Non sapevo di aver studiato per 5 anni in un edificio “brutalista”

Non sapevo di aver studiato per 5 anni in un edificio “brutalista”


Il Brutalismo è una corrente architettonica caratterizzata dai materiali che vengono lasciati a nudo, questa è una tendenza architettonica sviluppatasi nel dopoguerra.

Il primo epicentro per la formulazione dei principi brutalisti fu il Regno Unito. Gli edifici dovevano essere lasciati a nudo nell’oggettività dei loro materiali; cemento, vetro, mattoni, acciaio, e dovevano essere assemblati senza alcuna mediazione formale, con gli artifizi tecnici che dovevano essere lasciati in bella vista, tiranti, colonne, cerniere.  La prima ondata di ricerca brutalista condividerà infatti sia il periodo storico che le idee con i dipinti informali di Jackson Pollock e i sentimenti anti-artistici dell’art brut di Jean Dubuffet, ma soprattutto con quelle riflessioni sulla società del dopoguerra posta tra urbanizzazione, produzione e consumo di massa, automatizzazione e che apriranno la strada alla Pop Art, attraverso le opere come “Just what is it that makes today’s homes so different, so appealing?” (1956) di Richard Hamilton o la mostra “This is tomorrow” alla Whitechapel Gallery di Londra (1956). Alison e Peter Smithson furono di fatto le figure più rilevanti del brutalismo britannico.

Sembrerà un po’ assurdo ma questi movimenti artistici avevano una forte base trotzkista, volta a far apparire l’arte sovietica antiquata e rivolta al passato. I suoi padrini, tutti rigorosamente “liberal” erano filo trotzkisti celati nella amministrazione governativa statunitense.

Con il progredire della storia dell’architettura e l’espansione della nozione di scala globale, il termine “brutalismo” è stato sempre più collegato a una estetica caratterizzata da un uso massiccio del cemento a vista (béton brut) nel suo potenziale di potenza, di definizione dei volumi tettonici, tendenti alla monumentalità scultorea.

La mia scuola superiore, per 5 anni, fu un imponente edificio brutalista alle porte di Busto Arsizio, nel territorio di Castellanza, che fu inaugurata nel 1965. Gli architetti furono  Enrico Castiglioni e Carlo Fontana e tale Istituto tecnico statale industriale fu intitolato a Cipriano Facchinetti (1889-1952). Nato a Campobasso, deputato prima dell’avvento del fascismo e senatore dopo la guerra, padre costituente, presidente dell’aeroporto di Malpensa e grosso massone, appartenente al Grande Oriente d’Italia.

L’edificio,  inaugurato nel 1965, non era certo fatto per ispirare confidenza o fratellanza, con tutti quegli spigoli vivi. In effetti lo ricordo per tutto quello che feci fuori di lì, piuttosto che dentro lì, e ancor oggi mi fa tornare in mente i “falansteri” sognati dal Fourier e “1984” di George Orwell

Angelo Paratico

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