Plagi letterari, grandi e piccoli. Quasimodo e Praz.

Plagi letterari, grandi e piccoli. Quasimodo e Praz.

 

Si dice che Salvatore Quasimodo scrisse una sola poesia che tutti conoscono, ed è quella ispirata al Salmo 137 della Bibbia. Diremmo però che si tratta più di un plagio che di una ispirazione. E nel 1959 ebbe il Premio Nobel per la letteratura, ma “nessuno sa bene perché” come scrisse Giuseppe Prezzolini.

«E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento».

S. Quasimodo, da Giorno dopo giorno

Ecco ora il Salmo 137, notando che le ultime parole non vengono lette in chiesa, essendo di una grande violenza:

9 Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra, ma dev’essere stato l’origine del figlio crocifisso al palo del telegrafo di Quasimodo.

IL CANTO DELL’ESULE

1 Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.

2 Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre,

3 perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
“Cantateci canti di Sion!”.

4 Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?

5 Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra;

6 mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.

7 Ricòrdati, Signore, dei figli di Edom,
che, nel giorno di Gerusalemme,
dicevano: “Spogliatela, spogliatela
fino alle sue fondamenta!”.

8 Figlia di Babilonia devastatrice,
beato chi ti renderà quanto ci hai fatto.

9 Beato chi afferrerà i tuoi piccoli
e li sfracellerà contro la pietra.

 

John Desmond Bernal

L’altra sera mi sono accorto che il titolo del più celebre libro di Mario Praz La Morte, la Carne e il Diavolo nella Letteratura Romantica, che avevo letto in gioventù, pubblicato nel 1930, è stato “ispirato” dal best seller (ancora in stampa) dall’irlandese Desmond Bernal The World, the Flesh and the Devil: An Enquiry into the future of the Three enemies of the Rational Soul uscito nel 1929. A quel tempo Praz viveva a Londra e lo aveva certamente notato.

Come dicevo qui sopra, il testo di Bernal è ancora in stampa, a differenza di quello di Praz, essendo un’opera visionaria che cerca di prevedere il futuro della tecnica e della scienza, e molte delle sue intuizioni restano valide. Il fisico Freeman Dyson in un suo libro riporta l’incipit che, secondo lui, è uno dei più belli  di tutta la letteratura inglese.

Ci sono due futuri, il futuro del desiderio e il futuro del destino, e la ragione dell’uomo non ha mai imparato a separarli.

Desmond Bernal (1901-1971) di scienza se ne intendeva e, infatti, fu uno degli scopritori dell’elica del DNA. Se ne intendeva anche del diavolo, avendo partecipato allo sbarco in Normandia, come ufficiale.

Nel suo libro spiega che la natura umana si troverà a dover affrontare tre nemici. Il mondo, ossia la scarsità di beni materiali, la mancanza di terra coltivabile, il clima mutevole, la desertificazione; il secondo nemico è la carne, ossia i limiti del nostro corpo, le malattie, l’invecchiamento; il terzo, è il diavolo, ossia le forze irrazionali della nostra psiche, che ci sviano, portandoci a seguire percorsi senza senso, per speranze mal riposte e perché veniamo imprigionati da paure che ci dominano.