Roberto Menia 10 Febbraio. Dalle Foibe all’Esodo I libri del Borghese, Eu. 18
L’Avvocato Roberto Menia è stato Deputato della Repubblica per 5 legislature e Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Ambiente. Nativo di Pieve di Cadore, vive a Trieste.
Il velo del silenzio su quella parte di storia calò con la legge che istituì il Giorno del ricordo il 10 febbraio , di quella legge l’autore del libro Roberto Menia, ne fu uno dei primi firmatari e legislatori.
Questo libro, uscito da pochi giorni, non è un saggio storico, ma la testimonianza di una tragedia della storia nazionale e una raccolta di storie vissute per contrastare l’attività carsica e continua dei “negazionisti”.
Quelli che negano il giorno del ricordo nonostante il parlamento europeo abbia approvato una mozione che equipara nazismo e comunismo dandoci una regola storica. Dovrebbero delle scuse e rispetto a quei morti senza croce, a chi ha pagato senza colpe. Ci pensi chi nega perché con la giornata del ricordo, tanti italiani riscoprono l’identità, storia e cultura di verità negate per decenni.
Nella prefazione troviamo un racconto molto interessante, una storia di cento anni fa, è il pellegrinaggio che si faceva a Ravenna per accendere una fiamma sulla tomba del sommo poeta, nel 1908 furono i cittadini dell’adriatico orientale, a compiere il rito. Per l’occasione fu realizzata un’ampolla dallo scultore triestino Giovanni Mayer, le stele del sostegno erano di marmo delle Alpe Giulie, impreziosite dall’alabastro di Pola, mentre Fiume donò la ghirlanda col suo stemma civico con intorno figure femminili recanti gli stemmi di Trieste, Gorizia, Trento, Istria e Dalmazia.
Ottocento pellegrini giunsero a Ravenna portando l’ampolla e l’olio istriano, la fiamma fu accesa con un fiammifero (della Lega nazionale), del giornalista Riccardo Zampieri ( triestino) dopo l’accensione il fiammifero fu lasciato cadere a terra, e si racconta che a raccoglierlo fu un marinaio; l’istriano Nazario Sauro, colui che fece giurare ai figli sul punto di morte, di essere “ sempre ovunque prima italiani”, quel giuramento si è trasmesso di generazione in generazione.