Giuseppe Camillo Pietro Richiardi o Ricchiardi (1865 – 1940) è stato un giornalista, avventuriero e soldato italiano. Nato il 5 luglio 1865 a Cuneo e frequentò l’Accademia Militare di Modena e la Scuola di Cavalleria di Pinerolo, poi fu nominato Sottotenente nel Reggimento Genova Cavalleria e successivamente promosso Primo Tenente nel Reggimento Piemonte Cavalleria. Dopo sei anni di servizio, chiese il congedo e, grazie ai suoi legami con il Colonnello Girolamo Emilio Gerini, consigliere militare in Tailandia, vi si trasferì e si occupò dell’organizzazione dell’esercito locale e dell’educazione di uno dei figli del Re. Lavorò anche come corrispondente di guerra, inviando rapporti dalla Cina (abitò a Shanghai) e dall’Etiopia e alcuni ipotizzano che possa aver preso parte alla battaglia di Adua. Nel 1895 si unì al Generale Emilio Aguinaldo come mercenario nella sua lotta per l’indipendenza delle Filippine dalla Spagna. Nel 1899 si trasferì in Sudafrica e divenne un amico fidato del generale boero Louis Botha. Successivamente, Ricchiardi assunse il comando della ‘Legione Volontaria Italiana’, un’unità di 200 uomini composta quasi interamente da italiani, tra cui immigrati ed ex soldati che avevano servito nel Regio Esercito o sotto Giuseppe Garibaldi (stranamente suo figlio Ricciotti sostenne i boeri, mentre suo nipote Peppino si trovò dalla parte dei britannici). Sotto la guida di Ricchiardi, questa unità (nota anche come “Brigata Latina” o “Legione Italiana”) si distinse per l’affiatamento e l’abilità nell’eseguire ricognizioni e altri compiti richiesti dalla guerra asimmetrica. Non fu solo il coraggio della Legione Italiana a renderlo famoso, ma anche il suo carisma e l’atteggiamento cavalleresco nei confronti del nemico: ad esempio, era solito inviare gli effetti personali dei caduti britannici alle loro famiglie, insieme a una lettera di condoglianze. Tuttavia, alcuni dei suoi uomini erano dei veri e propri mascalzoni e a volte Ricchiardi dovette ripristinare la disciplina con misure severe ma mai cruente.
La prima operazione di successo condotta dalla Legione Italiana fu la cattura di un treno blindato nella battaglia di Chieveley. Tra i passeggeri che furono fatti prigionieri c’era anche il giovane giornalista Winston Churchill. I suoi reportages lo resero ancora più famoso. Suo padre, Randolph, era stato Primo ministro.
Durante il suo soggiorno in Sudafrica, Ricchiardi sposò Hannah Guttman, nipote di Paul Kruger, che aveva conosciuto nell’Ospedale Militare di Pretoria mentre si stava riprendendo dalle gravi ferite alle gambe riportate nella battaglia di Tugela. Al suo ritorno in Italia fu impegnato nell’organizzazione di comitati pro-Boeri e nel racconto delle sue avventure in una serie di libri.
Appassionato uomo d’affari, intraprese diverse imprese quando non era in guerra. Uno dei suoi soci fu Gastone Guerrieri, un nipote del Re Vittorio Emanuele II. In seguito si trasferì in Argentina con il suo amico Louis Baumann, dove fu nominato amministratore di una colonia di rifugiati boeri, chiamata Colonia Escalante, nel Chubut. I britannici sottomisero il Sud Africa inventando i campi di concentramento.
Nel 1923 subì un’emorragia cerebrale che lo privò dell’uso di varie funzioni corporee. I suoi ultimi anni li trascorse con la famiglia a Casablanca, in Marocco, dove morì il 21 gennaio 1940 e dove i suoi resti furono sepolti.
Tra le tante esperienze della sua vita avventurosa, la più celebre resta l’arresto del giovane Winston Churchill. I suoi uomini gli condussero davanti un “collega grionalista” inglese accusato di spionaggio e destinato alla fucilazione ma Ricchiardi dopo averlo fissato negli occhi diede l’ordine di lasciar perdere. Era il 15 novembre 1899 e Winston aveva venticinque anni.
Churchill era in abiti civili e si era disfatto della sua pistola semiautomatica Mauser C96 che portava con sé e che aveva usato alla carica di cavalleria di Omdurman in Nigeria, e proprio a quella pistola doveva la vita. Ma la mossa non era passata inosservata: era stato perquisito ed erano spuntati fuori due caricatori. Oltretutto le pallottole all’interno erano le famigerate dum dum, proiettili con la camiciatura incisa ideati per la caccia agli elefanti e ai rinoceronti, ripugnanti per i soldati che solitamente passavano per le armi chi veniva sorpreso a usarli (saranno poi proibiti nelle convenzioni internazionali). Il fatto che fosse in possesso di un’arma, come i militari, lo faceva pure considerare una spia. Churchill negava con forza di essere un agente segreto e Ricchiardi gli volle credere, salvandogli la vita.
L’ufficiale italiano aveva 34 anni, indubbie doti di comando e tanto buon senso. Quel giorno gli bastava la soddisfazione del cocente smacco inflitto agli inglesi con la presa di quel convoglio blindato in marcia da Ladysmith a Colenso, nel Natal, dopo che i suoi legionari avevano fatto saltare i binari provocando il deragliamento della locomotiva, e sorpreso la guarnigione che non aveva potuto far altro che arrendersi.
Oltre ai militari c’erano anche alcuni civili, una sessantina di persone in totale, tra cui quel corrispondente del Daily Mail, che invece di essere messo al muro fu avviato a un campo di prigionia a Pretoria. Da qui Churchill riuscì a evadere, scrivendo un libro che divenne un best seller in Gran Bretagna e ne costruì il mito, ma nelle sue memorie, stranamente, ometterà di scrivere che a farlo prigioniero erano stati i volontari italiani.
Angelo Paratico