Bum Bum Bum Tel Aviv

Bum Bum Bum Tel Aviv

 

Benedizione su Tel Aviv -Giaffa

 

(Emanuele Torreggiani) Winfried Georg Sebald, lo conoscono in pochi. E sia, quei pochi sono felici. Che sia morto da cinque lustri poco importa, è saggista, prosatore, indicativamente scrittore, un tedesco. E accade, nel cuore della notte di ieri, ieri l’altro o l’altro ancora, l’uomo che scrive questa bagatella, estratto dal sonno profondo, sono le tre del mattino, in limpida veglia, che altro può fare un tossico d’informazione, nello slang angloamericano news junkie, se non collegarsi con il respiro ansante del ‘nostro’ vecchio scampolo di mondo. Il video acceso pattuglia le terre rivierasche, il Mediterraneo. Il piccolo mare ove si combatte dall’inizio dei tempi, dall’età degli Eroi. Da quei giorni si decide la sorte dell’intiero mondo. Così, dal video, osserva la notte mesopotamica che si mostra in quel blu luminoso, ancora e sempre il cielo di Betlemme. Nel mentre trapassano, nel mirabile cielo di Persia, Siria, Giordania, Palestina, missili in batteria che altro sono se non oscena scia di quella cometa che fu Gloria dei popoli. Saettano in quegli orizzonti che scacciarono ogni tenebra. Bagliori saettano tra cielo e terra alle raffiche ellittiche dei traccianti che salgono, salgono per poi svanire e, quando al suolo le esplosioni irradiano costruzioni in istantaneo frantume. Così la cruenta polvere opacizza ogni prospettiva. Macerie.
Chi scrive, decenni addietro, si rivede accovacciato ai talloni sul campo di Marte. Fumando scrutava una gallina, avanzava sovrana nel portamento e mirava a becchettare e spolpare, sovrumana indifferenza della natura, dentro il cranio sfracellato d’un caduto e ne pasceva. Con due fiocinate chirurgiche lacera e percuote quell’occhio vitreo incastonato al volto e l’inghiotte con un fiero scrollo del capo e strepito di beffarde ali e gioia satolla al gozzo e rostri sanguigni. All’indomani, che comunque giunge, uova fritte servite a colazione.
Frattanto la notte blu avanza trapassata dalle sintetiche code comete dei razzi in parabola, sorvolano le ampie terre di quella mezzaluna fertile dove lo Spirito innestò lingua ai popoli. E dall’alto di un tetto a terrazzo, in una giostra di maschi e femmine, lacera e percuote il blu della notte Bum Bum Bum Tel Aviv. Urla e gesticolio di giubilo si misurano al ritmo sincopato della filastrocca che, mentre la si ascolta, contabilizza migliaia, no! sono centinaia di migliaia, ormai milioni, una decina di milioni di utenti in entusiasmo. Bum Bum Bum Tel Aviv. L’uomo che sta vedendo le immagini, e ora scrive, quella notte si leva dal suo giaciglio in misura di sudario. Nel giubilo rammemora “Storia naturale della distruzione”, del nostro W.G. Sebald, nella traduzione di Ada Vigliani, e incrocia nuovamente il passo di quella madre, Amburgo 26 luglio 3 agosto 1943, operazione Gomorrah, Feuersturm, tempesta di fuoco; ella, scarmigliata e attonita, camminava per le vie desertificate reggendo una valigia con il cadavere carbonizzato del suo figlioletto mentre dal vicino zoo si levava lo strazio di elefanti, leoni, tigri, scimmie che sudavano l’agonia del fuoco. E incrociando nuovamente il passo di quella madre incrocia lo sguardo sempiterno di Maria che deponendo il Figlio nella culla prelude, inconsapevole, al sepolcro. In quella madre collimano tutte le madri, di là d’ogni perimetro costituito che un razzo trapassa altero e indifferente. Così l’uomo si prepara un caffè, accende una sigaretta e mentre l’alba sorge e in breve divampa luce, ormai le visualizzazioni Bum Bum Bum Tel Aviv assommano a dodici milioni e rotti. Quante madri ora stanno piangendo… non lo sa. Sa che sono.

Emanuele Torreggiani