Macron come Mac Mahon?

Macron come Mac Mahon?

MacMahon a Magenta nel 1859

Se davvero le prossime elezioni per il parlamento francese non daranno, come dicono le previsioni, una chiara maggioranza al partito della Le Pen, allora, governare la Francia diventerà difficile.
Non tutti sanno che una situazione simile si era già presentata durante il cosiddetto “colpo di Stato del 16 maggio 1877” con il maresciallo Mac Mahon, Duca di Magenta, come Presidente della III Repubblica al posto di Macron.
La crisi politica e istituzionale della Terza Repubblica vide il presidente contrapposto alla maggioranza repubblicana della Camera dei Deputati. La crisi scoppiò il 16 maggio 1877 quando Mac Mahon scelse come premier una figura che s’identificava con le sue idee politiche, ma non con quelle della Camera. Lo stallo durò fino al dicembre 1877, quando il Presidente riconobbe la sua sconfitta politica e si piegò alla volontà della Camera. A rendere la crisi di tale portata fu il fatto che la Terza Repubblica era appena nata e suscettibile di una restaurazione monarchica, se l’eterogeneo gruppo di bonapartisti, orleanisti e borbonici si fosse unito. I repubblicani, che erano sembrati un’opzione radicale, divennero invece la norma moderata per i successivi sette decenni e i poteri esecutivi del Presidente della Repubblica si ridussero.
Per quei sette mesi del 1877, la tensione nel Paese fu alta, esacerbata dalla recente e violenta esperienza francese di rivoluzione e reazione.

La Francia di oggi è tormentata dall’incertezza, dalla frustrazione e da una tensione palesemente crescente, sullo sfondo delle agitazioni dei gilets jaunes, degli scioperi e delle rivolte, cosa accadrà? La domanda, allora come oggi, è: potrà reggere?

Lunedì scorso, Emmanuel Macron ha evocato la sorprendente possibilità di una “guerra civile” dopo le prossime elezioni. Potrebbe essere un’altra trovata del suo “progetto paura”, ma si spera che non sia un preambolo per invocare i poteri di emergenza previsti dall’articolo 16 che consentirebbe al Presidente di governare per decreto, come un dittatore. Sarebbe meglio che Macron seguisse l’esempio del suo predecessore, in duca di Magenta e rassegni le dimissioni.

Macron sta tramontando e la Francia è fottuta

Macron sta tramontando e la Francia è fottuta

Nonostante la sua proverbiale arroganza, la mancanza di empatia nei confronti degli elettori e il disprezzo inconfessabile per coloro che considera inferiori dal punto di vista intellettuale, Macron ha spesso ragione su ciò che affligge la Francia e su ciò che deve essere risolto. Ma ottenere qualcosa si sta rivelando faticoso e scoraggiante. Ha il potere di continuare a ignorare le manifestazioni, almeno per un po’. La polizia ha a disposizione tonnellate di gas lacrimogeni. Ma se il Consiglio Costituzionale dovesse dichiarare invalido il suo decreto di riforma, ciò potrebbe portare a nuove elezioni per l’Assemblea, che probabilmente vedrebbero ulteriori guadagni per la Le Pen.

Milioni di persone sono scese in piazza nelle manifestazioni indette dai sindacati. Chiedono il ritiro della riforma delle pensioni, che il Presidente sta cercando di imporre per decreto dopo il no dell’Assemblea Nazionale. Ci sono stati due milioni di manifestanti in tutto? Cinque milioni? Otto milioni? Dipende da chi conta. Hanno aderito studenti delle scuole superiori e delle università. I controllori di volo francesi (che possono già andare in pensione a 52 anni) hanno interrotto i voli in tutta Europa. Tutto ciò si traduce in un capriccio nazionale, in cui è venuta meno ogni logica.

La riforma proposta da Macron, che prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 anni, una delle più basse in Europa, a 64 anni, è perfettamente razionale. È in gioco la solvibilità del Paese. Quando il generoso sistema pensionistico fu istituito nel dopoguerra, l’aspettativa di vita era di 66 anni. Ora è di 83 anni. Il costo delle pensioni ha spinto la spesa pubblica in Francia al 59% del PIL; la spesa per le pensioni è pari al 14%. Si tratta di cifre tra le più alte non solo in Europa, ma anche nel mondo sviluppato, destinate a peggiorare senza una riforma.
Molti dei manifestanti, se presi da parte, ammettono che le pensioni a 62 non sono sostenibili, ma il loro odio per questo “principino” che disprezza gli “sdentati” è ancora più forte. Tutto sommato i francesi sono gli stessi che scesero in Italia con Napoleone I, poveri straccioni ai quali il grande còrso, seduto sopra al suo cavallo bianco indicò le ricche pianure e i palazzi dorati d’Italia, dicendo loro: “Li volete? Rischiate la morte e seguitemi”.

L’autorità di Macron viene visibilmente sfidata da milioni di suoi connazionali. Persino i giornalisti, un tempo ammiratori, si sono scagliati contro di lui. Si susseguono voci di rabbia presidenziale, intervallate da malinconia e depressione. Non molto tempo fa, Macron sperava di essere il leader non solo della Francia ma anche dell’Europa post-Merkel. Ma è vittima della sua stessa indifferenza verso gli affari sporchi della politica interna. Sembra molto più interessato a fare lo statista internazionale che governare il suo Paese.

Mentre i disordini continuano, Macron sembra essere in uno stato di negazione: un discorso televisivo risentito, la scorsa settimana, è servito solo a peggiorare le cose. Se vuole affrontare il suo Paese, troverà un Paese altrettanto determinato. Un sondaggio ha rilevato che il 62% è favorevole all’intensificazione degli scioperi e afferma di incolpare Macron – e non i manifestanti – di eventuali violenze. Non sono mancate le violenze, con 440 agenti di polizia feriti in un solo giorno la scorsa settimana.

Un incontro di crisi all’Eliseo con Élisabeth Borne, il primo ministro di Macron, ha prodotto un’anemica promessa di essere pronto a parlare con i sindacati, ma non a ritirare la riforma promessa in campagna elettorale. La sua offerta è stata immediatamente respinta dai sindacati e denunciata dalla sinistra parlamentare, guidata da Jean-Luc Mélenchon, che ha fatto il giro dei talk show per promuovere la sua agenda radicale in un modo che lo ha portato a essere paragonato a Robespierre. Marine Le Pen, invece, sta prosperando negli ultimi sondaggi.

Macron ha pochi amici. Metà del suo gabinetto vuole il suo posto, compreso il ministro degli Interni, il sinistro Gérald Darmanin. Egli presiede una forza di polizia che secondo molti (e secondo molte prove video) non ha il controllo della situazione e risponde nell’unico modo che conosce, agitando manganelli dietro a nuvole di gas.

Macron avrebbe voluto posare con Re Carlo a un banchetto a Versailles – uno spettacolo glorioso per segnare il ripristino delle relazioni con il Regno Unito, gravemente danneggiate dalla Brexit ed esacerbate dalle dispute sulle piccole imbarcazioni. Ma la visita reale è stata annullata a causa dei disordini.

Forse è questo che alimenta la rabbia nelle strade: la sensazione dei francesi di vivere negli ultimi giorni di una bolla speculativa e che, se tornasse il sereno, la riforma delle pensioni sarebbe solo l’inizio. E che se il Presidente riuscirà a far passare questa riforma, avrà altri quattro anni di potere per continuare a spremere. Ma da quando Macron è stato rieletto l’anno scorso con una maggioranza molto risicata (seguita dalla mancata conquista della maggioranza all’Assemblea), la patologia della politica francese è diventata estremamente pericolosa.