Quest’anno cadrà l’80 anniversario della fine della II Guerra mondiale. In Italia le festività per celebrare l’anniversario cadranno il 25 aprile, ovvero nel giorno stabilito dal Comitato di Liberazione Alta Italia per una insurrezione generale per stroncare la resistenza nazifascista.
In quel giorno, però, non accadde gran che, anche se le truppe naziste, pressate dagli Alleati, erano in fase di ritirata, seppur attente e molto armate. Diverse le cose il 26 e 27 aprile, dove i partigiani intervennero, a volte anticipando le truppe Alleate. La prova che il 25 aprile non accadde molto è il fatto che Benito Mussolini, la sera del 25 aprile 1945, senza una scorta e con poche auto di fedelissimi, uscì tranquillamente da Milano senza incontrare opposizione.
La II guerra mondiale non finì il 25 aprile ma si trascinò sino al 8 maggio 1945, data della firma della resa tedesca con gli Alleati. I sovietici firmarono il 9 maggio e quindi la Russia festeggia in quel giorno. La resa in Italia di ottocentomila fra tedeschi e repubblichini, avvenne il 29 aprile, come effetto degli accordi raggiunti con l’Operazione Sunrise, fra il generale delle SS Karl Karl Wolff, il barone Perrilli e Alan Dulles, futuro capo della CIA.
Se non ci fossero stati i militari americani, inglesi e i soldati del regio esercito, la guerra non l’avrebbero potuta vincere i partigiani. Questi fatti sono incontestabili e da tutti accettati, tranne che dall’ANPI, che non perde mai occasione di contestarli. Il 16 gennaio 2025, a Udine, il generale dei carabinieri, Carmelo Burgio, a Udine ha parlato della guerra di liberazione. E in questa occasione, l’ufficiale ha sottolineato tale ovvietà: «Dopo l’8 settembre del 1943 non è evaporato il Regio Esercito, non si son visti gli Alleati oziare e divertirsi ballando il boogie-woogie a Napoli, non è sbarcata una flotta di marziani tramutatasi in partigiani che hanno liberato l’Italia. Le Forze armate hanno pagato un alto prezzo di vite umane, comprendendo chi aveva le stellette sulla giubba, internati militari che non hanno ceduto alle lusinghe nazi-fasciste, e chi si è dato alla macchia e ha operato nelle formazioni partigiane non potendo raggiungere l’esercito del Sud». Questo vuol dire che, secondo il generale Burgio, non ci sarebbe stata alcuna liberazione se non fossero intervenuti gli Alleati e se anche le nostre forze armate non avessero pagato un alto prezzo in termini di sangue.
Come scrive Angelo Paratico nel suo libro Un Re e il suo Burattino Gingko, 2024: “Le Forze Armate italiane diedero un grosso contributo alla liberazione della Penisola, l’offensiva finale ebbe inizio il 9 aprile 1945, sul fronte della VIII armata britannica, il 14 entrò in azione la V armata americana. Il 21 aprile cadeva Bologna e così, di colpo, saltò il fronte difensivo tedesco in Italia. I “badogliani” come venivano chiamati spregiativamente i militari del regio esercito, avevano, alla fine della guerra,
300.000 soldati nella fanteria; 75.000 in marina, che disponeva di cinque corazzate, cinque incrociatori, 46 unità leggere e 36 sommergibili; l’aeronautica contava su 31.000 effettivi.
I partigiani, oltre la linea Gotica, ammontavano a circa 89.000 uomini e donne, di cui 32.000 comunisti inquadrati nelle formazioni Garibaldi e 57.000 apolitici. Da queste cifre appare chiaramente come il movimento partigiano ebbe un ruolo secondario o, meglio ancora, terziario nella lotta di liberazione. Per questo motivo festeggiare il 25 aprile come giorno della liberazione, non fa un buon servizio alla verità storica e minimizza i sacrifici e le perdite umane dei militari Alleati, e di quelli italiani. Vero è che l’Italia fu liberata anche dai partigiani ma lo fu soprattutto dagli eserciti del Regno Unito, degli Stati Uniti e da quello monarchico italiano che, formalmente, obbediva al luogotenente del Re, Umberto II. Il 25 aprile 1945 fu una data funesta per tutta l’Europa, perché sul ponte di Torgau s’abbracciarono i soldati sovietici e quelli americani. Certo, la pace s’avvicinava ma l’incontro marcò la fine dell’indipendenza e della centralità europea: fu il finis Europae che segnò il culmine di quel grande processo che Jean Montigny definì “il complotto contro la pace”.
Il 25 aprile che festeggiamo in Italia, in modo sempre più fazioso, è una ricorrenza che andrebbe spostata al 8 maggio, come negli Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania, Armenia, Repubblica Ceca, Estonia e via dicendo. L’8 maggio segnò la vera chiusura della guerra e andrebbe commemorato da tutti noi, giacché nulla è più prezioso di una onorevole pace”.
By Roberto Gallo
Il 25 aprile fu dichiarato dal Governo Alleato in Italia quale festa nazionale per l’insediamento del nuovo presidente degli USA, Truman, dopo la morte Roosevelt e cioè 40 giorni dopo l’Inauguration Day che un tempo era il 4 marzo (oggi il 12 gennaio). Avvisate i banditi col fazzoletto rosso al collo (dopo il 25 aprile).