“In materia monetaria i nostri politici sono dei dilettanti oppure degli incapaci?” la risposta di Michel Santi

“In materia monetaria i nostri politici sono dei dilettanti oppure degli incapaci?” la risposta di Michel Santi

 

di Michel Santi

Il Ministro delle Finanze tedesco, Lindner, grande stratega agli occhi dell’Onnipotente, annuncia l’attuazione di un piano di austerità che consiste nel ridurre la spesa pubblica di 30 miliardi nel 2025…condannando così il suo Paese e il resto dell’Europa a una recessione garantita.

Una recessione si verifica quando uno Stato è improvvisamente attanagliato dal desiderio di risparmiare, di spendere meno, portando inevitabilmente a un’esacerbazione della disoccupazione, che inevitabilmente porta a un’ulteriore diminuzione dei consumi. Questo circolo vizioso non lascia dubbi, non va soggetto a dibattiti, e può essere esorcizzato solo se lo Stato in questione neutralizza il calo della spesa e degli investimenti privati aumentando i propri, anche se ciò significa prendere più prestiti.

All’alba di questo secolo, è emersa una nuova ortodossia secondo la quale gli Stati dovrebbero affidarsi principalmente alla politica monetaria della loro banca centrale – cioè ai tassi di interesse – che incoraggerebbero la spesa e gli investimenti, abbassandoli e che ritirerebbe la liquidità dall’economia alzandoli per rallentarla. In ogni caso, gli Stati sono stati istruiti a monitorare meticolosamente la spesa pubblica per non incorrere nell’ira dei mercati finanziari, che avrebbero reso più costosi i loro prestiti.

Nell’interesse della nostra classe media sull’orlo del baratro, per proteggere i cittadini più vulnerabili, il nostro sistema ha urgentemente bisogno di una revisione completa. Dobbiamo ripensare collettivamente l’azione e la spesa pubblica, il ruolo delle tasse e delle imposte, in breve, lo scopo del denaro.

L’austerità è un atto deliberato e coscienziosamente decretato dai nostri leader. È sempre e solo per  per secondi fini? O son solo dei motivi politici che spingono i nostri leader a tassare, spendere, favorire un gruppo o una classe rispetto ad altri. Non vedo altre motivazioni se non la politica, per la quale un governo arbitrerebbe a favore o contro una spesa o un’altra, perché il denaro è lì, disponibile! Smettiamo di annunciare presunte decisioni difficili da prendere, perché abbiamo effettivamente i mezzi per ridurre in modo significativo la disoccupazione, reinvestire nell’economia e nei cittadini, invece di peggiorare deliberatamente una situazione già depressa, nascondendoci dietro lo schermo logoro di un’austerità che sappiamo essere mortale.

L’aumento di tasse e imposte (sui ricchi e sui meno ricchi) sottrae somme preziose all’economia e aggrava la crisi. L’aumento dei tassi di interesse mette in moto una spirale dannosa, poiché drena liquidità preziosa dal sistema. L’aumento dei prezzi dell’energia erode il nostro potere d’acquisto e consolida gli effetti perversi dell’austerità. Infine, la riduzione della spesa pubblica colpisce in primo luogo coloro che hanno più bisogno di protezione e mette a rischio il futuro e il benessere di una Nazione.

No, gli stati non hanno bisogno di risparmiare, perché il bilancio di uno Stato sovrano non è gestito come quello di una famiglia. Comprendiamo che il nostro debito nazionale non è tanto un “debito” quanto un “deficit”. Questo deficit del nostro Stato è il denaro che ho in tasca, sono gli investimenti che il mio Paese fa nel mio Paese e che in quanto tali non devono essere rimborsati. Gli Stati sovrani – ossia quelli che emettono la propria valuta senza alcuna indicizzazione – dovrebbero imparare a domare il loro deficit, un termine che uso intenzionalmente al singolare perché non è necessario drammatizzare il suo significato usando il plurale. Una nazione che controlla la propria valuta è in grado di stimolare la crescita e sostenere l’occupazione attraverso la leva della spesa pubblica, senza rischiare il default.

È quindi impossibile – e assolutamente indesiderabile – ridurre il deficit, perché ciò significherebbe confiscare i nostri risparmi e disinvestire nello Stato, dato che il deficit del nostro Stato è proprio la nostra ricchezza. Alla fine la domanda che dobbiamo porci è: i nostri politici sono dei dilettanti o solo degli ignoranti?