I giganti di Monte Prama ispirarono la storia dei Lestrigoni a Omero?

I giganti di Monte Prama ispirarono la storia dei Lestrigoni a Omero?

Nell’Odissea di Omero – composta intorno all’XI secolo a.C. – incontriamo nel X capitolo i Lestrigoni, orrendi giganti in carne e ossa che, lanciando pietre da una rupe, distruggono la flotta di Ulisse. Secondo i calcoli di Victor Bérard (1864-1931), tali Lestrigoni dovevano vivere nella Sardegna settentrionale o nella Corsica meridionale.

Nel 2014  (con un post ancora visibile, in lingua inglese) per la prima volta avanzai l’ipotesi che, invece che nella Sardegna settentrionale, Ulisse nelle sue peregrinazioni potrebbe essere sbarcato nella Sardegna occidentale – più precisamente nell’attuale provincia di Oristano, intorno a Marina di Torre Grande – una zona abitata fin dal neolitico e ricca di scogliere e insenature, simili a quelle descritte nell’Odissea.

Ecco la traduzione di parte del X capitolo dell’Odissea

“Di lì navigammo tristemente fino a quando gli uomini non furono stremati da un lungo e infruttuoso remare, perché non c’era più vento che ci aiutasse. Per sei giorni, notte e giorno, ci affannammo e il settimo giorno raggiungemmo la roccaforte rocciosa di Lamo-Telepilo, la città dei Lestrigoni, dove il pastore che conduce le sue pecore e le sue capre [per la mungitura] saluta colui che sta conducendo fuori il suo gregge [per nutrirlo] e quest’ultimo risponde al saluto. In quel paese un uomo che poteva fare a meno di dormire poteva guadagnare un doppio stipendio, uno come mandriano e l’altro come pastore, perché di notte lavorano più o meno come di giorno. Quando raggiungemmo il porto, lo trovammo chiuso sotto ripide scogliere, con un ingresso stretto tra due promontori. I miei capitani portarono le navi all’interno e le fecero legare l’una all’altra, perché all’interno non c’era mai un alito di vento, ma c’era sempre una calma piatta. Io tenni la mia nave all’esterno e la ormeggiai a uno scoglio all’estremità della punta; poi mi arrampicai su di un’alta roccia per fare una ricognizione, ma non riuscii a vedere alcun segno né di uomini né di bestiame, solo del fumo che saliva da terra. Mandai allora due della mia compagnia con un attendente per scoprire che tipo di persone fossero quegli abitanti. Gli uomini, una volta giunti a terra, seguirono la strada pianeggiante attraverso la quale la gente traeva la legna dalle montagne fino alla città, finché non incontrarono una giovane donna che era uscita a prendere l’acqua e che era figlia di un Lestrgoniano di nome Antiphates. Stava andando alla fonte Artacia, da cui la gente prende l’acqua, e quando i miei uomini si avvicinarono, le chiesero chi fosse il re di quel paese e su che tipo di gente governasse; così lei li indirizzò alla casa di suo padre, ma quando vi arrivarono trovarono sua moglie che era una gigantessa enorme come una montagna, e rimasero inorriditi alla sua vista. Ella chiamò subito suo marito Antifate dal luogo dell’assemblea e subito egli si mise a uccidere i miei uomini. Ne afferrò uno e cominciò a picchiarlo, mentre gli altri due correvano verso le navi il più velocemente possibile. Ma Antifate si mise a gridare dietro di loro e migliaia di robusti Lestrigoni spuntarono da ogni parte – orchi, non uomini. Che ci lanciarono contro grandi massi dalle scogliere come se fossero semplici pietre, e io sentii l’orribile rumore delle navi che scricchiolavano l’una contro l’altra e le grida di morte dei miei uomini, mentre i Laestrigoni li infilzavano come pesci e li portavano a casa per mangiarli. Mentre uccidevano i miei uomini all’interno del porto, estrassi la spada, tagliai il cavo della mia nave e dissi ai miei uomini di remare con tutte le loro forze se non volevano fare la stessa fine degli altri; così ci mettemmo  in salvo e fummo abbastanza grati quando arrivammo in mare aperto, fuori dalla portata delle rocce che ci scagliavano contro. Degli altri non ne rimase nemmeno uno”.

Sto basando aso questa mia ipotesi su un grande ritrovamento fatto nel marzo 1974 da un contadino a Monte Prama. La lama del suo aratro fu danneggiata da un frammento di una grande pietra affiorata nel suo campo. La pietra presentava misteriose incisioni e gli archeologi chiamati sul posto scoprirono sotto terra più di 450 frammenti simili e di grandi dimensioni. La notizia è stata riportata brevemente dalla stampa sarda, ma nessun giornale o agenzia nazionale ne aveva parlato. Quei frammenti furono poi trasportati in un museo di Cagliari e lì lasciati per 29 anni, dimenticati. In un altro Paese, diverso dall’Italia, questa sarebbe stata una notizia bomba e si sarebbe scavato più a fondo in quel terreno.

Solo nel 2003 – a causa delle pressioni esercitate dagli archeologi – i frammenti furono inviati a un laboratorio di Sassari dove iniziarono i lavori di restauro. Una volta ricomposti i pezzi, apparvero essere dei giganti di figura umana mai visti prima. Gli archeologi recentemente sono tornati sul posto e usando strumenti sofisticati sembrano aver rivelato una sorta di città sepolta nel sottosuolo. Queste imponenti sculture sono alte tra i duecento e i duecentosessanta centimetri, scolpite nell’arenaria e con un caratteristico aspetto orientale.

Rappresentano arcieri, pugili, atleti ed erano collocate su piattaforme rialzate che costeggiavano la strada che conduceva al vecchio porto. La loro datazione esatta non è stata ancora stabilita, ma si è concordi nell’affermare che appartengono al periodo nuragico, risalente a 3000-4000 anni fa e, come tali, sono le statue più antiche del Mediterraneo occidentale. È possibile che siano state disposte in modo così imponente per stupire i visitatori provenienti dalla confederazione etrusca dell’Italia centrale, dal Nord Africa e dalla Grecia.

Secondo Roberto Narni, l’archeologo che è riuscito a ricomporre migliaia di frammenti e brandelli, i giganti di Monte Prama furono sistematicamente frantumati intorno al IX-VIII secolo a.C. forse da un esercito invasore.

Ebbene, è possibile che l’impressione suscitata da questi giganti di pietra, dall’aspetto feroce, sui marinai greci di passaggio abbia ispirato la leggenda dei Lestrigoni, una storia che potrebbe essere stata inserita da Omero nell’Odissea.

 

2 Replies to “I giganti di Monte Prama ispirarono la storia dei Lestrigoni a Omero?

  • Rino Barbieri

    By Rino Barbieri

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    Questo il mio commento reso anche su Facebook : PARLATE DEI CERCHI? Io vi dico e l’ho pure scritto che secondo il mio pensiero i Giganti di Monte Prama sono dei GUARDIANI delle tombe per cui i guardiani devono vigilare e avere una buona vista… ecco il motivo degli occhi grandi e fatti come i SEGNI D’ACQUA. Infatti gli occhi sono trasparenti come l’acqua, dagli occhi escono le lacrime e pure rappresentare questi GUARDIANI con i segni dell’acqua è come un messaggio di VITA e RINASCITA per chi era sepolto vicino a quelle statue. L’ho appena accennato qualche anno fa in questo mio studio https://www.academia.edu/30938018/IL_GUARDIANO_NURAGICO_DI_ABINI_e_il_suo_incompreso_messaggio

  • angelo ramella

    By angelo ramella

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    sono stato in Corsica ed ho visitato il sito di Filitosa (molto interessante) dove ho visto tra l’altro le colonne dell’altare spezzate in due e mi sono chiesto chi mai avrebbe avuto la forza per farlo. Probabilmente dei giganti.

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