Riusciranno Bitcoin e criptovalute a sostituire le valute convenzionali, come l’Euro? Spariranno le monete metalliche in uso da quasi 3000 anni e le banconote, inventate dai cinesi e dai mongoli nel XIII secolo?
Il filosofo greco Aristotele descrisse in quattro punti come deve essere una buona moneta:
- Deve durare
- Deve essere portatile
- Deve essere divisibile
- Deve possedere un valore intrinseco
Oro e argento parevano a tutti la perfetta soluzione che soddisfa tutti e quattro i punti.
La crescita della economia globale ha introdotto un quinto punto:
- la facile e rapida trasferibilità
La risposta risolutiva al quinto punto arriva nel 2009, come accessorio alla tecnologia nota come “blockchain” creata da un gruppo di persone che, forse, usarono il nome Satoshi Nakamoto.
Accenni tecnici su bitcoin e criptovalute
Non è questa la sede per una spiegazione tecnica di come funziona il sistema bitcoin e delle criptovalute. Troverete solo alcuni accenni per capire di cosa si tratta.
I Bitcoin, così come le altre criptovalute, non sono una moneta fisica che si possa toccare con mano. Non vengono emesse da un Governo e non vi è nessuna autorità che ne possa volontariamente aggiustare il valore come succede con le monete tradizionali variandone i tassi di interesse ad opera della Banca Centrale di riferimento.
Le criptovalute vivono grazie alle blockchain.
Per blockchain (o block chain) si intende, semplificando, una serie di blocchi di codici legati fra di loro usando criptografia. Ogni blocco contiene le indicazioni del raccordo con il blocco precedente, una data e dati di trasferimento. Questi non possono essere modificati una volta inseriti nella blockchain. Questi blocchi vengono scambiati da persona a persona (peer to peer) in un ambiente aperto e verificabile; ma in forma anonima.
Questo tecnologia ha permesso il sorgere della valuta nota come bitcoin, nel gennaio 2009: la prima valuta digitale, senza bisogno di una autorità che garantisca la validità della transazione e al di fuori dei circuiti tradizionali di trasferimento.
Per trasferire bitcoin non serve un nome, od un numero di conto bancario ma solo un identificatico univoco del portafoglio digitale dove trasferire l’importo. Non c’è una banca per il beneficiario così come non c’è per l’ordinante e tanto meno una banca intermediaria. Il trasferimento avviene da portafoglio a portafoglio.
E’ sufficiente una chiave pubblica (identificativo univoco del portafoglio digitale) ed una privata (la password dispositiva per autorizzare il trasferimento).
Si inseriscono questi due valori nella sistema, assieme all’importo da trasferire, e la transazione viene processata.
Per essere processata la transazione viene verificata dalla rete di in completo anonimato ed in poco tempo.
Bitcoin e criminalità
Questa caratteristica dell’anonimato ha in passato alimentato l’accostamento bitcoin-criminalità. Ed in parte è vero: basti pensare agli attacchi hacker od al dark web dove i riscatti ed i pagamenti per le più disparate merci illegali erano (e sono) richiesti esclusivamente in bitcoin.
Forse vista la quotazione e l’interesse generale per le criptovalute, questo accostamento è stato in parte abbandonato.
Importanti nomi di aziende fornitrici di servizi su internet iniziano ad accettare pagamenti in bitcoin e criptovalute in genere, ed anche alcune amministrazioni locali hanno iniziato a sperimentare i pagamenti in criptovalute.
I due grossi nomi nelle criptovalute
Le due più comuni criptovalute usate sono Bitcoin ed Ethereum.
Vi è molto interesse speculativo su queste criptovalute ed altre (altcoin o monete alternative), e questo ha fatto levitare la loro valutazione con un incremento di prezzo esponenziale.
Nel 2012, un bitcoin valeva 9 Euro. Oggi, più di 14.000 Euro!
Perché questa valutazione continua a salire?
Perché sono prodotte in quantità finita (come una miniera d’oro che si va progressivamente esaurendo). L’algoritmo che sta alla base della produzione (forse meglio chiamarla generazione) dei bitcoin prevede un numero massimo di 21 milioni di unità. Non uno di più; e questo fa capire perché il prezzo continua a salire con il passare degli anni. Arriverà il giorno in cui non se ne potranno più produrre.
Queste criptovalute sono molto utilizzate in Paesi dove le banche tradizionali lavorano in maniera poco efficiente, con alta inflazione e dove esistono molto ostacoli burocratici ai trasferimenti. Vanno viste proprio come una reazione popolare alla corruzione, fragilità manifestate da grossi gruppi finanziari. Un Paese spesso citato come esempio di criptovalute è il Kenya, dove una grossa parte del PIL è basato appunto su esse.
In Zimbabwe, la crisi politica e della valuta che devasta il Paese ha portato ad ingenti acquisti di bitcoin, addirittura a prezzi maggiori del valore di mercato mondiale. In questa nazione viene quasi visto come un bene rifugio o comunque di protezione dalla continua svalutazione della monera locale.
Rischi futuri
La rete blockchain serve a facilitare lo scambio di dati, informazioni, voti, dunque possiede potenzialità di crescita al di fuori del solo settore monetario per poter evitare i controlli di banche e istituzioni finanziarie convenzionali.
Tuttavia, come detto, la possibilità di scavare nuovi blocchi nelle miniere dei calcoli degli algoritmi diminuisce con il tempo, quindi una salita in valore di queste criptovalute dipende per ora in gran parte da attività speculative.
Ad esempio, nel caso del bitcoin, affinchè una transzione sia confermata possono volerci diversi minuti. Questo per via della complessità sempre crescente dei calcoli necessari alla rete di computer per individuare il blocco di conferma (semplificando al massimo; ce ne scusino i tecnici!).
C’è poi il fattore mediatico emozionale: più se ne parla, più aumenta l’interesse e quindi le richieste e quindi il prezzo.
Esistono rischi di attacchi da parte di hackers, in un solo caso noto come attacco DAO, ben 3.6 milioni di Ethereum furono rubati.
Il punto debole tecnico delle criptovalute non risiede tanto nella blockchain, quanto più nella gestione della sicurezza dei portafogli digitali.
Inoltre la segretezza e l’anonimato delle transazioni se da un lato protegge le persone oneste, dall’altro favorisce molte attività illecite, come spiegato sopra a riguardo del dark web. Su questo internet parallelo ogni giorno vengono commercializzate i più disparati prodotti illegali (armi, droga, ecc.) con pagamenti in criptovalute.
Bitcoin e l’ambiente
Per minare (generare) un bitcoin occorre eseguire difficilissimi calcoli tramite l’utilizzo di potenti computers al fine di trovare un blocco. Trovato il blocco, questo può essere inserito nella blokchain.
Oppure si possono utilizzare più computer collegati allo stesso sistema (pool mining).
In uno e nell’altro modo, tuttavia, il fabbisogno di energia per risolvere un blocco è molto alto, così come quello per eseguire e confermare le transazioni. A titolo di esempio basti pensare che per 1 transazione occorrono circa 237Kwh. Questo valore è però destinato a salire con il tempo, in virtù dei calcoli sempre più complesssi.
Per questo motivo i maggiori centri di produzione delle criptomonete sono localizzati in Paesi con un inferiore costo dell’energia, come la Cina e l’Est Europa.
Che vantaggio ha oggi possedere bitcoin?
E’ ancora visto come uno strumento puramente speculativo. Non posso andare a comprare il caffè, un libro, un’auto e pagare in bitcoin.
Ad esclusione di alcuni servizi spesso legati al web o qualche imprenditore che pioneristicamente sceglie di accettare questo tipo di pagamenti, l’utilizzo delle criptovalute nella vita di tutti i giorni è ancora molto lontana dal diventare realtà.
Alcune banche iniziano ad interessarsi alle criptovalute o comunque alla tecnologia della blockchain. Forse per assecondare il trend o per cercare nuove fonti di guadagni; addirittura dovrebbero essere emessi a breve strumenti di investimento tradizionali legati all’andamento del Bitcoin.
Conclusione
Le grandi istituzioni finanziarie nei prossimi anni faranno un crescente uso della tecnologia blockchain ma difficilmente opteranno di usare Bitcoin e Ethereum, questo per poter mantenere i propri libri contabili sotto controllo.
Inoltre in Asia si è iniziato a porre limiti alle attività legate alle criptovalute.
E’ il caso della Cina, che nei mesi scorsi ha bandito le ICO (Initial Coin Offer): raccolte fondi per la creazione di nuove criptovalute. Inoltre ha limitato l’attività speculativa sulle stesse costringendo alla chiusura alcuni importanti exchange (dove era possibile acquistare criptovalute come in un tradizionale currency exchange).
Queste azioni repressive hanno visto un crollo repentino del valore del Bitcoin. Tuttavia nelle settimane a seguire il trend si è invertito e lo ha portato nuovamente a quella che sembra una corsa verso l’alto inarrestabile.
La Cina è solo una delle potenti istituzioni che, sia in maniera palese che occulta, tenteranno di rispondere alla sfida tra la nuova valuta e quelle tradizionali.
Dalle nostre ricerche risulta che nei prossimi anni le criptovalute difficilmente riusciranno a scalzare le Fiat currency, come Euro, Usd, Yen giapponese e Yuan cinese.
Nel caso di un crollo dell’Euro, dato per certo da molti economisti, s’assisterà a un ritorno alle vecchie valute nazionali, forse collegate al dollaro americano per stabilizzarle o addirittura a una base aurea, secondo il punto 4 enunciato da Aristotele che mancava nel caso di Fiat Money. Difficilmente la soluzione ai problemi dell’Euro verrà trovata nelle criptovalute, ma in fase di transizione queste potrebbero giocare un ruolo importante.
Angelo Paratico