I due fratelli Göring, uno nazista e l’altro democratico
di Dino Messina
di Ambrogio Bianchi
Esce in questi giorni nelle librerie un testo storico che all’estero vende bene da molti anni. Si tratta di “Hermann & Albert Göring. Il Nazista e il Ribelle” di James Wyllie, un noto storico e produttore di programmi televisivi, per la BBC e Film4, di grande successo. Il suo libro è stato pubblicato in Italia da Gingko Edizioni di Verona.
In questo libro vengono narrate le vite parallele dei due fratelli Göring, che si differenziarono in tutto, a partire dall’aspetto, ma soprattutto nelle passioni politiche e nella visione della storia. Hermann contribuì alla morte di milioni di persone, mentre Albert salvò, mettendo a rischio la propria vita, migliaia di persone, soprattutto tanti ebrei. Possiamo dire che Albert Göring fu uno Oscar Schindler elevato al cubo, come Schindler fu un incallito donnaiolo, con quattro divorzi alle spalle e un gran numero di amanti, infatti egli amava la bella vita, la tolleranza e praticava seriamente la religione cristiana. Si tratta di un capitolo stranamente poco noto in Italia e che mostra come sia spesso difficile separare il bene dal male. Hermann Göring (1893-1946) fu, oltre che ministro dell’aeronautica della Germania, anche il numero due del regime nazista. Suo fratello, Albert (1895-1966) invece, odiò Hitler dalla prima volta che lo vide e poi lo disprezzò sino alla morte.
Albert si sottomise a Hermann, in quanto suo capofamiglia, ma passò quasi un decennio a lavorare contro il regime da lui sostenuto. Se fosse stato un comune cittadino tedesco, sarebbe stato imprigionato in un lager o fucilato nel giro di pochi giorni. Ma l’influenza del fratello lo protesse costantemente, mostrando che il Familismo era molto più forte del Nazismo, anche in quella strana famiglia tedesca. Nonostante le loro convinzioni estreme e diverse, Hermann tenne al riparo il fratello da tutte le accuse e i due rimasero vicini per tutta la durata della guerra. Nonostante il profondo divario nelle loro convinzioni politiche, ognuno credeva sinceramente che l’altro stesse facendo ciò che riteneva giusto fare.
La Gestapo, alla fine, raccolse un grosso dossier contro Albert e ordinò il suo arresto, il 31 gennaio 1945, ma suo fratello, Hermann Göring, la cui reputazione era ormai a pezzi agli occhi di Hitler, che accusava la Luftwaffe di avergli fatto perdere la guerra, riuscì nuovamente a salvarlo, ma gli disse che quella volta sarebbe stata l’ultimissima, perché aveva rischiato molto per tenerlo fuori.
Secondo Elsa Moravek, la cui famiglia doveva la vita ad Albert Göring, lui soleva ripetere: “Quello che la Gestapo sta facendo è vergognoso e tutti gli alberi della Germania non basteranno a nascondere i tedeschi coinvolti”. Jacques Benbassat, anche lui salvato da Albert assieme alla propria famiglia, disse che il suo comportamento poteva riassumersi in una scenetta alla quale lui aveva assistito, da bambino: “Una sera, a Bucarest, Albert stava suonando il pianoforte e cantando un’aria viennese insieme a mio padre. Dall’altra parte della strada qualcuno continuò la canzone in tedesco. Così, Albert andò alla finestra e vide che sul balcone di fronte a casa nostra si trovavano due ufficiali tedeschi. Scambiarono alcune parole e poi i tedeschi gli chiesero ‘Chi sei? Come ti chiami?’. Lui rispose, sono Albert Göring. Loro chiesero: ‘Sei imparentato?’ per cui lui rispose: ‘Sì, è mio fratello’. Quei due scattarono sull’attenti e lo salutarono con un: Heil Hitler! Al che Albert alzò il calice e gli disse: ‘Baciatemi il culo”.
A causa del suo cognome, venne arrestato dagli Alleati e portato a Norimberga, per essere processato, ignorando tutte le voci che si levarono in sua difesa. Alla fine, Albert presentò una lista di 33 famiglie ebraiche che lui aveva salvato, fornendo i lasciapassare e finanziandoli. Dopo un anno, lo dovettero rilasciare, con tante scuse. Un documentario della BBC, presentato nel 2017, ha coinciso con il respingimento di una richiesta di nominarlo “Giusto d’Israele”, come Schindler o Perlasca. La proposta venne respinta dallo Yad Vashem, secondo cui non esisterebbe della documentazione sufficiente. La cosa non deve sorprenderci, dato che l’influenza salvifica di Albert era dovuta solo ed esclusivamente a suo fratello, Hermann.
Ambrogio Bianchi