Francisco Franco, un dittatore riluttante

Francisco Franco, un dittatore riluttante

Francisco Franco (a sinistra) con il fratello Ramon, un celebre aviatore, nel 1925.

Francisco Franco, al secolo Francisco Paulino Hermenegildo Teódulo Franco Bahamonde, soprannome El Caudillo (“Il Capo”), era nato il 4 dicembre 1892 a El Ferrol, Spagna – morì il 20 novembre 1975 a Madrid. Fu un abile generale e un leader delle forze nazionaliste che rovesciarono la Repubblica, nella Guerra civile spagnola (1936-39); in seguito fu capo del governo della Spagna fino al 1973 e capo di Stato fino alla sua morte nel 1975.

Franco nacque nella città costiera e centro navale di El Ferrol, in Galizia (Spagna nord-occidentale). La sua vita familiare non fu del tutto felice, poiché suo padre, ufficiale del Corpo amministrativo navale spagnolo, fu un uomo eccentrico e sprecone. Più disciplinato e serio di altri ragazzi della sua età, Franco era molto legato a sua madre, una cattolica romana dell’alta borghesia, pia e conservatrice. Come quattro generazioni e il fratello maggiore prima di lui, Franco era stato inizialmente destinato alla carriera di ufficiale di marina, ma la riduzione delle ammissioni all’Accademia Navale lo costrinsero a scegliere l’esercito.  Nel 1907, a soli 14 anni, entrò nell’Accademia di Fanteria di Toledo, diplomandosi tre anni dopo.

Franco si offrì volontario per il servizio attivo nelle campagne coloniali nel Marocco spagnolo, iniziate nel 1909, e vi fu trasferito nel 1912 all’età di 19 anni. L’anno successivo fu promosso primo tenente in un reggimento d’élite di cavalleria nativa marocchina. In un’epoca in cui molti ufficiali spagnoli erano caratterizzati da sciatteria e mancanza di professionalità, il giovane Franco dimostrò subito la sua capacità di comandare le truppe in modo efficace e si guadagnò presto una reputazione di completa dedizione professionale. Dedicò grande cura alla preparazione delle azioni della sua unità e prestò più attenzione di quanto fosse comune al benessere delle truppe. Reputato scrupolosamente onesto, introverso e con un numero relativamente basso di amici intimi, era noto per rifuggire da ogni divertimento frivolo. Nel 1915 divenne il più giovane capitano dell’esercito spagnolo. L’anno successivo fu gravemente ferito da una pallottola nell’addome e tornò in Spagna per riprendersi. Nel 1920 fu scelto come comandante in seconda della Legione Straniera Spagnola, appena organizzata, per poi passare al comando completo nel 1923. In quell’anno sposò anche Carmen Polo, dalla quale ebbe una figlia. Durante le campagne cruciali contro i ribelli marocchini, la legione giocò un ruolo decisivo nel porre fine alla rivolta. Franco divenne un eroe nazionale e nel 1926, all’età di 33 anni, fu promosso generale di brigata. All’inizio del 1928 fu nominato direttore dell’Accademia Militare Generale di Saragozza, appena organizzata.

Dopo la caduta della monarchia, nel 1931, i leader della nuova Repubblica spagnola intrapresero un’importante e necessaria riforma militare e la carriera di Franco subì una temporanea battuta d’arresto. L’Accademia Militare Generale fu sciolta e Franco fu inserito nella lista degli inattivi. Nonostante fosse un monarchico dichiarato e avesse l’onore di essere un gentiluomo di camera del re, Franco accettò sia il nuovo regime che la sua temporanea retrocessione con perfetta disciplina. Quando le forze conservatrici ottennero il controllo della Repubblica nel 1933, Franco fu ripristinato al comando attivo; nel 1934 fu promosso maggior generale. Nell’ottobre 1934, durante una sanguinosa rivolta dei minatori delle Asturie che si opponevano all’ammissione di tre membri conservatori al governo, Franco fu chiamato a sedare la rivolta. Il successo in questa operazione gli procurò una nuova ribalta. Nel maggio 1935 fu nominato capo dello Stato Maggiore dell’esercito spagnolo e iniziò a rafforzare la disciplina e le istituzioni militari, pur lasciando in vigore molte delle riforme precedenti.

In seguito a una serie di scandali che indebolirono i Radicali, uno dei partiti della coalizione di governo, il Parlamento fu sciolto e furono indette nuove elezioni per il febbraio 1936. A questo punto i partiti politici spagnoli si erano divisi in due fazioni: il Blocco Nazionale di destra e il Fronte Popolare di sinistra. La sinistra vinse le elezioni, ma il nuovo governo non fu in grado di impedire l’accelerazione della dissoluzione della struttura sociale ed economica della Spagna. Sebbene Franco non fosse mai stato membro di un partito politico, la crescente anarchia lo spinse a chiedere al governo di dichiarare lo stato di emergenza. Il suo appello fu respinto, ed egli fu rimosso dallo stato maggiore e inviato a un oscuro comando nelle Isole Canarie. Per qualche tempo rifiutò di impegnarsi in una cospirazione militare contro il governo, ma, con la disintegrazione del sistema politico, decise infine di unirsi ai ribelli.

All’alba del 18 luglio 1936, il manifesto di Franco che acclama la ribellione militare viene trasmesso dalle Isole Canarie e la mattina stessa inizia l’insurrezione sul Continente. Il giorno seguente volò in Marocco e nel giro di 24 ore aveva saldamente il controllo del protettorato e dell’esercito spagnolo che lo presidiava. Dopo lo sbarco in Spagna, Franco e il suo esercito marciarono verso Madrid, che era tenuta dal governo. Quando l’avanzata nazionalista si arrestò alla periferia della città, i capi militari, in preparazione di quello che credevano fosse l’assalto finale che avrebbe consegnato Madrid e il Paese nelle loro mani, decisero di scegliere un comandante in capo, o generalissimo, che avrebbe anche guidato il governo nazionalista ribelle in opposizione alla Repubblica. Per le sue capacità militari e il suo prestigio, per il suo curriculum politico non inficiato da politiche settarie e cospirazioni e per la sua comprovata capacità di ottenere assistenza militare dalla Germania di Adolf Hitler e dall’Italia di Benito Mussolini, Franco era la scelta più ovvia. Anche perché non era un tipico “generale politico” spagnolo, Franco divenne capo di Stato del nuovo regime nazionalista il 1° ottobre 1936.

Ecco qui il suo discorso alla nazione spagnola, letto alla radio:

Discorso del Generale Franco Trasmesso il 1° ottobre 1936, all’assunzione dei poteri di Capo dello Stato

Saluti a voi tutti, che ascoltate dalle vostre case le notizie sulla guerra, o dal fronte, pensando alle vostre case, o dall’Area Rossa, aspettando l’arrivo delle nostre truppe, o oltre i nostri confini, seguendo le nostre sorti con ansia – saluti dal microfono di Radio Castiglia!

Non parlerò della guerra, poiché gli obblighi di stato che sto assumendo rendono necessario che io vi parli del lavoro che ci aspetta. Non abbiamo bisogno di discutere di un’utopia, e nemmeno di suddividere i successi delle nostre speranze in rigide tappe. In ogni caso, per parlare delle nostre intenzioni è necessario prima esaminare brevemente il passato, sia per trarre vantaggio dalla nostra esperienza, sia per implementare le nostre decisioni in modo utile.

La Spagna, il cui nome invoco con tutta la devozione della mia anima, ha sofferto per molti anni di molti mali, non il meno pernicioso di essi è stata l’influenza di intellettuali squilibrati, che hanno provato a diminuire il prestigio dei pensatori della nostra nazione, e hanno guardato oltre le nostre frontiere per portare in Spagna ogni sorta di idee esotiche e distruttive che hanno avuto origine in altri paesi. Letteratura demoralizzante, dottrine demagogiche, amaro razzismo, l’infiltrazione di idee disfattiste, e la perversione della storia – tutto questo e molto di più è servito a scuotere le fondamenta del nostro patriottismo, così da perdere le principali caratteristiche del nostro popolo, da vergognarci del nostro presente, da dimenticare il nostro passato e avere paura del nostro futuro.

Avendo raggiunto il tracollo morale, non fu difficile per queste persone preparare il paese all’accoppiamento, e venderlo al miglior offerente straniero. Il nostro commercio ha iniziato a mostrare debito invece di credito di bilancio, e i frutti della nostra terra sono stati trattati come se fossero quelli di qualche colonia conquistata, mentre uno pseudo-pacifismo fu incoraggiato, in modo da indebolire il braccio armato di qualsiasi liberatore. Falsi profeti sono emersi, i quali mentre tessevano l’odio e la lotta di classe, promettevano la terra ai contadini, la dittatura agli operai e l’autonomia alle nostre Province. In modo estremamente cinico, queste persone, hanno acquisito potere, prendendosi la terra del contadino, la libertà dell’operaio, e tutta la speranza di una flessibilità autonoma dalle Province.

E ora la nostra Nuova Spagna, tenendo conto della grandezza del suo compito, prosegue verso la sua liberazione, determinata a mostrare, in uno spirito di collaborazione sociale, che la restaurazione della legge e dell’ordine è la condizione primaria e il percorso sicuro verso la libertà, i cui benefici seguiranno tutto il suo popolo, all’interno e all’esterno dei confini della madre patria.

La Spagna si sta organizzando largamente sotto un concetto totalitario, nel quale le sue istituzioni natie assicureranno la sua nazionalità, unità e continuità. L’applicazione di queste nuove misure di autorità non significa che il nostro regime sarà esclusivamente di carattere militare; al contrario il nostro sistema stabilirà un regime gerarchico nel quale tutte le capacità e le energie del paese troveranno la propria espressione.

La personalità delle Province della Spagna deve essere rispettata, in conformità con l’antica tradizione nazionale al tempo del nostro più grande splendore; sempre che questo contribuisca all’unità nazionale. La municipalità spagnola riassumerà la sua importanza storica, in modo che essa svolga le sue antiche funzioni in qualità di unità nella nostra vita pubblica.

Una volta abolito il suffragio universale, con i suoi effetti disastrosi locali e nazionali, e le sue oppressioni attraverso le unioni e gli interessi politici, dovremmo vedere che la volontà della Nazione si esprima attraverso quegli organi tecnici e corporativi nei quali i bisogni e gli ideali del paese vengono sviluppati al meglio. Mentre la forza del nuovo Stato spagnolo cresce, così sarà raggiunta la decentralizzazione, cosicché i distretti, i municipi, le associazioni e gli individui godranno della più ampia libertà possibile nei limiti dei supremi interessi dello Stato.

Nel suo aspetto sociale, il lavoro riceverà una garanzia assoluta che non sarà schiavo del capitalismo, sempre che non adotti quei metodi combattivi e aspri che rendono la mutua collaborazione impossibile. Il lavoratore è degno del suo impiego: non solo verrà istituita la sicurezza dei salari, ma tutti gli anticipi sui salari finora garantiti verranno mantenuti. Con i diritti del lavoratore così riconosciuti, si farà carico delle sue responsabilità per la leale cooperazione con gli elementi che creano ricchezza nazionale. Tutti gli spagnoli saranno obbligati a lavorare secondo le loro capacità. Il nuovo Stato non può ammettere alcun parassita.

Lo Stato darà alla Chiesa Cattolica i suoi dovuti diritti e privilegi, perciò rispettando la nostra tradizione, e la fede della grande maggioranza del popolo spagnolo; ma lo Stato non ammetterà l’intrusione di qualsiasi potere esterno nelle specifiche funzioni di Governo. Per quanto riguarda le entrate, lo Stato organizzerà la giusta distribuzione delle tasse, in modo che il loro fardello ricada sulle spalle più adatte a sopportarlo.

Per quanto riguarda l’agricoltura, le aziende familiari saranno realizzate stabilendo il coltivatore sulla terra, non da qualche ipotetico sistema di proprietà ma da aiuto costante e diretto, il cui scopo sarà fornire al contadino la sua indipendenza. Una caratteristica permanente del nostro lavoro sarà diretta a questo fine. Il lavoratore agricolo dovrà ricevere una parte di ciò che la città assorbe oggi come pagamento per i suoi servizi commerciali e clericali.

Per quanto riguarda gli affari internazionali, ci auguriamo di vivere in armonia con tutti i popoli, aprendo ad un vasto orizzonte di amicizia con tutto il mondo. A questo vi è una eccezione enfatica: non avremo nessun contatto con l’Unione dei Socialisti delle Repubbliche Sovietiche, la cui politica ha avuto risultati così disastrosi per l’umanità e la civiltà.

Sono sicuro che questa terra di eroi e martiri, nell’affrontare le sue difficoltà, scriverà ancora un’altra pagina di storia gloriosa, e troverà una soluzione che non deriverà né dall’est né dall’ovest, ma sarà genuinamente Spagnola.

Spagnoli, lunga vita alla Spagna!

Francisco Franco

Il governo ribelle, tuttavia, non ottenne il controllo completo del Paese per più di tre anni.

Franco presiedeva un governo che era fondamentalmente una dittatura militare, ma si rese conto che aveva bisogno di una struttura civile regolare per ampliare il suo sostegno, che doveva provenire principalmente dalle classi medie antileftiste. Il 19 aprile 1937 fondò la Falange (il partito fascista spagnolo) con i carlisti e creò il movimento politico ufficiale del regime ribelle. Pur ampliando la Falange in un gruppo più pluralista, Franco chiarì che era il governo a usare il partito e non il contrario. Il suo regime divenne così un sistema autoritario istituzionalizzato, che si differenziava in questo senso dai partiti-stato fascisti dei modelli tedesco e italiano.

Come comandante in capo durante la guerra civile, Franco fu un leader attento e sistematico. Non fece mosse avventate e subì solo poche sconfitte temporanee mentre le sue forze avanzavano lentamente ma costantemente; l’unica critica importante rivoltagli durante la campagna fu che la sua strategia era spesso priva di immaginazione. Tuttavia, grazie alla qualità militare relativamente superiore del suo esercito e alla continua assistenza tedesca e italiana, Franco ottenne una vittoria completa e incondizionata il 1° aprile 1939.

La guerra civile era stata in gran parte una sanguinosa lotta di logoramento, segnata da atrocità da entrambe le parti. Le decine di migliaia di esecuzioni compiute dal regime nazionalista, che continuarono nei primi anni dopo la fine della guerra, valsero a Franco più rimproveri di qualsiasi altro aspetto del suo governo.

Sebbene Franco avesse la visione di ripristinare la grandezza spagnola dopo la guerra civile, in realtà era il leader di un Paese esausto, ancora diviso al suo interno e impoverito da una guerra lunga e costosa. La stabilità del suo governo fu resa più precaria dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, solo cinque mesi dopo. Nonostante la sua simpatia per il “Nuovo Ordine” delle potenze dell’Asse, Franco dichiarò inizialmente la neutralità spagnola nel conflitto. La sua politica cambiò dopo la caduta della Francia, nel giugno 1940, quando si avvicinò al leader tedesco Hitler, che voleva coinvolgere la Spagna nel conflitto; Franco si dichiarò disposto a far entrare la Spagna in guerra al fianco della Germania in cambio di un’ampia assistenza militare ed economica tedesca e della cessione alla Spagna della maggior parte delle proprietà territoriali francesi nell’Africa nord-occidentale.

Le richieste di Franco furono volutamente astronomiche (si dice su consiglio di Canaris) e il materiale richiesto la Germania non lo possedeva.  Hitler non fu in grado o non volle accettare questo prezzo e, dopo un incontro con Franco a Hendaye, in Francia, nell’ottobre 1940, Hitler osservò che si sarebbe “fatto strappare tre o quattro denti” piuttosto che affrontare un’altra sessione di contrattazione come quella. Il governo di Franco rimase d’ora in poi relativamente comprensivo nei confronti delle potenze dell’Asse, pur evitando accuratamente qualsiasi impegno diplomatico e militare diretto nei loro confronti. Il ritorno della Spagna a uno stato di completa neutralità nel 1943 arrivò troppo tardi per ottenere un trattamento favorevole da parte degli Alleati in ascesa. Tuttavia, la diplomazia di guerra di Franco, caratterizzata da un freddo realismo e da un’attenta tempistica, aveva evitato che il suo regime venisse distrutto insieme alle potenze dell’Asse.

Il periodo più difficile del regime di Franco iniziò all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, quando il suo governo fu ostracizzato dalle Nazioni Unite appena costituite. Fu etichettato dall’opinione pubblica straniera ostile come “l’ultimo dittatore fascista sopravvissuto” e per un certo periodo sembrò essere il più odiato dei capi di Stato occidentali; all’interno del suo Paese, tuttavia, tante persone lo sostenevano quante lo osteggiavano. Il periodo di ostracismo si concluse infine con il peggioramento delle relazioni tra il mondo sovietico e l’Occidente all’apice della Guerra Fredda. Franco poteva ora essere considerato uno dei principali statisti anticomunisti del mondo e le relazioni con gli altri Paesi iniziarono a regolarizzarsi nel 1948. La sua riabilitazione internazionale fu ulteriormente favorita nel 1953, quando la Spagna firmò un patto di assistenza militare decennale con gli Stati Uniti, che fu poi rinnovato in forma più limitata.

Le politiche interne di Franco divennero in qualche modo più liberali durante gli anni Cinquanta e Sessanta e la continuità del suo regime, insieme alla sua capacità di evoluzione creativa, gli valsero almeno un limitato grado di rispetto da parte di alcuni dei suoi critici. Franco disse di non trovare particolarmente gravoso il peso del governo e, di fatto, il suo governo fu caratterizzato da un’assoluta sicurezza di sé e da una relativa indifferenza alle critiche. Dimostrò una spiccata abilità politica nel valutare la psicologia dei diversi elementi, dai liberali moderati ai reazionari estremi, il cui sostegno era necessario per la sopravvivenza del suo regime. Mantenne un attento equilibrio tra di loro e lasciò in gran parte l’esecuzione della politica ai suoi incaricati, ponendosi così come arbitro al di sopra della tempesta del conflitto politico ordinario. In misura considerevole, il biasimo per gli aspetti fallimentari o impopolari della politica tendeva a ricadere sui singoli ministri piuttosto che su Franco. Il partito di Stato Falange, declassato all’inizio degli anni Quaranta, negli anni successivi divenne noto semplicemente come “Movimento” e perse gran parte della sua originaria identità quasi fascista.

A differenza della maggior parte dei governanti dei regimi autoritari di destra, Franco garantì la continuità del suo governo dopo la sua morte attraverso un referendum ufficiale nel 1947 che rese lo Stato spagnolo una monarchia e ratificò i poteri di Franco come una sorta di reggente a vita. Nel 1967 aprì le elezioni dirette per una piccola minoranza di deputati al parlamento e nel 1969 designò ufficialmente l’allora 32enne principe Juan Carlos, figlio maggiore del pretendente nominale al trono spagnolo, come suo successore ufficiale alla sua morte. Franco si dimise dalla carica di premier nel 1973, ma mantenne le sue funzioni di capo di Stato, comandante in capo delle forze armate e capo del “Movimento”.

Franco non è mai stato un governante popolare e raramente ha cercato di mobilitare il sostegno delle masse, ma dopo il 1947 c’è stata poca opposizione diretta o organizzata al suo governo. Con la liberalizzazione del suo governo e l’allentamento di alcuni poteri di polizia, insieme al notevole sviluppo economico del Paese durante gli anni Sessanta, l’immagine di Franco cambiò da quella del rigoroso generalissimo a quella di un più benevolo anziano statista civile. La salute di Franco declinò notevolmente alla fine degli anni Sessanta, ma egli si disse convinto di aver lasciato gli affari della Spagna “legati e ben legati” e che dopo la sua morte il principe Juan Carlos avrebbe mantenuto almeno la struttura di base del suo regime. Dopo la morte di Franco, avvenuta nel 1975 in seguito a una lunga malattia, il suo corpo fu inumato nella Valle dei Caduti, un enorme mausoleo a nord-ovest di Madrid che ospita i resti di decine di migliaia di caduti di entrambe le parti della guerra civile spagnola. Quasi immediatamente, Juan Carlos si mosse per smantellare le istituzioni autoritarie del sistema di Franco e incoraggiò la rinascita dei partiti politici. La Spagna aveva compiuto grandi progressi economici durante gli ultimi due decenni di governo di Franco e, entro tre anni dalla sua morte, il Paese era diventato una monarchia costituzionale democratica, con un’economia prospera e istituzioni democratiche simili a quelle del resto dell’Europa occidentale.

Nel 2019 il corpo di Franco è stato riesumato e sepolto in una cripta di famiglia vicino a El Pardo, il palazzo fuori Madrid che era servito come residenza ufficiale per tutto il suo regno.

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