Stranamente pochi accennano ai trascorsi piduisti di Maurizio Costanzo (tessera P2 1819)

Stranamente pochi accennano ai trascorsi piduisti di Maurizio Costanzo (tessera P2 1819)

Nella massoneria, come in ogni società, si trovano galantuomini e farabutti. La P2 di Licio Gelli fu qualcosa di molto diverso dalla tradizionale massoneria e fu, essenzialmente, una loggia deviata. Licio Gelli ebbe trascorsi fascisti, ma alla fine, dopo l’8 settembre, fece quasi certamente il doppiogiochista, collaborando sia con i nazisti che con i partigiani.

In questi giorni assistiamo alle meritate commemorazione di quel grande artista che fu Maurizio Costanzo, ma vengono mostrate solo le sue luci e non  le sue ombre. La sua appartenenza alla P2 è stata completamente dimenticata, come se si fosse trattato di una cosa da poco, di una piccola svista fatta da un uomo di buone intenzioni, ma poco attento.

Alcuni fra coloro che aderirono alla P2, effettivamente, fecero una leggerezza, ma nel caso di Costanzo la cosa appare più grave. I suoi contatti con il venerabile Licio Gelli furono molto stretti, e Costanzo ne trasse indubbiamente dei vantaggi professionali. In questi giorni è stata ricordata una intervista di Costanzo a Gelli, uscita sul Corriere della Sera cinque mesi prima che la perquisizione a Castiglion Fibocchi svelasse i nomi degli iscritti, tra cui lo stesso Costanzo.  Si tratta di una intervista che, a rileggerla oggi, fa impressione. La data di uscita di questa chiacchierata fra i due personaggi è il 5 ottobre 1980. All’epoca si sapeva dell’esistenza della Loggia massonica Propaganda 2 (poi sintetizzata in P2), ma ancora non si conoscevano le pericolose ramificazioni e tutti i nomi degli iscritti. Messa così l’intervista a Gelli diventa una chiacchierata tra “fratelli muratori”. Nel testo, tra l’altro, a Gelli viene chiesto “che cosa farebbe se fosse Presidente della Repubblica”, di fatto annunciando in anticipo i folli piani del Venerabile toscano. Il 17 marzo 1981 i giudici istruttori Giuliano Turone e Gherardo Colombo riuscirono ad assestare un colpo decisivo alla Loggia, con le perquisizioni a Castiglion Fibocchi. L’intervista del giornalista a Gelli è dunque precedente al ritrovamento delle liste e anche al rinvenimento del Piano di “Rinascita Democratica” avvenuta nel luglio dell’81 che pose la P2 come organizzazione parallela contraria all’ordine costituito e sancì l’espulsione di Gelli dalla massoneria “ordinaria”.

L’intervista a Gelli fu pubblicata sulle colonne di quel Corriere della Sera che in quei mesi veniva “espropriato” alla famiglia Rizzoli, da finanzieri senza scrupoli, tutti iscritti alla loggia P2, come Roberto Calvi. Un’operazione che minò il fisico di Angelo Rizzoli, incapace di ripagare le condizioni capestro che lo stesso Calvi gli aveva fatto sottoscrivere all’epoca della concessione del maxi-prestito triennale. Si dice, anche, che lo stesso Costanzo ambisse alla poltrona di direttore del Corriere, poltrona all’epoca occupata da Franco Di Bella (tessera P2 1887). Sta di fatto che questa intervista, facilmente leggibile in rete,  divenne il manifesto programmatico di uno stravolgimento dell’ordine costituito da parte di una delle figure più opache della storia repubblicana italiana, morto ad Arezzo nel 2015, a 96 anni.

Angelo Rizzoli disse alla commissione presieduta da Tina Anselmi sulla P2, “Posso dire che il giornalista Maurizio Costanzo entrò nel gruppo Rizzoli su precisa raccomandazione di Licio Gelli, il quale era in stretti rapporti col predetto e alla cui carriera mostrava di tenere particolarmente”. E poi, ancora: “Il Costanzo era un vero e proprio superprotetto del Gelli… Fu così che il Costanzo divenne dapprima direttore della “Domenica del Corriere”, poi dei servizi giornalistici della Tv privata della Rizzoli, poi ancora del quotidiano “L’Occhio”.

All’indomani dello scandalo, Costanzo venne allontanato dalla Rai, e trovò accoglienza nelle televisioni di Silvio Berlusconi (tessera P2 n° 1816). Dalla nascita del Costanzo Show a oggi le cariche di cui è stato titolare non si contano: tra le tante divenne nel ‘99 presidente di Mediatrade, società del gruppo Mediaset che si occupava di fiction, e più di recente nacque la società Maurizio Costanzo Comunicazione, società controllata al 50% da Costanzo e al 50 % da 21 Investimenti (oggi 21 Invest), la banca di affari di Alessandro Benetton. La Maurizio Costanzo Comunicazione è una società che si rivolge, appunto, al mondo della comunicazione, orientandosi in qualsiasi settore, dal mondo dello spettacolo, a quello dello sport, da quello della politica a quello dell’economia. La sua influenza, anche da morto, appare ancora molto forte, e forse questo spiega la deferenza  che gli viene mostrata, in televisione e sui giornali.