I cinesi furono i primi a volare. Ce lo dice Marco Polo

I cinesi furono i primi a volare. Ce lo dice Marco Polo

 

Il carnevale di Venezia di quest’anno è stato intitolato a Marco Polo (1254-1324), forse il suo cittadino più celebre. Eppure, a dispetto della sua celebrità, esistono ancora molti aspetti del suo “Il Milione” che restano poco conosciuti. Per esempio, il fatto che nel suo libro troviamo la prima credibile descrizione del volo umano, al quale il grande viaggiatore deve avere assistito durante la sua permanenza in Cina.
La leggenda greca di Icaro è solo un mito dal punto di vista ingegneristico: chiaramente con cera e piume non si può arrivare lontani.
Leonardo Da Vinci lasciò vari disegni di costruzione di dispositivi volanti e, secondo Girolamo Cardano, che lo incontrò di persona, nel suo “De Subtilitate” dice che provò ma non riuscì a volare, quando ancora viveva a Milano. Poi, forse, ritentò a Peretola, vicino a Firenze. Il pilota, in entrambi i casi, potrebbe essere stato Tommaso Masini, soprannominato Zoroastro, nativo di Peretola, anche se non esistono prove al riguardo; comunque, gli abitanti di Peretola hanno posto una lapide commemorativa di questo primo “volo umano”.
Ciò che pare certo è che i cinesi volarono molto prima dell’epoca di Leonardo e abbiamo un testimone straordinario che lo attesta: Marco Polo, appunto. In Cina, fin dal III secolo a.C. venivano costruiti aquiloni giganti, che erano in grado di sollevare gli uomini da terra. Joseph Needham, nella sua opera monumentale “Scienza e civilizzazione in Cina” (Cambridge University Press, 1954, vol. IV, pagg. 576-80) disse: “Esistono prove schiaccianti che dimostrano che i cinesi sono stati i primi a portare un uomo in volo”.
Prima di tutto spieghiamo perché così poche persone, anche cinesi, conoscono la descrizione del volo umano fatta di Marco Polo.
Tornato dalla Cina, Marco Polo dettò le sue memorie, come prigioniero dei genovesi, a Rustichello da Pisa che le annotò in una sorta di Lingua d’oil. Queste ebbero un grande successo e vennero poi copiate e fatte circolare. Ma quando la prima edizione de “Il Milione” di Marco Polo venne stampata, nel 1496, l’editore dovette decidere quale manoscritto fosse attendibile e quale no. Il punto relativo agli uomini che volano in Cina fu omesso, per ragioni sconosciute.
Questo passaggio fu poi inserito per la prima volta nel libro “Marco Polo e la descrizione del mondo” di Moule e Palliot, vol. I, 1938. pp. 356 e seguenti. Questa edizione è oggi considerata la traduzione più completa e più autorevole del libro di Marco Polo e include anche un manoscritto che fu trovato da Sir Percival David (1892-1964) nella Cattedrale di Toledo, in Spagna.
Quel manoscritto era una copia latina del 1795, basata su un manoscritto risalente al 1400. Arthur Christopher Moule lo trascrisse, completo del testo latino e fu pubblicato nel 1935, come combinazione di diciassette versioni diverse dei manoscritti di Marco Polo in un unico documento e mise in corsivo tutte le parole che non si trovano nelle altre versioni. Un risultato di ricostruzione davvero straordinario.
Ma ecco il passaggio degli uomini volanti cinesi come Marco Polo li deve aver visti in Cina:

“E quindi vi diremo come, quando una nave deve partire per un viaggio, essi provano se i suoi affari andranno bene o male. I marinai creeranno una grata, e ad ogni angolo e lato di questa struttura sarà legata una corda, in modo che ci siano otto corde, e tutte saranno fissate all’altra estremità, da una lunga fune. Poi troveranno un pazzo o un ubriacone e lo legheranno alla piattaforma, poiché nessuno sano di mente o con la testa a posto si esporrebbe a questo pericolo. Questo viene fatto quando c’è un forte vento. Allora la struttura viene posizionata di fronte al vento, il vento la solleva e la porta in cielo, mentre gli uomini la tengono con la lunga corda. E se, mentre è in aria, la piattaforma s’inclina verso la direzione del vento, tirano un po’ la corda verso di loro, in modo che si rimetta dritta, dopodiché lasciano uscire un po’ di corda e la piattaforma sale più in alto. E se si inclina di nuovo, tirano ancora una volta la fune fino a quando il telaio è in posizione verticale e sale, e poi cedono di nuovo, in modo che si alza così in alto da non poter essere vista, se solo la corda fosse abbastanza lunga da lasciarla salire.
Il volo viene interpretato in questo modo: se la piattaforma sale dritta, raggiungendo il cielo, si dice che la nave per la quale è stata fatta la prova avrà un viaggio rapido e prospero, per cui tutti i mercanti concorrono per farla partire. Ma se la piattaforma non è riuscita a salire, nessun mercante sarà disposto a finanziare quella nave per la quale è stata fatta la prova, perché dicono che non potrebbe finire il suo viaggio e finirebbe oppressa da molti mali. E così quella nave rimane in porto per quella stagione”.

Dunque, furono i cinesi i primi a volare, utilizzando degli aquiloni, forse treni di aquiloni, o come li chiamano oggi, dei “power-kites”.

 

Angelo Paratico