Il vero nemico è il liberismo. Un saggio di economia di J.K. Heydon, ispiratore del film “AVATAR: La Via dell’Acqua”

Il vero nemico è il liberismo. Un saggio di economia di J.K. Heydon, ispiratore del film “AVATAR: La Via dell’Acqua”

 

 

J.K. Heydon  (Sydney, 1884 – Londra, 1947) fu un attivista cattolico, scrittore, industriale ed economista australiano, trapiantato in Inghilterra. Il suo libro del 1935 World D: A Brief Account of the Founding of Helioxenon, Londra 1935, ebbe grande popolarità e può essere visto come l’ispiratore di Waterworld e dell’ultimo Avatar, è una novella distopica che racconta la creazione di un nuovo mondo sotto agli oceani da parte di uno scienziato, dopo la distruzione del mondo emerso.

 

 

Proponiamo qui un suo breve saggio, inedito in Italia, e intitolato Il nemico è il Liberismo (Parte Prima) un testo tratto da “Fascist quarterly” 1936-1940. Volume I. Non uscì mai una seconda parte, perché l’editore della Rivista Sir Oswald Mosley fu imprigionato, senza formulare alcuna accusa nei suoi riguardi, assieme a sua moglie e a molti dei suoi seguaci. Quella fu una vendetta dei suoi ex compagni socialisti, dopo che negli anni trenta li aveva abbandonati. Vennero rilasciati nel 1944, anche per intercessione del loro cugino, Winston Churchill.

 

La Nazione è un’unità naturale, che funziona come un organismo vivente grazie alla virtù dell’amore comune che tiene insieme gli individui che la compongono. Esiste in natura, dato che l’uomo è per natura tanto sociale quanto l’individuo; esiste per il bene comune, e quindi costituisce una vita che in alcuni aspetti trascende le vite degli individui che la compongono in qualsiasi momento particolare.

Dico “per certi aspetti”, perché la verità è sempre bilanciata dagli errori che esagerano un aspetto di essa e ne trascurano un altro. È un errore affermare, insieme ad Hegel, che la Nazione trascende l’individuo in ogni aspetto, così com’è un errore affermare, insieme ai liberali, che la Nazione non è niente di più che una somma aritmetica di individui. La verità giace in mezzo a questi due errori. La nazione è un’unità composta di parti, e perciò è un essere superiore ad esse; perché colui che è composto è un essere superiore a coloro che lo compongono. Ha un principio di composizione, in questo caso l’amore, che attualizza le potenzialità dei suoi componenti, e quindi costituisce un essere superiore. Inoltre, l’essere superiore della nazione è evidente in molti modi. La nazione ha una certa immortalità naturale che invece i suoi individui non hanno; ha una certa quantità di potere di creazione, investito nelle sue unità fondamentali, le famiglie; ha il diritto di togliere la vita ad un individuo per una giusta causa, che nessuno individuo possiede. Quindi è manifesto che la nazione, la comunità perfetta, trascenda gli individui che la compongono.

Ma tutto ciò si applica secondo l’ordine della natura, che è l’ordine nel quale la Nazione esiste. L’uomo, l’individuo, al contrario della Nazione, è un essere soprannaturale. Non ha una fine naturale, strettamente parlando; ha solo una fine soprannaturale, alla quale tutta la sua vita naturale, che sia personale o sociale, è subordinata. Quindi ne consegue che la nazione, che esiste solo nell’ordine naturale, è subordinata all’individuo in rispetto alla sua conclusione. Esiste per natura, precisamente in modo che i suoi individui possano esistere, e possano quindi essere capaci di ottenere la fine soprannaturale per la quale sono venuti al mondo.

Tale questione è di estrema importanza e i Fascisti farebbero bene a tenerlo bene a mente, altrimenti potrebbero compromettere il vero centro della forza della loro causa. L’uso della parola “totalitario” deve essere deprecato, data la sua ambiguità, specialmente se la distinzione che ho appena illustrato non è chiara dall’inizio. Mentre il Comunismo è strettamente totalitario, dato che nega che l’individuo abbia una fine soprannaturale o qualsiasi diritto contro il potere civile, i Fascisti a volte si limitano ad essere accondiscendenti nei confronti della religione, come se potessero semplicemente pretendere un totalitarismo assoluto ma abbandonarlo in modo magnanimo nel caso delle pratiche religiose. Se questo rappresentasse il loro vero atteggiamento, scuoterebbe l’intera forza della loro causa, giustificando l’accusa che il Fascismo non sia così diverso dal Comunismo nella sua essenza. Lasciateci essere chiari come il sole sul fatto che riteniamo l’organismo nazionale come più grande degli individui, solo nell’ordine di natura e alla fine del bene comune, che deve essere capito alla luce del destino soprannaturale degli individui.

Anche mettendo in chiaro questo, l’uso di “totalitarismo” continua ad essere deprecato, perché conduce a un fraintendimento. Suggerisce che lo stato, nel senso di potere civile del governante, può pretendere il diritto di fare cose come rimuovere i bambini dal controllo dei loro genitori, anche se viene considerato che i genitori potrebbero non aver mai fatto nulla per perdere il loro diritto naturale di crescere i propri figli. Nessun diritto di questo tipo può essere preteso dallo stato, certamente, dato che è contro natura distruggere la famiglia, e quindi non può essere fatto per il bene comune. I Fascisti non intendono fare richieste tanto innaturali come questa; ma si denominano totalitaristi a volte per enfasi, intendendo pretendere l’autorità totale per governare per il bene comune. Quest’uso della parola è difendibile, ma è troppo incline al travisamento, e anche ad un innocente fraintendimento. Inoltre, l’enfasi qui intesa è abbastanza inutile. La dottrina stabile del Potere Civile non ha bisogno di alcuna enfasi, dato che colui che governa ha il pieno potere quando si tratta di bene civile per legge naturale. Nessun potere può essere più grande del massimo, e lì è meglio lasciare la questione, salvo considerare che cosa si intende per bene civile.

A tale proposito si deve ricordare che l’organismo nazionale non esiste senza struttura interna. Al contrario, è organico per tutta la sua massa. L’amore, è il suo principio vitale, dall’amore coniugale e parentale della famiglia fino al patriottismo che dà personalità alla nazione tutta; e tra queste manifestazioni limitanti forma concentrazioni intermedie di ogni genere e sorta, politiche, culturali ed economiche, corrispondenti ai bisogni della nazione, o ai bisogni degli individui di diversa portata sociale ma subnazionali. Un uomo può essere allo stesso tempo un marito, un elettore alle politiche nazionali e subnazionali, un dottore, un azionario in diverse imprese, un giocatore di golf, un naturalista, un amante dell’arte e molte altre cose; e in ogni capacità, alcune di esse di importanza nazionale e altre no, egli si ritrova unito ad altri individui tramite il legame dell’amore comune.

Alcune delle concentrazioni organiche all’interno della nazione sono di così vitale importanza che possiamo solamente collegarle agli organi maggiori di un essere umano, mentre le altre sono più ornamentali. Perciò, colui che governa è ovviamente il capo della nazione, l’Agricoltura e l’Industria sono le sue mani, e i Trasporti sono il suo sangue rosso; la Pubblicità è l’orecchio nazionale, e l’Esercito è la pelle protettiva; la Polizia è forse i fagociti, e così via. L’Accademia Reale, dall’altro lato, è una fossetta attraente, desiderabile e volta agli obiettivi di salute e felicità, ma di minore urgenza.

Tale essere la vita dell’organismo nazionale, ne consegue che la libertà consiste, per ogni individuo, nell’avere l’opportunità di realizzare un bilancio armonioso tra tutti gli aspetti della vita che sono opportuni per lui in vista della sua natura generale e particolare, che questi aspetti siano individuali o sociali, importanti o meno. E ciò che conta di più è che l’opportunità in questo senso deve essere intesa in senso positivo, dato che l’amore è il principio della vita sociale. L’opportunità non è un mero lasciar fare per effettuare un aggiustamento che potrebbe essere un impossibilità pratica, ma la comunità deve fornire ogni servizio ed incoraggiamento ad un uomo per realizzare un’armonia di tutti gli aspetti della sua vita, cosicché nulla tranne la sua mancanza d’amore possa impedirglielo.

Opportunità, nell’altro senso di mera assenza di prevenzione attiva, potrebbe forse essere chiamata libertà, ma è lungi dall’essere libertà. Ad esempio, la morale garantisce vari criteri attraverso cui possiamo stimare, almeno approssimativamente, qual è il salario giusto di un lavoratore in tali circostanze. Questo salario non può, per nessuna ragione, essere inferiore al salario che sosterrebbe l’uomo e la sua famiglia in uno stato di benessere frugale, è dovrà essere maggiore di questo se la ricchezza prodotta, in parte dal lavoro stesso dell’uomo, è più che sufficiente per garantire una misera ricompensa a tutti gli agenti umani coinvolti nella produzione di tale ricchezza. Ma la teoria liberale ignora il giusto salario morale e considera la manodopera come un bene che deve essere comprato al prezzo più economico possibile sul mercato del lavoro; crede che un salario naturale sarà il risultato di una libera interazione di fornitura e domanda di manodopera; e questa è la teoria dei salari che è insita nell’intera organizzazione liberale dell’Inghilterra odierna, anche se l’assoluto laissez faire è stato contenuto dalla legislazione sociale. In tali circostanze non sarebbe così senza senso affermare che il lavoratore è libero di rifiutare il salario ai livelli di mercato e di richiedere un salario giusto, che il datore di lavoro è libero di pagare il giusto salario e di ignorare il salario ai livelli di di mercato. Gli economisti definiscono il contratto salariale come un contratto libero, e questo potrebbe essere significativo, così come è significativo dire che sono libero di salire fin sopra la luna. Il lavoratore è libero di accettare un salario ingiusto o di entrare a far parte dei disoccupati; nel nostro libero paese non è un offesa punibile essere disoccupato. E quindi il datore di lavoro è libero di pagare un salario ingiusto o di soccombere alla libera competizione dei suoi rivali e cessare di esercitare la sua funzione sociale di datore di lavoro. Ma né il lavoratore né il datore di lavoro possono richiedere o fornire giustizia e continuare a lungo a esercitare la propria funzione sociale. Quindi nessuno dei due gode di libertà. La libertà implica come minimo indispensabile che la giustizia possa essere compiuta nell’esercizio delle funzioni sociali, dato che la giustizia viene prima dell’amore. Se l’amore è il principio vitale dell’organismo sociale e non può mostrarsi nella sua pura giustizia sociale, allora, chiaramente, l’organismo sociale deve essere malato e la libertà compromessa. La libertà è la salute sociale, un ambiente sociale nel quale l’individuo ha ogni strumento e incoraggiamento per realizzare un’armonia di tutti gli aspetti della sua vita.

Questa è la vera teoria della libertà e lasciateci confrontarla con la falsa teoria liberale, a fronte della agonia mortale contro cui la civiltà Anglo-Sassone continua coraggiosamente e pietosamente a cercare di prosperare. Al suo meglio la teoria liberale non identifica la libertà con il lasseiz faire; questa identificazione era uno sviluppo naturale da una teoria che era originariamente meno falsa. Al suo meglio e in modo più presentabile, la teoria liberale considera la libertà come un equilibrio tra la libertà personale di azione e gli obblighi derivanti da un contratto sociale nel quale i cittadini si considerano parte fra di loro per la ricerca del buon ordine, i termini di tale contratto devono essere accertati facendo riferimento all’opinione pubblica, dato che la voce del popolo è la voce di Dio. L’interesse personale dell’individuo è l’unica forza riconosciuta come operante, vale a dire, l’interesse personale ordinario quando la libertà personale è stata considerata, e un tipo illuminato di interesse personale quando le restrizioni necessarie della libertà personale sono state considerate. L’amore non entra nel caso, perché tutto il sacrificio di libertà personale che sia necessario alla ricerca dell’ordine è considerato come sufficientemente rappresentato da un illuminato interesse personale.

Ora, questa teoria potrebbe funzionare molto bene se gli uomini fossero perfetti. Sarebbe artificiale e semplicemente falsa nella sua formulazione, ma non vedo alcuna ragione per cui non dovrebbe dare gli stessi risultati della vera teoria; perché l’interesse personale, nella sua perfezione, ha la stessa fine dell’amore, ovvero la scelta del bene più prezioso.

Ma noi non siamo perfetti. Siamo essenzialmente buoni e amanti della verità, ma non perfetti; siamo decisamente deformati nei confronti dell’interesse personale del tipo chiamato egoismo, che è il contrario dell’amore. La deformazione non è abbastanza da renderci altro che buoni e belli per natura, ma è una macchia distinta e innegabile. Nessuno nega e può negare la sua esistenza, che egli aderisca alla dottrina cristiana della disfatta o ci consideri come nel punto dell’evoluzione tra le scimmie e il superuomo.

Ciò detto, vi aspetterete che la teoria liberista si allontani dal lavoro perfetto tanto quando, ma non di più, il genere umano si allontana dall’illuminazione perfetta nella sua considerazione dell’interesse personale; e potrete chiedere quale migliore ipotesi di lavoro ci possiamo aspettare o possiamo sperare per un mondo imperfetto. È molto bello parlare dell’amore come del principio vitale della società; ma dato che il lavoro della teoria dell’amore sarà influenzato dalla nostra tendenza all’egoismo tanto quanto la teoria dell’interesse personale illuminato, cosa ci guadagno dalla sostituzione di una teoria con l’altra?

Tale ragionamento potrebbe sembrare sospetto, ma sarebbe falso, dato che la teoria dell’amore è vera mentre la teoria dell’interesse personale illuminato non lo è, cosa guadagno se la falsa teoria funziona meglio di una teoria semplicemente falsa, perché l’amore rimane ad aiutarla a uscire; e ammetto che la vera teoria non funzionerà così bene come previsto, perché l’amore è contaminato dall’egoismo. Ma a parte tutto ciò, è ancora vero che la teoria liberale è una teoria falsa, e una falsa teoria negli affari umani, dato che siamo imperfetti, conduce alla rovina a lungo andare. Dev’essere così, da principi astratti.

Ma non ho bisogno di basarmi su ragionamenti astratti. La teoria liberista è rimasta con noi abbastanza a lungo da permetterci di osservare il rovinoso processo ancora in corso. Quando venne formulata per la prima volta, forse l’imperfezione della sua operazione non era molto maggiore dell’imperfezione del genere umano. Infatti, non aveva nessuna operazione considerevole; fu solo quando la teoria trovò espressione nella dottrina economica, e nell’azione politica basata su di essa, che la sua operazione diventò l’organizzazione liberale della società che ora ci ha stretti inevitabilmente nella sua morsa.

L’espressione dell’ipotesi puramente teorica in economia, e nella politica basata su di essa, era una questione di ragionamento; e quel ragionamento fu l’inizio del processo degenerativo. Finché il cuore era libero di sovrascrivere la falsa teoria, non vi potevano essere risultati peggiori delle bassezze del genere umano; ma ragionare su una falsa teoria può portare ad una bassezza senza limiti. All’inizio, forse, l’equilibrio presupposto tra libertà personale d’azione e i sacrifici per la ricerca dell’ordine erano un po’ inclinati verso il lato della libertà personale; ma mentre gli uomini si abituavano a quel falso equilibrio e iniziavano a ragionare sulla questione, la loro porzione di egoismo trovava facilmente scuse per sbilanciare l’equilibrio in favore della libertà personale. E quindi il processo andò avanti, finché non si è arrivato al puro laissez faire , che è stato solennemente annunciato come il punto più alto della conoscenza economica e politica.

A quel tempo eravamo schiavi della falsa teoria, almeno nella nostra capacità in qualità di individui. Era inutile per un uomo avere un buon cuore; la competizione senza limiti era all’ordine del giorno ed era protetta dalle leggi della terra e dall’intera organizzazione della società; un uomo di buon cuore poteva solo sospirare e dirsi che gli affari erano affari, che la legge dell’economia era la legge inesorabile della giungla – mangiare o essere mangiati.

Ma la natura umana è rimasta buona e bella, e i risultati del laissez faire sono stati scioccanti. L’individuo non poteva fare nulla per cambiarli, ma la comunità come un tutt’uno poteva contenere la legge della giungla; e perciò avvenne che gli uomini si rivolsero verso l’azione politica, dalla quale in precedenza avevano preteso che venisse lasciata in pace l’industria, chiamandola ad intervenire sempre di più attraverso la legislazione sociale.

 

(Trad. di Giulia Molinari)

 

Un nostro testo che raccoglie le voci di Australiani in lotta contro il liberismo e l’Usura

Usurai, Vil Razza Dannata! – Gingko Edizioni