continente.

La prima nazione che vorrà rompere l’alleanza sarà certamente la Germania. Si veda l’articolo dell’economista francese Michael Santi,  da noi pubblicato (Michael Santi: Finis Germaniae! – Giornale Cangrande). Conoscendo la mentalità teutonica questi staranno già disegnando dei possibili scenari, che si troveranno presto a dover affrontare. La seconda nazione a voler uscire dalla comunità sarà certamente la Francia, seguita da tutte le altre.

Per quanto riguarda l’Italia, con le elezioni del 25 settembre vedremo, secondo i sondaggi, una maggioranza guidata dalla destra italiana, che dovrà esprimere un primo ministro che sia gradito al Presidente Mattarella e alla BCE.

Ecco, ci sentiamo di raccomandare alla nuova forza di governo di non strappare con l’Europa o lanciare crociate per uscire dall’Euro, perché il tempismo sarà sbagliato e comunque l’Italia da sola non potrà fare nulla. Il nuovo governo dovrà seguire questo il solco tracciato dal governo guidato da Mario Draghi, ma allo stesso tempo dovrà tenere gli occhi ben aperti e “sperare nel meglio, preparandosi al peggio” come dicono gli americani. Dovranno, cioè, costruire ponti con gli altri capi di governo, tralasciando le raccomandazioni degli alti burocrati europei, ma marcando stretta la Germania e la Francia, che effettivamente controllano la BCE.

Presto l’Europa diverrà come un magnifico galeone in un mare in tempesta, con il timone spezzato.

 

 

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