I Giapponesi lo chiamano Tsundoko. I benefici per il cervello di vivere fra i libri, letti e non letti

Siamo in molti ad acquistare libri con l’intenzione di leggerli, per poi lasciarli riposare sugli scaffali. Ma vi è chi ritiene che circondarsi di libri non letti arricchisca la propria vita, perché ci ricordano tutto ciò che non sappiamo. I giapponesi chiamano questa pratica “tsundoku”, e può dare benefici duraturi.

La parola tsundoku indica ciò che altri chiamano l’antilibreria. Tsundoku è un termine giapponese che indica le pile di libri acquistati ma non letti. La sua morfologia combina tsunde-oku (lasciare che le cose si accumulino) e dukosho (leggere i libri).

La parola è nata alla fine del XIX secolo come battuta satirica nei confronti degli insegnanti che possedevano tanti libri ma non li leggevano. Sebbene questo sia l’opposto del nostro punto di vista, oggi questa parola non ha lo stigma che possiede nella cultura giapponese. Si differenzia anche dalla bibliomania, che è il collezionismo ossessivo di libri per il gusto della collezione, non per la loro eventuale lettura. I libri letti, forse, hanno molto meno valore di quelli non letti. La nostra biblioteca dovrebbe contenere tutto ciò che non conosciamo, nella misura in cui i vostri mezzi finanziari, i tassi dei mutui e l’attuale ristrettezza del mercato immobiliare ci consentono di metterli. Con l’avanzare dell’età accumuleremo più conoscenze e più libri, e il numero crescente di libri non letti sugli scaffali parranno un monito. Infatti, più si conosce, più le file di libri non letti aumentano. Chiamiamo questa collezione di libri non letti un’antilibreria.

Il valore dell’antilibreria deriva dal modo in cui sfida la nostra autostima, fornendo un costante, anche fastidioso, promemoria di tutto ciò che non conosciamo. I titoli che tappezzano la nostra casa ci ricordano che sappiamo poco o nulla sulla crittografia, sull’evoluzione della storia europea, sul folklore italiano, sull’uso delle energie alternative e sulla paleontologia.

Le persone che non hanno questa umiltà intellettuale – quelle che non desiderano acquistare nuovi libri o visitare la biblioteca locale – possono provare un senso di orgoglio per aver conquistato la propria collezione personale, ma una biblioteca di questo tipo ha l’utilità di un trofeo appoggiato al muro. Diventa un’appendice che alimenta in nostro ego, solo come decorazione. Non una risorsa viva e in crescita da cui imparare fino a 80 anni – e, se siamo fortunati, anche qualche anno oltre. I partecipanti allo scambio dei libri troveranno senza dubbio la loro antilibreria/tsundoku in crescita

Sono certo che là fuori c’è qualche bibliomane spavaldo che possiede una collezione paragonabile a quella di una piccola biblioteca pubblica, ma che raramente ne apre la copertina. Tuttavia, alcuni studi hanno dimostrato che il possesso di libri e la lettura vanno di solito di pari passo, con ottimi risultati.

Uno di questi studi ha rilevato che i bambini cresciuti in case con un numero di libri compreso tra 80 e 350 hanno mostrato, da adulti, migliori capacità di lettura, calcolo e tecnologia dell’informazione e della comunicazione. Secondo i ricercatori, l’esposizione ai libri potenzia queste capacità cognitive rendendo la lettura parte delle routine e delle pratiche della vita.

Molti altri studi hanno dimostrato che l’abitudine alla lettura comporta una serie di benefici. Secondo questi studi, la lettura può ridurre lo stress, soddisfare i bisogni di connessione sociale, rafforzare le abilità sociali e l’empatia e potenziare alcune capacità cognitive. E questo solo per la narrativa! La lettura di saggistica è correlata al successo e agli alti risultati, ci aiuta a capire meglio noi stessi e il mondo e ci dà un vantaggio nella serata dei quiz.

Qualcuno si chiede se l’antilibreria non agisca da contraltare all’effetto Dunning-Kruger, un pregiudizio cognitivo che porta le persone ignoranti a ritenere che le loro conoscenze o capacità siano più elevate di quanto non lo siano in realtà. Poiché le persone non sono inclini ad apprezzare i promemoria della loro ignoranza, i libri non letti le spingono verso, se non la padronanza, almeno una comprensione sempre più ampia della competenza. Inoltre, l’essere fasciati dai libri, fra i quali alcuni che esistono da secoli o, come testo, per millenni, ci comunica un senso di immortalità.

Tutti quei libri che non abbiamo letto sono effettivamente un segno della nostra ignoranza. Ma se sappiamo quanto siamo ignoranti, siamo molto più avanti della stragrande maggioranza delle altre persone. Dopo tutto, Socrate fu detto l’uomo più sapiente del mondo, perché sapeva di non sapere.

3 Replies to “I Giapponesi lo chiamano Tsundoko. I benefici per il cervello di vivere fra i libri, letti e non letti

  • Guanfranco

    By Guanfranco

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    Direi che tutto ciò che ho letto sulla espressione della parola tsondoku mi ha fatto veramente bene alla mente pensando a tutto ciò che mi circonda nella mia abitazione dove primo di oggi non mi ero mai posto. Complimenti a quella persona che ha avuto il coraggio di esprimere e far conoscere certe parole che da noi italiani forse non avremo mai lette se non prima di oggi. Ricomplimenti attendo altre parole così importanti da poter riflettere e meditare, perché già da oggi mi sento che la mia vita si sta arricchendo di tutto quello che non avevo mai letto e osservato prima ad ora. Attendo altre massime. Grazie dgf

  • Ennia

    By Ennia

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    Uno degli articoli più interessanti che abbia letto. Grazie

  • gaetano.zanotto@alice.it

    By gaetano.zanotto@alice.it

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    La scelta della lettera si decide per trovare una nuova risposta alla curiosità, che hai e che ti stimola sempre, il curioso non è mai sazio di conseguenze, il numero dei libri letti non lo appaga mai. C’è un pericolo, che siano tutti dello stesso argomento.
    Perciò la persona curiosa deve essere curiosa di tutto di ogni genere di sensazioni o di argomento.
    Sarà soddisfatto, perché verrà confermato nel raggiungimento di passare a confrontare tutto l’espresso, della curiosità in saggezza di vita di decisione e comprensione nel ascoltare altri che conferenzano.
    Angelo se te l’ho raccontato è perché nei miei 83 anni l’ho fatto.

    Te mi hai dimostrato questo.

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