Odissea o Amareide?

Odissea o Amareide?

di Ambrogio Bianchi

Il libro scritto da Maurizio Amaro e pubblicato da Gingko Edizioni di Verona narra l’odissea vissuta dai genitori dello scrittore. Suo padre, giovane tenente d’artiglieria, nel 1936 incontrò una ragazza. Scoccò la scintilla fra i due, che promettono di amarsi. Poi lui viene spedito in Africa, per servire l’ormai moribondo impero fascista, cosa che fecero anche altri tenenti, Indro Montanelli, o Ennio Flaiano, tanto per citarne due, che descrissero nelle loro opere situazioni, speranze e illusioni che contraddistinsero quel periodo. Come è ben noto Montanelli raccontò poi di aver acquistato una ragazzina locale e averla trasformata in sua moglie, ma questa è solo una delle tante belle finzioni di quel casciabal de Milan come lo definivano al Corriere della Sera, che pure sapeva ammaliare con la sua scrittura sopraffina.
Ecco come l’autore descrive l’arrivo del padre in terra africana:

Sono passati due mesi dal concentramento a Massaua e dal trasferimento via Gibuti dei volontari nella capitale etiope. Il tenente Pierluigi cammina con due commilitoni per le
strade di Addis Abeba, o “Nuovo Fiore” in lingua amarica. La capitale è saldamente in mano al Maresciallo Graziani, ma ampie aree del paese sono tuttora controllate da bande organizzate
di ribelli fedeli al Negus esiliato.
Nel territorio che circonda la capitale il degiac Ficrè Mariam guida la guerriglia con continui attacchi alle stazioni ferroviarie.
A fine luglio il ras Aberra Cassa è riuscito addirittura a pene trare nella capitale con una spettacolare azione dimostrativa, raggiungendo il centro cittadino. A Gore si è formato un governo provvisorio etiopico in contatto con il Negus e sostenuto dagli agguerriti cadetti militari di Oletta e dagli uomini di ras Immirù. I ribelli chiamano sé stessi Arbegnuoc o patrioti e la fama delle loro azioni temerarie si è già sparsa in tutto il territorio. È vero che buona parte della popolazione urbana, per convenienza o per antiche ragioni tribali, sembra indifferente all’occupazione italiana.

Poi, nel 1940 scoppiò la guerra, alla quale noi italiani non eravamo pronti, non tanto per mancanza di materiali ma per mancanza di morale e di piani strategici.
Il tenente Pierluigi Amaro venne catturato e spedito in India, dove incontrò Heinrich Harrer, il grande alpinista austriaco che poi riuscirà ad evadere dal campo, assieme a un maggiore dell’esercito italiano e a un suo commilitone austriaco, Peter Aufschnaiter . Pierluigi Amaro, saggiamente non volle far parte di quel gruppo. Il maggiore italiano, non possedendo il fiato dei due alpinisti austriaci, si fece ricatturare. I due austriaci, come tutti sanno, riuscirono a raggiungere Lhasa, un paese chiuso, dopo incredibili prodezze, difficoltà e pericoli. Il suo libro Sette Anni in Tibet è un libro molto emozionante.
Anche il tenente Amaro tentò la fuga, ma in direzione opposta a quella di Harrer. Purtroppo non riuscì ad arrivare lontano, perché fu arrestato su di un treno da due ufficiali britannici.
Alla fine della guerra fu lasciato andare e iniziò il suo rientro verso la patria lontana, verso la sua Penelope, che sfuggendo alle lusinghe dei proci, lo aveva atteso per tutti quei lunghi anni.

Maurizio Amaro con questo libro si è assunto il compito che fu di Telemaco, figlio di Ulisse e ha ricostruito il percorso del padre, di ritorno da Ilio, dopo la morte dei genitori, utilizzando la gran messe di loro lettere, conservate negli aviti cassetti.
Questo è un libro sincero e molto scorrevole, lo consigliamo vivamente a tutti i lettori interessati allo studio della forza carsica e dirompente dell’amore fra due esseri umani, e alla volubilità del fato che li governa.

Ambrogio Bianchi