Confesso di aver sempre pensato che lo statista italiano più simile a Winston Churchill sia stato Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861).
I due uomini condividevano una forte passione per la politica, nazionale e internazionale; entrambi erano stati studenti e militari indisciplinati; provenivano da famiglie altolocate e potenti, ed entrambi vedevano nella democrazia una duttile arma da impiegare per raggiungere i propri scopi, indipendente dalla volontà generale, per esempio Cavour modificò varie volte la legge elettorale per escludere dal parlamento chi non gli era gradito. Entrambe le loro madri erano straniere ed avevano portato soldi nel palazzo avito; erano amanti della buona tavola e delle bevande alcooliche; erano entrambi atei; Churchill pasteggiava a champagne, non acqua ed erano entrambi attratti dal rischio e dall’azzardo. Il giovane Cavour fu più volte salvato dalla bancarotta dal proprio padre, dopo che aveva perso ingenti somme al tavolo da gioco.
Vi è però un punto sul quale le vite parallele dei due personaggi divergono decisamente: la passione per le donne, che poco interessavano all’inglese.
Cavour e Churchill erano fisicamente molto simili, di statura media, tendenti alla pinguedine. Il Cavour aveva le gote rosse, da montanaro, ma era un grande ammaliatore e affabulatore. Spesso non bastava un no per fermarlo. Ebbe molte donne ma forse la sua relazione più significativa e profonda gli capitò a vent’anni, nel 1830, mentre si trovava a Genova per il servizio militare. Vi intrecciò un intenso rapporto con Anna (Nina) Giustiniani Schiaffino, di tre anni più anziana di lui. Era già sposata con il marchese Stefano Giustiniani e avevano tre figli. La loro famiglia era una delle più in vista di Genova e dato che il loro rapporto andò avanti per qualche anno, con visite di lei a Torino e di lui a Genova e Milano, lo scandalo fu generale. Il marito di Nina, non riuscendo a far ragionare la moglie, decise di adottare l’abitudine di partire da Genova non appena Camillo arrivava in città, così da lasciare il campo libero ai due amanti.
Il loro non fu solo un rapporto carnale ma anche spirituale, in un anno la marchesa gli spedì centocinquanta lettere, che Camillo tenne da parte con cura, riconoscendo il loro valore letterario e spirituale.
La madre di Cavour, ginevrina e discendente di San Francesco di Sales, lo interrogò su questa sua fiamma e il figlio non le nascose nulla, dicendole che era tutto vero e che si scambiavano lettere. Lei chiese di vederne una. Cavour ne trasse una dalla giacca, ricevuta il giorno prima e gliela passò. Sua madre la lesse e poi scoppiò a piangere intuendo la genuina sofferenza di quella donna.
Nel frattempo Camillo si consolava con altre donne, fra le quali va segnalata Clementina Guasco, sposata con il conte Carlo Guasco di Castelletto. La cosa venne a conoscenza di Nina Giustiniani, che aveva sempre intuito di non poterlo avere tutto per sé e non ci badò. Ma dopo che si dissero addio, lei gli mandò un’ultima lettera con una ciocca dei suoi capelli biondi.
“Tu dici che sono stata creata per te; ma tu basti alla mia felicità, mentre io non posso rendere completa la tua. Mi vedi perfetta, mi trovi qualità ch’io non posseggo. Se l’illusione svanisce, se il tempo, nemico mio più che tuo, raffredda i tuoi sentimenti per me, ti occorreranno altri oggetti da amare. L’inquietudine del tuo cuore non si calmerà facilmente; ti aspetteranno magari anche delusioni; comunque, Nina, senza essere del tutto bandita dai tuoi affetti, non sarà più la diletta. Tu non hai nulla di simile da temere da parte mia: dimenticarti sarebbe per me ricadere nel nulla. La nostra posizione è diversa, e non possiamo cambiarla. Per me il tuo amore è il principio e la fine di tutti i pensieri, il solo scopo della mia vita, mentre il sentimento che t’ispiro dovrà prima o poi venire subordinato ad altri. Io non ci vedrò se non una legge, la quale dovrà trionfare nostro malgrado”.
Parole davvero nobili e prive di ogni risentimento.
Camillo, dopo la Guasco, cadde fra le braccia di Emilia Gazzelli di Rossana, sposata con un amico della famiglia Cavour, il conte Nomis di Pollone. In quegli anni mostrava una spiccata propensione per le donne sposate e più mature di lui, senza porsi alcun problema dal punto di vista morale, voleva solo divertirsi pur sapendo che le donne avrebbero pagato il prezzo maggiore. O forse ebbe una premonizione del fatto che la sua frenetica vita non sarebbe andata oltre i cinquantuno? Nina Giustiniani morì suicida nel 1841, gettandosi giù da un balcone, ma le sue splendide lettere sono state recentemente pubblicate.
Angelo Paratico