Helena Mayer, rimane uno dei grandi misteri delle Olimpiadi. Era, per definizione della legge tedesca dell’epoca, parzialmente ebrea, il che le era costato la maggior parte dei suoi diritti di cittadinanza. Alla stampa del suo paese era proibito menzionare il suo nome. Una volta era stata una delle atlete più amate della Germania, eppure è sempre stata nazista.
Nel 1924, Helena Mayer vinse il campionato nazionale tedesco di scherma femminile all’età di 13 anni. Continuò a difendere con successo il suo titolo per sei anni di seguito. Il suo straordinario talento abbagliò il paese, facendole guadagnare fama e adulazione. Statuine sue furono vendute nei negozi di souvenir in tutta la Germania. Molti la consideravano la più grande schermitrice della storia. Rappresentò la Germania alle Olimpiadi estive di Amsterdam del 1928, portando a casa una medaglia d’oro.
Quattro anni dopo, partecipò ai Giochi di Los Angeles. Due ore prima degli incontri finali, apprese che il suo ragazzo era morto in un incidente di addestramento militare. Finì quinta.
La Mayer rimase in California e frequentò il college di diritto internazionale, sperando di diventare un giorno diplomatica per il suo paese. Nel 1933, Hitler e il partito nazista presero il potere in Germania e si misero subito al lavoro per eliminare i diritti dei cittadini ebrei – compresa la Mayer, il cui padre era ebreo.
L’iscrizione della Mayer al club di scherma della sua città natale fu revocata, e divenne chiaro che non poteva tornare in Germania. L’ex celebrità fu ridotta ad insegnare tedesco in un college di Oakland.
Continuò a tirare di scherma con successo negli Stati Uniti, ma si struggeva per la sua patria e per la fama che le era stata strappata. Nel periodo precedente le Olimpiadi del 1936 a Berlino, molti negli Stati Uniti stavano sostenendo un boicottaggio dei giochi contro Hitler.
Considerando la prospettiva di un boicottaggio come un potenziale disastro, il capo del comitato olimpico americano Avery Brundage convinse la Germania a consentire a qualche atleta ebreo-tedesco di competere.
Un invito fu esteso dunque alla Mayer e a Gretel Bergman di entrare nella squadra tedesca. Consumata dalla nostalgia e desiderosa di recuperare la gloria olimpica perduta, accettò.
Il suo ritorno in Germania fu tutt’altro che trionfale. La stampa la ignorava e il governo tollerava la sua presenza con velato disprezzo. Ha combattuto alle Olimpiadi con determinazione, ma alla fine perse il suo duello finale contro Ilona Elek dell’Ungheria. In piedi sul podio del vincitore per accettare la sua medaglia d’argento, Mayer ha concluso la sua ultima Olimpiade con un saluto nazista a Hitler.
Ma la domanda più grande, quella che ha tormentato storici, biografi ed esperti dell’olocausto per otto decenni, è perché era lì. Era ingenua? Era ignara delle atrocità che Adolf Hitler stava già commettendo? Sapeva come il mondo avrebbe visto la sua partecipazione a quelli che sarebbero diventati noti come i Giochi Nazisti? Le importava? Stava proteggendo la sua famiglia? Stava proteggendo se stessa? La realtà è complicata Mayer, che morì giovane, a soli 42 anni e non lasciò molta corrispondenza. Non ha vissuto abbastanza a lungo dopo la seconda guerra mondiale per rilasciare interviste rivelatrici in un mondo mediatico moderno. Non ci sono filmati di lei che parla di quel periodo. Non ha mai scritto un libro. Le sue intenzioni sono state messe insieme da una manciata di ricercatori che hanno analizzato le poche lettere che esistono e hanno ottenuto risposte da un piccolo gruppo di persone che la conoscevano. Ma anche questi ritratti sembrano vuoti. Era stata un’eroina nazionale in Germania e fu celebrata, con sue foto ovunque. Secondo un profilo di The Guardian, “Era alta, bionda, elegante e vivace”.
Parte della complessità per Mayer è che lei non sembra essersi considerata ebrea. Suo padre, Ludwig, un medico rispettato nel sobborgo di Francoforte Offenbach, era ebreo e attivo nelle organizzazioni ebraiche, ma sua madre non era ebrea e sappiamo che per essere davvero ebrei bisogna avere una madre ebrea.
Mayer tornò negli Stati Uniti, diventandone cittadina nel 1940. I suoi fratelli rimasero in Germania dove furono costretti a nascondersi prima di essere catturati e costretti a lavorare in una fabbrica. Solo la fine della guerra risparmiò le loro vite. Quanto Mayer abbia avuto contatti con loro non lo sappiamo. Tornò in Germania nel 1952 e presto si sposò, ma il cancro stava prendendo il sopravvento sul suo corpo. Il 10 ottobre 1953 morì.